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Everybody loves Devin
28 nov 2016
28 nov 2016
Devin Booker è già da ora uno dei giocatori più amati della NBA. Ma fino a dove può arrivare?
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Foto di Nick Laham/Getty
(copertina) Foto di Nick Laham/Getty
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Dopo aver subito quasi 400 punti nelle precedenti tre partite e a pochi secondi dalla terza sconfitta consecutiva, Devin Booker parte in transizione e subisce un fallo segnando un floater. A seguito di ciò si posiziona in lunetta in attesa della palla e scambia alcune parole con Kenneth Faried: non del vero e proprio trash talking, ma comunque un fatto abbastanza abitudinario nella NBA. Capita spesso che i veterani che giocano in casa cerchino di scoraggiare gli avversari più giovani e che questi provino a guadagnarsi il rispetto rispondendo a tono, difendendo la propria posizione. Anche sotto di 20 a pochi secondi dalla fine, in una partita che significava già pochissimo prima della palla due.

Ma aggiungendo una chiamata poco sensata alle troppe già effettuate in questo avvio di regular season, gli arbitri assegnano il secondo tecnico della partita a Booker costringendolo alla prima espulsione della sua carriera. Booker sorride, non in modo sarcastico come avrebbe fatto Rasheed Wallace, ma mantenendo l’aplomb. Si dirige verso gli spogliatoi, firma un autografo a un fan, da il pugnetto a uno accanto ed entra dentro il tunnel degli spogliatoi.

Una cosa del genere dovrebbe passare totalmente sotto traccia, invece per la stampa associata all’Arizona, per l’account Twitter dei Phoenix Suns e per tutti gli insider della franchigia quella scena è stata La Cosa da ricordare della notte, il video da condividere su Facebook e Twitter nell’orario di punta, l’highlight da mostrare per dimostrare agli altri quanto vale la propria stella. Accade quindi che in una piazza assetata di stardom da ormai troppi anni - i Suns non avevano mai saltato quattro serie di playoff consecutive dalla loro nascita, attualmente stanno veleggiando verso la settima -, un sophomore espulso negli ultimi secondi di una partita persa di 20 si trasformi nell’highlight della settimana.

Perché i Suns nutrono per Booker una cosa molto più intensa del tifo, dell’affetto o altro. In Arizona Booker rappresenta la speranza irrazionale di un futuro migliore, al punto da diventare quasi enigmatico il motivo stesso per cui è così tanto apprezzato. D’altronde stiamo parlando di un giocatore praticamente nullo in difesa, di un tiratore dall’arco che non ha superato il 34% in carriera da 3 punti e viaggia al 32% questa stagione, di uno che ha sempre messo numeri in una squadra senza obbligo di vincere nulla. O forse no.

Monodimensionale?

...There's a super cool band yeah

With their trilbies and their glasses of white wine

And all the weekend rock stars in the toilets

Practicing their lines…

[Fake Tales of San Francisco - Arctic Monkeys]

Quando si tratta di visionare i giocatori di Kentucky, il problema è che questi spesso giocano al college in squadre più talentuose di quelle in cui passeranno la maggior parte della loro carriera NBA. Prima di arrivare a Phoenix nessuno sapeva davvero quanto valesse Eric Bledsoe, costretto a giocare dietro Chris Paul ai Clippers e in una Kentucky, prima ancora, che schierava John Wall, DeMarcus Cousins, Patrick Patterson e negli allenamenti pure Enes Kanter. Lo stesso principio si può applicare a Devin Booker.

