«Quando l’abbiamo incontrati la prima volta non sapevamo niente di loro, nemmeno di che colore avessero le maglie. Alla fine ci salutavamo per nome: ‘Ciao Bill, chi si rivede’, ‘Ehi Pete, come va?’». “Alla fine” è sedici giorni e sei partite dopo, tutte giocate nel gelido novembre del 1971, esattamente cinquant’anni fa, tra l’Alvechurch FC e l’Oxford City.
L’Argentina avrà anche il copyright sul rigore più lungo del mondo, quello tra Estrella Polar e Deportivo Belgrano raccontato da Osvaldo Soriano, con il portiere eroe e insieme anti-eroe Emilio Díaz, detto El Gato, ma sulla partita più lunga no. Ci volle una settimana per battere quel rigore; per decidere chi avrebbe passato il turno preliminare di FA Cup tra Alvechurch e Oxford City ne sono servite più di due.
L’Estrella Polar arrivava dal punto più estremo, freddo e lattiginoso di tutta l’Argentina, la Patagonia. Oxford e Alvechurch hanno giocato i loro sei pezzi di partita infinita spostandosi qua e là nelle Midlands, la Patagonia senza mare degli inglesi, dove la nebbia è più fitta, il freddo più pungente e dove le luci intermittenti delle ciminiere - nella foschia autunnale che si confonde con il fumo delle fabbriche - le fanno sembrare fari giganti in attesa di indicare la via a enormi navi che lì - zona di piccoli canali - non possono arrivare. Mancano solo i pinguini, ma fuori dai pub, dopo una certa ora, puoi incontrare gente che può giurarti di averne appena visto uno.
A raccontare nel dettaglio quei giorni di conoscenza tanto naturale quanto forzata da 660 minuti passati insieme su un campo da gioco, è stato, nel 2009, Graham Allner, capocannoniere - con tre reti - di quella precisa sequenza matematica di pareggi (2-2, 1-1, 1-1, 0-0, 0-0) interrotta solo al sesto tentativo, nonché uno dei pochi ad aver giocato ogni singolo secondo di quelle sei gare diventate un record che nessuno in quella competizione ha battuto e che nessuno potrà più battere. Dal 1990, con l’aumentare della partite di campionato e nelle coppe europee, la federazione inglese stabilì che in caso di pareggio sia nella prima che nella seconda partita, la qualificazione nel torneo più antico del mondo si sarebbe decisa ai calci di rigore, mettendo un limite al numero di replay possibili.
Allner, come contagiato dalla poesia di quel che accadeva in campo, ha tradotto così, in parole, quei giorni: «Stesse squadre, stessi giocatori, stesso risultato, è stata una di quelle esperienze che mi ha formato il carattere. E a un certo punto le tattiche sono tutte volate via dalla finestra». Lui giocava come attaccante nell’Alvechurch, club dell’omonimo villaggio a due passi da Birmingham. La squadra, in quella stagione, era iscritta al Midland Combination, decimo scalino della piramide del calcio inglese, mentre l’Oxford City giocava nella Isthmian League, tre gradini più in alto. Teoricamente non avrebbe dovuto esserci partita, invece ce ne sono state sei. In mezzo, per non farsi mancare nulla, le due squadre hanno anche dovuto giocare entrambe un turno di campionato, costringendo i giocatori - che, visto il livello amatoriale, avevano un altro lavoro - a un vero e proprio tour de force.
