
«Il cavallo è diverso da qualsiasi altro pezzo sulla scacchiera», racconta la voce fuori campo, in inglese, mentre la telecamera inquadra un cavallo solitario illuminato su una scacchiera buia. Un sottofondo musicale di violini, suonati rapidamente, fa accrescere l’attesa per quello che sembra essere un annuncio epocale. «Non segue un percorso lineare, si muove in modo diverso, inaspettato, salta oltre gli ostacoli, trova angoli che nessun altro vede. Ogni mossa potrebbe sembrare piccola ma per coloro che hanno una visione, un cavallo ben piazzato può cambiare tutto. Perché il cavallo non è solo un pezzo, è un cavaliere, rappresenta una mentalità, un passo avanti, e quando trova il suo momento, è scacco».
LA MOSSA DI TEAM LIQUID
Viene rivelata a chi appartiene la voce fuori campo: è Magnus Carlsen, scacchista norvegese, campione del mondo dal 2013 al 2023, definito “il Mozart degli scacchi”, diventato Gran Maestro all’età di 13 anni, 4 mesi e 27 giorni, campione del mondo per 18 volte fra le tre modalità ufficiali riconosciute dalla FIDE, la Federazione Internazionale di Scacchi, che ha persino premiato Carlsen come lo scacchista migliore di tutti i tempi. Oggi, all’età di 34 anni (35 il prossimo 30 novembre), Carlsen è diventato un giocatore di una squadra esports.
La metafora del cavallo non è casuale, è infatti anche il logo di uno dei club esports più longevi al mondo, il Team Liquid, fondato nel 2000 nei Paesi Bassi. Una realtà nata come sito di news dedicate a Starcraft, dai più indicato come il primo esports moderno, e poi evolutasi nell’attività, all’inizio amatoriale, di competizione videoludica nei vari tornei.
Il primo giocatore professionista sotto contratto arriva nel 2010 con l’uscita di Starcraft II: Wings of Liberty, per poi espandersi due anni dopo anche su Dota 2 con il primo team (composto da cinque giocatori più staff) ufficialmente sotto l’egida del Team Liquid. Poi sono arrivati League of Legends, Valorant, Player’s Unknown Battlegrounds, Street Fighter, Super Smash Bros e molti altri titoli competitivi, vincenti praticamente ovunque. Per ultimo, per l'appunto, gli scacchi, così messi sullo stesso livello degli altri esports.
Con l’annuncio di Magnus Carlsen è arrivato anche quello di Fabiano Caruana, classe ‘92 e Gran Maestro all’età di 14 anni, 11 mesi e 20 giorni, di nazionalità italo-statunitense e avversario proprio di Magnus al titolo mondiale nel 2018 in una finale che è rimasta nella storia e di cui scrivemmo anche qui su Ultimo Uomo. Insomma, parliamo di due tra i principali protagonisti della scena competitiva degli scacchi che, con l'ingresso dei team esports, gira una nuova pagina della loro storia millenaria.
GLI SCACCHI E I COMPUTER
In realtà il rapporto di mutuo riconoscimento tra esports e scacchi non è nuovo e risale al 2020, in piena pandemia. L’improvvisa impossibilità di organizzare tornei ed eventi dal vivo aveva costretto i giocatori a spostarsi sulle piattaforme online: Chess.com, Lichess.org e altre. Il primo in particolare è da sempre considerato il più importante sito di partite online al mondo: nel solo 2020 aveva registrato 2,5 milioni di iscritti in più, circa un +400% al giorno, come riporta il sito stesso.
Era il periodo in cui anche i giocatori più inaspettati avevano inaugurato il proprio canale su Twitch, la piattaforma di Amazon di dirette streaming, o avevano iniziato a caricare le proprie partite su Youtube. Un processo che ha dato accesso a una nuova fetta di pubblico, che magari fino a quel momento considerava gli scacchi un gioco da “boomer”. A fare da acceleratore ci aveva pensato anche la serie Netflix The Queen’s Gambit, cioè La regina degli scacchi (hey: abbiamo scritto anche di questo!), che, secondo i dati riportati all’epoca dal sito Booknet, fece incrementare le vendite dei libri sugli scacchi di circa il 75% a livello settimanale (come media nell’arco di sei settimane dall’uscita della serie TV, con punte di un +168%). A dicembre del 2020, su Ebay le vendite di scacchiere, pezzi e accessori vari erano cresciute del 215% rispetto a ottobre, quando era uscita la serie (il pezzo parla del mercato canadese, ma è facile immaginare che sia successo più o meno lo stesso su tutti quelli occidentali).
