Il gol più Europa League
In questa edizione dell’Europa League sono stati segnati 556 gol, 2,71 a partita, uno ogni 32 minuti. Da questi 556 gol abbiamo ottenuto 556 sfumature di Europa League diverse, ma nessuno è così radicatamente Europa League come quello nella propria porta di Hrechyshkin, in Östersund – Zorya. Ma perché?
Innanzitutto quel giorno (23 novembre) lo stadio dell’Östersund era così pieno di neve che la società ha dovuto chiedere ai tifosi di venire prima e spalarsi lo spazio per sedersi. In secondo luogo, per passare il turno e creare un altro momento Europa League contro l’Arsenal, alla squadra svedese serviva necessariamente una vittoria e questo è stato il gol che gli ha spianato la strada. Terzo, ma non meno importante, il tocco decisivo è opera di un uomo che nello sguardo di ghiaccio e nel taglio di capelli rappresenta molto di quello che chiediamo all’Europa League.
A prima vista il gol oscilla tra l’essere molto bello e l’essere molto brutto. Sul cross teso dalla trequarti di Edwards, infatti, non riusciamo subito a capire chi è che tocca il pallone tra lui e Gera. Se l’avesse presa col tacco il giocatore dell’Östersund ci saremmo trovati davanti ad un gol bello, ma molto normale. Così non è però. Subito possiamo notare come Hrechyshkin rimanga a terra, trafitto, come un uomo che ha appena tradito uno dei pochi valori morali che gli sono rimasti.
Per uno come Hrechyshkin, il successo di una squadra progressista come l’Östersund è il peggiore dei mali. Anche per questo il suo autogol si guadagna la palma di gol più Europa League.
Il giocatore più Europa League
Lazaros Christodoulopoulos
La campagna Giocatore più Europa League ci ha seguito per tutta la stagione, con un successo così gagliardo da essersi guadagnata la sponsorizzazione di Poste Mobile, l’offerta telefonica delle Poste Italiane, perfetta se vi sentite anche voi un poco Europa League. Se avete seguito la rubrica con costanza, ricorderete almeno alcuni dei nomi finiti qui: Gökhan Inler, Dmytro Chygrynskiy, Rolando e molti altri.
Il senso vero di questo premio risiede in una zona dei nostri ricordi collocata tra i primi brufoli e lo shopping con nostra madre: riguarda alcune sensazioni che prese singolarmente sembrano negative, ma che unite restituiscono un senso di calore domestico, parole come successo, disgrazia, periferia del calcio, destino, Europa League. Parole adatte a giocatori con cui vorremmo passare serate fredde in una baita di montagna appena fuori Ostersund ascoltando i loro racconti.
Lazaros Christodoulopoulos è uno davvero Europa League: ad un certo punto della sua carriera qualcuno ha creduto in lui, ma – fondamentalmente – lui non ha mai creduto in sé stesso, esiliandosi volontariamente alla periferia del calcio-che-conta, perché lì poi non si sta così male tra condimenti allo yogurt e isole pietrose.
Ci avevamo creduto anche in Italia, almeno un poco, quando ogni tanto finiva sul tabellino marcatori della Serie A grazie a delle mine da fuori. Ma tra Bologna, Verona e Sampdoria il tutto si è risolto con un nulla di fatto: Lazaros (nome più Europa League per distacco) ha preferito tornare a casa perché lì poteva conquistare l’Europa League. Il greco infatti è uno dei vecchi della competizione: la prima partita l’ha giocata con la maglia del Panathinaikos il 17 settembre 2009, nel primo anno di grazia della coppa, l’ultima il 22 febbraio 2018, coprendo praticamente tutto l’arco vitale dell’Europa League.
Il suo soprannome è The Builder, perché davanti a dei giornalisti greci prima del suo passaggio al Panathinaikos ammise che avrebbe preferito andare a fare il costruttore piuttosto che giocare ancora con la maglia del PAOK.
Nella prossima stagione l’AEK giocherà la Champions League, avendo vinto il campionato greco. Per questo l’altro ieri Christodoulopoulos ha pensato bene di lasciare la sua squadra per firmare con l’Olympiakos, che invece il prossimo anno giocherà l’Europa League.
La squadra più Europa League
Viktoria Plzeň
Il Viktoria Plzeň è stato eliminato solo agli di finale da un gol nei supplementari di Rodrigo Battaglia. Tra le squadre arrivate fin lì era di gran lunga la più scarsa. Nel suo cammino in Europa League ha eliminato nell’ordine: AEK Larnaca, Hapoel Be’er Sheva, Lugano e Partizan Belgrado. Nessuna di queste squadre gli era superiore, ma ogni volta i giocatori del Plzeň hanno fatto il loro dovere.
La loro è una squadra dimenticabile, dove hanno brillato i due attaccanti Michael Krmenčík e Marek Bakos, autori di 10 gol in 2, attaccanti perfetti per l’Europa League dei gironi, delle partite che nessuno vede, dei gol di rapina. Anche la città di Plzen è perfetta per l’Europa League, con la sua storia fatta di birra (è la città in cui si produce più birra della Repubblica Ceca) e salsicce piccanti.
Le squadre degne dell’Europa League quest’anno erano tante, ma nessuna era più degna del Viktoria Plzen.
