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Alfredo Giacobbe
FantaSarri
15 giu 2015
15 giu 2015
Ci siamo divertiti a immaginare come potrebbe giocare il Napoli di Maurizio Sarri, quali interpreti torneranno utili e quali bisognerà comprare.
(di)
Alfredo Giacobbe
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Abito a pochi chilometri dal campo di allenamento del Napoli e, credendo a quello che scrivono i giornali, a breve dovrei iniziare a scorgere i droni di Sarri in volo: mosconi robotizzati che catturano 60 immagini a secondo, magari avanzando sulle note della “

” wagneriana...

 

Maurizio Sarri il tecnologo. Sarri lo scienziato. Sarri il teorico. Sarri il mistico. Sarri che, forse suo malgrado, ormai è un personaggio. E non ha ancora messo piede a Napoli, città che i personaggi li crea, se non ce li ha. La verità è che si sa poco di lui, del suo passato, dei suoi metodi di allenamento, perché i riflettori su di lui si sono accesi da pochissimo. Il grande pubblico in fondo ha conosciuto la sua idea di calcio per la prima volta solo lo scorso agosto, quanto è atterrato in Serie A con il suo Empoli che sembrava di un altro pianeta.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Mh6BjDetpWw

Messaggio ai 35enni: poche cose sono meglio di Sensible Soccer e questa lo è.



 

Maurizio Sarri è nato a Napoli nel 1959 e ormai tutti sanno che il padre, Amerigo, lavorava come operaio dell’indotto del polo siderurgico di Bagnoli; qualcuno invece ignora che Sarri padre era stato un

professionista. Quando la famiglia Sarri è tornata nel proprio paese d'origine, Figline Valdarno della provincia fiorentina, per Maurizio era troppo tardi per cambiare squadra del cuore: ha continuato a tifare Napoli.

 

Prima di diventare allenatore era un dirigente di banca: si occupava di finanza e di grandi aziende, dopo aver studiato economia e statistica. Di questa esperienza ha conservato l’amore per i numeri (raccoglie personalmente i dati dei propri calciatori con software che ha fatto realizzare su sue indicazioni specifiche) insieme all’idiosincrasia per l’abito e la cravatta.

 

Sarri ha risalito tutti i gradini della piramide del nostro calcio, dalla Seconda Categoria all'inizio degli anni ’90, alla Serie A lo scorso anno. Si è seduto su 18 panchine in 20 anni, raccogliendo promozioni ed esoneri in ogni serie: nel 2006-07 prese il posto di Antonio Conte sulla panchina dell’Arezzo e strappò due pareggi (un doppio 2-2) alle avversarie più titolate di quella Serie B, la Juventus e il Napoli. Dall’estate 2012 è seduto sulla panchina dell’Empoli, che ha portato nella massima serie al secondo tentativo (dopo aver perso ai play-off al primo assalto).

 



Nel corso degli anni Sarri ha elaborato quelle idee che hanno portato al 4-3-1-2 empolese e all'impressione che gli uomini in campo fossero telecomandati dalla panchina come uno sciame di droni. La linea difensiva in continuo movimento, come un diaframma, prestando attenzione più al pallone che ai tagli degli attaccanti avversari: abbassandosi nelle situazioni di palla scoperta, alzandosi quando il pallone torna a girare all’indietro. Una mobilità difensiva che si vede di rado anche ad alto livello.

 


Tre secondi di gioco e due interisti già messi in fuorigioco sul passaggio all’indietro dal calcio d’inizio: questa è l’applicazione mentale, prima che tattica, dell’Empoli di Sarri.



 

I difensori restano molto alti, fino a pestare con i piedi la linea di centrocampo, anche quando il resto della squadra va a disturbare aggressivamente la prima costruzione del gioco degli avversari. L’Empoli così corto ha vita semplice nel disturbo e nel recupero del pallone; i meccanismi, però, devono essere mandati a memoria ed eseguiti con i tempi giusti, altrimenti si concedono pericolose ripartenze in campo aperto agli avversari.

