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Il bello dell'Europa League 2019 vol. 12
19 apr 2019
I momenti più frizzanti del ritorno dei quarti della nostra coppa preferita.
(articolo)
24 min
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Conosci la tua squadra di Europa League: Slavia Praga

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Nel 1400, e ancora nel 1500, a Vinohrady erano tutti vigneti. Nel ‘700 ha preso il nome di “Montagna dei vigneti”; a metà ‘800 di “Vigneti reali”. Oggi, passando vicino la vecchia ferrovia sovietica, si viene sorpresi da una collina verde che sale verso l’alto in aperta sfida alla brutalità metropolitana che la circonda. Entrando a Havlickovy Park rimarrete delusi se state cercando il solito parco onesto e selvaggio in stile mitteleuropeo: ci sono fontane, siepi ordinate e sopra di loro, a dominare, una villa neoclassica dove potete andare a degustare vini e formaggi francesi. Un giardino italiano, con l’ambizione di culturalizzare la natura.

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Attorno Namesti Miru, nell’800, dietro il teatro dal frontone liberty, si snodavano le case degli studenti. Lì, in una sera piovosa, il 2 novembre del 1892, dei ragazzi che studiavano medicina capiscono che c’è qualcosa nel loro stile di vita. Troppo maiale, troppe sigarette, troppa birra, decidono quindi di fondare un circolo sportivo e di diffonderlo fra i loro colleghi. Pensano prima al ciclismo, fondano una squadra che dura 4 anni, poi, nel 1896, fondano un club calcistico. Il 25 marzo lo Slavia Praga scende in campo per la prima volta in un derby contro l’AC Praga. Uomini con dei baffi corposi, basco e maglie incredibilmente rigide e larghe si contendono una palla di cuoio che sembra di una pesantezza quasi morale. Dietro di loro una siepe di persone divide lo spazio del campo dal profilo degli ultimi piani dei palazzi ottocenteschi, dai suoi ricami Jugendstil. I tifosi tutti in piedi, senza cravatta, con completi dai tagli sartoriali grossolani, i capelli stirati sui lati. La maglia col rosso del cuore e del sangue, il bianco della correttezza e della sportività. La stella grande a cinque punte a simboleggiare la nuova speranza, “capace di fortificare il corpo e la mente”.

C’è un’altra immagine particolarmente bella dello Slavia Praga. È una classica foto di squadra scattata nel 1918, la data che vediamo scritta con la vernice bianca sul pallone e che è anche l’anno in cui la Cecoslovacchia si è affrancata dall’Impero asburgico, sgretolatosi in pochi mesi al termine della Prima Guerra Mondiale. Quella squadra arrivò in finale di Coppa di Boemia centrale - un particolarismo geografico tipico di uno stato in quelle settimane in via di formazione - e perse 1-4 dallo Sparta, con cui lo Slavia si spartisce ancora oggi il dominio sportivo sulla Repubblica Ceca.

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Tre dettagli rapiscono la nostra attenzione in quella foto, magari di poco conto ma che la rendono speciale. L’orologio nel taschino del panciotto del tecnico Madden; la maglia di un rosso più sbiadito del giocatore in alto a sinistra (è colpa della foto?); la maglia del giocatore in basso a sinistra, più vicino all’allenatore che ai compagni, che sembra tenuta da una spilla da balia.

Lo Slavia Praga ha vinto 14 campionati cecoslovacchi ma solo 3 campionati cechi, segno che negli ultimi anni il club ha comunque vissuto un netto ridimensionamento. Dal 1990 ad oggi lo Slavia ha vinto solo 4 titoli, l’ultimo due stagioni fa ma quest’anno potrebbe ripetersi. La squadra è prima con 5 punti di vantaggio dal Viktoria Plzen - ma va detto che da quest’anno si giocano i playoff in Repubblica Ceca . uno stato di salute pienamente espresso da questa gloriosa campagna di Europa League, dove lo Slavia Praga ha ribadito il senso mitteleuropeo di una competizione che alla fine vincono sempre gli spagnoli.

