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Il bello dell’Europa League 2019 vol. 14
10 mag 2019
I momenti più sfavillanti delle semifinali di ritorno della nostra coppa preferita.
(articolo)
21 min
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Conosci la tua squadra di Europa League: Eintracht Francoforte

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Era durante la seconda guerra mondiale, forse il 1943, quando Bernhard Grzimek entrò sul palcoscenico del circo di Berlino, vestito da perfetto ufficiale della Wehrmacht, e si mise a far saltare le tigri dentro gli anelli. Il pubblico rimase stupefatto: Grzimek non era un ammaestratore ma un semplice veterinario della Wehrmacht, eppure aveva quel tipo di carisma naturale tipico di certi uomini del novecento.

Grzimek aveva il naso aquilino e un paio di sopracciglia grosse sovrastavano degli occhi stretti e acuti. Ai tempi dell’università hanno cominciato a chiamarlo “riccio”, un soprannome che portava disegnato sopra la cravatta sempre piena di piccoli ricci. Prima di girare un maestoso documentario da oscar sul Serengeti - dove il figlio ha perso la vita in un incidente aereo - e di diventare un noto volto televisivo in Germania, Grzimek ha salvato lo zoo di Francoforte, che dopo la guerra era rimasto con una ventina di animali e prossimo alla chiusura.

Andando oggi allo zoo è possibile visitare “Casa Grzimek”, un luogo in cui il rapporto fra il giorno e la notte è ribaltato, ed è possibile ammirare la vita degli animali notturni, in particolare di uno degli animali più misteriosi del nostro pianeta: i pipistrelli. Lo zoo è una delle attrazioni più spettacolari di una città invece dalla fama piuttosto grigia, che può vantare soprannomi di cui non andare fieri - “Bankfurt”, “Mainhattan” - e che costruiscono l’immagine di una città poco sensuale, attaccata al denaro, animata da uomini in completo scuro che camminano veloci con la valigetta in mano. Del resto Francoforte detiene il primato europeo per il reddito medio, 74mila euro all’anno.

Se non vi piacciono gli animali in cattività c’è un altro posto in cui divertirsi a Francoforte, è il Waldstadion, dove fino al 2007 era possibile veder giocare il Frankfurt Galaxy, la squadra locale di football americano, e oggi ospita le partite di una delle più gloriose squadre di Germania: l’Eintracht.

Il primo momento di gloria, per l’Eintracht, è arrivato nel 1938, con la vittoria del primo campionato tedesco, vinto grazie anche ai 25 gol del bomber Albert Wirsching.

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Il titolo dell’Eintracht, disegnato secondo la moda politica dell’epoca, sgargiante.

Nel 1980 che arriva la prima gloria continentale. Un Eintracht leggendario, guidato da Friedel Rausch, batte al Waldstadion per 1-0 il Borussia Monchengladbach allenato da Jupp Heynckes, dopo aver perso l’andata in trasferta per 2-3. Il gol decisivo, segnato da Fred Schaub, potete guardarlo fra uno scatto e l’altro di questo video.

Devo riportarvi la descrizione dell’autore del caricamento del video. «Il 21 maggio del 1980, un paio di ore prima che nascessi, l’Eintracht Francoforte vince il suo unico trofeo europeo finora. A casa dell’Eintracht, il Waldstadion, la squadra batté il Borussia Monchengladbach 1-0 nella gara di ritorno.

Mio padre stava guardando la partita in un pub e la moglie ha dovuto andare in giro per diversi pub prima di trovare quello giusto. È lì che è venuto a sapere del mio arrivo sulla terra».

Memore dei fasti del 1980, l’Eintracht ha onorato alla grande anche questa competizione e possiamo dire senza esagerare che abbiamo visto in campo una delle migliori squadre della storia dell’Europa League. Una squadra determinata, organizzata secondo le idee di un calcio moderno, aggressivo e offensivo. Il miglior attacco della competizione, che abbiamo celebrato in tutti i volumi di questa rubrica.

