FantaDonnarumma
Abbiamo immaginato 7 possibili destinazioni per il 18 enne del momento.
Fino alla scadenza
di Emanuele Atturo
Siamo tutti così disperati della scelta di Donnarumma, e contemporaneamente così ansiosi di sapere in quale squadra andrà ora, in favore di chi ha consumato questo tradimento, che forse ci sta sfuggendo l’ipotesi più sadica in assoluto. Cosa ci sarebbe di peggiore, da parte di Donnarumma e dei suoi consiglieri, che decidere di restare un anno fermo per andare a scadenza e non far guadagnare al Milan neanche un euro?
Non sto parlando dell’ipotesi, auspicata dai tifosi più rancorosi, che il Milan metta in tribuna Donnarumma per un anno, applicando il Metodo-Lotito – un’ipotesi così autodistruttivo che solo gente come Lotito ha il cuore di portare fino in fondo. Sto parlando proprio di Donnarumma che rifiuta il rinnovo e qualsiasi trasferimento che passi per il Milan per un anno intero. Sto parlando di Donnarumma che si auto-esclude dalla rosa del Milan, che sputa sul rinnovo e su qualsiasi trasferimento possibile.
La situazione in cui Raiola e il portiere hanno messo il Milan è scabrosa già ora. La scadenza pendente nel 2018 smorza il prezzo di un cartellino che avrebbe potuto viaggiare su una dimensione astronomica. Ma peggio che una cessione a 30-40-50 milioni (che sarebbe comunque una plusvalenza pura) c’è una cessione a zero euro. Un diciottenne che si impunta con la squadra del suo cuore, quella che lo ha fatto diventare un professionista, non per voler andare via, ma per voler andare via a zero euro. Interrogato su un comportamento così inspiegabile, francamente sopra le righe per tutti, direbbe: «Mino mi ha fatto capire che tanto, con tutti i soldi che guadagnerò per i prossimi vent’anni, non mi mescolerò mai più alla gente comune, per cui non ho bisogno del vostro amore, del vostro rispetto».
Donnarumma potrebbe dedicare il suo anno sabbatico a mostrare disprezzo nei confronti del Milan. Farsi i selfie con la maglia del Manchester UTD; andare a cena fuori con la tuta sociale dell’Inter; andare a ballare con la maglia della Juve di Buffon. Far impazzire tutti, con un intento preciso: dichiarare la propria assoluta indipendenza da qualsiasi sentimento d’appartenenza e identità. Donnarumma, dopo Ibra, ambasciatore fiero e iconico di un calcio senza bandiere. Dove i calciatori, più che puri professionisti, sono diventati dei gangsta-rapper, o quel tipo di pugili che sembrano passare la loro vita a bere champagne su un jet privato. Personaggi che hanno quindi sostituito, nel proprio sistema di valori, i soldi all’amore per la maglia, i bonus sul contratto all’affetto dei tifosi, lo champagne all’acqua corrente.
L’anno successivo inizierà una peregrinazione che lo porterà dalla Juventus al Real Madrid, dal PSG al Manchester UTD. I calciatori come cavalieri dell’apocalisse del capitalismo imminente. Donnarumma come profeta dell’anarco-capitalismo che ha voluto combattere la violenza e il livore nel mondo del calcio attraverso la santificazione del capitale. L’estremizzazione del libero mercato come mezzo per il risveglio di coscienza dei tifosi: «Mentre il mondo è entrato nell’antropocene, nel calcio sopravvivono categorie primitive: il tifo, l’amore per la maglia, l’onore, il rispetto. È ora che i tifosi capiscano che siamo polvere nell’universo, che possiamo contare solo su noi stessi».
Donnarumma sarà il primo calciatore a giocare apertamente contro i suoi tifosi. Contemporaneamente il più grande portiere e il più grande stronzo del pianeta. Abbandonerà la Nazionale italiana a 22 anni perché la considera: «Non alla mia altezza». Si trasferirà in Cina a 27 anni, dopo aver vinto 6 campionati nazionali e 3 Champions League: «L’Europa è morta. O comunque è moribonda». Comprerà una villa alla periferia di Beijing e la placcherà d’oro. Il suo patrimonio raggiungerà la quota di 500 milioni di euro.
A 37 anni, mentre è ancora un giocatore del Taiwan Company F.C., Donnarumma scompare. Qualcuno dice di averlo visto a Milano, stanco e trasandato, girare con la sua vecchia maglia rossonera; girano delle sue foto ad Hammamet, capelli lunghi, barba, cappello, occhiali da sole. Nella sua villa vengono ritrovate montagne e montagne di soldi bruciati dentro delle cassaforti. Anni dopo, il film che gli dedicherà Steven Soderbergh – con uno struggente pupazzo Alf nei panni di Donnarumma – alimenterà il mito della sua ambiguità, e la divisione tra chi lo considera una sciagura e chi un profeta. Ma di Donnarumma in carne e ossa non si saprà più niente, e forse è sempre stato così.