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Fabio Barcellona
Falsa ripartenza?
28 mar 2018
28 mar 2018
La convivenza tra Jorginho e Verratti, l'influenza di Insigne e le altre risposte che ha dato l'Italia di Di Biagio.
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Fabio Barcellona
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Sono già passati 4 mesi dalla storica mancata qualificazione alla fase finale dei Mondiali in Russia, ma il futuro della nostra Nazionale di calcio è ancora indefinito. Certo, era veramente complicato, se non impossibile, trovare nel bel mezzo dalla stagione un allenatore italiano di livello elevato libero e disponibile a occupare la panchina dell’Italia e in Federazione non si è nemmeno tenuta in considerazione (chissà poi perché) l’ipotesi di un Commissario Tecnico straniero.

 

Le dichiarazioni precedenti le due amichevoli con Argentina e Inghilterra non hanno però aiutato a rendere limpido, almeno a parole, il percorso che si intende condurre per giungere a una scelta definitiva. Nella conferenza stampa all’inizio del raduno in vista delle 2 partite, Gigi Di Biagio non si è nascosto, affermando di giocarsi tanto del suo futuro e di volere mettere in difficoltà i vertici federali, che non hanno mai escluso in maniera netta una sua conferma definitiva sulla panchina azzurra.

 

Con queste premesse, l’impressione è che le due amichevoli, che avrebbero potuto essere utili ad avviare il processo di costruzione della squadra per gli Europei del 2020 e i Mondiali del 2022, siano state un’occasione persa. In assenza di certezze sul progetto tecnico-tattico da sviluppare, un’idea poteva essere quella di testare in campo internazionale i calciatori, giovani, con minore o nessuna esperienza in maglia azzurra.

 

La poca chiarezza sul futuro ha finito però per convincere Di Biagio a giocarsi le sue chance di riconferma e, per questo, provare a ottenere due buoni risultati scegliendo, tra i convocati e le formazioni schierate, i migliori giocatori possibili al momento, senza, probabilmente, pensare troppo agli sviluppi a lungo termine della squadra azzurra. Come spiegare altrimenti la convocazione del trentenne Ogbonna per sopperire alle assenze di Chiellini e Romagnoli? O l’impiego per 180 minuti del trentatreenne Parolo?

 

Solamente 2 dei 24 giovani calciatori convocati nello stage di febbraio sono rientrati nell’elenco per le amichevoli con Argentina e Inghilterra. A Pellegrini e Chiesa si sono aggiunti Cristante e Cutrone, indisponibili a febbraio per gli impegni coi loro club.

 



Dentro questa cornice poco chiara l’Italia ha giocato le sue prime partite dopo lo shock dell’eliminazione dai Mondiali. Per la partita di Manchester contro l’Argentina, Di Biagio ha scelto per la sua squadra il modulo 4-3-3, mai utilizzato da Ventura nella sua esperienza azzurra, ed è interessante notare che tutti gli XI titolari stiano giocando nei loro club prevalentemente con il medesimo modulo, fatta eccezione per i laziali Parolo e Immobile, che, in ogni caso, hanno grossa esperienza con il 4-3-3.

 

Le scelte più importanti di Di Biagio sono state la costruzione di un reparto di centrocampo che prevedeva la coesistenza di Jorginho e Verratti, per la prima volta in campo contemporaneamente, assieme a un incursore come Parolo (preferito ai più futuribili Pellegrini e Cristante) e l’esordio come esterno offensivo di destra di Federico Chiesa. Interessante anche la scelta di De Sciglio nel ruolo di terzino sinistro, lasciando Spinazzola e Darmian in panchina, e la presenza, al fianco di Bonucci, di Daniele Rugani.

 

In fase di possesso palla, le diverse caratteristiche delle catene laterali del 4-3-3 hanno disegnato una squadra che si è espressa in maniera asimmetrica sulle due fasce. Verratti è stato schierato da Gigi Di Biagio come mezzala sinistra e, assieme a Insigne e De Sciglio, ha costruito il lato forte della manovra offensiva degli azzurri, che a sinistra provavano a manovrare e ad avanzare lungo il campo palleggiando e occupando fluidamente tutte le posizioni della catena. Lo stile di gioco verticale di Florenzi, Parolo e Chiesa ha invece assegnato al lato destro dell’attacco azzurro il ruolo di lato debole, in cui la manovra si sviluppava in maniera più diretta e che avrebbe dovuto finalizzare il lavoro in palleggio della fascia opposta.

