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Il bello dell'Europa League 2019 vol. 13
03 mag 2019
03 mag 2019
I momenti più brillanti delle semifinali d'andata della nostra coppa preferita.
(articolo)
22 min
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La grande partita di Loftus-Cheek

In Italia si criticavano a Sarri soprattutto due cose: la tendenza a far giocare sempre gli stessi giocatori e un presunto disinteresse verso le competizioni europee. Il percorso del Chelsea in questa Europa League sta smontando queste credenze: il Chelsea è l’unica squadra a non aver mai perso in Europa League e ieri per la prima semifinale si è presentata in campo con 4 giocatori che solitamente partono dalla panchina. Una costante in Europa, tanto che anche Hazard è stato tenuto fuori.

Nelle prossime settimane il Chelsea dovrà giocare due partite fondamentali in Premier, che decideranno il piazzamento della squadra e se andrà o meno in Champions League (a cui potrebbe arrivare anche attraverso la vittoria dell’Europa League) ed è forse questa la ragione che ha spinto Sarri a dare fiducia ad alcuni elementi meno utilizzati in una partita tanto importante, in un turnover importante e ben riuscito come evidenziato dalla partita di Ruben Loftus-Cheek.

Il 22enne inglese è stato impiegato da Sarri come mezzala sinistra, vicino a Jorginho e Kante, ma approfittando della copertura dei due compagni, ha agito quasi da trequartista, usando la sua fisicità per rompere il pressing costante dell’Eintracht e creare gioco tra le linee. Anche nel momento di maggiore pressione dei tedeschi, Loftus-Cheek è sembrato l’unico in grado di reggere alla continua aggressione resistendo col suo fisico imponente ai contrasti, ma anche eludendo i tentativi di recupero avversari grazie ad una tecnica sopraffina.

In transizione è riuscito sempre a creare superiorità, quando invece il Chelsea controllava il pallone ha assistito il trio d’attacco con grande precisione, completando l’87% dei 49 passaggi tentati. In fase offensiva è stato un problema continuo per i tedeschi, tanto da chiudere la sua partita con 9 dribbling riusciti (6 più di tutti gli altri), 4 tiri in porta (più di tutti anche qui, anche se un po’ impreciso), 3 passaggi chiave e l’assist per Pedro.

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1124071310890602496

Qui un esempio di come la combinazione di forza e tecnica di Loftus-Cheek sia stata l’ideale per saltare il pressing dell’Eintracht.

È stata forse la miglior prestazione in carriera per il giovane centrocampista, atteso al salto di qualità da qualche anno. Loftus-Cheek è al Chelsea da quando aveva 8 anni. Nelle giovanili era tra i giocatori più pagati, ma una volta arrivato in prima squadra nè Mourinho nè Conte gli hanno mai concesso molto spazio. Ieri sera ha dimostrato in una partita importante di poter esprimere quelle qualità che lo hanno reso uno dei prospetti più interessanti del calcio inglese, tanto da essere convocato per il Mondiale, anche in contesti di livello più alto, in partite estremamente fisiche e in contesti ipercompetitivi, che poi sono quelli della Premier.

La forza del Lacameyang

Il Lacameyang è una bestia esotica spietata, una chimera calcistica tra le più pericolose attualmente in circolazione, composta com’è fin troppo facile immaginare da Alexandre Lacazette e Pierre Emerick Aubameyang. Ieri, nella semifinale d’andata di Europa League all’Emirates Stadium di Londra, il Lacameyang ha sbranato la fin troppo docile difesa di Marcelino, segnando tutti i gol della squadra di Emery.

Il Lacameyang - e da questo punto in poi vorrei che leggeste queste poche righe con la voce di David Attenborough (se il vostro cervello è abbastanza carismatico da riuscire a farlo) - è particolarmente a suo agio quando può approfittare di difese distratte o passive, e trae la sua forza dalla quasi perfetta simmetria nei compiti svolti da Lacazette e Aubameyang. Questo non significa che siano complementari, come spesso si legge, ma che non si facciano problemi a scambiarsi di ruolo all’interno della partita, con una naturalezza che li fa assomigliare davvero ad un unico calciatore in due corpi diversi.

