Chi è più vivo tra Andrea Bertolacci e Josè Mauri?
L’Europa League è quel multiverso in cui i giocatori che credevamo morti tornano in campo dall’aldilà. È quello che è successo anche ieri in Dudelange Milan, dove i rossoneri si sono presentati con un centrocampo che sembrava un’allucinazione:Josè Mauri, Bakayoko e Bertolacci.
La partita è stata quindi anche l’occasione per misurare il grado di vitalità di due centrocampisti che erano stati rimossi dai nostri meccanismi di memoria selettiva. Era arrivato al Milan nell’estate del 2015 dopo essersi svincolato dal Parma fallito, aveva scelto la maglia numero 5, quella di Sulley Muntari, e non giocava titolare da un anno. Bertolacci invece era arrivato al Milan all’interno del pacchetto che portava dalla Roma al Milan anche Alessio Romagnoli – e a cui sembra indirettamente legato anche il mancato riscatto da parte del Milan di Mattia Destro. Bertolacci.
Dopo ottime stagioni col Genoa di Gasperini, la delusione delle prestazioni di Bertolacci è riassunta da Silvio Berlusconi che va da lui e gli dice: «Sei lo stesso che lo scorso anno ci ha segnato un gol bellissimo in inserimento?».
Abbiamo riguardato la partita di ieri per stabilire chi appartiene al regno dei vivi e chi a quello dei morti.
Prendere una busta da un giocatore del Dudelange di nome Couturier
Bertolacci 0 Josè Mauri -1
Lancio oltre la difesa
Bertolacci 1 Josè Mauri -1
Cambio gioco col piede debole
Bertolacci 1 Josè Mauri 0
Scivolata da argentino pazzo
Bertolacci 1 Josè Mauri 1
I 999 passaggi all’indietro ai difensori
Bertolacci 0 Josè Mauri 1
Risultato: Josè Mauri è l’unico tra i due ad aver mostrato qualche segno di vita nella partita contro il Dudelange.
Bonus: Bakayoko
Il gol del 3 a 2 del Red Bull Salisburgo
LIVE-Übertragung verpasst? Hier sind die Highlights aus #RBLFCS von gestern Abend! @DieRotenBullen vs. @RedBullSalzburg #UEL #NitroUEL pic.twitter.com/abhkCgB82y
— NITRO (@NITRO) 21 settembre 2018
Ieri il mondo è finalmente arrivato alla fine della storia quando si sono incontrate sul campo due squadre di calcio, nella stessa competizione europea, appartenenti allo stesso proprietario, che è un produttore di energy drink.
Come tutti i migliori prodotti del capitalismo globale – dello “sradicamento di massa” direbbe il maestro Fusaro – è stata una partita divertente. Quel tipo di divertimento frivolo costruito su difese allegre, giocatori di ogni nazionalità – dal Mali a Israele – fare grandi giocate e un gol segnato con uno stile puramente Harlem Globetrotters.
Dopo che il Red Bull Lipsia è riuscito a rimontare dal 2 a 0 al 2 a 2, il Red Bull Salisburgo ha sviluppato una ripartenza in tre tocchi: due colpi di tacco e il tiro con cui Guldbransen ha permesso al Salisburgo la vittoria contro la squadra di cui fino allo scorso anno erano di fatto la formazione satellite.
La vittoria ha avuto un sapore particolare anche per i due allenatori. Sulla panchina del RB Lipsia sedeva Ralf Rangnick, uno dei maggiori teorici del gegenpressing in Germania e padre nobile della galassia Red Bull; su quella del RB Salisburgo Marco Rose, che anche in estate sembrava destinato a sedere sulla panchina del Lipsia. Rangnick a fine partita è andato fuori di testa: «Non è possibile, non ho mai visto niente del genere in vita mia».
È possibile che ora ai suoi giocatori tocchi la ormai mitica “ruota della sfortuna”, una ruota di cartone che i suoi devono girare quando non rispettano il regolamento. A ogni spicchio della ruota corrisponde una punizione: allenarsi con le giovanili in una giornata libera; lavorare nello store ufficiale; indossare un tutù da ballerina; acquistare regali per 60 membri dello staff.
Guardado doesn’t feel so good
C’è qualcosa di più bello del Betis in Europa League, qualcosa di più bello di Quique Setièn in Europa League, qualcosa di persino più bello di Andrès Guardado in Europa League. Questa cosa è Andrès Guardado in Europa League con la maglia del Betis con sopra disegnato il meme disintegration.
Conosci la tua squadra di Europa League: Dudelange F91
Sulla collina dietro Dudelange ci sono dei resti di un castello e di una chiesa della fine del ‘400 che appartenevano all’ordine di San Giovanni di Gerusalemme. Nel 1794 un frate eremita lo ha eletto a luogo di pellegrinaggio ed è ancora oggi un sito carico di spiritualità. Le rovine disposte circolarmente attorno a questo colle verdeggiante iscrivono il Mont Saint Jean in un immaginario Voyager. Il grande Johannes Bertelius, abbate di Altmunster e redattore della migliore Storia del Lussemburgo descrive scene di pellegrini che danzano tarantolati per raggiungere il Monte e chiedere a San Giovanni la cura per tutti i loro problemi. Oggi ogni 24 giugno una processione parte da Dudelange per raggiungere il monte, da dove si può apprezzare una visuale mozzafiato sulla valle de l’Alzette.