Sabato 6 novembre le due squadre si affrontano nel campo dell’Alvechurch, che - inaspettatamente - va in vantaggio per due a zero con un gol di Horne e il primo di Allner. Il terreno è fangoso con un’accentuata pendenza verso le bandierine del calcio d’angolo. I padroni di casa si fanno però raggiungere sul 2-2, facendo scrivere al cronista dell’Oxford Mail Jim Rosenthal una frase che sembrava perfetta per l’occasione e che invece si rivelerà la più sbagliata di tutte: “You only get one bite at the cherry”, un modo di dire inglese che si può andare a consultare proprio sull’Oxford Dictionary e che al di là della traduzione letterale (“Hai solo un morso a disposizione con una ciliegia”) significa “hai avuto un’occasione, non si sa se ne avrai un’altra”. Ci saranno invece talmente altri cinque morsi e altrettante ciliegie a disposizione per l’Alvechurch, ma in quel momento, con il replay di lì a tre giorni sul campo del più quotato Oxford City, era difficile prevederlo.
Nel suo resoconto, il giornalista racconta anche di un tuffo miracoloso, nei minuti finali, da parte del portiere ospite, Peter Harris, che sul 2-2 nega la gioia di un gol che sembrava fatto a tale Bobby Hope. Quella singola parata avrebbe potuto gettare la partita nel mare magnum dei sepolti e dimenticati turni preliminari della Coppa d’Inghilterra, sottraendo i giocatori a due settimane di partite su campi fangosi e turni di lavoro spostati e togliendo a noi una bella storia.
Martedì 9 novembre alle 19.30 le due squadre tornano in campo al Whitehouse Ground, stadio dell’Oxford City: per i padroni di casa segna Eales, per l’Alvechurch ancora Allner. Una locandina, lì per lì come tante (e che indica 3 pence per il biglietto d’ingresso), diventata negli anni oggetto del desiderio per i collezionisti di memorabilia avvisava: “In caso di pareggio tempi supplementari e replay”. Ovviamente pareggeranno - a detta di chi c’era - sul campo più fangoso e ingiocabile di tutte e sei le sfide. Sabato 13 l’Oxford City, ormai assuefatto, pareggia anche in campionato.
Il secondo replay si gioca lunedì 15 novembre al St. Andrew’s di Birmingham davanti a 3600 spettatori (record di affluenza): da lì ad Alvechurch sono appena 17 chilometri, ed è quasi una partita in casa per gli sfavoriti, che infatti il loro morso alla ciliegia lo danno nel primo tempo con il solito Allner, il cui gol non basta. Pareggerà all’inizio della ripresa Goucher e non accadrà più nulla, supplementari compresi, fino al 22 novembre. La sua rete resterà l’ultima tra le due squadre per 330 minuti; finiranno 0-0 la partita di mercoledì 17 e quella di sabato 20 novembre, giocate entrambe al Manor Ground, lo stadio dell’altra squadra di Oxford, lo United.
Le due gare hanno un protagonista comune e atteso: il freddo. Quella di mercoledì 17 ne ha anche uno inatteso e sfortunato, il calciatore dell’Oxford City Tommy Eales. Nel raccontare la giornata nera di Eales, la rivista When Saturday Comes aggiunge un tocco di epica indicando negli episodi che lo riguardano non il minutaggio dell’incontro, ma la somma di tutti quelli giocati. Quindi, in serie, al giocatore del City viene annullato un gol dubbio al 359’ minuto, poi al 388’ colpisce la traversa, infine al 449’, ovvero all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare, con un colpo di testa da azione di calcio d’angolo colpisce la parte bassa della traversa. In qualche modo la difesa dell’Alvechurch allontana il pallone prima che tocchi terra, lasciando ulteriori dubbi sul fatto che abbia superato o meno la riga. L’arbitro dubbi non ne ha, non è gol: Alvechurch-Oxford City si giocherà ancora. Il giornalista Jim Rosenthal, quello delle ciliegie, è assente (ha visto e vedrà le altre cinque): al suo posto, per l’Oxford Mail, c’è Bill Beckett che - tra un’azione e l’altra - trova il tempo di riportare sul giornale una proposta avanzata da alcuni spettatori di organizzare una rimpatriata annuale con i tifosi presenti a tutte e quattro le partite.