Al college Booker aveva il compito di aprire il campo per i compagni in uscita dalla panchina, caratteristica necessaria visto che Calipari cercava di gestire un frontcourt composto da Trey Lyles, Willie Cauley-Stein e un tale di nome Karl Anthony Towns. Nonostante al liceo Booker fosse un attaccante completo, il suo ruolo a UK era quello di aspettare oltre l’arco e tirare dal piazzato. Per 21 minuti a sera Booker dava spaziature a quella lineup prendendo oltre la metà dei suoi tiri da dietro l’arco (segnando col 41%, non male per uno che aveva compiuto 18 anni da pochi mesi). Ma la monodimensionalità del suo gioco è stato il principale motivo per cui il suo talento è passato in secondo piano. Dei 200 tiri che Booker si è preso nella sua carriera collegiale, 178 erano jumper in sospensione: un’enormità. Tanto che molti scout si domandarono se sarebbe mai stato in grado di diventare un realizzatore affidabile dal palleggio.

Quel fisico unito all’enorme quantità di tiri presi da dietro l’arco e dagli angoli, immediatamente il richiamo più forte agli occhi di tutti è stato quello con Klay Thompson. L’eccellente produzione al ferro è passata in secondo piano fino a quando non se ne sono accorti in NBA.

Ma un tiratore che basa il suo gioco su jumper e floater andando raramente al ferro (65 volte in 38 partite NCAA) rappresenta una red flag per le squadre in lottery che cercano tiratori dall’alto potenziale realizzativo, lunghi fisicamente intriganti o difensori tenaci. Booker ovviamente non corrispondeva a nessuna delle tre voci precedenti.

Non solo un tiratore

L’inizio in NBA non è stato dei migliori e Booker è stato spesso costretto a passare la maggior parte delle sue partite in panchina dietro alle due point guard titolari Bledsoe e Brandon Knight. Ma gli infortuni di questi due, il taglio di Sonny Weems e altre circostanze hanno giocoforza costretto i Suns a schierare Booker per ampi stralci di partita, ed è stata una benedizione.

Booker si è rivelato un attaccante molto più completo di quanto chiunque avesse potuto sospettare, con una gestione dei tempi d’attacco assolutamente irreale per il giocatore più giovane in NBA. La sua intesa sui pick & roll con Tyson Chandler è enormemente migliore di quella che Tyson condivide con Knight e Bledsoe, e anche Alex Len sembra leggere meglio le mosse di Booker rispetto a quelle degli altri due compagni più esperti. Ad oggi Booker è uno degli attaccanti più completi per soluzioni da portatore di palla principale, una skill che nemmeno ci si dovrebbe aspettare da un teenager buttato in mezzo ai pescecani della lega.

Se gli avversari si fermano ad aspettarlo sotto canestro, Booker possiede un equilibrio e un rilascio così naturale che sembra stupido non debba tirare in sospensione ogni volta.

Se l’avversario dopo il blocco continua a seguirlo, è bravo a servire il compagno che si apre. Purtroppo non ha ancora grandi letture quando il bloccante rolla a canestro, ma potrebbe anche dipendere dal fatto che l’attacco dei Suns offre delle spaziature orrende.

Se invece la difesa non trova le giuste misure e il lungo resta sospeso a metà, Booker ha una sottovalutata mossa di exhitation e nessuna paura del contatto fisico. Nell’azione mostrata conclude al ferro col sinistro, un ottimo segnale visto che l’anno scorso lo usava veramente pochissimo, ma un’area del suo gioco ancora da migliorare visto che cerca ancora la soluzione con la mano destra con troppa insistenza. Aggiungerei che se a Kentucky avesse mostrato questa azione un paio di volte, probabilmente sarebbe stato scelto 3-4 posizioni più in alto.

Notare qui invece l’astuzia nell’usare il secondo blocco di Len per far perdere definitivamente le tracce al marcatore diretto. Quando poi riesce a fermarsi con un arresto di potenza, ha un rilascio e un follow trough che sono il sogno bagnato di qualunque esteta della tecnica di tiro.