E pensare che a volte Lacazette e Aubameyang sembrano non conoscersi nemmeno, giocando larghissimi, nonostante compongano formalmente un attacco a due. Ieri, ad esempio, se l’azione si sviluppava da un lato, uno dei due usciva dal corridoio centrale per allargarsi in fascia e dare un’altra linea di passaggio verticale al triangolo formato dal terzo centrale, dalla mezzala e dall’esterno di centrocampo.

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Triangolo che con Lacazette diventa rombo.

La connessione tra Lacazette e Aubameyang non riguarda tanto la tecnica - non li si vede spesso scambiarsi il pallone - quanto l’occupazione dello spazio: se Lacazette viene incontro tra le linee a proteggere il pallone spalle alla porta, allora è Aubameyang a cercare di attaccare lo spazio alle spalle della difesa avversaria.

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Qui, ad esempio, è Aubameyang ad allargarsi sulla fascia destra, mentre Lacazette agisce da prima punta.

Ma non è detto che non succeda spesso il contrario.

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Come in questo caso.

Il Lacameyang sfrutta un’intelligenza collettiva simile a quella delle formiche tagliafoglie, il cui obiettivo non è palese a prima vista. Le formiche tagliafoglie non mangiano le foglie che tagliano, ma le trasportano in un nido in cui altre formiche più piccole si occupano di “coltivarle”, per trasformarle in funghi di cui poi si ciberanno. È una vera e propria catena di montaggio che assomiglia al funzionamento del Lacameyang: se Lacazette con il suo gioco tra le linee taglia un pezzettino della difesa a tre del Valencia, tirando fuori Gabriel Paulista, è per servire Aubameyang in profondità, che proverà a finalizzare l’azione come nell’occasione del gol.

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Per concludere la metafora: qui Aubameyang è la formichina che si occupa di trasformare la foglia raccolta di Lacazette in fungo.

Come detto, però, non c’è specializzazione, ma alternanza, tra i due: perché se è vero che Lacazette brilla soprattutto nel tiro da fuori e nella finalizzazione, è anche vero che è molto tecnico tra le linee e ha un ottimo gioco spalle alla porta; allo stesso modo, Aubameyang, che fa dei tagli in profondità e dei movimenti in area il suo punto di forza, sa anche allargarsi bene per provare a puntare l’uomo dall’esterno in conduzione, da ala pura.

È questo che rende così letale e imprevedibile il Lacameyang: un giocatore con mille armi diverse, che si palesa in zone del campo sempre nuove, che ha due corpi ma sembra avere un unico cervello.

Un momento molto Arsenal dell’Arsenal

Esiste un account twitter dal nome “Out of context Arsenal” che raccoglie i momenti più assurdi della storia dell’Arsenal. È un account molto bello perché questi momenti sono infiniti e veramente incredibili, momenti che fanno totalmente parte dell’immaginario della squadra inglese. Dopotutto l’Arsenal è l’Arsenal, non ci stupiamo di nulla. In questa Europa League tuttavia la squadra inglese ha dimostrato un livello di gioco così superiore che è difficile vederla avvilupparsi su se stessa in un momento Arsenal. Ieri però, prima del gol del pareggio di Lacazette, ci sono stati 15 minuti in cui sembrava potersi veramente fare del male da sola.

Il momento più Arsenal di tutti è stato questo tentativo di retropassaggio di Ainsley Maitland-Niles, un tentativo tragicomico. Il pallone è quasi rasoterra e viene da chiedersi se la soluzione autodistruttiva scelta, quella di andarci di testa, sarebbe venuta in mente a qualche altro giocatore non cresciuto nell’Arsenal.

Per sua fortuna, Guedes - un giocatore perfetto per l’Arsenal - sceglie di provare un difficile pallonetto invece di provare a tirare nella porta completamente sguarnita.

Cosa ci nasconde Petr Cech?

Dei quattro portieri delle squadre impegnate nelle semifinali, Petr Cech è senz’altro quello con più esperienza, titoli, finali giocate: un curriculum (e un palmares) annichilente e impietoso al confronto (per dire, ha in bacheca più coppe e campionati di quanti Trapp, Kepa e Neto riuscirebbero a mettere sul camino di un’ipotetica villetta a Baden-Baden acquistata in multiproprietà per passarci a rotazione le vacanze di Pasqua, Ferragosto e Natale).