 


Il pressing contro la Samp, così come contro la Roma o la Juventus, a distruggere il gioco avversario.



 

Per la fase offensiva, invece, il trequartista è il ruolo intorno al quale girava tutta la squadra empolese: nel girone di andata abbiamo scoperto la tecnica dell’ambidestro Verdi; in quello di ritorno la dinamicità e la concretezza sotto porta di Saponara.

 

Il trequartista di Sarri non partecipa alla costruzione bassa, ma cerca di avvantaggiarsi dei movimenti delle punte, tagliando alle spalle dell’attaccante che viene incontro al centrocampo, cercando inizialmente l'attacco diretto. Ma, una volta guadagnati metri nella metà campo avversaria, l’Empoli provava a costruire il proprio gioco centralmente, sfruttando la superiorità numerica data dei quattro uomini ravvicinati nel rombo di centrocampo.

 


L’interno (Vecino) riceve palla dal regista (Valdifiori) e la gioca subito sulla punta che fa movimento incontro. Il trequartista (Saponara) corre nello spazio, dove riceverà il passaggio in avanti del terzino dopo la giocata indietro della punta. Se la difesa della Roma avesse impedito la partenza del trequartista, il terzino avrebbe giocato corto sul regista o lungo in diagonale sul movimento ad allargarsi dell’altra punta.



 

La squadra empolese girava tutta intorno al suo regista: Valdifiori dettava i tempi della manovra scendendo tra i due difensori centrali. La sua giocata principale era la ricerca degli interni di centrocampo dietro la prima linea di pressing, che permettesse il fraseggio con il trequartista e con la punta venuta incontro. Se la giocata centrale era ostacolata e il pallone veniva spostato nella zona dei terzini, Valdifiori avanzava verso di loro per fornire uno scarico sicuro e tentare immediatamente la giocata di prima verso le punte. Alla Verón o alla Pirlo, se preferite.

 

Valdifiori è il giocatore che ha realizzato il maggior numero di passaggi chiave di tutta la Serie A (dati SICS), il 58% in più del secondo classificato (Franco Vázquez), con una media per 90 minuti superiore a quella di Pirlo. Ha creato pericoli cercando continuamente di saltare una linea, pensando costantemente in verticale.

 


La ricerca del terzo uomo: la punta riceve palla dall’esterno e premia l’inserimento di un altro compagno anziché chiudere triangolo.



 

I terzini di Sarri partecipano all’azione, in catena con l’interno di centrocampo che si allarga, seguito alternativamente da una punta o dal trequartista stesso. Il movimento dei due attaccanti è incessante e imprescindibile per il gioco, tant’è che Maccarone, Pucciarelli e Verdi sono stati i calciatori più sostituiti in corso di partita.

 



E proprio i dubbi sulla disponibilità di Gonzalo Higuaín a un gioco del genere hanno fatto pensare a un possibile addio dell'attaccante argentino. E se invece Higuaín decidesse di restare? Al netto di alcuni atteggiamenti poco costruttivi, Higuaín sembra uno di quei giocatori che sbuffa quando è lasciato in balia della difesa avversaria e che invece ama essere coinvolto nella manovra: se credesse alla “Restaurazione Sarrista” non potrebbe funzionare da miccia per il resto dello spogliatoio, considerato il suo carisma? Non potrebbe diventare una leva motivazionale eccezionale tra le mani dell’allenatore toscano? Insomma, una consulenza di coppia potrebbe fare bene a tutti, e salvare il matrimonio tra Higuaín e il Napoli...

 

Il Napoli ha un parco attaccanti di primissimo piano e, immaginando che Sarri possa chiedere qualche giocatore dell’Empoli per aiutarlo nell’insegnamento della sua dottrina, sicuramente apparterrebbero ad altri reparti. Al fianco di Higuaín potrebbe essere riscoperto uno come Lorenzo Insigne: fantasioso, veloce, tecnico ma anche generoso nei ripiegamenti difensivi e attento alle consegne tattiche. Nei sei mesi passati con Benítez, anche Gabbiadini ha fatto vedere di essere capace di eseguire movimenti senza palla con i tempi giusti e di avere senso del gol. Potrebbe essere un altro candidato. D’altra parte il bergamasco in Serie A ha giocato in ogni ruolo d’attacco e in ogni sistema di gioco: la sua duttilità non si discute, sarebbe in lizza anche per il posto dietro le due punte se non fosse già coperto alla perfezione.

