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Foto di Michael Regan / Getty
Calcio Fabio Barcellona 17 gennaio 2017 10'

L’ultima frontiera del trequartista moderno

Nel Tottenham di Pochettino Christian Eriksen ha raggiunto il massimo del suo splendore.

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Il giorno dell’Epifania il Tottenham di Mauricio Pochettino ha interrotto al White Hart Lane la striscia di 13 vittorie consecutive del Chelsea di Antonio Conte, avanzando al contempo la propria candidatura al titolo della Premier League. Uno dei maggiori protagonisti della vittoria è stato Christian Eriksen, autore dei due assist per i gol di Dele Alli e vero grimaldello tattico della strategia pensata da Pochettino per prevalere su Conte.

 

E proprio la partita contro il Chelsea ha messo in mostra due delle virtù più peculiari di Eriksen: la capacità di mandare al tiro i compagni di squadra e la sua versatilità tattica, figlia dell’intelligenza calcistica di cui è dotato.

 

Predestinato

Christian Eriksen è nato e cresciuto in una famiglia di calciatori: il padre, Thomas, è stato il suo allenatore fino ai 13 anni, nella squadra del paese, Middelfart, in cui Christian ha cominciato a giocare all’età di 2 anni e 10 mesi (sì insomma, si fa per dire, ma è anche sul suo Wikipedia).

 

La sorella Louise gioca con il Kolding, nella massima serie femminile di calcio danese. A 13 anni Christian passa all’Odense BK. È già considerato un predestinato: gioca con l’under 16 e l’under 19, viene convocato nelle nazionali giovanili danesi e comincia a fare provini in giro per l’Europa. La prima squadra a convocarlo è il Chelsea: Eriksen gioca due partite amichevoli con l’under 18 contro Milwall e West Ham, ma i Blues non sono convinti del suo potenziale e gli propongono un terzo provino, che il padre rifiuta. Passa quindi tre giorni al Milan e cinque giorni al Barcellona. In Spagna gioca un’amichevole contro una selezione della Catalogna, dove, a detta sua, tocca letteralmente solo tre palloni.

 

A 16 anni compiuti ad aggiudicarselo è il settore giovanile dell’Ajax, che versa un milione di euro nelle casse dell’Odense BK. Dopo un anno, il 17 gennaio 2010, a soli 17 anni, Eriksen esordisce in prima squadra contro il NAC Breda disputando poi altre 15 partite in campionato. A marzo, a 18 anni appena compiuti, fa il suo esordio anche in Nazionale, contro l’Austria, e viene convocato per i Mondiali in Sudafrica, dove gioca 2 spezzoni di partita e 44 minuti in totale.

 

A 21 anni consegnava di fatto il titolo all’Ajax facendo un gol del genere nello scontro diretto in casa del PSV Eindhoven (via Ajax TV).

 

Dopo 163 partite, 66 assist e 32 gol con l’Ajax, nell’estate del 2013, a 21 anni, passa al Tottenham Hotspur. Per gli Spurs è una stagione complicata, che culmina con l’esonero di Andrè Villas-Boas dopo una roboante sconfitta casalinga per 0-5 contro il Liverpool di Brendan Rodgers. La stagione successiva inizia la gestione di Mauricio Pochettino al Tottenham.

 

Prima di Pochettino

Il giovane Eriksen è descritto come un classico numero 10 per la pulizia della tecnica, per la comprensione del gioco e per le doti di passatore. Il suo primo allenatore all’Ajax, Martin Jol, lo aveva avvicinato a Wesley Sneijder e Rafael Van der Vaart, altri due prodotti del vivaio dei Lancieri. Quello che arriva al Tottenham è un giocatore da 10 gol e 17 assist nell’ultima stagione di Eredivisie, giocata nel 4-3-3 di Frank De Boer nella posizione di mezzala sinistra.

 

Nell’Ajax, Eriksen gioca un calcio molto diverso da quello che si troverà a interpretare nel Tottenham e, in maniera più specifica, sotto la guida tecnica di Mauricio Pochettino. Il calcio di De Boer prevede ritmi lenti e una rigida struttura posizionale dove il contributo delle mezzali è quello di presidiare il centro del campo e dominare il possesso piuttosto che attaccare gli spazi o l’ampiezza, garantita dalle ali. Eriksen è un maestro nel trovare la giusta posizione dove ricevere per poi fare circolare il pallone con precisione ed intelligenza nei tempi e spazi relativamente generosi che De Boer e il calcio olandese concedono.