Gli esports sono entrati nel mondo degli scacchi in un momento molto fortunato, insomma, e di certo non è un caso. La cosa interessante è la doppia natura che gli esports portano con sé: da un lato è il punto più alto della competizione sui videogiochi (o almeno quelli che più vi si prestano), ma dall’altro è anche un grande contenitore per tutto ciò che riguarda l'intrattenimento legato al mondo del gaming.
È in questo contesto, quindi, che si sono inseriti gli scacchisti che, tramite i vari siti per giocare online a scacchi, sono diventati anche streamer, content creator, intrattenitori digitali, portando in streaming le loro partite, commentando in diretta le proprie mosse e quelle dell’avversario, interagendo senza mediazioni con gli spettatori presenti in chat. Oppure organizzando tornei internazionali online da trasmettere in diretta streaming, come ha fatto il già citato Magnus Carlsen nel 2020 con il suo Meltwater Champions Chess Tour, organizzato direttamente dal campione del mondo. Un torneo a inviti, con i migliori 16, organizzato per mettere gli scacchi al centro della generazione Millennials e Z. Spesso senza seguire necessariamente i canoni scacchistici e anzi prediligendo spesso l’intrattenimento.
È in quell’occasione che Carlsen affrontò Hikaru Nakamura, scacchista statunitense di origini giapponesi diventato molto noto online proprio grazie ai suoi streaming. Il primo, con il bianco, iniziò la partita con una delle aperture più banali possibile, eseguita per compiacere gli spettatori presenti: pedone di re avanti di due e successiva mossa del Re, con Nakamura che fece lo stesso nel turno successivo. Situazione surreale e anomala che attirò persino le attenzioni del Guardian con un articolo dedicato. Questa mossa infatti ha una conseguenza immediata e importante nello sviluppo dell’apertura: una volta mosso il Re (lo stesso vale per la Torre), non è più possibile utilizzare l’arrocco, ovvero l’unica mossa degli scacchi con cui è possibile far muovere due pezzi contemporaneamente sulla scacchiera e l’unica in cui il Re si muove di due caselle (che può essere però effettuata solo: se i due pezzi in questione non sono mai stati utilizzati fino a quel momento; se non si trovano altri pezzi tra loro; e se le caselle tra il Re e quella in cui si vuole muovere non sono minacciate da pezzi avversari). Una mossa fatta solo per lo spettacolo, insomma, o, come forse si direbbe oggi, per il meme.
Nakamura in particolare è forse il giocatore di scacchi che più di tutti ha contribuito al successo della disciplina online. Ancora prima della pandemia, Nakamura era già uno dei più popolari content creator di scacchi a 64 caselle su Twitch, con un canale inaugurato nel 2015 che oggi raccoglie quasi due milioni di follower (ancora meglio su Youtube: il suo canale registra oggi 2,73 milioni di iscritti con 937 milioni di visualizzazioni totali del canale). Numeri che nel 2020 gli valsero un contratto con i TSM, organizzazione esports nordamericana tra le più popolari in quel momento, con la cui maglia si presentò persino ai FIDE World Rapid Chess Championship 2021, conquistando il settimo posto.
Nel 2020 la categoria Chess su Twitch era stata quella più in crescita, incrementando di 17 volte in termini di spettatori in un singolo anno. Una crescita che abbiamo vissuto anche in Italia grazie a numerosi giocatori e giocatrici. È il caso ad esempio di Alessia Santeramo, classe ‘98, Maestra e campionessa italiana 2014 che quotidianamente intrattiene gli spettatori sul proprio canale Twitch con partite, speedrun o puzzle di scacchi. Oppure Nicolò Napoli, fenomeno scacchistico di TikTok che dai 10.000 follower del 2020 ne conta oggi quasi 50.000. Col suo account Napoli racconta situazioni particolari di partite giocate online, contribuendo a diffondere il verbo scacchistico e a fare, di fatto, divulgazione spiegando mosse e contromosse. Anche i Qlash, organizzazione esports italiana, tra il 2020 e il 2021 avevano investito negli scacchi mettendo sotto contratto un team sotto la guida di Roberto Mogranzini, una delle figure di spicco della scena italiana.
Tornando a Carlsen, nel 2020 in piena pandemia era riuscito a guadagnare quasi 500mila dollari dai vari tornei a cui aveva partecipato, tutti online, ovviamente, in diretta su Twitch e seguiti da centinaia di migliaia di spettatori seduti comodamente a casa. Un risultato, in termini di vincite monetarie, che a fine anno convinse The Esports Observer, uno dei più autorevoli portali di informazione sul settore esports, a inserire nella classifica dei 10 proplayer videoludici che hanno guadagnato di più nell’anno anche Carlsen. Parliamo del primo posto, seguito dal secondo al sesto posto dai cinque giocatori dei Dallas Empire, vincitori della Call of Duty League di quell’anno, ciascuno con 350mila dollari portati a casa.
