
L'Italia è entrata nella sua età dell'oro dell'atletica leggera. Ormai è un dato di fatto e i risultati dell'Europeo Under-20 lo dimostrano ulteriormente. Forse l’origine di tutto, l’arché, come la chiamavano i greci, è stato quell’abbraccio del 1° agosto del 2021 tra Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs che ha fatto da viatico a un movimento intorpidito, ma il cui fuoco bruciava sotto la cenere.
I segnali positivi sono tanti. A fine giugno la nazionale seniores ha trionfato agli Europei a squadre di Madrid, difendendo il titolo già vinto due anni fa a Chorzów (Polonia). Nemmeno due mesi dopo, dalla Finlandia è arrivata la consacrazione con la vittoria, per la prima volta, del medagliere (con 6 ori, 3 argenti e 5 bronzi) nella competizione riservata agli Allievi (16 – 17 anni) e agli Juniores (18 – 19).
Un ulteriore segno di continuità con quanto fatto negli ultimi anni: la Nazionale azzurra si era imposta nella classifica a medaglie già lo scorso anno agli Europei assoluti di Roma, poi all’Europeo Under-23 (Tallinn 2021) e Under-18 (Banska Bystrica 2024). A livello Under-20, mai nelle 28 edizioni precedenti la nostra Nazionale aveva fatto meglio: per trovare risultati di livello bisogna tornare all’edizione del 2019, a Boras, in Svezia, con 5 medaglie d’oro, 3 argenti e 3 bronzi. All’epoca il vicedirettore tecnico per le squadre giovanili, Antonio "Tonino" Andreozzi, l’aveva definita “La migliore Italia di sempre". Probabilmente oggi si sarà ricreduto anche lui, sempre vice delle Nazionali U23, U20 e U18.
SARACENI, INZOLI, CROTTI E GLI ALTRI
I meriti sono prima di tutti degli atleti, che spesso affrontano anche difficoltà strutturali. Metà delle medaglie sono arrivate dalla Lombardia e da Milano, una città che oggi ha cinque piste, ma nessuna omologata e in grado di ospitare qualsiasi tipo di evento. Quattro dei cinque ori sono firmati da atleti lombardi e la regione sarebbe avanti nel medagliere rispetto a paesi come Germania e Francia.
Tra questi c’è la triplista Erika Saraceni, classe 2006, nata a Milano, figlia d’arte. Il papà Enrico è stato nella Nazionale dei 400 metri, così come la mamma Rosa Anibaldi, la sua prima allenatrice e - per una serie di intrecci – tecnica, all’inizio, pure dei lunghisti e fratelli Inzoli, Daniele Leonardo (argento a Tampere) e Francesco Ettore (vicecampione assoluto 2025).
Saraceni, della Bracco Atletica, si è qualificata al primo tentativo, con una facilità disarmante, facendo subito la misura di 14.00 metri. Ha un curriculum importante: bronzo ai Mondiali Under-20 di Lima dello scorso anno, campionessa assoluta due weekend fa a Caorle. È stata protagonista di una finale in crescendo, nonostante qualche fastidio fisico e una temperatura non ideale. Infine, in una gara sempre al comando, ha vinto con 14.24. La misura le vale il miglioramento del suo record italiano juniores di 14.08 che già aveva ritoccato con 14.15 al terzo tentativo. È diventata la sesta europea di sempre nella categoria e la settima italiana alltime a livello assoluto.
Saraceni ora potrebbe anche prendere parte al Mondiale assoluto di Tokyo, in programma dal 13 al 21 settembre. È un talento cristallino e potrebbe essere la nuova speranza di una disciplina in cui il nostro Paese da anni fatica. Gli ultimi risultati significativi sono stati quelli di Magdelín Martínez con un bronzo ai Mondiali del 2003 (detiene anche la miglior prestazione italiana con 15.03), Simona La Mantia (con l’oro europeo indoor del 2011 e il bronzo europeo indoor del 2013) e Dariya Derkach (argento indoor nel 2023).
La madre di Erika Saraceni, Rosa Anibaldi, all’inizio ha seguito i fratelli Inzoli. Daniele Leonardo, che a febbraio è diventato il più giovane di sempre a laurearsi campione assoluto indoor, ha seguito le orme di Francesco e si è preso di carattere e cuore un bellissimo argento. Il milanese, come il fratello, è seguito da Riccardo Longinari in collaborazione con Fabrizio Donato (ex bronzo olimpico e coach di Andy Diaz) e si divide tra il Giuriati e il campo di Bergamo. Nel 2023 si era già preso le luci della ribalta con un salto di 7.62, miglior prestazione italiana Under-18 al coperto, 23 anni dopo Andrew Howe. In Finlandia, il 16enne (domani ne compie 17) con la misura di 7.69, al terzo tentativo ha conquistato il secondo gradino del podio, festeggiando con l’amica Saraceni.