Questo Slavia, guidata dal tecnico Trisovsky, gioca bene ed ha qualche talento interessante, come il capitano Tomas Sucek o il difensore dell’Under-21 ceca e clone di David Luiz Alex Kral. Ci auguriamo di vederlo più spesso brillare in Europa League, dove 20 anni fa diede ai tifosi della Roma uno dei loro dolori più atavici, per molti il capitolo fondativo dell’epica del “mai na gioia”.




Chi sa solo di Europa League non sa niente di Europa League

Con l’incendio di Notre Dame, l’unico simbolo della nostra identità europea ancora vivo e vitale rimane l’Europa League. A rappresentare le nostre radici, bianche e cristiane, ci sono 4 squadre dalla grande tradizione storica e dal presente profondamente europeo: il Valencia di Peter Lim (Indonesia), il Chelsea di Roman Abramovic (Russia), l’Arsenal di Stan Kroenke (USA) e l’Eintracht di Peter Fischer (Germania).

Insomma se vogliamo difendere questa Europa, dobbiamo conoscere questa Europa. Se vogliamo conoscere questa Europa, dobbiamo conoscere i suoi luoghi storici. Se dobbiamo conoscere i suoi luoghi storici, saprete sicuramente abbinare questi 10 posti a una delle tre città rimaste a difendere l’Europa League (Valencia, Francoforte e Londra).

1) EL Almudin

2) Main Tower

3) Il tempio Shri Sanatan Hindu Mandir

4) La Stazione del Nord

5) L’Anfiteatro romano

6) Banys de l'Almirall

7) Sinagoga Westend

8) L'Hemisfèric

9) L’Arab Hall Leighton House

10) Edificio per uffici Olivetti

Risposte:

1) Valencia, L’Almudin fu eretto nel 1417, là dove prima sorgeva una fortezza musulmana e fu l’edificio principale per lo stoccaggio, la distribuzione e la vendita di frumento.

2) Francoforte, il grattacielo che ospita gli uffici della banca commerciale Helaba (Landesbank Hessen Thüringen).

3) Londra, è il più grande tempio indiano in Europa.

4) Valencia, si trova vicino a Plaza de Toros e a pochi metri da Plaza del Ayuntamiento. Si tratta di uno dei monumenti più rappresentativi dell’architettura modernista civile di Valencia.

5) Londra, scoperto nel 1999 è posto sotto il Guildhall Art Gallery. Questo anfiteatro era usato per combattimenti con gladiatori e animali.

6) Valencia, è un’opera architettonica realizzata da Pere Vilaras agli inizi del Trecento, durante il regno aragonese di Giacomo II di stile arabeggiante.

7) Francoforte, costruita nel 1910 in stile Art Nouveau, è una delle pochissime sinagoghe monumentali tedesche ad essere sopravvissuta alle distruzioni del periodo nazista.

8) Valencia, uno degli edifici che fanno parte della Ciutat de les Arts i les Ciències.

9) Londra, la casa-studio del pittore e scultore vittoriano Frederic Leighton.

10) Francoforte, sito nel quartiere direzionale di Schwanheim è considerato uno dei più importanti esempi di architettura moderna del dopoguerra nella Germania Federale.


Tomas Soucek quindi è forte o no?

Nello Slavia Praga rivelazione di questa Europa League non è semplicissimo trovare dei giocatori che si siano rivelati e che possano essere appetibili dalle grandi squadre - che poi, nel bene o nel male, è uno dei motivi per cui uno guarda l’Europa League. C’è qualche eccezione, come quella di Alex Kral, di cui continuiamo a parlare perché è il sosia di David Luiz ma che ha senso menzionare anche perché è davvero un buon giocatore. Un difensore giovane e interessante per la pulizia del suo gioco.

Quello che però è entrato di più nei cicli di notizie del calciomercato è il capitano della squadra Tomas Soucek. In realtà non stiamo parlando proprio di un ragazzo di primo pelo: Soucek ha 24 anni e se è capitano dello Slavia è perché ha già quasi 100 presenze con la squadra, oltre che 16 presenze e 2 gol con la Repubblica Ceca.

