C’è una nuova scuderia al via del Campionato mondiale di Formula 1 del 2006. Si chiama Toro Rosso ed è qualcosa in più di una costola della casa madre Red Bull. Dietrich Mateschitz, il patron della bevanda energetica e della scuderia, ha fiutato l’aria e ha capito che di lì a poco la Formula 1 sarebbe cambiata per sempre.
Ufficialmente Toro Rosso deve essere lo sbocco naturale per i piloti che crescevano all’interno del Red Bull Junior Team, un programma che serve a finanziare la carriera di alcuni dei migliori giovani talenti del volante. Nel 2008 però la Federazione Internazionale vara un nuovo insieme di regole, tra queste c’è l’abolizione dei test privati. Qual è allora il miglior modo possibile di raccogliere dati in pista, se non quello di raddoppiare il numero di macchine schierate durante i weekend di gara? L’intuizione di Mateschitz è vincente e porterà la sua prima scuderia su un nuovo livello di competitività.
Nel 2012 Sebastian Vettel domina al volante di una Red Bull. Ha solo venticinque anni, ma ha già vinto due titoli mondiali e si appresta a vincere il terzo. Dopo sole sei stagioni dall’acquisizione, l’idea che la Toro Rosso potesse essere la propaggine del Red Bull Junior Team in Formula 1 ha già funzionato: con la Toro Rosso Vettel ha vinto il Gran Premio d’Italia – il più giovane vincitore in Formula 1 fino a quel momento – prima di fare sfracelli a bordo di una Red Bull.
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