Se quella di ieri sera non è stata l’ennesima Prestazione Cech™ per certi versi (è stato costretto a lanciare lungo più del doppio di quanto fa normalmente, con un’accuratezza più del triplo inferiore alla media: coi piedi, insomma, dimenticabile), per altri invece non abbiamo fatto neppure un briciolo di fatica a riconoscerlo, tipo in occasione della grande chiusura con cui - spalancando le braccia - ha coperto lo specchio della porta a Kevin Gameiro impedendo al francese di tirare il petto in fuori per una delle sue arroganti esultanze.

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1124051012447350785

Se c’è una morale è che dietro certi lati splendenti di Cech, rassicuranti come la silhouette del suo caschetto, se ne nascono certi insondabili e per questo perturbanti. Questo è il glitch che innesca il nostro quiz: sappiamo davvero cosa c’è dietro Petr Cech? Per esempio: sapreste riconoscere il suo orecchio, quello che abbiamo perso di vista e che negli ultimi anni abbiamo solo intravisto dalle fessure del caschetto?

Proviamo:

a) con neo-simil-orecchino

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b) padiglione lucido, lobo che sembra passato per le mani dell’anonima sequestri

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c) chiatto come un’ostrica di Marennes-Oléron

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d) un orecchio come se ne vedono tanti in giro

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e) il tipo di orecchio che infileresti dentro un caschetto anche senza paura della concussion

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f) orecchio e guanto da portiere, name a more iconic duo

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[Risposta esatta: C. Le altre orecchie, in ordine sparso, sono di Héctor Herrera, Alireza Beiranvand, Neto, Peter Crouch, Kepa]

Che tempo fa a Baku

In questi giorni i cieli di Baku si presentano in prevalenza sereni o poco nuvolosi, con quelle velature che striano le ombre nei parchi del centro. Le temperature sono miti e neanche la sera scendono sotto i quindici gradi: il tempo perfetto per sedersi ai tavolini dei bar che affollano il quartiere di Icheri Sheher o sul lungomare. Ma occhio: Baku non è chiamata la città dei venti per caso, quindi munitevi sempre di un golfino o una giacchetta adatta.

Il tempo ideale per godersi l’esibizione di Thomas Anders, componente del duo tedesco Modern Talking. Fanno musica anni ‘80, il nome magari non vi dice nulla, ma conoscete almeno alcune delle loro canzoni. Il concerto si terrà nella cornice dell’Heydar Aliyev Center, un gioiello di architettura moderna, progettato da Zaha Hadid. Già che siete qui, non perdetevi la retrospettiva sul lavoro dello scultore francese Mauro Corda, il suo lavoro sulla materia e l’insolito vi stupirà.

“Il minuto 58 di Eintracht Chelsea” (1’, regia di Alejandro González Iñárritu. Con David Luiz, Kevin Trapp. 35mm Dolby).

Anche se non è stato pubblicizzato a sufficienza dovreste sapere che la regia dell’intero minuto 58 di Eintracht Francoforte - Chelsea di ieri sera ci è stata regalata da Alejandro González Iñárritu come anticipazione del progetto sperimentale della UEFA di far girare interi minutaggi della prossima edizione dell’Europa League, selezionati randomicamente, a registi più o meno famosi.

Potreste aver scorto la cifra stilistica del messicano nel long take della punizione di David Luiz: lo sguardo vacuo e trasognante del brasiliano che ricorda quello di Octavio in certe scene di “Amores Perros”, il senso di morte incombente, la ripetitività delle inquadrature. La punizione, durata per tutto il minuto 58, sarà distribuita dal prossimo mese in un prezioso cofanetto con doppio dvd (include le riprese del backstage).

Unico aspetto da rivedere la censura della UEFA sulle battute e i contenuti extrasportivi. Anche se da casa non avrete sentito che il brusio standard di Stadio-Che-Attende, dovreste sapere che Alejandro aveva scelto un montaggio diverso per la comparsa in scena di Kevin Trapp, che avrebbe dovuto recitare questa battuta.