Soucek è un mediano che gioca davanti la difesa: è alto più di un metro e 90 quindi potrete immaginare la mobilità non è la sua migliore caratteristica. Ma col suo fisico asciutto e filiforme dimostra una coordinazione notevole anche in spazi brevi. Così, quando si sgancia dalla sua posizione arretrata per inserirsi, si trova a proprio agio anche sulla trequarti, dove dimostra una grande sensibilità tattica e tecnica.

Soucek ha un gran gioco di passaggi lungo e il cambio di gioco è quasi sempre la sua prima soluzione di passaggio. Per questo Soucek può adattarsi in squadre che amano attaccare su un campo lungo, dove può funzionare da macchina lanciapalle, anche se si trova in difficoltà quando ha molto campo da difendere all’indietro.

A quanto pare la Fiorentina è molto interessata a lui e il suo agente si sarebbe già incontrato con Corvino. Nel nostro campionato Soucek potrebbe soffrire meno che in contesti dai ritmi più elevati, e potrebbe sfruttare la sua forza fisica nei duelli corpo a corpo. Di certo potremmo ammirare un giocatore bello da vedere per la grazia con cui riesce ad addolcire la pesantezza di un corpo che non sembra neanche fatto per giocare a centrocampo in un campo da calcio.


Lo stadio dell’Eintracht è sempre pazzesco

Per noi che viviamo di Europa League dovrebbe essere una cosa assodata: gli stadi di Europa League sono i più belli del calcio. Un’estetica di gran lunga superiore alla freddezza anonima degli stadi di Champions League; o della desolazione depressiva della Serie A, bella solo se vi piace un’estetica post-atomica o se in generale non vi piacciono le persone.

Ieri a Francoforte abbiamo visto un altro stadio caldo, emotivo, commovente. C’era la possibilità di raggiungere la prima semifinale europea in 39 anni e la tifoseria dell’Eintracht l’ha onorata con una coreografia magnifica

Il più forte gruppo organizzato è Ultras Frankfurt 97, gemellato con i Nomadi dell’Atalanta, e in questa campagna di Europa League hanno fatto il panico. Guardate la coreografia che hanno preparato per la sfida in casa contro la Lazio.


L’invasione di campo dei tifosi dell’Eintracht

I tifosi dell’Eintracht poi stanno davvero in fissa con l’Europa League. Guardano tutte le partite, leggono tutti questi pezzi, indovinano tutte le domande del nostro quiz: vivono per l’Europa League. Ieri, al fischio finale, hanno vissuto il loro sogno e a un certo punto non si sono tenuti: hanno rotto gli argini che li separavano dal campo e hanno provato a invadere come si fa nel sud del mondo. 500 persone rigorosamente senza magliette a buttare giù i cartelloni pubblicitari, che poi per qualche misteriosa ragione vengono fermati da pochi steward.

Entusiasti per l’Europa League, ma pur sempre civilissimi.




Tunnel Insigne su Monreal x2

Anche in un momento di splendore dell’Arsenal, che ha eliminato il Napoli dimostrando una superiorità abbastanza schiacciante nel doppio confronto, Nacho Monreal è riuscito ad infilare un paio di momenti d’imbarazzo, che se leggete questa rubrica avrete imparato a conoscere.

La busta presa da Insigne

Insigne ha giocato una partita sottotono, finendo sostituito in polemica con Ancelotti e fischiato dal San Paolo, eppure anche lui è riuscito ad avere il suo piccolo momento grazie a Monreal. Che poi non è tanto la busta in sé, che può succedere quando sei un difensore e incontri Insigne, ma è la scivolata dopo, quando prova a recuperare, facendo la figura del Charlie Chaplin che scivola sulla buccia di banana.

Il tentativo di autogol

Per quanto ridicolo possa apparire, Monreal è risultato inadeguato anche nel momento in cui, in maniera del tutto controintuitiva ha provato a trafiggere Cech. Dopo il primo liscio di Sokratis, il difensore interviene proprio con lo scopo di fare gol, forse pensando che il suo atto di ribellione sarebbe stato comunque ininfluente (il Napoli aveva bisogno di 4 gol quando mancavano pochi minuti alla fine).