La caratteristica che però ha fatto alzare le sopracciglia a tutti non è la capacità di segnare in modi diversi o quella di avere un rilascio fluido, e nemmeno quella di aver sensibilmente aumentato la sua capacità di subire fallo e non temere il contatto, ma la maturità e la visione di gioco espressa. Booker sente il gioco come pochissimi coetanei, probabilmente come nessuno tra i suoi compagni di Draft, e guardandolo giocare non sembra mai perdersi nella foga della partita, pur essendo estremamente competitivo. Guardando le semplici cifre dell’anno scorso si potrebbe pure pensare a Booker come ad un giocatore capace a metter su numeri in una squadra scarsa, senza altri attaccanti di valore intorno a togliergli palloni. In realtà è difficilissimo trovare un tiro forzato da parte sua, o comunque un tiro che non ha fatto bene a prendere. Il confronto con quelli a cui avrebbe dovuto fare la riserva è poi semplicemente impietoso: mentre Booker cerca di capire come sfruttare il corpo per creare più spazio, Brandon Knight “è segretamente convinto che pestare la linea dei tre punti prima del tiro ti faccia guadagnare dei punti in più” (Zach Lowe dixit).

Un’altra cosa che lo valorizza enormemente è la capacità di decisione in tempi ristretti. In NBA l’indecisione equivale a morte certa, e se a quell’età sei in grado di capire quando attaccare e quando indietreggiare, il tuo percorso di crescita è già a un ottimo punto.

In questa azione c’è una quantità talmente alta di buone letture che è difficile elencarle tutte. Quindi limitiamoci a citare: 1) attaccare senza aspettare il blocco quando l’avversario cerca il pallone col braccio; 2) non passare sulla mano forte perché porterebbe al lato debole del campo e in bocca a Tobias Harris; 3) chiudere il palleggio solo quando Baynes esita ad uscire; 4) attaccare a destra lo spazio lasciato da Harris al punto 2; 5) trovare in un istante e senza cambiare direzione del corpo Len quando Baynes si allontana da quest’ultimo. Due punti.

È un peccato che l’attacco dei Suns lo costringa a portare palla più spesso del dovuto, perché se usato “alla Bradley Beal” potrebbe essere molto più devastante, invece i Suns lo usano “alla Bradley Beal quando John Wall riposa” che lo rende la preda preferita dei migliori difensori avversari.

Le sue letture lontano dalla palla sono sempre sorprendenti, soprattuto per uno che non ha ancora l’età per bere. L’equilibrio del corpo per passare dalla finta di arretramento al tagliare dietro il marcatore fa sembrare Booker un giocatore rapido ed esplosivo, quando in realtà non lo è affatto. (Nota: altra conclusione di sinistro. Non ce ne sono molte altre nel corso della stagione).

L’attacco dei Suns è troppo carente di letture per permettere di valorizzare le sue: Jared Dudley è letteralmente l’unico giocatore a roster capace di vedere quel taglio e servirlo invece di fermarsi e pentirsene. Il paragone con Klay Thompson si è affievolito molto, e quello con Bradley Beal e altri realizzatori in situazioni di squadra complesse ne sta venendo fuori più forte che mai.

Tutti i difetti di Booker

...And as the microphone squeaks

A young girl's telephone beeps

Yeah she's dashing for the exit

Oh, she's running to the streets outside

"Oh you've saved me," she screams down the line

"The band were fucking wank

And I'm not having a nice time"...

C’è un aspetto del giocatore Devin Booker che andrebbe analizzato: per quale motivo, nonostante i tanti limiti e il non aver ancora sostanzialmente dimostrato nulla, tutti lo amano? Ad oggi Booker è 12° per conclusioni dal campo tentate e 9° per tiri sbagliati: solo Kyle Lowry ha sbagliato più tiri provandone meno di lui. Non sta superando il 42% dal campo in carriera e le percentuali di realizzazione sono in calo dall’anno da rookie, con una tendenza sempre minore al passare la palla ai compagni preferendo la soluzione individuale, tanto è vero che i Suns sono la peggior squadra della lega per percentuale di assist (47%).