Un ulteriore esempio della convivenza tra gaming e scacchi è stato offerto da Activision Blizzard che nel dicembre 2021 aveva coinvolto un’altra eccellenza scacchistica: Garri Kasparov, considerato uno dei migliori giocatori della storia (che in questo video pubblicato su X gioca nel 2004 contro un allora tredicenne Magnus Carlsen, apparentemente annoiato dalla partita che sta giocando), e protagonista di un documentario dedicato a Hearthstone, il titolo strategico di carte collezionabili digitali popolarissimo dal 2016 fino alla pandemia. Il documentario prende spunto dalla voglia di vendetta di Kasparov, che 25 anni prima perse a scacchi contro l’intelligenza artificiale (come successe anche al grande campione coreano di Go, Lee Se-Dol, anche lui raccontato su Ultimo Uomo). Kasparov, insomma, ha iniziato a giocare, addirittura ad appassionarsi ad Hearthstone, dove si dice gli esseri umani hanno ancora qualche speranza contro i computer.
Ecco, se c’è un altro aspetto che esports a scacchi hanno in comune è l’intelligenza artificiale. D'altra parte, gli antenati degli attuali modelli di intelligenza artificiale sono state “allenati” proprio su giochi fisici come gli scacchi o il Go, e gli scacchisti se lo ricordano bene. Kasparov tra il 1996 e il 1997 prima riuscì a vincere 4-2 contro Deep Blue, forse la più famosa intelligenza artificiale prima delle attuali chatbot, per poi però perdere l’anno successivo dopo che gli sviluppatori riuscirono a raddoppiare la potenza di calcolo del proprio computer (per caso volevate leggere della sfida tra uomo e computer negli scacchi? Eccovi serviti).
Più o meno allo stesso modo alcuni proplayer di esports hanno sfidato delle intelligenze artificiali, come Alpha Star, programmato per giocare a Starcraft e capace di vincere contro due professionisti, Dario "TLO" Wünsch e Grzegorz "MaNa" Komincz. Uno scenario simile si è verificato anche su Dota 2, titolo Moba (Multiplayer Online Battle Arena, dello stesso genere del più popolare League of Legends, per intenderci) di Valve. Five, il progenitore di quello che oggi è ChatGPT, è stato allenato proprio su Dota 2 disputando, tra il 2016 e il 2019, circa 10.000 anni di partite contro se stessa e controllando 10 personaggi contemporaneamente, cinque di una squadra e cinque dell’altra. Ogni giorno ha disputato 180 anni di partite, accumulando in totale 45.000 anni di esperienza irraggiungibili per qualsiasi essere umano. Nel tempo ha cominciato a sfidare anche gli esseri umani: vincendo. Secondo le statistiche fornite dalla stessa OpenAI, tra il 2018 e il 2019 Five ha vinto il 99,4% delle partite disputate: nello specifico ha ottenuto 7.215 vittorie e 42 sconfitte. Nel 2019 è stato anche protagonista di uno showmatch contro il miglior team di quell’anno, gil OG, al The International, il mondiale di Dota2.
Con la fine della pandemia, e il ritorno agli eventi dal vivo, l’interesse del mondo dell’esports per gli scacchi è inevitabilmente calato ma mai scomparso del tutto. E così torniamo alla notizia iniziale: il Team Liquid che mette sotto contratto due tra i principali scacchisti del mondo.
IL PRIMO TORNEO "DIGITALE" DI SCACCHI
La motivazione è una, semplice: un torneo da 1,5 milioni di dollari. Organizzato non dalla FIDE, né da altre terze parti del mondo scacchistico, ma dalla Esports World Cup, la manifestazione dedicata al gaming competitivo giunta alla seconda edizione. Inaugurata nel 2024 come naturale evoluzione di quello che fino a quel momento era stato il Gamers8, la Esports World Cup si gioca in Arabia Saudita, a Riyad, e nasce nell'ottica di convertire la monarchia del Golfo nel principale centro mondiale di esports e gaming (non ci crederete ma anche di questo abbiamo parlato su Ultimo Uomo).
Accanto a titoli storici come League of Legends, Counter-Strike 2, Dota2, Street Fighter, Rainbow Six Siege, o più recenti come Valorant, Pubg o Mobile Legends, ci saranno quindi anche gli scacchi con un torneo organizzato in collaborazione con il portale Chess.com, e quindi in formato digitale. Il montepremi da un milione e mezzo di dollari è, per fare un paragone, il doppio di quello offerto dalla FIDE in occasione dei campionati mondiali 2024 in variante Rapid (solamente il titolo di campione mondiale “classico” offre un montepremi più alto).