Monreal non apre abbastanza il piatto, colpisce la palla come se la sua gamba fosse una stecca di biliardo che deve cercare la traiettoria più dritta possibile. Invece avrebbe dovuto sporcare il tiro, aprirlo verso il secondo palo, dove Cech non sarebbe davvero mai arrivato. Peccato.

P.s.: Ovviamente vale il discorso per cui se Nacho Monreal continua ad essere titolare in una squadra 4° in classifica in Premier e in semifinale di Europa League, ha ragione lui.


Cose che potete inserire tra Kostic e l’ultimo uomo della difesa del Benfica in occasione del primo gol

L’Europa League è rimasto uno dei pochi baluardi anti-VAR, più per necessità che per luddismo. L’assistente dell’arbitro arriverà solo per la finale, non in tempo quindi per salvare il Benfica, che ieri è andato sotto per un gol di Kostic viziato da una chiara posizione di fuorigioco.

Senza stare qui a fare il processo al guardalinee, forse distratto dalla conclusione che ha colpito il palo prima di tornare nella disponibilità di Kostic, ci limitiamo a constatare alcuni oggetti che potevano essere inseriti nello spazio ipotetico che passa tra la posizione di Kostic al momento del tiro e quella dell’ultimo uomo della linea del Benfica.

  • Il tuo corpo, sdraiato;

  • L’Enciclopedia “I quindici” in piedi;

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  • I CD belli dei Muse;

  • Un pesce ballerino.




Il power ranking delle semifinali

Arsenal - Valencia

Livello Europa League: 5/20

Bellezza: 19/20

Equilibrio: 18/20

Giocatori da seguire: Dani Parejo, Nacho Monreal, Daniel Wass, Mesut Ozil.

È chiaro che questa è la semifinale più equilibrata tra le due e per molti rappresenta la finale anticipata per molti motivi. Il primo e il più importante è che si affronteranno due fra le squadre più in forma in Europa. Il motivo per cui invece varrà la pena vederla, oltre all’equilibrio e alla posta in palio, è lo scontro di filosofie: la fase difensiva scrupolosa del Valencia, la sua semplicità, la sua solidità; la verticalità dell’Arsenal, l’intensità, la capacità di segnare e subire gol praticamente in qualsiasi momento. Una squadra che mira a diminuire la quantità di eventi di una partita attraverso l’ordine e la minimizzazione dei rischi; l’altra che non si preoccupa dei rischi insiti nell’attaccare, con forti tendenze suicide, fenomenale nell’incenerire in un istante fasi di gioco grandioso.

Il Valencia in Liga ha segnato 36 gol e ne ha subiti 27; l’Arsenal ne ha segnati 60 e subiti 46. La squadra di Marcelino è quella più brava a non far giocare gli avversari nella propria area nonostante un baricentro non molto alto. Un talento collettivo che la accomuna a squadre dalla solidità unica come l’Atletico Madrid. L’Arsenal in attacco però ha una fluidità e una qualità quasi indifendibile, specie per la capacità di creare densità sulla trequarti centrale e al contempo di minacciare il pericolo in ampiezza con due esterni sempre larghi e con capacità atletiche fuori dal comune.

Sarà una grande partita e chiunque passi verrà considerato per forza il favorito in finale.

Chelsea - Eintracht

Livello Europa League: 14/20

Bellezza: 16/20

Equilibrio: 12/20

Giocatori da seguire: Olivier Giroud, Luka Jovic, Mijat Gacinovic, David Luiz.

Chelsea-Eintracht ha molto di ciò che si chiede a una sfida di alta Europa League, in particolare la contrapposizione fra una squadra facente parte dell’elite del calcio e una invece fresca ma con un bel progetto alle spalle, che arriva con alle spalle un percorso epico e pazzo al punto giusto.

Vedremo grandi giocatori (Chelsea), tifosi assolutamente pazzi (Eintracht), grandi stadi (entrambi), bandieroni vagamente nazi (Eintracht), gioco offensivo (entrambe) e Olivier Giroud (Chelsea).