Il quinto incontro è considerato quello giocato a temperature più estreme, con la pioggia che col passare dei minuti diventa neve. Il pubblico per scaldarsi beve e canta a squarciagola vecchie canzoni tradizionali come Auld Lang Syne (la cantava anche Snoopy dei Peanuts quando diventava sentimentale) e Keep Right on to the End of the Road. Pochi minuti dopo la partita, mentre rincasa, uno degli spettatori bagnati fradici, un autista 64enne di Alvechurch, crolla a terra e muore.
Anche i giocatori erano esausti: il centrocampista dell’Alvechurch Derek Davis, che faceva i turni di notte, non si reggeva più in piedi e quel giorno fu lasciato a riposo. Quattro suoi compagni di squadra erano soldati in servizio: uno - in quella stessa settimana - montava la guardia notturna; gli altri, nei giorni in cui l’Alvechurch riposava, giocavano anche incontri del torneo militare. Altri quattro erano stati convocati e poi obbligati a scendere in campo per 90 minuti nella selezione locale chiamata Birmingham County XI. Kevin Lyne dell’Alvechurch, professione birraio, e John Woodley, muratore e bandiera dell’Oxford City (con cui collezionerà più di 900 presenze) prenderanno delle ferie pur di avere qualche ora per riposare. Durante la quinta partita, Eric Metcalfe, insegnante, si rompe il perone in uno scontro di gioco. Complice il fango, il freddo, la mezza dozzina di militari in campo, sembra sempre meno calcio e sempre più guerra di trincea.
Mentre Alvechurch e Oxford City restano ferme sulla stessa casella come in una sfortunata partita al gioco dell’oca, la Coppa d’Inghilterra prosegue. Il 20 novembre, giorno del quinto pareggio consecutivo, si è giocato anche il primo turno ufficiale di Fa Cup. A riposo resta solo l'Aldershot, squadra di quarta divisione sorteggiata con la vincente tra due club che a vincere non ci pensano proprio. Il responsabile commerciale dell’Aldershot quel giorno va con due plichi di biglietti diversi da consegnare ai dirigenti di Alvechurch e Oxford, sono quelli del turno successivo. A un dirigente dell’Oxford City chiederà un favore, di farsi consegnare il plico dell’Alvechurch in caso di vittoria e - viceversa - mollare il suo agli avversari in cosa di sconfitta nel quinto replay, ovvero gara-6. Quasi come fosse una World Series di baseball o un playoff di basket.
Lunedì 22 novembre, una partita come tante di un turno preliminare di coppa è diventata un evento e la federazione decide di giocare nientemeno che al Villa Park di Birmingham, storico stadio dell’Aston Villa. L’Oxford City deve rinunciare a due giocatori di turno in caserma. Nell’Alvechurch parte tra gli 11 per la sesta volta in sei gare Allner, ma l’eroe di giornata sarà un altro. A descrivere l’azione dell’unico gol arrivato al 588’ minuto della sfida infinita è sempre Jim Rosenthal dell’Oxford Mail: “Stupito dal fatto che gli fosse concessa la possibilità di parare il tiro, il portiere Peter Harris va giù con la mano destra, ma la palla gli scappa, lo colpisce sul tallone e, come un cane appena sgridato, prosegue lentamente oltre la linea di porta”. Harris è il portiere dell’Oxford City, quello della parata decisiva nel finale della prima partita senza cui non ci sarebbe stata una storia da raccontare. A calciare in porta, come quella volta, è un giocatore dal cognome perfetto per l’occasione, Hope (Speranza). È il 18’ minuto del primo tempo e siamo alla decima ora di gioco. Il pareggio questa volta non arriverà. Quando l’arbitro fischierà la fine saranno diventate 11 ore e più, considerando anche i recuperi.
Proprio in Inghilterra, a Wimbledon, nel 2010 si terrà quello che a oggi resta l’incontro di tennis professionistico più lungo di sempre, 11 ore e 5 minuti, tra lo statunitense John Isner e il francese Nicolas Mahut. Quella che da tutti è stata definita una vera e propria maratona - spalmata addirittura su tre giorni - ha visto alla fine prevalere Isner.