Il nome Dudelange suona come una marca di maglioni da papà o come una birra belga trappista troppo fruttata. In lussemburghese il nome corretto della città sarebbe “Diddeleng” ma, come ogni cosa che viene dal Lussemburgo, ha a che fare col capitalismo. La ‘D’ di Dudelange è l’ultima della sigla ARBED, la più importante industria metallifera lussemburghese, motore propulsivo della crescita durante “Les Trentes Glorieuses”, i trent’anni di crescita economica esponenziale della Francia nel dopoguerra.
Oltre all’industria del metallo, però, Dudelange è anche una città di cultura. Non solo perché ospita gli studi televisivi nazionali ma anche perché ha dato i natali a un genio della pittura impressionista come Dominique Lang. Nel suo Esch-sur-Alzette il fiume Alzette scorre tra banchi vegetali verde smeraldo restituendo l’idea di un Lussemburgo mitico.
Al centro dello stemma del Dudelange F91 c’è il leone dello stemma del Gran Ducato di Lussemburgo, solo che è incorniciato da una scritta anni ‘80 che riporta la dicitura “F91”, anno di fondazione del club, nato dalla fusione di tre squadre che avevano vinto titoli nazionali: Alliance Dudelange, Stade Dudelange e US Dudelange. Il risultato è un mostro a tre teste che tremare il Lussemburgo farà. Dalla stagione 1999/00 il Dudelange ha vinto 14 titoli nazionali, 14 su 18. Ora, insomma, è più difficile che il Dudelange non vinca rispetto alla possibilità che vinca. Nonostante il dominio domestico, però, la squadra non aveva mai partecipato a una competizione europea, fino a quest’anno, quando il doppio confronto col Cluj li ha promossi in Europa League.
L’autoritario 2 a 0 dell’andata, con i gol commentati da telecronisti lussemburghesi impazziti.
Il Dudelange è la prima squadra lussemburghese della storia a qualificarsi in Europa League e, come potete immaginare, contiene una serie di statistiche e aneddoti assurdi.
– Un mese di stipendio di Higuain pagherebbe un anno di Dudelange, ha dichiarato Dino Topmmoller, tecnico della squadra.
– Dudelange è una cittadina di ventunomila abitanti, che entrerebbero quattro volte dentro San Siro. Sono circa un decimo degli abitanti del secondo Municipio di Milano.
– Transfermarkt stima un valore di circa 3 milioni e 900 mila euro per tutta la squadra del Dudelange, circa la metà dell’attuale valore del solo Fabio Borini.
La sede del Dudelange da fuori sembra un’agenzia di assicurazioni, messa in mezzo tra un bistrot e un “Royal Kebab”. Il Nos Josbaum Stadium contiene appena 2600 spettatori e allora per l’Europa League il Dudelange deve giocare al Josy Barthel Stadium, lo stadio nazionale di Lussemburgo che contiene 8 mila spettatori (5 mila in meno di quello dell’Arezzo) e intitolato al vincitore dei 1500 metri alle olimpiadi del 1952, unico lussemburghese a vincere l’oro olimpico. In città c’è una forte presenze di immigrati italiani, che hanno dato vita nel 1990 al “Silvio Berlusconi Milan Club”, in onore di un presidente che, per il suo spirito europeista, ha sempre avuto un rapporto privilegiato con Lussemburgo.
Al centro della difesa del Dudelange gioca Tom Schnell, impiegato comunale, 33 anni passati a tifare Milan, che ha dichiarato: «Sarà una vera emozione poter stringere la mano a Rino Gattuso. Tra l’altro, il mio idolo qualche anno fa era Philippe Mexès». Accanto a lui, al centro della difesa, c’è Jerry Prempeh, che aggiusta le macchine della Lavazza, sponsor della squadra. Edis Agovic, centravanti della squadra, 5 presenze nel Lussemburgo U-21, nella vita fa il postino. Il tecnico, Dino Toppmoller, è figlio di Klaus Toppmoller, ex allenatore che portò il Bayer Leverkusen in finale di Champions League contro il Real Madrid. Alla fine della partita il tecnico si è dichiarato soddisfatto di non aver subito una goleada: «Abbiamo dato il massimo» ha dichiarato con un sorriso.
5 cose che dovreste sapere sul Lussemburgo oltre l’evasione fiscale
- È l’unico gran ducato rimasto al mondo ed è retto da Henri Albert Gabriel Félix Marie Guillaume, gran duca di Lussemburgo e inesausto indossatore di cravatte regimental.
- Il Gran Duca, cattolico e praticante, si era opposto alla legge sulla legalizzazione dell’eutanasia, entrata in vigore nel 2009. Il parlamento lussemburghese, in fissa con la morte, ha depotenziato il Gran Duca per impedirgli di interferire sulla promulgazione della legge.
- La più massiccia presenza di immigrati in Lussemburgo è costituito dalla comunità portoghese. A Lussemburgo esiste un distretto “portoghese” e dentro ci trovate la cassaforte di CR7.
- Esiste una lingua lussemburghese e la prima frase di sempre scritta in tale lingua risale a un’edizione del “Luxemburger Wochenblatt” del 14 aprile del 1821.
- Il Lussemburgo è il paese europeo che vende più alcol a persona (tirate voi le conclusioni).