Il meccanismo è da oliare, ma ci sembra un progetto meritevole. Avanti così, UEFA!




Cerchiamo un soprannome degno di Luka Jovic?

E così Luka Jovic ha segnato il suo ventiseiesimo gol stagionale, più della somma di quanti ne abbia collezionati nelle cinque stagioni precedenti, la perfetta carta dorata dentro la quale impacchettarlo come Next Big Thing. Solo in Europa League sono nove. Paura eh?

https://twitter.com/EuropaLeague/status/1122919318319185920

Jovic fa davvero spavento: la sua prossemica paramilitare, il tatuaggio sul petto che sembra ritrarre un Cristo con gli occhi del Re della Notte, la puntualità chirurgica, da serial killer patentato, con cui timbra il cartellino. Mladen Krstajic, il CT della Serbia, qualche tempo fa l’ha paragonato a Luis Suárez. Il paragone sembra calzante. E siccome Lele Adani, durante la telecronaca di Barcellona-Liverpool di Champions League, ha avvicinato il centravanti uruguaiano a una pantera con una certa approssimazione etologica (si sa che in Uruguay le pantere non ci sono), noi amanti dell’Europa League - che invece delle tassonomie siamo parecchio impallinati - vogliamo aiutarvi a trovare un animale che in Serbia c’è eccome, così da poter dare un soprannome ganzo a questo ragazzo, uno che mitighi in qualche modo la sua sensibilità da Ivan Drago.

Ipotesi A: Luka “il colubro” Jovic

Pregnanza: +++

Spendibilità internazionale: ++

Autorevolezza: ++

Il colubro dei Balcani (Hierophis Gemonensis) è un serpente dalla mole vistosa anche se non è velenoso. I suoi morsi sono comunque discretamente dolorosi, e in ogni caso davanti a un colubro io le mani in tasca fischiettando non le metterei mai, figuriamoci davanti a Jovic se fossi un difensore.

Ipotesi B: Luka “il Mesobuthus” Jovic

Pregnanza: +++

Spendibilità internazionale: +

Autorevolezza: +

Il Mesobuthus Gibbosus è uno scorpione dall’incarnato pallidino, quel tipo di apparel che ti fa sottovalutare il dolore di una sua puntura. Similitudini più approfondite dalla partita di ieri sera: il movimento con cui inarca il corpo per colpire il pallone di testa nel gol del momentaneo vantaggio, la gif dell’esultanza sui social dell’Eintracht, con le braccia che sembrano due chele pronte a stritolarti.

Ipotesi C: Luka “la lince” Jovic

Pregnanza: +++++

Spendibilità internazionale: ++++

Autorevolezza: ++++

La Lince dei Balcani, o Lince Europea, è la più grossa specie di lince al mondo: gli esemplari possono arrivare a pesare 40 kg, e ad avere le dimensioni di un pastore tedesco. La lince, come Luka, non è solo aggressivissima e scorbutica tanto con le prede quanto con i predatori rivali, ma è anche intelligente e soprattutto prona all’addomesticamento. Che capolavoro predatorio potrebbe diventare, nelle mani di un addestratore abile? Solo pensarlo ti dà i brividi.

Chi sa solo di Europa League, non sa niente di Europa League

Le semifinali di Europa League sono il trigger verso la conclusione di questo incredibile viaggio, ovvero la finale di Baku. 202 partite giocate finora, tutte a loro modo bellissime, ora ne restano solo 2 per decidere chi nell’ultima potrà prendersi tutto: la coppa, la gloria, il nostro cuore. Le semifinaliste sono apparse pronte, ma voi? Vi meritate il primo trionfo europeo di Sarri? O il ritorno dell’Arsenal alla vittoria in Europa, appena dopo l’addio di Wenger? Come arrivare preparati alla sfida finale?

La prima cosa da fare è conoscere la data della finale e soprattutto non confonderla con quella della Champions League, giorno in cui bisognerà trovarsi qualcosa di meglio da fare.

Giochiamo quindi a 29 maggio o 1° giugno?

Si apre il Concilio di Costanza, convocato su richiesta dell’imperatore Sigismondo per porre fine allo scisma d’Occidente.