 

Infatti il ruolo di trequartista, in una squadra che si compatta per creare spazi e colpire con transizioni fulminee, sembra tagliato su misura per le caratteristiche di Marek Hamsik. Lo slovacco potrebbe finalmente tornare ai fasti degli anni di Mazzarri (ecco perché prima parlavo di restaurazione), quando portava su con le sue sgroppate una squadra arroccata indietro. Le corse di Hamsik, con e senza palla, ma sempre fronte alla porta, sembrano perfette per il gioco di Sarri, anche in spazi più stretti, con la speranza (che è quasi una certezza) che il suo Napoli abbia ambizioni di controllo e dominio maggiori rispetto a Mazzarri.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Sorvq43Nqow

 

Sembra verosimile la richiesta da parte di Sarri del suo direttore d’orchestra fidato, Valdifiori, anche perché una soluzione interna per il ruolo di regista davanti alla difesa sembra poco praticabile: Gargano e David López sono due puri centrocampisti di quantità; Inler ha dimostrato di avere tecnica a sufficienza per il ruolo, ma di mancare di personalità e di concentrazione continua. Forse il solo Jorginho potrebbe rappresentare un candidato credibile: nel Verona era lui il vertice basso di un centrocampo a tre, il Napoli lo ha notato in quel ruolo ma paradossalmente non ha mai potuto impiegarlo in quel modo. Jorginho però è un giocatore tecnico e mobile, potrebbe essere reimpostato da Sarri nel ruolo d’interno di centrocampo; il brasiliano farebbe da contraltare ideale per un altro legionario fidato, come Croce o Vecino.

 

In porta sembra scontato l’arrivo di Pepe Reina, al quale potrebbe fare da secondo Luigi Sepe, rientrato dal prestito proprio all’Empoli. In difesa, invece, due come Tonelli e Hysaj potrebbero costituire la metà destra di una retroguardia completata dai due “classe ‘91” Koulibaly e Ghoulam. Il primo è un difensore molto più veloce dei compagni Britos e Albiol; il secondo, uno dei migliori terzini-crossatori del campionato, è molto bravo ad appoggiare la fase offensiva.

 



Ma non è inverosimile che decida di giocare con il 4-2-3-1: prima del 2012, prima degli anni empolesi, il tecnico toscano era un teorico del modulo portato a Napoli da Benítez: nel 2007 alla guida dell’Arezzo sfiorò

di far fuori il Milan di Ancelotti dalla Coppa Italia giocando proprio con il 4-2-3-1.

 

La fase di possesso in zone basse del campo non cambierebbe di molto rispetto a quella vista a Empoli: Sarri chiederebbe comunque di partire con una costruzione ragionata, tenendo la palla a terra e coinvolgendo anche il portiere se necessario. Sarebbe diversa la circolazione di palla nella metà campo avversaria, però, perché centralmente verrebbe a mancare uno degli elementi del rombo; a quel punto Sarri potrebbe optare per un gioco di possesso più riflessivo, portando più uomini sopra la linea della palla prima di verticalizzare.

 

Il gioco dovrebbe focalizzarsi maggiormente sulle catene esterne e Sarri, quindi, potrebbe aver bisogno della forza propulsiva e della tecnica di Zúñiga. A quel punto tornerebbero utilissimi due come Callejón e Gabbiadini, per l’ossessione dell'allenatore toscano per l’aggressione dello spazio senza palla. Meno idoneo sembra uno come Mertens, che è più un’ala pura che vuole il pallone sui piedi per tentare la giocata, piuttosto che un incursore. Se il Napoli riuscisse davvero a strappare Stephan El Shaarawy al Milan—anche se per ora è solo una suggestione—sarebbe sì una scommessa, dopo due stagioni deludenti, ma forse una scelta ideale per coprire il ruolo di esterno sinistro.