L’annuncio, arrivato a dicembre 2024, ha ufficializzato che il torneo si giocherà proprio in formato Rapid 10+0 (10 minuti per fare le mosse e 0 secondi aggiunti dopo ogni mossa) con un totale di 16 giocatori: 12 che si qualificano tramite gli eventi online del Championship Chess Tour tra febbraio e marzo; e gli ultimi quattro assegnati con un last chance qualifier che si terrà nella stessa Riyad poco prima dell’evento, in modo da coinvolgere sia giocatori professionisti che amatoriali.
Dal momento dell’annuncio, si sono moltiplicati i contatti tra i team esports e i vari giocatori di scacchi, dai più famosi ai meno noti, nel tentativo di accaparrarsi i migliori. Perché uno degli obblighi per partecipare al torneo è di essere sotto contratto per un team esports. La Esports World Cup, infatti, è riservata alle organizzazioni che operano nel settore: lo stesso torneo di scacchi, pur essendo un evento uno contro uno, chiede di presentarsi con la maglia di una squadra. Anche perché, oltre al montepremi di ogni singolo torneo, ne esiste uno aggiuntivo che viene suddiviso tra i club partecipanti in base ai piazzamenti ottenuti nei vari esports: una sorta di medagliere olimpico, a cui a fine manifestazione corrispondono dei premi in denaro. A più tornei si partecipa, più possibilità ci sono di chiudere in alto e di conseguenza di ottenere una fetta più corposa del montepremi (nel 2024 furono 20 i milioni di dollari riservati alla classifica per club).
Allo stato attuale sono 12 gli scacchisti messi sotto contratto da varie organizzazioni esports, dalle più conosciute alle emergenti. I Liquid, come detto, si trovano con la coppia Carlsen - Caruana; i Geng, club coreano-statunitense, hanno preso l’indiano Arjun Erigaisi, attualmente numero 18 al mondo. I Vitality, team francese, hanno giocato in casa ingaggiando il numero otto al mondo Maxime Vachier-Lagrave (o più semplicemente MVL); gli LGD Gaming, cinesi, hanno optato per il numero due Ding Liren, mentre i loro connazionali Weibo Gaming e All Gamers hanno messo sotto contratto rispettivamente Wei Yi, numero sei, e il russo Volodar Murzin, appena 18 anni e numero 66 al mondo. I Natus Vincere, storica organizzazione esports ucraina, non hanno fatto sconti mettendo sotto contratto tre giocatori: Nodirbek Abdusattorov, numero 11, Wesley So, 14, e Olexandr Bortnyk, 57. Gli Aurora Gaming, organizzazione serba, si sono assicurati il russo Ian Nepomniachtchi, numero 3, portando così l’intera top 4 mondiale di scacchi nell’esports. Rimane poi ancora Nakamura, ingaggiato dal Team Falcons, organizzazione saudita che negli ultimi anni, grazie ai soldi della famiglia reale, ha potuto garantirsi acquisti milionari per diventare protagonista nel mondo esports e farsi conoscere a livello globale, soprattutto con Counter-Strike.
Questa iniziativa della Esports World Cup mette un ulteriore livello di complessità alla questione se gli scacchi siano equiparabili agli sport veri e propri. Luca Pagano, co-founder e proprietario dell’organizzazione esports italiana Qlash, era andato al cuore di questo dibattito nel libro del 2019 Esports - Un universo dietro il videogioco affermando in maniera profetica che "se consideriamo lo sport degli scacchi, ad esempio, non vedo differenze [tra esports e sport tradizionali]” e proponendo gli scacchi come la next big thing del settore gaming.
Ovviamente anche sulla definizione degli scacchi come sport c'è dibattito e ufficialmente va detto che in realtà sono considerati “sport della mente”, pur avendo una propria federazione internazionale e vedendo i propri atleti riconosciuti. Gli scacchi però non sono però ammissibili alle Olimpiadi, in quanto non vengono riconosciuti come disciplina autonoma, e hanno una propria competizione equivalente ma divisa, cioè le Olimpiadi degli Scacchi che la FIDE organizza ogni due anni per Nazionali.
In ogni caso la pandemia e i conseguenti lockdown hanno avvicinato gli scacchi più agli esports, per loro natura online e digitale, che allo sport tradizionale. E chissà che, qualora il torneo della Esports World Cup andasse come sperano gli organizzatori, non facciano la loro comparsa anche ai prossimi Giochi Olimpici Esports, organizzati direttamente dal Comitato Olimpico Internazionale in collaborazione proprio con la Esports World Cup Foundation (si disputeranno per la prima volta nel 2027 e saranno i primi nel loro genere). Sarebbe una nuova prima volta, per un gioco che ne ha vissute un po'.