Le armate del Sultano Mehmed II entrano a Costantinopoli, sconfiggendo e uccidendo in battaglia l'imperatore Costantino XI Paleologo e ponendo così fine al millenario Impero Romano d'Oriente.

Il frate John Cor registra il primo lotto conosciuto di scotch whisky

A Quebec City i canadesi difendono il diritto ad avere schiavi pellerossa.

Terza Battaglia di Ushant, tra la marina britannica e quella rivoluzionaria francese.

Il pugile tedesco Max Schmeling batte, per fuori combattimento alla dodicesima ripresa, a New York l'americano Joe Louis.

In Germania, Heinrich Himmler ordina la deportazione di asociali, Rom, vagabondi, lenoni, prostitute.

Viene pubblicato in Inghilterra Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles

Va in onda l'ultima puntata della serie Star Trek: The Next Generation, dal titolo Ieri, oggi e domani.

i Bahá’í celebrano l’ascensione di Bahá’u’lláh

Risposte

29 maggio 1414

29 maggio 1453

1° giugno 1495

29 maggio 1733

1° giugno 1794

29 maggio 1936

1° giugno 1938

1° giugno 1967

29 maggio 1994

29 maggio

Tre tagli di capelli di da Costa peggiori del suo tocco di palla

Danny da Costa sta imperversando sulla fascia destra dell’Eintracht dall’inizio dell’Europa League. Con il fisico di un eptatleta e l’intensità di un treno puntuale, nelle partite della squadra tedesca sembra essere ovunque, in attacco, in difesa, a centrocampo. Con il pallone tra i piedi non è il giocatore più preciso e sensibile del mondo, però dai: non si può volere tutto dalla vita. Danny da Costa sta vivendo la stagione migliore della sua vita, ma soprattutto finalmente ha un taglio di capelli normali. Ecco tre tagli sfoggiati in passato che vi faranno dubitare del suo gusto.

Emo, ma felice

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Con la Nazionale giovanile, capello da giovane depresso che ha abusato della piastra e sorriso da chi sa che arriverà a giocarsi l’accesso alla finale di Europa League. Le due cose non funzionano bene insieme.

Volevo suonare nei Tokio Hotel

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I Tokio Hotel sono un gruppo emo-pop tedesco caratterizzato da uno stile quanto meno discutibile. Nato nel 1993 a Neuss, nell’ovest della Germania, da Costa deve essere cresciuto sparando i loro singoli più famosi nelle cuffie, come Schrei, Rette mich e Übers Ende der Welt.

Questo deve aver motivato questi capelli, molto simili a quelli che portava Bill Kaulitz, il leader del gruppo.

Indeciso

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Mi faccio la cresta o la riga a sinistra?


Giocatore più Europa League: Facundo Roncaglia

Quanto ci abbiamo creduto: 7

Quanto è stato realmente forte: 6

Quanto è caduto in disgrazia: 8

Quanto sembra depresso: 3

Non è stata una serata fortunata per Facundo Roncaglia, difensore, preso in mezzo a Lacazette e Aubameyang, due degli attaccanti più tecnici e veloci d’Europa. Caduto nel dimenticatoio, vederlo rispuntare in una semifinale europea è stato un colpo al cuore per tutti quelli che gli avevano dato fiducia, credendo che dietro quella faccia da duro ci fosse un grande difensore.

Oggi è difficile ricordarlo, ma c’è stato un momento in cui Roncaglia era l’idolo della tifoseria viola, El Torito, spirito gagliardo di una squadra piacevole da guardar giocare. In quei mesi lui difendeva e tirava delle gran mine. Buone prestazioni che l’avevano portato, in un paese di difensori, a dire «Ora spero mi chiami Prandelli» (all’epoca CT della Nazionale). Prandelli non lo chiamò mai, ma riuscì addirittura ad arrivare a essere convocato dall’Argentina.

Insomma, non è che avevamo proprio creduto in Facundo Roncaglia, però sembrava un personaggio positivo: eccentrico e duro, cattivo ma sincero. Nella breve e non così vincente epica della Fiorentina di Montella lui era uno dei meno attesi e per questo più sorprendenti. Però è durato poco: presto sono arrivati gli errori, spesso grossolani, tanto da farlo retrocedere verso la panchina e alla prima occasione spedirlo in prestito al Genoa.