L’Eintracht è in lanciatissimo e ha tutta l’aria di una squadra che dopo Inter e Benfica vuole un altro scalpo nobile per prendersi la finale. Il Chelsea del resto è in un brutto momento di forma, che dura più o meno dall’inizio del 2019 - ad essere generosi - e sembra essere arrivato in semifinale per un buon sorteggio e dei giocatori troppo forti per perdere.

Sono due squadre con un gioco offensivo brillante quando sono in forma, e che metteranno in scena un conflitto classico nella drammaturgia calcistica: quello tra fra la squadra potente ma decadente e la squadra più debole ma rampante.

Sceglierete la parte patriottica tifando Sarri o preferite stare sempre e comunque dalla parte di Davide?


Altri momenti in cui Kral sembra David Luiz e David Luiz sembra Kral

Siamo stati i primi a parlarne, in tempi non sospetti, ma non c’è merito nelle somiglianze quando sono così nette da sembrare piuttosto lo stesso lavoro ripetuto due volte. Sperando che le strade dei due non si ri-incrocino mai più, per non far diventare questa cosa troppo stucchevole, ecco altre immagini di David Luiz e Kral nello stesso posto.

Al momento dell’ingresso in campo

A fine partita, muovendosi quasi in sincrono

Negli spogliatoi, con le maglie scambiate e il nome davanti per confondere le acque




Vota il tuo calciatore tautologico preferito dei quarti di finale di Europa League

1) Petr Cech, in quanto ceco

2) Toni Lato, in quanto laterale

3) Joao Felix, in quanto felicissimo protagonista del Benfica - Eintracht di andata

4) Odysseas Vlachodimos, in quanto sfortunato protagonista dell’Eintracht - Benfica di ritorno.


Un momento a caso da Eintracht - Benfica




5 tagli di capelli per Aubameyang migliori di quelli che ha adesso

Avete visto i capelli di Aubameyang ieri? Se non li avete visti eccoveli qua. Su Twitter sono stati messi in relazione questi capelli con il suo errore incredibile a pochi metri dalla porta, «quei capelli gli hanno fottuto il cervello», si è scritto. Qualcuno lo ha paragonato a Marouane Chamakh. Comunque, dei capelli ingiustificabili. Ecco 5 tagli di capelli estremi e creativi come piacciono ad Aubameyang, ma comunque migliori di quella specie di cuffia da Dracula che aveva in testa ieri.

I capelli a berretto

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Comodi anche per ripararsi dal sole.

Con una fantasia coattissima

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Come se i vostri capelli fossero lava ribollente durante un’eruzione. Brrrr.

Con scritto sul lato Lacazette

Le scritte sui capelli sono il brand di Aubameyang, che potrebbe quanto meno fare un tributo al suo compagno d’attacco che si sbatte per lui.

Come una retina sulla testa

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Del resto l’attaccatura alta c’è.

A pinna di squalo

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Aerodinamico per spaccare tutto in velocità.


5 passi dell’Odissea che parlano di Odysseas Vlachodimos (e del Benfica, e della vita)

Secondo la Treccani, il senso figurato della parola Odissèa intende un «lungo seguito di peripezie, di casi avventurosi, di disgrazie; vita travagliata». Per quanto la vita di Odysseas Vlachodimos non si possa proprio definire sfortunata in senso lato (non il laterale del Valencia, eh), va detto che la palma di nomen omen più azzeccata dei quarti di finale di questa Europa League è sua ma proprio fuor di competizione: dopo aver vinto 4-2 all’andata, il Benfica si è fatto recuperare le due reti di vantaggio ed eliminare dall’Eintracht Francoforte, e quando una squadra prende gol, anche se non è sempre colpa del portiere, finisce per essere in qualche modo colpa del portiere. Per quanto abbia provato a incatenarsi all’albero maestro con la cere nelle orecchie per evitare il canto ammaliante di Luka Jovic, Vlachodimos ha finito per vivere ieri sera una personale Odissea: per questo ci sembra doveroso riassumere il suo destino, e quello della sua squadra, in cinque passi dell’opera omérica.