 

In Inghilterra prima Villas-Boas e, successivamente, Tim Sherwood lo impiegano principalmente sulla linea dei trequartisti alle spalle di un’unica punta. Le sue presenze da centrocampista puro sono piuttosto rare. La posizione in campo è piuttosto diversa da quella occupata all’Ajax: Eriksen si alterna tra la classica posizione di trequartista alle spalle dell’attaccante e una più defilata, che, partendo dalla sinistra, gli consente di entrare dentro il campo, sia con la palla al piede, che per ricevere. Il calcio della Premier è molto più frenetico di quello lasciato in Olanda: a centrocampo vengono preferiti giocatori più muscolari e bravi nell’interdizione; i suoi allenatori ritagliano per lui una posizione più avanzata per sfruttarne le capacità tecniche e di creazione di gioco e, facendolo partire dall’esterno, gli regalano più tempo e spazio per le giocate.

 

Nonostante la stagione sia pessima per gli Spurs e a dispetto di un impiego e di un calcio diverso da quello della Eredivisie, il ventunenne Eriksen si rivela il secondo miglior marcatore della squadra dietro Adebayor, con 7 reti, e, con 8 assist totali e 3.1 key pass/90 min, il giocatore del Tottenham maggiormente capace di mandare al gol e al tiro i compagni di squadra.

 

Al primo anno al Tottenham è capace di pareggiare al minuto 93 mostrando questa freddezza e questa tecnica (via Spurs TV).

 

Con Pochettino

L’inizio dell’avventura con Pochettino e con i suoi metodi di lavoro non è semplice per nessun giocatore degli Spurs. Lo “Sceriffo di Murphy” rivoluziona principi di gioco e sistemi di allenamento: introduce doppie o addirittura triple sedute giornaliere in preparazione per portare la sua squadra al livello di intensità da lui immaginato. Eriksen, come tutti gli altri, fatica ai ritmi di allenamento imposti da Pochettino, ma non è un atleta che ha paura del lavoro duro. I problemi maggiori ci sono in partita: il tecnico argentino impiega un po’ di tempo a trovare la quadratura complessiva del cerchio e, in particolare, a inquadrare Eriksen all’interno del suo calcio.

 

L’idea di base di Pochettino in fase di possesso palla è quella di abbassare il più possibile la difesa avversaria, favorendo così l’applicazione del gegenpressing al momento della perdita del possesso. Per questo la manovra offensiva prevede di arrivare nell’ultimo terzo di campo grazie a una connessione verticale tra il reparto arretrato e quello avanzato: la costruzione è affidata principalmente ai difensori centrali con il supporto di un centrocampista basso, mentre la zona alle spalle del centrocampo rivale si affolla di uomini, con lo scopo di tenere basso il maggior numero possibile di calciatori avversari.

 

Una volta innescata la manovra offensiva in zona avanzata, Pochettino predilige il gioco combinativo, con una rete di passaggi tra i propri giocatori d’attacco.

 

In quest’ottica, quindi, è fondamentale l’apporto dei giocatori che stazionano alle spalle del centravanti nel 4-2-3-1 (modulo prediletto del tecnico argentino), con le due mezzepunte esterne che entrano dentro il campo alle spalle del centrocampo avversario, occupando gli half spaces per la ricezione.

 

In un sistema offensivo così pensato, con le fondamenta della manovra nel reparto arretrato e lo sviluppo in zone avanzate di campo, il centrocampo non ha bisogno di giocatori particolarmente creativi o capaci di organizzare ed ordinare il gioco. Le qualità di Eriksen possono pertanto essere meglio sfruttate schierandolo, come avevano fatto Villas-Boas e Sherwood, sulla linea dei trequartisti, partendo indifferentemente dal centro del campo o dall’esterno, preferibilmente da sinistra.

 

La prima stagione di Pochettino non è esaltante: la squadra finisce nuovamente al quinto posto, facendo addirittura cinque punti in meno della stagione precedente. Per Eriksen è un anno di transizione: i gol in Premier League aumentano – al termine della stagione sono 10 – ma diminuiscono gli assist – solo 2 – e i key pass nei 90 minuti – 2.4.

 

La stagione successiva, però, vede la definitiva affermazione dei principi di gioco di Mauricio Pochettino: il Tottenham contende per gran parte della stagione il titolo alla favola Leicester e finalmente la stella di Eriksen brilla in tutto il suo splendore. Ormai il danese è perfettamente integrato nel gioco dello “Sceriffo”, che da parte sua ha compreso le potenzialità e la maniera più corretta di impiegare Eriksen all’interno del suo calcio.

 

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Tags : christian eriksenpremier league 2016/17Tottenhamtrequartisti

Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.

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