Facundo è rimasto attaccato con le unghie alla nostra vita per un totale di 4 anni: due altalenanti alla Fiorentina, un anno al Genoa, un altro - di nuovo - alla Fiorentina. Amato ed odiato da chi ci ha speso un soldo al fantacalcio, ricavandone gioie e dolori. Lasciato partire a zero, Facundo si è accasato al Celta Vigo, sperando di trovare in Spagna un calcio meno critico verso i difensori.

Roncaglia sembra il classico difensore buono per tutte le partite di Europa League in cui vuoi coprirti di più. In carriera è arrivato a 25 presenze nella competizione, con il picco del gol segnato nella semifinale del 2017 contro il Manchester United quando vestiva la maglia del Celta.

Gol più Europa League

https://twitter.com/bidizeta/status/1124036588210724864

Virilità: 5

Assurdità: 5

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

Arrivati alle semifinali, bisogna accettare che i gol diventano meno, e meno caratterizzati. Se questa rubrica ha spesso celebrato la goffagine, il caso e lo spirito mortale, non per questo deve esimersi dal fare lo stesso con i gol che esprimono l’altra faccia dell’Europa League: l’ardore, il campanilismo, l’idea stessa che il calcio è prima di tutto azione, che - magari tendete a scordarlo - altro non è che l’anticamera della morte.

Il gol che sintetizza tutta questa epica minore è quello di Jovic, al suo nono centro nella competizione. Un'azione spettacolare, una continua tensione tra uno sviluppo verticale ed uno orizzontale, che parte da uno stop sbagliato di Giroud, continua con una spaccata di Gelson Fernandes, passa per una sponda di testa di Gacinovic, una conduzione in diagonale di Jovic, un'accelerazione esplosiva di Kostic, un suo cross liftato e una girata di Jokic più simile ad un colpo di biliardo che ad un colpo di testa.

In questo gol c’è tutto quello che serve per restare nei ricordi di chi segue questa competizione. Magari non basterà per arrivare in finale, ma lo sappiamo che i poeti non vincono i trofei, ma è anche vero che poi loro, nei nostri cuori, non muoiono mai.

Ancora una grande prova dei tifosi dell’Eintracht Francoforte

Se ci fosse un Europa League dei tifosi, loro sarebbero già in Champions League.

https://twitter.com/md_kleist/status/1124034249517084673

Come risolvere il problema dello spazio

Eintracht Francoforte - Chelsea è stata una delle partite più importanti della storia della squadra tedesca. Sappiamo quanto la sua tifoseria sia presente e appassionata, sempre impegnata in un tifo rumoroso e coreografico alla Commerzbank Arena. Il colpo d’occhio allo stadio era impressionante e spettacolare. Per essere il più vicini possibile alla squadra, i tifosi tedeschi hanno scelto di stare in piedi. Hanno proprio detto: “noi vogliamo stare in piedi per sostenere la nostra squadra”, prima di smontare file e file di seggiolini allo stadio per permettere a tutti di godersi la partita senza il disturbo di avere una sedia.

https://twitter.com/GWWFN/status/1124303327603376128


Possibilità di passaggio del turno dopo l’andata delle semifinali

L’estate sta per entrare a gamba tesa sulla vita di noi Europaleaguers: niente Europa League, ma tantissima necessità di spendere soldi per non rimanere a casa a guardare le repliche della cavalcata dell’Ajax di Bosz, l’unico vero Ajax. Ecco quindi le quote dell’algoritmo, l’unico ad avere l’approvazione di Greta Thunberg, perché alla fine è un redattore di questa rivista che non ha neanche la macchina.

Eintracht Francoforte 35% - Chelsea 65% (andata 1-1)

La prima mezz’ora dell’Eintracht ci ha fatto credere che un altro reich fosse possibile, uno migliore, con la stessa quantità di nero, ma con molta più intensità e grazia. Tuttavia la superiorità tecnica del Chelsea è uscita fuori, e se il pareggio di Pedro è arrivato in maniera lievemente fortunosa, la squadra di Sarri ha legittimato un risultato comunque positivo.