1) A remarkable man

Parlami di un uomo complicato. / Musa, dimmi come vagò e si perse. (Proemio)

Se il liceo vi ha lasciato in eredità ricordi su frasi macchinose tipo «Parla, Musa, tu dell’eroe scaltro a me» (nella traduzione di Ezio Cetrangolo, per esempio) dovreste leggervi la versione di Emily Wilson che gli ha dato un taglio più handsome, e per questo più appropriato al nostro Vlachodimos, ragazzotto dei nostri tempi: un uomo complicato. Peraltro chissà a che pensavano i genitori quando gli hanno dato un nome bagnato nella radice etimologica dell’odio, che può significare «colui che è odiato» tanto quanto «il collerico». Il nostro Odysseas collerico non sembra proprio: ha la faccia da bravo ragazzo e il talento dei migliori prospetti. Non a caso nell’ultima stagione è passato dall’essere un signor Nessuno (ah ah) all’affermarsi come uno dei portieri più interessanti d’Europa, addirittura della Champions League. Dato che, però, Champions League = Iliade mentre invece Europa League = Odissea, ce lo saremmo un po’ dovuti aspettare che l’aurora dalla rosee dita sarebbe sorta sul suo dramma.

2) Tra Scilla e Cariddi

Scilla ivi alberga, che moleste grida / Di mandar non ristà. La costei voce / altro non par, che un guajolar perenne / di lattante cagnuol: ma Scilla è atroce / Mostro, e sino ad un Dio, che a lei si fesse / non mirerebbe in lei senza ribrezzo. / Dodici ha piedi, anteriori tutti / sei lunghissimi colli, e su ciascuno / spaventosa una testa, e nelle bocche / di spessi denti un triplicato giro / e la morte più amara in ogni dente. (Libro XII)

Qui il riferimento alle curve dei tifosi dell’Eintracht, il rumore del guajolare perenne, la moltitudine mostruosa, insomma non c’è molto da spiegare, è tutto fin troppo chiaro. Odysseas se li è trovati alle spalle per novanta minuti, mentre di fronte...

Scilla da un lato, / dall’altro era l’orribile Cariddi / che del mare inghiottia l’onde spumose / sempre che rigettavale, siccome / caldaja in molto rilucente foco / mormorava bollendo. (Libro XII)

Mi sembra evidente che qua Omero stesse parlando del tridente Kostic-Jovic-Da Costa, caldaja in molto rilucente foco, davanti ai quali Odysseas è sembrato tentennare come inesperta Nausicaa. E dire che Odysseas ha uno spirito guerriero, forgiato da una settimana intera di militare che s’è dovuto fare in Grecia, come ha raccontato a 11 Freunde, la sera in branda e la mattina presto a fare le esercitazioni al poligono di tiro.

3) Ritorno a Itaca

Ma Palla, occhio azzurrino, alla prudente / figlia d’Icario entro lo spirito mise / di propor l’arco ai proci e i ferrei anelli, / nella casa d’Odisseo: acerbo gioco, / e di strage principio e di vendetta. (Libro XXI)

Vabbè, che Atena si chiami pure Palla fa molto ridere. Comunque Itaca per Odysseas è la Germania: il giovane portiere è cresciuto a Stoccarda, ha fatto la trafila con le nazionali giovanili tedesche, con la quale ha vinto anche l’Europeo U21 nel 2017, e l’esordio tra i professionisti indovinate? Esatto, l’ha fatto contro l’Eintracht. Che se non sono i suoi Proci loro, allora ditemi chi. I presupposti per un principio di strage e vendetta c’erano tutti. Però, insomma, si sa che a decidere sono gli dèi dell’Olimpo.

4) Nefasti presagi

Così parlò Telemaco: due aquile Zeus tonante / mandò a volo dall’alto di una vetta montana. / Esse volarono sempre con il soffio del vento / l’una accanto all’altra con le ali aperte / ma quando giunsero sopra l’assemblea vociante / voltandosi agitarono velocemente le ali / planando sulle teste di tutti con sguardo di morte; / poi lacerati con furia d’artigli collo e capo / scomparvero a destra volando per la città sulle case. (Libro II).

