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Il bello dell'Europa League 2019 vol. 13
03 mag 2019
03 mag 2019
I momenti più brillanti delle semifinali d'andata della nostra coppa preferita.
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In Italia si criticavano a Sarri soprattutto due cose: la tendenza a far giocare sempre gli stessi giocatori e un presunto disinteresse verso le competizioni europee. Il percorso del Chelsea in questa Europa League sta smontando queste credenze: il Chelsea è l’unica squadra a non aver mai perso in Europa League e ieri per la prima semifinale si è presentata in campo con 4 giocatori che solitamente partono dalla panchina. Una costante in Europa, tanto che anche Hazard è stato tenuto fuori.

 

Nelle prossime settimane il Chelsea dovrà giocare due partite fondamentali in Premier, che decideranno il piazzamento della squadra e se andrà o meno in Champions League (a cui potrebbe arrivare anche attraverso la vittoria dell’Europa League) ed è forse questa la ragione che ha spinto Sarri a dare fiducia ad alcuni elementi meno utilizzati in una partita tanto importante, in un turnover importante e ben riuscito come evidenziato dalla partita di Ruben Loftus-Cheek.

 

Il 22enne inglese è stato impiegato da Sarri come mezzala sinistra, vicino a Jorginho e Kante, ma approfittando della copertura dei due compagni, ha agito quasi da trequartista, usando la sua fisicità per rompere il pressing costante dell’Eintracht e creare gioco tra le linee. Anche nel momento di maggiore pressione dei tedeschi, Loftus-Cheek è sembrato l’unico in grado di reggere alla continua aggressione resistendo col suo fisico imponente ai contrasti, ma anche eludendo i tentativi di recupero avversari grazie ad una tecnica sopraffina.

 

In transizione è riuscito sempre a creare superiorità, quando invece il Chelsea controllava il pallone ha assistito il trio d’attacco con grande precisione, completando l’87% dei 49 passaggi tentati. In fase offensiva è stato un problema continuo per i tedeschi, tanto da chiudere la sua partita con 9 dribbling riusciti (6 più di tutti gli altri), 4 tiri in porta (più di tutti anche qui, anche se un po’ impreciso), 3 passaggi chiave e l’assist per Pedro.

 

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1124071310890602496

Qui un esempio di come la combinazione di forza e tecnica di Loftus-Cheek sia stata l’ideale per saltare il pressing dell’Eintracht.


 

È stata forse la miglior prestazione in carriera per il giovane centrocampista, atteso al salto di qualità da qualche anno. Loftus-Cheek è al Chelsea da quando aveva 8 anni. Nelle giovanili era tra i giocatori più pagati, ma una volta arrivato in prima squadra nè Mourinho nè Conte gli hanno mai concesso molto spazio. Ieri sera ha dimostrato in una partita importante di poter esprimere quelle qualità che lo hanno reso uno dei prospetti più interessanti del calcio inglese, tanto da essere convocato per il Mondiale, anche in contesti di livello più alto, in partite estremamente fisiche e in contesti ipercompetitivi, che poi sono quelli della Premier.

 



Il Lacameyang è una bestia esotica spietata, una chimera calcistica tra le più pericolose attualmente in circolazione, composta com’è fin troppo facile immaginare da Alexandre Lacazette e Pierre Emerick Aubameyang. Ieri, nella semifinale d’andata di Europa League all’Emirates Stadium di Londra, il Lacameyang ha sbranato la fin troppo docile difesa di Marcelino, segnando tutti i gol della squadra di Emery.

 

Il Lacameyang - e da questo punto in poi vorrei che leggeste queste poche righe con la voce di David Attenborough (se il vostro cervello è abbastanza carismatico da riuscire a farlo) - è particolarmente a suo agio quando può approfittare di difese distratte o passive, e trae la sua forza dalla quasi perfetta simmetria nei compiti svolti da Lacazette e Aubameyang. Questo non significa che siano complementari, come spesso si legge, ma che non si facciano problemi a scambiarsi di ruolo all’interno della partita, con una naturalezza che li fa assomigliare davvero ad un unico calciatore in due corpi diversi.

 

E pensare che a volte Lacazette e Aubameyang sembrano non conoscersi nemmeno, giocando larghissimi, nonostante compongano formalmente un attacco a due. Ieri, ad esempio, se l’azione si sviluppava da un lato, uno dei due usciva dal corridoio centrale per allargarsi in fascia e dare un’altra linea di passaggio verticale al triangolo formato dal terzo centrale, dalla mezzala e dall’esterno di centrocampo.

 


Triangolo che con Lacazette diventa rombo.




La connessione tra Lacazette e Aubameyang non riguarda tanto la tecnica - non li si vede spesso scambiarsi il pallone - quanto l’occupazione dello spazio: se Lacazette viene incontro tra le linee a proteggere il pallone spalle alla porta, allora è Aubameyang a cercare di attaccare lo spazio alle spalle della difesa avversaria.

 


Qui, ad esempio, è Aubameyang ad allargarsi sulla fascia destra, mentre Lacazette agisce da prima punta.


 

Ma non è detto che non succeda spesso il contrario.

 


Come in questo caso.




Il Lacameyang sfrutta un’intelligenza collettiva simile a quella delle formiche tagliafoglie, il cui obiettivo non è palese a prima vista. Le formiche tagliafoglie non mangiano le foglie che tagliano, ma le trasportano in un nido in cui altre formiche più piccole si occupano di “coltivarle”, per trasformarle in funghi di cui poi si ciberanno. È una vera e propria catena di montaggio che assomiglia al funzionamento del Lacameyang: se Lacazette con il suo gioco tra le linee taglia un pezzettino della difesa a tre del Valencia, tirando fuori Gabriel Paulista, è per servire Aubameyang in profondità, che proverà a finalizzare l’azione come nell’occasione del gol.

 


Per concludere la metafora: qui Aubameyang è la formichina che si occupa di trasformare la foglia raccolta di Lacazette in fungo.




Come detto, però, non c’è specializzazione, ma alternanza, tra i due: perché se è vero che Lacazette brilla soprattutto nel tiro da fuori e nella finalizzazione, è anche vero che è molto tecnico tra le linee e ha un ottimo gioco spalle alla porta; allo stesso modo, Aubameyang, che fa dei tagli in profondità e dei movimenti in area il suo punto di forza, sa anche allargarsi bene per provare a puntare l’uomo dall’esterno in conduzione, da ala pura.

 

È questo che rende così letale e imprevedibile il Lacameyang: un giocatore con mille armi diverse, che si palesa in zone del campo sempre nuove, che ha due corpi ma sembra avere un unico cervello.

 

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