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Dario Saltari
Il sogno delle Olimpiadi in cui il doping è permesso
29 mar 2024
29 mar 2024
Un imprenditore australiano ci sta provando davvero.
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Dario Saltari
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IMAGO / Xinhua
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Il 24 giugno del 2023 Aron Ping D’Souza annuncia al mondo il suo sogno: delle Olimpiadi in cui il doping è permesso. Sembra l’incipit di un brutto romanzo di fantascienza anni ’60 e invece è la realtà. Una realtà che negli ultimi mesi sembra stia facendo dei progressi. Ma di quale realtà stiamo parlando? Aron Ping D’Souza, intanto. Un nome che sembra stato creato da ChatGPT per una persona che sembra essere stata creata da ChatGPT. Formalmente un imprenditore australiano, sul suo sito si possono trovare tutte le sue imprese, che devo ammettere non è facile comprendere fino in fondo. Fondatore di Sargon (“una società di infrastrutture tecnologiche per il settore delle pensioni e dei fondi pensione nella regione Asia-Pacifico”), del Nexus Australian Youth Summit (“un movimento globale di giovani filantropi e investitori”), editor di una rivista scientifica per giuristi, autore di tre libri, giocatore di rugby amatoriale. Da dove è spuntato fuori?

Nel 2016, si legge sempre sul suo sito, ha condotto la celebre causa del wrestler Hulk Hogan contro il sito di gossip statunitense ormai defunto Gawker, che poi si scoprirà essere finanziata dal miliardario Peter Thiel, che ha fatto le sue fortune fondando PayPal e investendo in Facebook before it was cool (ricordatevi di questa amicizia). Non è chiaro cosa significhi, “condotto”, visto che D’Souza non è un avvocato, e non è chiaro nemmeno quali siano le ragioni personali che lo hanno spinto verso l’impresa di normalizzare il doping, a cui si possono appiccicare i più diversi aggettivi a seconda delle diverse sensibilità: titanica, rivoluzionaria, grottesca, folle, semplicemente sbagliata. Aron D’Souza non beve nemmeno il caffè, dice cose come «il mio corpo è il mio tempio», e sembra esattamente quello stereotipo di imprenditore che si sveglia alle cinque per fare il saluto del sole e che mangia solo frutti caduti dagli alberi.

Ufficialmente il nome è Enhanced Games e il progetto è questo: organizzare dei giochi annuali a partire dal 2025, con cinque discipline diverse (atletica leggera, nuoto, ginnastica, sollevamento pesi e sport da combattimento) e la possibilità per gli atleti in gara di non essere sottoposti alle norme e ai controlli anti-doping previste dalla WADA (l’Agenzia Mondiale Anti-Doping) e dalle varie federazioni nazionali. Quindi di poter far uso prima e durante le competizioni di sostanze proibite, come per esempio gli steroidi anabolizzanti, che aiutano la crescita della massa muscolare.

In questa crociata - termine adatto per i toni moralizzanti che ha assunto questa impresa, come poi vedremo - D’Souza ha trovato l’appoggio di alcuni atleti, anche se forse non le centinaia che millanta il fondatore di Enhanced Games. Tra questi i più famosi sono l’ex nuotatore sudafricano Roland Schoeman, la bobbista canadese Christina Smith, e soprattutto l’ex nuotatore australiano (due volte a medaglia alle Olimpiadi del 2012) James Magnussen, che a febbraio è tornato ad allenarsi a poco meno di cinque anni dal suo ritiro per competere negli Enhanced Games e provare a battere il record del mondo sui 50 metri stile libero a 33 anni. Se ci riuscirà, D’Souza ha promesso di regalargli un milione di dollari. Magnussen, forse eccitato da quella cifra, ha dichiarato che si doperà a più non posso e che ce la farà «entro sei mesi». Giorni dopo ha detto di essersi pentito del tono di queste dichiarazioni, rilasciate all’interno di un podcast ironico, e in un’intervista concessa a The Athletic ha chiarito almeno in parte cosa intendesse con “doparsi a più non posso”. «La terapia sostitutiva del testosterone [Testosterone replacement therapy o TRT, ndr] è l’unica su cui ho fatto ricerca», ha dichiarato Magnussen, non rivelando le altre «Mi sta riportando ai livelli di quando avevo vent’anni». La TRT è una terapia che si prescrive a persone che stanno affrontando un calo nei livelli di testosterone (per esempio gli uomini di mezza età), e che nello sport può aiutare il rafforzamento delle ossa e lo sviluppo della massa muscolare. Come esempio degli effetti sul fisico di questa terapia D’Souza fa il nome di Robert F. Kennedy Jr., figlio di Bobby Kennedy, un uomo che a 70 anni ha provato a sfidare Biden per le primarie del partito democratico facendo delle flessioni a petto nudo.