Il punto debole più grande è la fase difensiva, e il problema è purtroppo strutturale più che di capacità o letture. Il rapporto tra altezza e apertura di braccia è tra i peggiori degli ultimi anni: la lista di giocatori (non point guard) con un’apertura di braccia inferiore all’1.98 e una standing reach inferiore ai 2.54 è decisamente ridotta: J.J. Redick, O.J. Mayo, Kirk Hinrich, Marcus Thornton, Jodie Meeks, Gary Harris e infine Devin Booker. Nessuno di questi è stato un gran difensore agli inizi in NBA: forse il più rapido a diventarlo è stato O.J. Mayo, ma nessuno vorrebbe averlo come parametro di riferimento in nessun ambito della vita.

Booker non ha paura del contatto fisico e mostra la sua natura competitiva nel cercare di mantenere la posizione, ma l’equilibrio che usa così bene in attacco è male sfruttato in difesa, dove gli attaccanti avversari adorano farlo rimbalzare di blocco in blocco o fulminarlo col primo passo appena arriva su una rotazione. La mancanza di dedizione generica nei Suns non è sicuramente un incentivo, ma sono più numerose le volte in cui Booker si arrende alla prima difficoltà piuttosto che restare concentrato.

La stoppata nell’azione è assolutamente un caso più unico che raro, ed è senz’altro dovuta alla volontà di restare incollato a McCaw per tutto il tempo. Ma sul primo passo Booker è già battuto alla prima mossa, non ha davvero controllo sul dove spingere l’avversario nel palleggio e Len è in ritardo nella chiusura perché non è in grado di leggere un blocco cieco portato da Curry.

Nella migliore delle ipotesi possibili Booker diventerà un difensore mediocre una volta che la sua struttura fisica verrà irrobustita e il contesto difensivo diventerà vagamente più stimolante, oltre che in grado di proteggerlo. Già dall’anno scorso alcuni miglioramenti ci sono stati: gli avversari peggiorano di un paio di punti le loro percentuali al tiro quando Booker li marca rispetto a quando siede in panchina, mentre 12 mesi fa aumentavano di 5-10 punti ogni volta che venivano marcati da Devin.

Non si può escludere già da ora il fatto che magari in futuro Booker non possa essere mascherato in questo modo. Ma al di là dei demeriti difensivi, arriviamo al punto più spinoso: perché Booker non raggiunge delle percentuali di tiro nemmeno sufficienti per uno con quel talento e quel rilascio?

Ad onor del vero fino a quando ha giocato sotto Jeff Hornacek le percentuali di Booker erano state eccellenti, compreso un assurdo 79% al ferro.

Ho provato a spulciare diverse tesi e a verificare da più prospettive, ma è davvero difficile arrivare a una soluzione univoca. Booker tira molto più in catch & shoot che dal palleggio, ma la percentuale effettiva tra le due voci è praticamente immutata. Ovviamente da 3 punti tira meglio piedi per terra, ma comunque raggiunge a malapena il 34%, ben lontano dal 41% che aveva mostrato al college. Per assurdo poi le sue percentuali da 3 migliorano semplicemente ogni volta che palleggia una sola volta prima del tiro, per poi precipitare quando i palleggi diventano due o più. I migliori risultati arrivano quando ferma l’attacco per più di 6 secondi, cosa che è in controtendenza con qualunque essere umano che pratichi questo sport. Inoltre Booker tira con oltre il 66% da 3 quando il difensore è incollato a lui e il 50% quando è a più di due metri, mentre non raggiunge il 30% quando l’avversario è tra il mezzo e i due metri di distanza. Questa cosa non ha il benché minimo senso.