 

A completare il quadro tattico dell’attacco azzurro c’erano i movimenti interno-esterno di Immobile e il frequente supporto fornito da Verratti alla costruzione bassa. Il centravanti laziale, come di consueto, preferiva aprirsi verso la fascia sinistra, liberando ulteriore spazio per le conduzioni palla al piede di Insigne e per gli inserimenti di Chiesa e, in special modo, di Parolo.

 

Verratti invece si abbassava al fianco di Jorginho per offrire un’ulteriore linea di passaggio facile alla risalita del pallone, con il mediano del Napoli che, talvolta, si alzava scambiando la posizione con il centrocampista del PSG.

 



Proprio la prestazione di Verratti e Jorginho e, ancora di più, la loro convivenza all’interno del centrocampo azzurro è un tema che merita di essere analizzato. Pur giocando in posizioni diverse all’interno dei 4-3-3 dei loro club, Verratti e Jorginho sono i calciatori delle loro squadre che effettuano più passaggi: in media, più di 100 ogni 90 minuti. Il dato macroscopico e puramente numerico va però contestualizzato alle situazioni di campo. I due sono giocatori parecchio differenti: il mediano del Napoli è un facilitatore di gioco, sempre a disposizione dei compagni e incline a

. Verratti invece è una mezzala di possesso che fa del passaggio e della capacità di attrarre e resistere al pressing le sue doti migliori.

 

Nonostante amino stare, in maniera diversa, al centro del gioco, la coesistenza tra i due non è impossibile, ma in assenza di un piano tattico preciso, forse irrealizzabile nel brevissimo tempo a disposizione di Di Biagio, hanno soprattutto mostrato i lati negativi della loro contemporanea presenza. Il loro contributo alla costruzione bassa è spesso sembrato ridondante e i due hanno frequentemente finito per svolgere la medesima funzione, allo stesso tempo, occupando zone di campo simili, sottraendo di fatto una linea di passaggio più avanzata.

 

Contro l’Argentina, che in fase difensiva operava un pressing alto disponendosi con un 4-2-3-1, in cui i centrocampisti si sovrapponevano a specchio ai centrocampisti azzurri e che sceglieva di marcare Bonucci con Higuaín lasciando libero di giocare il pallone Daniele Rugani, i contemporanei movimenti verso il pallone di Jorginho e Verratti agevolavano il pressing avversario e non creavano soluzioni di gioco alle spalle della pressione argentina. In aggiunta, le difficoltà dell’Italia ad avanzare lungo il campo occupando lo spazio tra le linee, era accentuata dai movimenti esclusivamente verticali di Parolo e Chiesa.

 

Jorginho ha sofferto sia l’assenza dei riferimenti di passaggio ormai quasi meccanizzati presenti nel Napoli, che la presenza di Verratti, che raramente gli ha regalato opzioni diagonali o verticali per liberarsi del pallone. Il mediano del Napoli ha più volte perso in maniera banale il possesso sbagliando passaggi o consegnandosi al pressing avversario, fino a perdere la palla che ha portato al primo gol argentino. La sua precisione dei passaggi è stata di circa 6 punti percentuali inferiore a quella nel suo club. Analogo calo ha avuto la precisione dei passaggi di Verratti.

 


La pass map dell’Italia contro l’Argentina. Si notino come le posizioni medie di Verratti e Jorginho siano praticamente sovrapposte e il disegno più fitto sul lato sinistro del campo (via Wyscout).



 

Jorginho e Verratti, assieme a Rugani, sono stati i giocatori dell’Italia a giocare più palloni (se normalizzati a 90 minuti di gioco) e i passaggi tra i due sono stati i più frequenti nella partita (31 scambi tra i due), ma non hanno aiutato a risalire il campo. Dopo un primo tempo con un solo tiro in porta, le migliori occasioni per gli azzurri sono nate da due lanci di Verratti alle spalle della difesa argentina, alta e statica, a premiare i movimenti in profondità di Insigne. Una soluzione rapida e verticale, in contrasto con l’inefficacia di quelle maggiormente manovrate.