La scorsa settimana l’Eintracht ha perso per 6-1 contro il Bayer Leverkusen uno scontro decisivo per la qualificazione in Champions League, ma che potrebbe avere il vantaggio di restituirci questa magnifica squadra anche nella prossima edizione dell’Europa League.


Giocatore più Europa League: Jonathan de Guzmán

Quanto ci abbiamo creduto: 5

Quanto è stato realmente forte: 4

Quanto è caduto in disgrazia: 2

Quanto sembra depresso: 10

Basterebbe aprire il passaporto di Jonathan de Guzman per mettergli addosso un mirino Europa League: nato a Toronto, mezzo giamaicano, mezzo filippino, naturalizzato olandese. De Guzman ha una storia incredibile che inizia nel North Scarborough Soccer Club. Sul sito dell’accademia canadese campeggia una foto di De Guzman con la maglia dell’Olanda e - sotto - una breve bio che ci informa come il giocatore “per migliorare si allena sei volte a settimana e gioca per tre squadre diverse, tra cui la squadra del fratello maggiore”.

Fratello che segue in Europa: Julián va all'Olympique Marsiglia, Jonathan - appena dodicenne - al Feyenoord. Qui diventa uno dei prospetti più interessanti del calcio olandese: a 19 anni viene promosso titolare, ma la sua stagione è un disastro (anche se riesce a segnare un gol in Coppa UEFA al Wisla Cracovia): «avevo solo 19 anni, non potevo dire a tutti cosa fare. La stagione è stata davvero deludente. Non sono migliorato come giocatore di calcio, ma sono cresciuto mentalmente a causa di tutti i problemi avuti. Personalmente la stagione è stata davvero molto dura». Le cose migliorano col tempo: De Guzman diventa un giocatore di punta in Olanda, issandosi fino alla Nazionale maggiore.

Dopo essere andato vicinissimo al trasferimento al Manchester City, saltato a causa dell’opposizione del Feyenoord, De Guzman subisce una serie di infortuni che gli fanno perdere praticamente due stagioni, finendo poi per iniziare un Erasmus in giro per l’Europa che lo porta a vestire le maglie di Mallorca, Villarreal e Swansea, per poi finire al Napoli di Benitez.

Qui ha un inizio incredibile: segna il gol vittoria al ‘95, appena entrato, contro il Genoa, alla prima di campionato, mentre poco dopo realizza una tripletta nella partita di Europa League contro lo Young Boys. A dicembre vince la Supercoppa Italiana e la prima stagione è tutto sommato positiva, anche se un non meglio precisato infortunio gli fa saltare la parte finale.

Con l’arrivo di Sarri, De Guzman finisce fuori squadra e viene velocemente dimenticato. Dietro però c’è una storia assurda, che lo stesso De Guzman racconterà tempo dopo: il calciatore lamenta dolori allo stomaco, che il medico del Napoli reputa immaginari. Al giocatore viene vietato di andare da un altro medico. La situazione precipita quando De Guzman rifiuta dei possibili trasferimenti, a detta sua perché vuole prima risolvere i suoi problemi fisici. De Guzman racconta di un aggressione subita da parte di Giuntoli: «Ero nello spogliatoio, mi ha chiamato pezzo di merda e mi ha invitato in un’altra sala. Mi ha detto: “tu hai promesso di andar via”, ma non era così. Improvvisamente mi ha colpito in faccia con un pugno, poi è intervenuto Zuniga a separarci dopo che sono volate le sedie».

De Guzman, sostiene, di essere stato emarginato da società e compagni. Un altro medico identifica il suo problema: ernia sportiva. A gennaio passa in prestito al Carpi, che De Guzman definisce “un club amatoriale”, torna a Napoli, va la Chievo, prima di trovare il suo posto all’Eintracht Francoforte.

Ieri con la squadra tedesca poteva dare un dispiacere a Sarri, ma così non è stato. De Guzman ha tirato un paio di buoni calci d’angolo, una punizione sulla barriera, ha segnato il suo rigore. Per lui è stata la 26esima presenza in Europa League, a cui vanno aggiunte 8 in Coppa UEFA. Forse è stata l’ultima, forse no: il segreto dei giocatori Europa League è che non sai mai come e da quale nebbia morava li vedrai risbucare.