L’unica cosa che mi viene in mente è credere che il problema al tiro di Booker sia semplicemente mentale. La buona notizia è che non è affatto timido nel prendersi numerosi tiri anche nelle serate in cui i risultati non arrivano, ma ovviamente questa tendenza potrebbe risultare tossica in un contesto vagamente competitivo. La fiducia del coach resta immutata, ma ad oggi il numero di partite in cui Booker ha segnato almeno 3 triple è pari a quelle in cui non ne ha segnata nemmeno una: troppo poco per il nuovo Klay Thompson.

Aggrappati all’idea di futuro

...Yeah, I'd love to tell you all my problem

You're not from New York City, you're from Rotherham

So get off the bandwagon, and put down the handbook

Yeah, yeah, yeah, yeah, yeah

Come nella canzone scelta, con Booker si ha l’impressione di andare a un concerto che gli amici ti hanno descritto come il migliore del mondo e, una volta lì, scopri che la serata non è così sensazionale come l’avevi immaginata. Ma tutto sommato, prima di fare gli schizzinosi e criticare, occorre tenere conto del contesto che lo circonda prima di lasciare il bandwagon e gettare a terra il libretto di istruzioni del giocatore perfetto. Infatti, al di là dei difetti e dei dubbi che uno come Booker può sollevare, ci sono senz’altro ottimi motivi perché uno come lui resti nei cuori dei tifosi.

Booker sente il gioco come un naturale prolungamento dei suoi arti: è troppo fluido il modo in cui cambia mano, passa la palla indietro la schiena a Dudley senza averlo visto nei precedenti 7 secondi e porta un blocco a due difensori ammassati sullo stesso punto.

A Booker sembra riuscire facile tutto ciò che non può essere spiegato o insegnato, e nonostante le difficoltà incontrate in alcune partite, quando tutto sembra andare per il verso giusto risulta difficile credere come non possa segnare 25 punti ogni singola notte.

Booker è stato il terzo giocatore più giovane di sempre a segnare 30 punti in NBA (i primi 2 sono stati LeBron e Durant) e uno dei quattro con almeno 9 partite da 30 punti nelle prime 90 partite in carriera (assieme a Griffin, Irving e Curry). È evidente che a Phoenix manchi tremendamente una stella e segnali del genere sono più che sufficienti ad una franchigia disperata per attaccarsi con le unghie e con i denti al futuro di un giocatore.

Ci sono parti del gioco di Devin che sono in fase di sperimentazione. Quest’anno ha già iniziato ad andare in post contro giocatori più bassi di lui e Watson vorrebbe che questa soluzione venisse provata più spesso.

Earl Watson sta faticando oltremodo come coach dei Suns, in particolare nel dare consistenza ai minutaggi di chiunque, specialmente i giovani. Un punto su cui sembra incrollabile è però la fiducia data a Booker. «Quando giocavo a OKC ero in squadra con Durant e Westbrook [e Harden, ndr.], ma non riuscivamo a chiudere le partite. Quando sei così giovane è normale faticare all’inizio per capire come funzionano le cose. Avevamo Durant e Westbrook e non riuscivamo a chiudere le partite».

La fiducia dell’universo dei Suns è completamente affidata alle fortune di questo ragazzo. Magari infondatamente, ma quando si è così disperati ci si affida a qualunque barlume di speranza credendo che sia un faro abbagliante. Quando tra più di due anni il suo contratto da rookie sarà al termine, Booker sarà comunque più giovane di quanto non lo fosse Lillard alla sua prima partita in NBA, e verosimilmente un giocatore molto migliore di adesso.

Il futuro dei Suns è ricco di incertezze e dubbi, una delle poche cose su cui tutti sono assolutamente certi è che Booker sarà una delle stelle del futuro. C’è poco da preoccuparsi e restare perplessi se una squadra sbandiera un’espulsione di un suo giocatore come vessillo di guerra: i Suns saranno la squadra di Booker e il suo destino è legato a quello della franchigia, ognuna delle parti andrà dove l’altra sarà in grado di portarla. Fino ad allora non resta che ammirare le serate in cui tutto si esprime per il meglio e goderci l’attesa.

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