Sempre dai salti, e dal triplo maschile, è arrivata un’altra medaglia, forse più difficile da pronosticare, ma nemmeno troppo, quella di Francesco Crotti. L’atleta del CUS Pro Patria Milano, nato nel 2007, già agli Europei di Banská Bystrica, era salito sul secondo gradino del podio. Nato a Capralba (Cremona) da mamma nigeriana e papà italiano, fa atletica così come la sorella Caterina, dell’Atletica Estrada, che si divide tra getto del peso e lancio del disco. Il triplista, dopo aver iniziato con il nuoto ha scelto di misurare i propri limiti in pista. Francesco, che di secondo nome fa Eseosa (ovvero ricchezza), proprio come Fausto Desalu, ha trovato la vera ricchezza nel suo talento. In Finlandia, al secondo salto ha fatto la misura di 15.93, record personale, vincendo 32 anni dopo Paolo Camossi, ovvero l’ex allenatore di Marcell Jacobs.
Diego Nappi, sardo, ha festeggiato gli anni con una vittoria nei 200 metri. Il tempo è di 20.77 ed è arrivato con un vento contrario di -2.9 m/s. Nuovo primato italiano Under-18. Un crono che gli ha permesso di battere il favorito, ovvero il portoghese Afonso. «L’ispirazione arriva dai velocisti azzurri, in generale da tutta la squadra assoluta» ha detto ai canali FIDAL «che ci danno una grande motivazione. Spero un giorno di poterci essere in quella staffetta e devo qualcosa anche a Filippo Tortu che mi ha aiutato, è bastata una chiamata: per lui un piccolo gesto, per me enorme». Vi ricordate quando Filippo Tortu batteva record di precocità che oggi ci sembrerebbero decisamente più comuni?
L’Italia va velocissima anche nelle prove a squadre. L’oro è arrivato dalla 4x100 femminile con il primato italiano di 43.72 a firma di Alice Pagliarini, Elisa Valensin, Margherita Castellani e Kelly Doualla che hanno superato Gran Bretagna (43.98) e Polonia (44.07). Si tratta del primo successo della storia nella specialità per l’Italia che vale anche il quarto tempo continentale U20 di sempre. Infine, non si possono non citare anche i due bronzi dalla 4x400 maschile, con Destiny Omodia, Daniele Salemi, Diego Mancini, Simone Giliberto e femminile con Francesca Meletto, Laura Frattaroli, Alice Caglio, Giulia Macchi.
KELLY ANN DOUALLA EDIMO
È probabile che persino i meno appassionati abbiano iniziato a conoscere il nome di Kelly Ann Doualla Edimo. "Predestinata" e "record" sono le parole che più spesso vengono associate al suo nome. È nata nel 2009 a Pavia da genitori camerunensi. Ha 16 anni ancora da compiere e in mano un talento formidabile e già molti detrattori da combattere. Come successo alla nuotatrice Sara Curtis, i suoi record non vengono spesso riconosciuti come italiani. Lei è italiana e mamma Hortense, in tutti questi mesi l’ha specificato più volte: «Non deve prendere nessuna cittadinanza». Dopo la vittoria dei 100 metri ha indossato la bandiera tricolore. Ha vinto col tempo di 11.22, a un centesimo dal suo primato europeo Under-18, siglato alle Olimpiadi giovanili di qualche settimana fa. Detiene pure quello indoor nei 60 con 7.19. La 4x100 potrebbe vederla protagonista magari a Tokyo per il Mondiale Assoluto: il dibattito è aperto.
Stefano Mei, numero uno della Fidal ha detto: «Ho sentito Kelly al telefono e le ho detto che se avrà voglia, se i genitori e l’allenatore saranno d’accordo, potrà essere in squadra ai Mondiali di Tokyo per fare una bella esperienza perché non sarà la gara individuale (non ha il minimo, nda), ma la staffetta, in una sorta di vacanza sportiva per vedere come sono le compagne di squadra più grandi, anche se è chiaro che non le chiederemo niente». Il suo allenatore, Walter Monti con cui lavora a San Donato, è scettico e lei non si è espressa chiaramente, rimandando la decisione a chi di dovere.
Doualla studia al liceo scientifico di Lodi e ama Tara Davis e Shelly Ann Fraser Pryce. Stupisce, più di ogni altra cosa, la sua facilità di corsa. Lo stacco dai blocchi e la sua partenza sono fluidi e di un livello superiore rispetto alle avversarie. L’impressione è che forse i suoi 15 anni, fatti di incoscienza e spensieratezza, siano la chiave di tanti risultati, nonostante abbia ammesso, prima della finale finlandese, di aver provato una certa ansietta. Ha ascoltato un po' di musica e si è concentrata sulla respirazione. Ora, la priorità è che il suo talento venga tutelato e curato (non ha praticamente iniziato il lavoro in palestra) e che nessuno la costringa a privarsi della sua adolescenza.
Essere spesso precoci porta responsabilità che possono schiacciarti: a quasi 16 anni l’atletica deve continuare ad essere quello sport che l’ha appassionata e per cui ha lasciato calcio e tennis.