Fino a prova contraria, infatti, chi pareggia fuori casa ha dalla sua i favori del pronostico. Anche se non dobbiamo scordare la fatica fatta dal Chelsea in casa contro lo Slavia Praga. Ma l’Eintracht è come lo Slavia Praga? (inoltre, meno importante, il Chelsea è l’unica squadra imbattuta in questa Europa League).

Curiosamente, chi vince rimane in Europa.

Su cosa scommettere: Tifosi tedeschi che scaldano la fredda notte londinese.

Su cosa non scommettere: la Brexit.

Arsenal 80% - Valencia 20% (3-1 andata)

Non è andato male il Valencia, una squadra difensiva che ha creato più occasioni da gol di quante ce ne potevamo aspettare, ma che ha pagato l’impossibilità di fermare la coppia gol più travolgente di questa Europa League, Lacazette ed Aubameyang.

Lo scarto di due gol sembra una montagna insormontabile per una squadra che sembra in grado di schierare solo difensori e mezze punte.

Su cosa scommettere: Un bel clima temperato.

Su cosa non scommettere: Un Valencia divertente.

Lacazette e Aubameyang nell’arte

Ieri sera la coppia d’attacco dell’Arsenal era la cosa più bella da vedere a Londra, più degli ubriachi a King’s cross, degli alternativi a Shoreditch, del Tate Modern e di casa Sherlock Holmes. Lacazette e Aubameyang, un museo a cielo aperto, due attaccanti, ma anche un’unica, bellissima, opera d’arte.

Giuditta ed Oloferne - Caravaggio

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Giuditta è Lacazette che taglia la testa al Valencia; Aubameyang è il servitore dietro, tanto indaffarato quanto partecipe. L’opera del Caravaggio, che potete trovare a Roma, presenta tutta la maestria del pittore italiano, ma è soprattutto il volto di Giuditta, freddo e immobile nell’atto di tagliare una testa, a colpire chi guarda.

Le persone sole - Edvard Munch

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Chi ha detto che l’arte deve essere rasserenante? Lacazette ed Aubameyang sono due persone sole, come tutti noi, dal momento in cui nasciamo. L’arte di Munch è un pugno in un occhio, ma nella solitudine di questi due personaggi ritratti di spalle possiamo intuire il movimento dell’uomo col vestito verso la donna bionda. Che fosse l’inizio di uno scambio stretto al limite dell’area?

Uomo con violino - Georges Braque

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Chi è l’uomo? Chi il violino? Fortunatamente non è davvero importante, dopotutto non dobbiamo neanche trovare per forza le loro forme nello spazio del quadro. Certo notiamo una chiave di violino da qualche parte, forse un naso da qualche parte. Ma è impossibile catturare l’essenza di Aubameyang e Lacazette, chiedete al Valencia ad esempio se ci sono riusciti.

Finalmente qualcuno ha colpito l’uomo in barriera sul calcio d’angolo

Quel qualcuno è Pedro.

Ci sono cose che aspettiamo per tutta la vita e che è possibile non accadano mai. Il passaggio di una cometa, la vittoria di una Europa League, l’amore. Tra queste era possibile indicare anche la collisione tra il pallone e l’uomo piazzato sulla linea di fondo in occasione dei calci d’angolo, almeno fino a ieri.

Una figura che può tornare utile in caso di angolo battuto corto, ma che mai mai mai era servita qualcosa in caso di calcio d’angolo calciato dentro. A spezzare l’incantesimo ci ha pensato Da Costa, operando in maniera non convenzionale: si mette molto staccato dalla linea di fondo, andando a coprire una traiettoria meno stretta e soprattutto finge un totale disinteresse per l’operato di Pedro.Un attimo prima di ricevere il pallone nello sterno, Da Costa si sta sistemando i calzettoni perché non immagina di potersi rendere davvero utile. Ed è questo forse il segreto per respingere un calcio d’angolo: non volerlo respingere.

Un’altra cosa che abbiamo scoperto è che l’uomo è così poco abituato a respingere un calcio d’angolo, che dopo non sa cosa farci col pallone e invece di provare a costruire un possibile contropiede (aveva due compagni da servire alla sua sinistra) la spazza fortissimo.




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