Anche Rhys Davies, l’allenatore di quell’Alvechurch 1971-72 era un esperto di maratone, quelle vere, la più importante l’aveva corsa nei Giochi del Commonwealth del 1956 gareggiando per il Galles. Oltre ad aver rinunciato, da un certo punto in poi, a dare consigli tattici, durante l’ultimo incontro se ne uscì con una battuta felice che non suonava più nemmeno come una battuta: «Ci conosciamo così bene con quelli dell’Oxford da poter pensare a una fusione».
Ma le similitudini tra l’Alvechurch e Isner non finiscono qui. L’americano, dopo la vittoria per 6-4 3-6 6-7 7-6 70-68 (già, proprio settanta a sessantotto), esce subito al turno successivo contro l’olandese Thiemo De Bakker (6-0 6-3 6-2). Stessa sorte per il piccolo club della decima serie, il primo della Midlands Combination ad arrivare così avanti nel tabellone della FA Cup. Il 24 novembre, ad appena 48 ore di distanza dal quinto replay contro l’Oxford City, si scioglie: la partita termina 4-2 per l’Aldershot. Tra gli assenti per l’Alvechurch anche il difensore Ralph Punsheon, fermato dal carbonchio, malattia sopraggiunta per la fatica dopo aver preso parte a tutti i sei match contro l’Oxford City.
Allner, oggi 72enne, ha raccontato il meglio e il peggio di quelle 48 ore sulle colonne del Guardian: «Tornammo nei spogliatoi euforici ed esausti. Il proprietario dell’Aston Villa Doug Ellis entrò offrendo lo champagne a tutti, vincitori e vinti. Ormai ci conoscevamo tutti ed eravamo ben consapevoli di far parte alla stessa maniera di qualcosa di storico, brindammo con i ragazzi dell’Oxford City, facemmo festa e poi tornammo a casa. Due sere dopo, in campo con l’Aldershot eravamo distrutti. Vincere sarebbe stato impossibile».
Curiosando su internet ci si può imbattere in una foto intitolata “Champagne time at Villa Park for amateur side Alvechurch”. Nell’immagine ci sono undici giocatori con una maglia scura ma non troppo e un enorme scudetto sul petto con l’acronimo A.F.C. che sembra uscito da un torneo medievale, con una torre in alto a sinistra e un oggetto ripetuto tre volte che ha tutta l’aria di essere una pera. I calciatori hanno i capelli che ti aspetti possano avere dei giovani calciatori part-time che hanno appena scavallato gli anni Sessanta. Sulla sinistra c’è anche un signore stempiato, presumibilmente l’allenatore, con la sua coppa di champagne in mano, come tutti gli altri. Uno solo beve, gli altri sorridono e sembra davvero facciano fatica anche solo a tenere il bicchiere in mano.
Pochi giorni dopo la sconfitta con l’Aldershot c’è il sorteggio dell’Amateur Cup, nell’urna ancora una volta i nomi di Alvechurch e Oxford City potrebbero uscire accoppiati. Ma dopo essere andati a braccetto per 17 giorni e 6 partite, le loro strade si dividono. Allner e compagni si toglieranno un’ulteriore soddisfazione due anni più tardi, superando ancora tutti i turni preliminari di FA Cup e battendo poi al primo turno il più quotato Exeter City per 1-0: a segnare, come spesso accadeva, fu proprio Allner. Mentre lo scorso luglio, per celebrare i 50 anni della loro sfida infinita, Oxford City e Alvechurch hanno organizzato un’amichevole. I tifosi scommisero tutti o quasi sul pareggio, ma a vincere è stato ancora una volta l’Alvechurch, per 2-0. Le sceneggiature migliori raramente si scrivono a tavolino. Ci pensa quasi sempre la vita, talvolta il calcio, soprattutto quando c’è di mezzo l’FA Cup.