Power ranking dei salvataggi sulla linea in Chelsea-Eintracht Francoforte

3° Zappacosta

Importanza: 10/10

difficoltà: 4/10

istinto: 10/10

estetica: 4/10

Nel recupero del primo tempo supplementare, Zappacosta ha la lucidità dei folli per capire quello che sta per succedere, ovvero che Haller avrebbe sovrastato tutti di testa e girato il pallone verso la destra di Kepa. Il salvataggio in sé non risulta particolarmente difficile, deve solo respingere di testa, ma l’istinto di sopravvivenza di Zappacosta è grandioso.

2° Makoto Hasebe

Importanza: 4/10

difficoltà: 8/10

istinto: 6/10

estetica: 10/10

Spizzata velenosa di David Luiz, Hasebe che sta correndo verso la porta con Azpilicueta che lo bracca da dietro, riesce nella nobile impresa di fare una mezza piroetta per andare ad impattare il pallone con il piatto sinistro e allontanarlo dalla linea di porta. Mezzo punto in più per essere poi finito dentro la porta, altro mezzo punto in più per il ginocchio di Azpilicueta che finisce sulla telecamera.

1° David Luiz

Importanza: 10/10

difficoltà: 10/10

istinto: 8/10

estetica: 9/10

Certo se Haller avesse colpito quel pallone pieno, come Guglielmo Tell la mela, ora non staremmo qui a parlare di questo salvataggio e probabilmente neanche del Chelsea in finale. Ma la vita non è sempre perfetta e - senza David Luiz - Haller avrebbe raccontato ai nipotini di come aveva buggerato il portiere più costoso del mondo con un colpo di suola.

Ma David Luiz fa parte dell’esistenza, come i lampadari, i cani piccoli e le piogge d’estate e non possiamo fare altro che constatare come questo si sia rivelato necessario per le sorti del Chelsea: il difensore brasiliano si lancia verso la porta per intercettare il pallone e davanti all’unico bivio presente, sceglie la via giusta, anche se la più impervia (come dopotutto diceva Robert Frost): colpisce il pallone con lo stinco destro per anticipare il salvataggio e non rischiare di arrivare troppo tardi con il piede sinistro.


Il bello dell’Europa League, ma non per Mkhitaryan

Subito dopo la conquista della finale, come scritto dal Guardian, l’Arsenal ha espresso preoccupazione per non aver ricevuto ancora garanzie accettabili dalla UEFA riguardo la sicurezza di Mkhitaryan, in un ipotetico viaggio a Baku.

Il giocatore dell’Arsenal è infatti un cittadino di nazionalità armena, che non ha relazioni diplomatiche con l'Azerbaijan dalla guerra del Nagorno-Karabakh. Quando l’Arsenal si è recata nel paese durante i gironi, Mkhitaryan è stato escluso dai convocati e il rischio concreto è che debba accadere nuovamente per la finale.


Chi sa solo di Europa League non sa niente di Europa League

Cantavano gli Afterhours che “è la fine quella più importante” e noi - alla fine - ci siamo arrivati. Ma come? Siete pronti per vedere due squadre di Londra cercare la gloria in una delle più antiche città d’oriente? Nell’attesa di scrivere un altro, speriamo, scintillante capitolo delle “Finali di Europa League”, mettete alla prova la vostra conoscenza con il quiz di questa settimana.

1. Chi è l’unico capitano ad aver alzato 2 volte l’Europa League?

a) José Antonio Reyes

b) Falcao

c) Nessuno alza l’Europa League due volte

2. La finale con meno spettatori.

a) Siviglia-Benfica, allo Juventus Stadium

b) Atletico Madrid- Atletic Bilbao, alla National Arena di Bucharest

c) Liverpool-Siviglia, al St.Jackob-Park di Basilea

3. Numero totale di spettatori nella storia delle finali di Europa League.

a) 320.893

b) 408.179

c) Non lo sapete per davvero, dai

4. Solo uno tra questi cognomi che non sai pronunciare ha giocato due finali di Europa League. Chi?

a) Timothée Kolodziejczak

b) Dmytro Chygrynskiy

c) Yevhen Konoplyanka

Risposte:

1. c

2. a

3. b

4. a


Altri italo-brasiliani che potrebbero giocare nel Chelsea

Ieri tra gli undici titolari del Chelsea c’erano due italiani, Emerson Palmieri e Jorginho Frello. I due condividono il fatto di essere brasiliani di nascita e successivamente “naturalizzati italiani” e di avere tutti e due presenze in Nazionale. Il gioco di Sarri è perfetto per le caratteristiche archetipe dei giocatori brasiliani, ma anche a quelle pragmatiche degli italiani. Ecco altri italo-brasiliani che non sfigurerebbero nel Chelsea.

Fabrizio Moretti, batterista degli Strokes

Nato a Rio de Janeiro da padre italiano, chi meglio di un batterista per gestire i tempi del centrocampo di Sarri? Moretti, pensaci: you only live once.

Jair Bolsonaro, presidente del Brasile

Dite che un presidente fascista e autoritario, con un passato militare e delle dichiarazioni da far rabbrividire sarebbe un attaccante peggiore di Higuain?

Felipe Massa, pilota

Simpatico, veloce, intraprendente, un buon terzino associativo.

Eliseu Visconti, pittore impressionista

Al contrario, Visconti nasce in Italia per poi emigrare in Brasile. Qui diventa uno dei più grandi artisti del Novecento. Considerato uno dei pochi pittori impressionisti del Brasile è il padre dell’Art Nouveau brasiliana. Meno esplosivo di Hazard, ma forse anche più visionario.


Lacazette e Aubameyang sono la coppia di attaccanti più forti al momento

Dalla partita di ritorno, in casa contro il Rennes, l’Arsenal ha giocato 5 partite e segnato 13 gol. Di questi 13 gol 5 li ha segnati Aubameyang e 5 Lacazette. I due, nel contesto dell’Europa League, sono un’arma di distruzione di massa. Oltre al loro affiatamento fuori dal campo - conclamato in tutte le interviste, ai limiti della vera bromance - la loro forza e nella diversità.

È difficile immaginare due attaccanti diversi, innanzitutto sul piano fisico. Uno alto e filiforme, con la faccia lunga come le sue gambe; l’altro più basso e tozzo, con le cosce grandi e la faccia tonda e rassicurante. Se Lacazette viene incontro per cucire il gioco con i compagni, brillando nel gioco spalle alla porta come pochi attaccanti al mondo, Aubameyang scatta in profondità, o batte le zone laterali per sovraccaricare una fascia o mettere in difficoltà i difensori con la sua velocità.

Se Lacazette mira alla qualità, all’ordine, alla pulizia delle sue giocate, Aubameyang punta sulla quantità, accettando anche un certo grado disordine nel suo gioco fatto di tanti scatti in profondità, uno contro uno, tiri. Sarebbe però sbagliato pensare che Aubameyang interpreti sempre le vesti del finalizzatore e Lacazette quella del rifinitore, perché i due sono bravi a scambiarsi ruolo di continuo e a non offrire punti di riferimento, grazie a un repertorio di movimenti differenziato.

Nel primo gol di Aubameyang ieri sera, stupendo per l’esecuzione con l’esterno destro ad anticipare i difensori, è stato Lacazette a fornirgli l’assist con una sponda di testa. Nella gara d’andata, al contrario, Aubameyang aveva appoggiato l’assist comodo per Lacazette, chiudendo un triangolo così lungo da essere partito addirittura nella propria metà campo.

Siamo in un’epoca calcistica in cui gli attacchi a due sono rari ed è difficile - almeno rispetto agli anni ‘90 - pensare a coppie d’attacco iconiche, che lavorano come poliziotti americani per disordinare le difese avversarie. Aubameyang e Lacazette rappresentano un’eccezione e sono stati fino ad oggi la differenza più grande tra l’Arsenal e le altre squadre di Europa League nelle fasi eliminatorie, in attesa della finale contro il Chelsea.


