
Che cos’è l’umiliazione nel calcio? Esiste un limite che non dovrebbe essere superato oppure, rimanendo all’interno del regolamento, è tutto concesso, anzi dovuto, visto che alla fine parliamo di intrattenimento? È una questione che - qui e lì - torna nei discorsi dell’opinione pubblica, visto che tutti hanno un’opinione sul calcio (anche io, ovviamente). Di solito le posizioni, pro e contro, sono legate a questioni, come dire, universali. Prendiamo l’esempio più banale: è giusto che una squadra continui a infierire su un avversario inferiore segnando quanti più gol possibili o sarebbe più corretto - più sportivo - fermarsi? Le risposte sono opposte e inconciliabili: da una parte c’è chi dice che è insito nello sport una necessità di onorare lo sport stesso (e l’avversario) continuando a dare il massimo fino alla fine; dall’altra parte c’è chi dice che, invece, è insito nello sport un carattere cavalleresco per cui una volta assicurata la vittoria è giusto fermarsi per non umiliare troppo l’avversario.
Se ne sto scrivendo è perché domenica sera, in Brasile, è capitato uno di quegli episodi che aggiungono interessanti sfumature morali a questo discorso. Al decimo del secondo tempo della partita Santos-Vasco da Gama, sul risultato di 3 a 1 per il Santos, Yeferson Soteldo ha fatto questa cosa qui.
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