Sguardo di morte, furia d’artigli, lacerazioni. C’è tutto il Benfica strapazzato, svilito, sconfitto e umiliato in quest’immagine. Il fatto che Zeus dalla prossima stagione sia il nuovo testimonial del «più grande gruppo di scommesse sportive online al mondo» non aggiunge nulla. Però due aquile con le ali aperte, dài, non vi ricorda niente?

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5) L’inevitabilità del fato

Ma i compagni neanche così, li salvò, pur volendo: / con la loro empietà si perdettero, / stolti, che mangiarono i buoi del Sole / Iperinoe: ad essi [il dio] tolse il dì del ritorno. (Proemio)

E quindi, infine, l’empietà di Joao Félix e Gedson, la protervia della loro gara d’andata, si è ritorta contro il Benfica, e Odysseas che ne è piccola ma significativa sinestesia. Poteva andare meglio, certo. Ma a pensarci bene, che senso avrebbe avuto portare a compimento un viaggio, abbandonare l’isola di Ogigia, quando tanto ad aspettarti, nel caso, ci sarebbe stata la maledizione di Béla Guttmann?


Distinguere Francoforte da Francoforte

La faccio breve, che la notizia sarà passata anche sotto i vostri occhi: due tifosi del Benfica hanno deciso di andare a sostenere la propria squadra nel ritorno dei quarti di Europa League a Francoforte. Come mezzo per viaggiare hanno scelto la macchina: hanno preparato uno zainetto - panini, sciarpa, felpetta - fatto benzina al distributore più economico e sono partiti alla volta della Germania immortalando il loro viaggio pieno di speranza su Instagram.

Rapidamente tutti si sono accorti che avevano impostato il navigatore sulla Francoforte sbagliata, quella sull’Oder, al posto di quella sul Meno, sede dell’Eintracht. Il resto potete seguirlo su questo tweet: la gioia che diventa tristezza, la spavalderia imbarazzo.

Certo, possiamo incolpare i due tifosi per la sciatteria mostrata nella preparazione di un viaggio di 16 ore attraverso l’Europa, oppure possiamo incolpare la Germania per aver deciso di chiamare due diverse città (anche tutte due con il fiume). Oppure possiamo accettare il fatto che probabilmente è solo una storia inventata per diventare virale, che nessuno nel 2019 è così ingenuo.

Quello che però dobbiamo sicuramente fare e far in modo che questo evento non accada davvero: ecco quindi 7 modi per riconoscere Francoforte sul Meno da Francoforte sull’Oder.

Il nome

Le due città sono solo apparentemente omonime, in quanto una è Francoforte sul Meno mentre l’altra è Francoforte sull’Oder.

La fiera

A Francoforte sul Meno c’è la più grande e famosa fiera editoriale, a Francoforte sull’Oder, invece, c’è una fiera sulle canne da pesca.

Il fiume

L’Oder ha una portata media di metri cubi al secondo che è quasi tripla rispetto al Meno, è più lungo di oltre 300 chilometri, principalmente attraversa la Polonia.

La squadra

Sul Meno c’è l’Eintracht, che conoscete, sull’Oder c’è il Viktoria Francoforte, per 6 volte campione della DDR-Oberliga (anche se la squadra all’epoca aveva sede prima a Berlino Est e poi a Lipsia) ed ora caduta in disgrazia nella Brandenburgliga.

Il PIL

Francoforte sul Meno detiene il primato europeo per il reddito medio, circa 74000 euro all'anno. Di Francoforte sull’Oder non si trova neanche il dato, ma si trova in una delle poche zone povere della Germania.

Il gemellaggio

Francoforte sul Meno è gemellata con Milano, Francoforte sull’Oder con Scandicci, provincia di Firenze.

Divertimenti

Francoforte sul Meno ha un quartiere a luci rosse, Francoforte sull’Oder una canzone pop smielata il cui ritornello fa Ich bin froh, dass du da bist / Ich bin froh, dass du da bist / Mit mir, Frankfurt Oder.