Power ranking dei figli dei calciatori dell’Eintracht Francoforte

Goncalo Paciencia

Quanto era forte il padre: 7

Quanto è forte lui: 5

Quanto ha provato a somigliare al padre: 8

Goncalo Paciencia ha un tatuaggio sul braccio con un padre e un bambino che camminano mano nella mano verso un famoso ponte di Porto. È un cuore d’oro, ma non un cuore freddo. Forse anche per questo la scelta di Hutter di mandarlo in campo nei supplementari solo per battere un calcio di rigore, al posto di Gacinovic, non è stata felice.

Paciencia ha calciato il suo rigore con la banalità che di solito è quella che permette ai portieri di guadagnare un posto fra gli eroi: un tiro incrociato, di piatto, a mezza altezza, non abbastanza lento per ingannare il portiere, non abbastanza forte per bruciarlo.

Goncalo, magari non lo sapete, è figlio di Domingo Paciencia, anch’egli calciatore, anch’egli attaccante, bandiera del porto con cui ha mantenuto una media onorevole di quasi un gol ogni 2 partite. Ha vinto anche il titolo di miglior giocatore del Portogallo nel 1990. Se siete teneri potete pensare che è a lui che è dedicato il tatuaggio, e in effetti è proprio così. Goncalo, comunque, non è riuscito a calcare le sue orme e col Porto ha appena 10 presenze e nessun gol. Il motivo per cui, a un certo punto della sua vita, è finito in Germania, sono buoni sei mesi giocati due stagioni fa con la maglia del Vitoria Setubal, quando ha segnato 10 gol in 24 partite.

Ieri la sua carriera ha toccato un nuovo punto basso, ma a 25 anni c’è tutto il tempo per recuperare e dargli una direzione interessante.

Simon Falette

Quanto era forte il padre: 6

Quanto è forte lui: 7

Quanto ha provato a somigliare al padre: 9

Al termine della sua prima partita da professionista, nel 2012 con la maglia del Lorient, Simon Falette è uscito dallo stadio mano nella mano con suo padre, Albert Falette. Alto un metro e 84 l’uno, 1 metro e 82 l’altro, entrambi difensori.

Albert Falette è nato a Kourou, in Guinea, ed ha una lunga carriera e più di 300 presenze in seconda divisione francese. Oggi allena il Le Pontet, una squadra della banlieu di Avignone che milita in terza divisione e ogni domenica guarda il figlio indossare la maglia nera dell’Eintracht Francoforte e farsi onore. A 27 anni Falette è un ottimo difensore e ieri ha giocato una partita di una generosità commovente contro il Chelsea, finendo coi calzettoni abbassati e sulla soglia dei crampi, tra i migliori in campo.

Luka Jovic

Quanto era forte il padre: 4

Quanto è forte lui: 9

Quanto ha provato a somigliare al padre: 5

Se pensate che Luka Jovic sia grosso è perché non avete mai visto Milan Jovic. Eccovi una foto in cui la sua mano è così grande che riuscirebbe a stringere l’Europa League fra pollice e indice. Proprio per la sua stazza Milan giocava centrocampista e ha fatto una carriera mediocre, passata soprattutto in Russia. La sua stagione con più presenze è la 2002/03 con la maglia del Saturn Ramenskoye.

Luka ha avuto un’infanzia difficile e da piccolo si è ammalato e ha dovuto compiere un intervento in Italia. Le spese sono state coperte da Savo Milosevic, cugino di Milan, Sinisa Mihajlovic e Dejan Stankovic. Sinceramente ho letto questa storia su un’intervista a Milan Jovic in serbo, l’ho tradotta con Google e non saprei dirvi quanto sia vera, quindi prendetela con le pinze. Ma era troppo bella per non riportarvela. Nel frattempo eccoci una foto pazzesca di Jovic con il padre, nelle occhiaie attorno ai suoi occhi potrete vedere i segni della malattia.