La città più Europa League
Zlìn
Se dovessimo indicare un luogo dell’Europa League dovremmo dire “il cuore”, se però dovessimo indicare un luogo fisico esistente nella geografia reale dovremmo dire il centro-europa. Le foreste di abeti, i tigli che discendono verso i fiumi, i paesaggi post-industriali e decadenti dell’ex Unione Sovietica. È in luoghi come questi, dove la birra costa meno dell’acqua, dove un tempo batteva forte il cuore prussiano, stanno le radici dell’Europa League.
Preparate lo zaino, prendetevi un Gaviscon e iniziate il vostro viaggio per Zlìn.
Zlìn nasce sulle sponde del fiume Drevnice, nella Moravia meridionale. Ha tutte le caratteristiche richieste a una città Europa League: un bel centro-storico dalle forme Jugendstil, una periferia anonima e un’area industriale leggermente decadente. Zlìn ci ha fatto scoprire una bella storia di ingegno europeo, quello dei fratelli Bata, che qui hanno avviato il proprio calzaturificio che è poi diventato una multinazionale. A Tomas Bata è dedicata anche l’università di Zlìn, dove sono organizzati degli ottimi corsi di studi umanistici. A giugno ci sono le giornate a porte aperte, potreste approfittarne per fare un giro anche allo Zlìn film festival, che si tiene a fine maggio. Una rassegna in grande salute, arrivata ormai alla sua 58esima edizione.
Rock my Heart, Germania, 2018. In concorso allo Zlìn film festival.
Lo stile più Europa League
Junior Kabananga
Questo era un contest per tre giocatori. Ziguy Badibanga, Junior Kabananga ed Edin Visca. Sono scuole di gusto, tra l’esuberanza black dei primi due e la virilità est-europea perfettamente normale – e quindi Europa League – di Visca, un uomo che anche dalla tv sembra odorare di patatine alla paprika e Finkbrau in lattina.
Per quest’anno dobbiamo per forza premiare lo stile di Junior Kabananga, perché un tutt’uno con la sua storia di talento decaduto del calcio. Dobbiamo infatti ricordare che Kabananga viene dal nobile vivaio del Genk e a un certo punto sarebbe dovuto arrivare a giocare a ottimi livelli, magari non grandissimi, ma meglio dell’Astana, la squadra in cui gioca ora.
Kabananga ha annegato le proprio delusioni calcistiche in una cura per il suo taglio dei capelli veramente interessante. Il suo marchio di fabbrica sono le due striature biondo platino ai lati della parte superiore della testa, che sembrano conferirgli un assetto aerodinamico importante per le sue corse sulla fascia. Ma i capelli non sono certo la cosa che ha fatto vincere questo premio a Kabananga, visto che anche i capelli di Badibanga sono di alto livello. Kabananga però ha anche un bellissimo tatuaggio di un sole fatto male sul braccio destro. Quel tipo di tatuaggi che si facevano gli impiegati negli anni ‘90 dopo una vacanza in Puglia, e che oggi sono scoloriti insieme alla loro pelle secca.
Kabananga ci insegna una lezione, che niente di rende un duro quanto un tatuaggio brutto. Tenetelo sempre a mente.
Lo stemma più Europa League
FK Ostersunds
Nella tradizione romana quando un gufo saliva sul Campidoglio il luogo doveva essere disinfettato con acqua e zolfo per scacciare l’energia negativa di cui questi animali erano naturali portatori. I gufi sono sempre stati simboli di sventura, di magia nera, di morte.
Se guardate bene nei dettagli questo gufo dell’Ostersunds vi accorgerete di una cosa: che non ha gli occhi. Nell’interpretazione junghiana la visita di un gufo senza occhi nei nostri sogni sarebbe un presagio di morte. Più precisamente della morte di un nostro nemico. Per questo l’Ostersunds ha scelto questo gufo reale che incorona lo stemma rosso come il sangue e nero come il lutto.
Lo stadio più Europa League
Regenboogstadion – stadio dello Zulte Waregem
Regenboogstadion tradotto in italiano significa Stadio dell’arcobaleno e a vederlo così il nome scelto sembra una presa in giro. A dispetto del nome infatti il Regenboogstadion è uno stadio grigio, pieno di cemento, che non lascia nessuno spazio all’immaginazione. Rappresenta perfettamente una certa idea di Belgio, dove il cielo è sempre coperto, il sole non si vede mai e i diversi toni di grigio dominano tutto, dalle chiese ai centri commerciali. A pensarci rappresenta anche perfettamente lo Zulte Waregem, una squadra che schiera in porta Leali e che ha come logo un atomo.
Il nome in realtà deriva dalle strisce colorate presenti sulla maglia del campione del mondo di ciclismo, dato che lo stadio fu inaugurato nel 1957 al fine di ospitarvi l’arrivo del campionato del mondo di ciclismo di quell’anno.
Lo stadio raggiunge a malapena i tutt’altro che rigidi standard della UEFA: conta di 12.500 posti, aumentabili di 1000/1400 unità grazie ai seggiolini pieghevoli, ma non sembra siano serviti: il record di spettatori si è avuto nella sfida pareggiata per 1 a 1 col Vitesse, ed erano appena 9488. Uscendo dallo stadio bisogna attraversare un ponte che passa sopra due stagni. Da lì potete prendere verso sinistra una strada chiamata Zuiderlaan e in meno di 800 metri vi troverete davanti l’Ippodromo di Waregem. L’Ippodromo di Waregem può ospitare fino a 40000 persone, ed è un piccolo capolavoro di architettura.