Giocatore più Europa League: Haris Seferović

Quanto ci abbiamo creduto: 8

Quanto è stato realmente forte: 4

Quanto è caduto in disgrazia: 7

Quanto sembra depresso: 7

Statisticamente, tra voi, ci sarà almeno un lettore che tifa Fiorentina. No, in realtà non lo so, ma loro - sicuramente - sono quelli che più sentono la parabola di Seferović vicina. Non perché Seferovic abbia combinato qualcosa nei suoi mesi a Firenze per poi sfiorire, ma piuttosto perché quando vedi un giovane attaccante salire dalla Primavera, con quel nome così perfetto per un attaccante, con un Mondiale U17 vinto da protagonista e capocannoniere, in qualche modo ci credi sempre.

Uno dei tanti nuovi Ibrahimovic.

Seferović invece è riuscito a combinare qualcosa solo nel suo breve passaggio a Novara, in B, prima di lasciare il calcio italiano senza far stracciare le vesti a nessuno. Il resto è storia, storia da Europa League. Un asettico passaggio alla Real Sociedad, il tentativo di trovare il proprio posto nel mondo all’Eintracht Francoforte, dove per la prima volta segna più di 10 gol in una stagione, appena 11 però, infine il passaggio al Benfica.

Dopo un primo anno piuttosto misero anche in Portogallo, spesso terra di conquista per gli attaccanti ma non per Seferović, a 27 anni ha trovato la prima stagione prolifica della sua carriera anche grazie alla fiducia del nuovo allenatore Bruno Lage. Accanto alla stellina Joao Felix, Seferovic ha già segnato 23 gol, quasi raddoppiando il suo bottino totale.

Seferović è passato dall’essere una promessa ad essere un bidone e ora dall’essere indesiderato all’essere prolifico. Alla fine della sua strada rimangono altri 3-4 anni in squadre da Europa League, che siano il Benfica o qualche squadra turca, se gli dice bene una media classifica tedesca. Continueremo a vederlo spuntare in qualche serata fredda, il nuovo Ibra, per poi dimenticarcelo fino ai prossimi europei, quando sarà ancora lui l’attaccante titolare della Svizzera, l’unica cosa certa della sua vita.


Il gol più Europa League

L’autogol di Simon Deli in Chelsea - Slavia Praga

Virilità: 2

Assurdità: 10

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 2

Simon Deli, con questo nome delicato da solipsista francese morto giovane e suicida, è la persona più sfortunata di cui sentirete parlare oggi, più sfortunata del vostro amico che bucherà partendo per Pasqua, più del collega che tornando a casa la troverà completamente allagata per via di un tubo malandrino.

Simon Deli si è segnato nella propria porta senza volerlo, e questo è il minimo, ma anche senza poterlo evitare: se negli autogol possiamo quasi sempre trovare della scompostezza o almeno un eccesso di zelo, Simon Deli non fa nulla, se non essere troppo alto (Simon Deli è alto 192 centimetri). Possiamo infatti asserire con certezza che se fosse stato alto 20 o 30 centimetri in meno, non si sarebbe segnato questo autogol, avrebbe visto il pallone passargli sopra la testa e poi Amen, al massimo qualcuno del Chelsea lo avrebbe ribadito nella porta sguarnita. Allo stsso modo però possiamo asserire che il motivo per cui Deli è un giocatore di pallone, difensore centrale di una squadra ai quarti di Europa League, è la sua altezza.

Insomma il Chelsea dopo 8 minuti, già in vantaggio di un gol, costruisce una bellissima azione, sei passaggi per arrivare dalla propria difesa a mettere Pedro solo davanti alla porta vuota, ma deve ringraziare Simon Deli e i suoi troppi centimetri per il gol. Mentre Deli, dopo una vita passata a ringraziare per tutti quei centimetri, si sarà trovato a maledirli. Il classico paradosso che regola i gol più Europa League di tutti (come se non bastasse il ridicolo, piuttosto forte in questo autogol).


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