 

La coppia Jorginho-Verratti ha mostrato i propri difetti anche in fase difensiva. Entrambi i giocatori, per caratteristiche atletiche e mentali, sono dei discreti difensori correndo in avanti, inseriti in un contesto di pressing organizzato, ma non sono altrettanto abili in fase posizionale. La circolazione bassa e insistita, e il frequente utilizzo in costruzione del portiere Caballero del gioco di posizione della squadra di Sampaoli, invitava gli azzurri a pressare in avanti, ma una volta consolidato il possesso palla l’Argentina schiacciava l’Italia nella sua metà campo e, nonostante le distanze ridotte, gli spazi ai fianchi e alle spalle dei centrocampisti italiani, hanno costituito una zona di ricezione privilegiata per i trequartisti albicelesti, mettendo in evidenza le carenze in fase di non possesso di Jorginho e Verratti.

 

Insomma, il primo esperimento della coppia di centrocampisti non è pienamente riuscito e le caratteristiche tecniche e tattiche dei due rendono delicata la loro convivenza. Tuttavia, variando il contesto tattico, Jorginho e Verratti potrebbero costituire la base di un centrocampo capace di gestire i tempi e i ritmi della manovra, armonizzando i movimenti reciproci e inserendo accanto a loro compagni in grado di disegnare linee di passaggio avanzate. Un atteggiamento più aggressivo e organizzato nel recupero palla potrebbe inoltre permettere di utilizzare le loro qualità in pressing in fase difensiva, riducendo le occasioni di difesa posizionale.

 



Per la seconda amichevole in programma Di Biagio ha confermato il 4-3-3, apportando però alcuni cambi all’XI di partenza. In difesa, Donnarumma ha sostituito Buffon e Zappacosta ha preso il ruolo di terzino destro al posto di Florenzi. Confermati invece tra i titolari De Sciglio, Rugani e Bonucci, con gli ultimi due che hanno però invertito la loro posizione al centro della difesa. In mezzo al campo, l’infortunio di Verratti (non al meglio) ha lasciato spazio a Pellegrini, mentre in attacco Candreva ha sostituito Chiesa (anche lui non per scelta tecnica).

 

Dopo una buona fase iniziale di match, in cui il pressing ha consentito agli azzurri di recuperare palla in posizione estremamente avanzata e pericolosa contro la costruzione palleggiata e insistita degli inglesi, l’Italia ha sofferto la capacità della squadra di Southgate di trovare le due mezzali Lingard e Oxlade-Chamberlain e il trequartista Sterling alle spalle del centrocampo, e le veloci ripartenze degli avversari.

 

In assenza di Verratti, con due mezzali classiche, Jorginho aveva maggiori opzioni di passaggio, e così ha innalzato la precisione dei suoi passaggi al 92%. Il minor numero di errori di Jorginho è riconducibile anche all’assenza di un avversario nella sua zona di competenza: a differenza della partita contro l’Argentina, in cui Lo Celso in fase di non possesso incrociava la sua posizione con quella del mediano azzurro, difensivamente il 3-5-2 di Southgate schierava preferenzialmente i due attaccanti in linea, lasciando maggiori spazi al calciatore del Napoli.

 

Anche a Wembley, fatta eccezione per gli ultimi 10 minuti di match, giocati dall’Italia con orgoglio contro un’Inghilterra trasformata dalle sostituzioni, la manovra degli azzurri ha faticato ad avanzare armonicamente per il campo. Hanno funzionato poco le catene laterali, in genere fondamentali negli sviluppi offensivi di un 4-3-3 piuttosto rigido come quello visto a Londra, e, ancora una volta, è stata assente ogni soluzione di gioco alle spalle del centrocampo avversario. A destra, Candreva e Parolo si sono mossi su due binari paralleli, combinando poco tra loro. A sinistra, Pellegrini è rimasto troppo distante da Insigne limitando così la vena associativa dell’attaccante del Napoli e la possibilità di risalire il campo tramite il fraseggio.