IL LAVORO DI ANTONIO LA TORRE E STEFANO MEI
Dietro questi grandi risultati non ci sono coincidenze ma lavoro. Atleti e atlete come Nadia Battocletti, Mattia Furlani o Larissa Iapichino (tutti vincenti in passato agli Europei U18) sono venuti fuori da quando Stefano Mei è diventato presidente della FIDAL, Federazione Italiana di Atletica Leggera. A lui vanno riconosciuti tanti meriti: dalla fiducia ai giovani fino alla sua costante partecipazione. Mei, per fare solo un piccolo esempio, è il primo ad aggiornare tutti, con dei semplici post su Facebook sui risultati. È quasi sempre presente a tutte le gare, pronto ad abbracciare, congratularsi o consolare i ragazzi. Da ex atleta viene visto come un punto di riferimento, in grado di comprendere problematiche e necessità. Mei ha anche tratto vantaggio, dalla nomina, quando il Presidente era Alfio Giomi, nel 2018, del direttore tecnico Antonio La Torre (confermato fino al 2028), che ha dato uno scossone a livello mentale e organizzativo. «Rivendico di aver portato un approccio basato sull’evidenza scientifica», disse tempo fa ai canali dell’Università Statale di Milano, di cui è delegato del Rettore per lo sport «soprattutto nell’allenamento e nel lavoro con gli allenatori. Bisogna lavorare a fondo sui dettagli perché in questo sport fanno la differenza. Dentro questo gruppo di lavoro di valutazione tecnico-scientifica sono particolarmente orgoglioso che ci siano anche nostri laureati, da docente della Statale mi fa particolarmente piacere». Per quanto l’atletica resti uno sport individuale, Mei ha creato e rafforzato uno spirito di squadra latente: in ogni intervista degli ultimi anni gli atleti si citano a vicenda come esempio. Bisogna farci caso ma è significativo.
Mei ci ha sempre creduto. A febbraio, dopo gli Assoluti indoor, disse: «Non sbagliavo quando dicevo che abbiamo già pronta la squadra per Brisbane 2032. Gli Assoluti indoor di Ancona, confermano che dietro le due generazioni di campioni già protagonisti sulla scena internazionale, se ne sta affermando una terza, fatta in qualche caso addirittura di sedicenni, che ci sorprende per la rapidità con cui sta avvicinando prestazioni di livello assoluto». Concetto ribadito alla Domenica Sportiva commentando i risultati dell’Europeo: «Questi ragazzi sono i figli di Tokyo, avevano undici o tredici anni quando gli azzurri trionfarono a quella Olimpiade All’indomani dei Giochi del 2021 avevo dichiarato che l’impresa delle cinque medaglie d’oro nell’atletica sarebbe servita a prepararci per l’edizione di Brisbane 2032 e in tanti si misero a ridere, ma in Italia abbiamo bisogno prima di ottenere i risultati e poi di fare proselitismo per far sì che i giovani si avvicinino allo sport, mentre altrove insegnano lo sport a scuola. L’importante è riuscirci e in questi quattro anni ci siamo riusciti praticamente sempre, investendo moltissimo sull’attività: ora abbiamo tanti piccoli campioni che spingono per avvicinarsi ai campioni affermati».
Sotto la sua presidenza i tesserati sono passati dai 189.701 del 2021 (erano pure diminuiti rispetto ai 193.223 del 2015) arrivando ai 243.333 di fine 2024 (ultimi dati condivisi). Sono anche aumentate le sponsorizzazioni con «300 mila a 1,6 milioni di raccolta», ha spiegato a Corriere quando – unica nota stonata – si è dovuto giustificare per uno stipendio triplicato al suo di «per quattro anni ho preso 36 mila euro lordi l’anno di emolumenti, lo stipendio più basso tra i miei 105 dipendenti. Dopo aver ragionato su quanto lavoro, sui risultati, sulle mie responsabilità legali e sui sacrifici che il ruolo richiede ho chiesto al Consiglio federale un adeguamento. Se i salari non sono adeguati, le presidenze federali saranno sempre riservate solo a persone ricche o pensionati». Di certo, poi, come ha sottolineato lo stesso Presidente federale il merito è anche delle società che agiscono sul territorio e investono proprio sulle giovani leve e dei corpi sportivi militari che sostengono i più grandi. Ora, bisognerebbe fare il salto di qualità investendo su impianti e strutture adeguate e portando ancora più sponsorizzazioni a uno sport che fa ancora fatica a livello di visibilità e che sta andando, come ci spiegava mesi fa Zaynab Dosso, verso una direzione di spettacolarizzazione. Un’occasione è già stata persa con il mancato sostegno economico, per la candidatura di Roma ai Mondiali del 2027, da parte del Governo. Ma questi giovani e questa nazionale sono il presente su cui investire oggi per avere ancora delle magiche notti come quella del 2021.