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Mijat Gacinovic

Quanto era forte il padre: 5

Quanto è forte lui: 7

Quanto ha provato a somigliare al padre: 6

In Serbia si diventa calciatore per eredità di sangue: se tuo padre è stato un calciatore avrai buone possibilità di diventarlo anche tu. Vladimir Gacinovic era un attaccante del Leotar Trebinje, la squadra della sua città, Trebinje per l’appunto, nel sud della Bosnia. Nonostante sia nato in Bosnia Gacinovic ha deciso di vestire la maglia della Nazionale serba e nel 2013 è stato tra i principali artefici dell’Europeo U-19 vinto dalla Serbia.

Insomma, Gacinovic ha già superato l’eredità paterna. Vladimir, in compenso, sta avendo una buona carriera da allenatore e oggi è il tecnico dello Spartak Subotica, squadra che milita nella massima divisione serba.


Gol più Europa League: il secondo di Gameiro

Virilità: 0

Assurdità: 0

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

Con i due gol di ieri, Kevin Gameiro è arrivato a 24 reti in Europa League, competizioni di cui è tra i giocatori più rappresentativi. Proprio ieri l’attaccante del Valencia compiva 32 anni e deve aver sentito che il suo tempo in Europa League sta finendo. Se il Valencia dovesse arrivare quarto gli toccherebbero almeno 4 mesi di Champions League, chissà poi se lo cedono.

Proprio il senso di fine trasforma l’attaccante Europa League nella sua versione più pura: quello che non vuole davvero segnare, perché ogni gol è un gol in meno da segnare (è un po’ cervellotica, ma dopotutto la mente umana è così). Gameiro viene letteralmente colpito dal tiro di Rodrigo e non riesce a togliersi dalla traiettoria. Sfortuna vuole che il suo movimento istintivo si trasforma in una specie di minuscolo lob che inganna Cech e in seguito Gameiro è così impacciato che quando prova per due volte a spazzare finisce per trascinarsi il pallone dentro la rete avversaria.

Quello di Gameiro sembra infatti più un autogol che un gol vero e proprio, tanto che dopo il giocatore neanche esulta.


Unai Emery è il Re dell’Europa League

Nella fase a eliminazione diretta dell’Europa League, Unai Emery ha avuto la meglio 19 volte nelle ultime 19. L’ultima eliminazione l’ha subita quando allenava il Valencia, per mano dell’Atletico Madrid, in semifinale. Era il 26 aprile del 2012 e ancora non avevamo fotografato un buco nero.

Allargando il campo i numeri sono comunque abbastanza pazzeschi: 75 partite disputate con 45 vittorie, 19 pareggi e 11 sconfitte. A Baku contro il Chelsea proverà ad alzare l’Europa League numero quattro, il che lo renderebbe il detentore del 40% del totale dei trofei (l’Europa League ha preso questa denominazione 10 anni fa).

Il giocatore che ha più schierato in Europa League è Kévin Gameiro, 34 presenze con Emery, che ieri si trovava dall’altra parte del campo. Il francese è anche quello che ha segnato di più con l’allenatore spagnolo in Europa League, 18 gol, mentre quello ad aver fatto più assist è Vitolo, con 11 gol. José Antonio Reyes il più sostituito, ben 17 volte, Kévin Gameiro il più sostituito, in 15 occasioni.

Good evening detti all’Arsenal: beh scopritelo voi:




Gary Cahill vs Maurizio Sarri

Potevamo immaginarlo che Maurizio Sarri a un certo punto avrebbe avuto dei problemi col concetto di autorità. Un tecnico straniero, con un curriculum molto peculiare alle prese con un campionato dalle idee conservatrici, in uno spogliatoio di serpi dove anche il magazziniere ha vinto più dell’allenatore.