Come potrete immaginare, da quando è stato presentato il progetto ha provocato reazioni sdegnate e veementi. La stessa WADA proprio pochi giorni fa ha reiterato la propria condanna, definendo gli Enhanced Games “un concetto irresponsabile e pericoloso”: “Come abbiamo visto nel corso della storia, i farmaci dopanti hanno avuto un impatto fisico e mentale terribile su molti atleti. Alcuni sono morti”. I riferimenti sono molti e sono noti. Uno dei primi conosciuti nello sport moderno è quello di Knud Enemark Jensen, ciclista danese che si accasciò a terra durante le Olimpiadi di Roma del 1960 probabilmente per l’effetto combinato del caldo e di un farmaco eccitante. Un caso citato qualche giorno fa dal presidente esecutivo della commissione per lo sport dell’Australia, Kieren Perkins, proprio per criticare gli Enhanced Games, la cui idea alla base è stata definita «ridicola». Sul progetto è intervenuto addirittura il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha espresso la sua «profonda preoccupazione».

Eppure, per quanto sia difficile crederci, Enhanced Games vuole vendersi come un sistema più attento alla salute degli atleti rispetto ai Giochi Olimpici. Sul sito ufficiale a questo tema è dedicata un’intera sezione, in cui si può leggere che “le Olimpiadi non hanno un programma di controllo della salute obbligatorio” cosa che invece Enhanced Games avrebbe, prima di ogni singola competizione. Ovviamente poco si dice invece di cosa accadrebbe lontano dalle competizioni e soprattutto dei possibili effetti collaterali del doping, che diventerebbero probabili in un ambiente non controllato. Solo facendo una veloce ricerca sulla TRT se ne possono trovare molti, dall’infarto al cancro alla prostata.

Navigando il sito di Enhanced Games, e leggendo le dichiarazioni di Aron D’Souza, si ha le impressione che questo tipo di preoccupazioni siano in secondo piano rispetto agli obiettivi politici del progetto, che puntano a rivoluzionare il sistema olimpico in quanto tale. Nella stessa sezione, per esempio, si mette in dubbio che il regime di controlli anti-doping sia veramente diretto a tutelare la salute degli atleti e che serva più che altro a “garantire la competizione attraverso la minaccia della punizione per coloro che utilizzano gli enhancements” (che forse potremmo tradurre con “potenziamenti”: occhio alle parole utilizzate, anche sul linguaggio ci torneremo).

Il punto, quindi, è più che altro smantellare il sistema di controlli messo in piedi dalla WADA, che viene descritta letteralmente come un’istituzione “orwelliana” e sostanzialmente inefficiente (due aggettivi che possono convivere solo per chi non ha davvero mai letto 1984). Soprattutto: secondo Enhanced Games, la WADA è un’istituzione anti-scientifica. Le sostanze per potenziare le prestazioni ci sono sempre state (sul sito c’è addirittura una linea del tempo interattivo che fa risalire l’utilizzo del doping agli antichi greci e ai vichinghi) e se solo ci facessero studiare e soprattutto usare il doping come vorremmo, lo sport potrebbe proiettarsi in una nuova era sembrano dire. Nella sezione chiamata Science is real per esempio si può leggere che: “Dopo anni di oppressione, stiamo vedendo una reazione contro il dogma anti-scientifico sostenuto dalle attuali istituzioni sportive. Enhanced è qui per liberare la scienza e lo sport da coloro che li vorrebbero in catene”. Il sogno di un doping sicuro e liberalizzato, quindi.