 

https://www.youtube.com/watch?v=z1L3gQXLpZM

 

Il trequartista dietro la punta sarebbe costretto a giocare in spazi ristretti e con le spalle alla porta per la maggior parte del tempo, e tornerebbero i dubbi sull’impiego di Marek Hamsik. Certo è che, con una punta molto mobile, al trequartista sarebbe comunque richiesta la capacità di leggere e aggredire gli spazi, cosa che Hamsik sa fare. Sarri potrebbe valutare una soluzione interna (Insigne, o anche Jorginho) oppure chiedere alla società di intervenire sul mercato (il ritorno in Italia del

Lamela sarebbe un colpo non male per il nuovo DS).

 

Minori certezze si avrebbero per due ruoli davanti alla difesa, forse l’anello più debole nel sistema di Benítez. Sarri chiederebbe due giocatori di grande senso tattico e dinamicità, che possano dividersi equamente i compiti di copertura e di costruzione. Perché non pensare a uno come Matías Kranevitter, il nuovo Mascherano in forza al River Plate, dotato anche di passaporto italiano; magari affiancato da uno che ha già maturato esperienza nel campionato italiano, come Allan, il più forte

della Serie A, se escludiamo quelli in forza alla Juventus e alla Roma.

 

Di ipotesi sul sistema di gioco e sui probabili titolari se ne possono fare mille. Tutte dipendono dall’atteggiamento che terrà il Napoli in campo; e l’atteggiamento dipende strettamente dalle sue ambizioni. Quali saranno gli obiettivi dichiarati? Come deciderà di giocare negli scontri diretti? Probabilmente, l’atteggiamento iniziale che Sarri richiederà ai suoi sarà più conservativo all’inizio della stagione e più propositivo in seguito, quando certi meccanismi saranno assimilati e i risultati glielo permetteranno. Chi conosce Sarri parla di un allenatore maniacale nell’organizzazione della fase difensiva e ossessionato dalla ricerca della verticalità: mai effettuare un passaggio tra compagni dello stesso reparto, mai perdere tempo in orizzontale.

 



Il Newcastle ha evitato la retrocessione all’ultima giornata e in curva è apparso uno striscione divenuto celebre: «We don’t demand a team that wins, we demand a team that tries». La tifoseria napoletana condivide questo stesso spirito e Sarri conquisterà i suoi nuovi tifosi se la sua squadra darà l’impressione di lottare, di mettere in campo tutto quel che serve per vincere. Al di là dei meriti tattici, che sono tanti, il Napoli di Benítez è stato percepito come una squadra un po’ narcisa, borghese, senza la cattiveria necessaria per portare a casa il risultato anche in maniera “sporca”.

 

Al contrario dei tifosi, il presidente De Laurentiis, in maniera meno romantica, baderà ai conti e ai risultati. In quest’ottica la scelta di Sarri, così come quella del DS Giuntoli (contributore della promozione di un Carpi costruito con tanti giovani), va nella direzione di un ringiovanimento della rosa: più

e meno

, per dirla alla Florentino Pérez.

 

Una logica di programmazione di lungo periodo che cozza con i fatti, perché a Sarri è stato offerto un contratto annuale, che potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio: da un lato non si tutela l'allenatore alla prima esperienza importante, consegnandolo alla mercé della stampa (calda) e della piazza (caldissima), dando l’impressione di non credere nel neonato progetto; dall’altro lato la società si tiene le mani libere, se la squadra dovesse soffrire una crisi di rigetto.

 

Un'ipocrisia di fondo, che mette tutte le responsabilità sulle spalle di Sarri e dei suoi strumenti di gioco. Se la squadra funzionerà, se le batterie dei droni non si scaricheranno alle prime difficoltà e se l'esperienza sul campo riuscirà a contare più di un contesto complicato e difficile, allora potrà restare sereno e calmo come è stato per tutta la scorsa stagione.

 
 

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