Dopo l’episodio di Kepa di qualche mese fa sono arrivate le parole di Gary Cahill, bandiera del club e fra i leader dello spogliatoio. «Se non giochi per due, tre, quattro partite, puoi pure non dare spiegazioni ma se non giochi per otto o nove gare allora devi spiegare la situazione e dire cosa succede. Ma l’allenatore non l’ha fatto. Ci rende la vita difficile, è stato ingiusto con me e con altri giocatori che hanno vinto il titolo. Per me è difficile portare rispetto a qualcuno che non è capace di fare altrettanto. È una situazione molto difficile». Sarri non è nuovo a litigare con calciatori vicini al ritiro. Lo scorso anno fu molto criticato a Napoli per non aver concesso a Christian Maggio la standing ovation del suo pubblico a fine stagione, nonostante la squadra non si stesse giocando ormai niente. Sarri stavolta non ha ripetuto l’errore e domenica ha permesso che Cahill - che lascerà il Chelsea a fine stagione - ricevesse l’abbraccio del suo pubblico.

Ieri sera però ha mantenuto la linea dura e quando ha dovuto sostituire l’infortunato Christensen ha preferito far entrare Zappacosta, spostando Azpilicueta difensore centrale.

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Cahill che si toglie la giacca e per un attimo ci crede che potrebbe entrare.

Sarri comunque è terzo, è in finale d’Europa League e non ha nessuna intenzione di andarsene dall’Inghilterra: «Adattarsi qui non è semplice, è un mondo diverso e devi mollare qualcosa. Giocare così tante partite mi dispiace, ma mi arrapa anche, ho soddisfazione e una bella botta di adrenalina».


La spietatezza sotto porta di Jovic in un’immagine

Così spietato sotto porta che i compagni esultano ben prima che tiri. Il concetto di affidabilità in un’immagine.


Power ranking delle esultanze di Aubameyang sul secondo gol

Uno dei prodotti più puri del turbocapitalismo sono le esultanze multiple dei giocatori, frutto di persone che pensano più a celebrarsi che a farsi. Aubameyang passa troppo tempo a pensare a come esultare e ieri, dopo il suo secondo gol, si è prodotto in una serie di esultanze diverse. Eccole messe in classifica:

La capriola in aria

La peggiore esultanza possibile è quella in cui rischi di farti male mettendo a rischio la possibilità stessa che tu possa fare altri gol. La vita è sacra.

Menato dai compagni

«Il gol si celebra con i compagni» disse Bonucci, e se c’è l’occasione per non essere d’accordo con Bonucci noi la cogliamo. Banale dai.

“Spegni il gas!”

Un invito a ricordarci di chiudere la manopola del gas quando usciamo di casa da parte dell’attaccante dell’Arsenal. Un invito quindi a stare attenti ai possibili infortuni domestici, come Aubameyang sa molto frequenti.

Il gesto “Fa freddo”

Per quanto riguarda la migliore perché vera: è maggio ma fa freddo, questo clima scemo ci sta facendo impazzire e non siamo forse indignati abbastanza. Bravo Aubameyang a sollevare il problema.


Chi è?

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Comparso all’improvviso mentre De Guzman si preparava a calciare una punizione, il tifoso con gli occhiali è rimasto un mistero affascinante, degno di una serie TV di JJ Abrams. Infilato tra i tifosi dell’Eintracht non tifava ne odiava. Indossava degli immortali Ray-Ban Wayfarer con le stecchette sopra lo zuccotto e un pizzetto più giallo che biondo. Lo ricorderemo con affetto.




3 cose che potrebbe sgranocchiare Sarri durante la partita

Sarri non può fumare la partita perché se si potesse fumare oggi sarebbe morto. Questa cosa quindi gli ha salvato la vita ma lo ha reso anche molto nervoso. Per combattere il nervosismo Sarri mastica un filtro di sigarette e, parliamoci chiaro, fa schifo. Abbiamo allora pensato ad altre 3 cose che potrebbe sgranocchiare al posto di quel filtro schifoso.

Un bastoncino di liquirizia - fra le proprietà benefiche della liquirizia: cura tosse, mal di gola, cervicale e acidità gastrica. Indicata anche se avete problemi di ristrettezze intestinali.

Uno stecchino - che comunque gli darebbe un’aria da mafioso italiano stupenda.

Una radice di zenzero - leggermente piccante ma buonissima antinfiammatoria, toglie la nausea dell’esistenza e anche il raffreddore, se ne soffrite.




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