 

In fase di non possesso, come contro l’Argentina, le ricezioni ai fianchi di Jorginho sono state un vero problema per la difesa azzurra.

 


La mappa dei passaggi di Candreva, confinato sulla linea laterale, senza nessun taglio verso la zona alle spalle del centrocampo e davanti la difesa avversaria (via whoscored.com).



 

Anche le partite di Insigne hanno dato risposte non del tutto incoraggianti. In generale va constatato come, ancora una volta, le sue prestazioni con la Nazionale siano state di un livello inferiore a quelle offerte con la sua squadra di club. Insigne rimane un giocatore che per rendere al meglio e, al contempo, restituire un valore aggiunto alla sua squadra, deve essere inserito all’interno di un sistema organizzato. La rete di movimenti coordinati che Sarri ha costruito sulla sua catena di sinistra esalta l’istinto associativo di Insigne, il vero punto forte del calciatore napoletano. Viceversa, l’isolamento e un ambiente tattico poco ordinato, solleticano i suoi istinti individualistici, rendendo il calciatore di gran lunga

.

 

Per motivi diversi, sia nella partita contro l’Argentina che in quella contro l’Inghilterra, le mezzali di riferimento di Insigne sono rimaste troppo distanti all’esterno azzurro per costruire con continuità una rete di passaggi e interscambi di posizione. Nell’ottica di creare il migliore contesto per il giocatore del Napoli, vale la pena di chiedersi se, in prospettiva, sia davvero la migliore soluzione quella di schierare Verratti, e la sua tendenza a muoversi verso il centro del campo e ad abbassarsi, in posizione di mezzala sinistra o, invece, sia preferibile trovare una mezzala con caratteristiche diverse da affiancare all’esterno azzurro.

 



Il clima di incertezza attorno al futuro Commissario Tecnico della Nazionale non ha permesso di utilizzare pienamente le due amichevoli per iniziare il cammino verso gli Europei del 2020 e i Mondiali del 2022. Nel reparto arretrato sono arrivati ottimi segnali dalle prestazioni di Rugani (fatta eccezione per la distrazione che ha consentito all’Inghilterra di battere velocemente il calcio di punizione che ha portato al gol di Vardy) e De Sciglio.

 

Il primo ha arginato con intelligenza e tecnica difensiva le ripartenze dei velocissimi attaccanti inglesi, mentre il secondo ha giocato bene in entrambe le fasi di gioco le due partite. Assieme a Caldara e Romagnoli, costituiscono un’ottima base di partenza per la costruzione di un reparto arretrato affidabile. In mezzo al campo sono rimasti fuori dalle convocazioni i talentuosi Barella e Mandragora e ha giocato solo uno spezzone di partita Cristante. In attacco,

in maglia bianconera e le prestazioni di Chiesa lasciano aperte diverse possibilità alla reparto avanzato azzurro.

 




 

I match contro Argentina e Inghilterra hanno confermato, qualora ce ne fosse bisogno, che l’Italia ha la necessità di avere un progetto tecnico-tattico definito per potere migliorare le proprie prestazioni e, conseguentemente, i propri risultati.

 

Occorre stabilire con chiarezza su quali calciatori puntare nell’arco temporale di un quadriennio e costruire attorno a loro un piano di lavoro che disegni una squadra organizzata e dalle idee chiare. Il talento a disposizione in questo periodo storico del calcio nazionale non è infinito e sicuramente non sufficiente, da solo, a costruire una buona squadra. Non è neanche scarso come qualcuno dice o lascia intendere, ma richiede un lavoro di preparazione e sistematizzazione tattica.

 

La convivenza tra Jorginho e Verratti, il ruolo di Insigne, le doti di contropiedista di Immobile sono solo alcuni esempi, evidenziati dalle due amichevoli disputate, di un puzzle che richiede pazienza e impegno costante per potere essere completato. Pazienza e impegno, che è difficile avere nell’arco di due sole partite. Ci si rivede a giugno, per altre due amichevoli di lusso che per l’Italia avranno il sapore amaro di chi poi non potrà venire alla festa, ma che potranno segnare, si spera, davvero un nuovo inizio.

 
 

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