Tutta la retorica rivoluzionaria di Enhanced Games si basa su un’ambiguità di fondo, ovvero sull’assunto manicheo che WADA significhi divieto totale di qualsiasi sostanza e che di conseguenza fuori dalla WADA ci sia la libertà e la salvezza. Non serve conoscere molto l’argomento per sapere che in realtà la discussione (scientifica e politica) non ha questi caratteri biblici e si concentra più che altro su dove porre il limite (quindi su quali sostanze considerare sicure e/o permesse) e su chi deve controllare che questo limite venga rispettato. Se escludiamo la fiducia post-ideologica del capitale occidentale nel fatto che le istituzioni private siano di per sé più trasparenti e giuste di quelle pubbliche - perché bisogna presumere che tutti i controlli, compresi quelli sulla salute degli atleti, verrebbero effettuati da Enhanced Games stessa, quindi da una società privata - Enhanced Games non fa chiarezza su questo e anzi gioca con questa ambiguità, credo volutamente.

Forse l’aspetto più inquietante da questo punto di vista è quello che riguarda il linguaggio, cioè come Enhanced Games vorrebbe che si parlasse di doping. Sul sito ufficiale c’è un’intera sezione dedicata al “linguaggio inclusivo” in cui si spiega che termini quali “enhanced” e “doping” siano stati utilizzati fino ad adesso in maniera discriminatoria e in cui si raccontano “le origini colonialiste del doping”. Si vuole far passare l’idea, insomma, che gli atleti che hanno fatto uso di doping facciano parte di una categoria oppressa al pari degli omosessuali o dei neri, un tentativo di manipolazione che cerca di solleticare lo spirito della contemporaneità in maniera sfacciata e che è francamente inaccettabile, soprattutto alla luce del fatto che molti dei più clamorosi casi di doping facevano parte di programmi di Stato (pensiamo per esempio alla Germania Est o più recentemente alla Russia) - quindi promossi e incentivati, e non esclusi o oppressi dal potere dominante. “È difficile esprimere quanto tutto questo sia post-verità in maniera disorientante”, ha scritto Barney Ronay sul Guardian, ed è difficile dargli torto sentendo le dichiarazioni di Aron D’Souza. «Sono un uomo gay e molto riguardo questo movimento mi fa pensare alla storia e all’accettazione della comunità LGBT», ha detto per esempio annunciando il progetto «Pensate a cinquant’anni fa: essere gay era come essere dopati oggi». Enhanced Games utilizza slogan del femminismo ("il mio corpo, la mia scelta"), promette di pagare di più gli atleti e allo stesso tempo promuove le lotte anti-sistema care alla destra americana: smantellamento delle istituzioni, nessun limite alla libertà, contenimento delle spese "pubbliche" (una parte della critica al sistema olimpico si concentra sui costi esorbitanti per organizzare i Giochi Olimpici).

Se Enhanced Games si propone come un movimento rivoluzionario, viene da chiedersi in cosa consista il sol dell’avvenire. Com’è l’era immaginata da D’Souza e che è lì ad aspettarci se solo abbandonassimo le nostre norme e i nostri pregiudizi sul doping? È il sogno, molto antico per la verità, dell’uomo che supera i limiti che la natura gli ha dato. In cui chissà forse lo "sport umano” si avvicinerà al ciclismo e soprattutto alla Formula 1, dove l’ingegneria per il potenziamento della macchina è però sperimentata direttamente sul nostro corpo. In cui, grazie ai prodigi della scienza, il record sui 100 metri di Usain Bolt diventa un retaggio del passato, in cui quello delle otto medaglie d’oro di Michael Phelps alle Olimpiadi di Pechino diventa alla portata di tutti. Anche - e questo è il cuore di tutto questo progetto - a chi non ha più il corpo che aveva a vent’anni. “In futuro”, si legge sul sito di Enhanced Games “nuove terapie come il trasferimento genico potrebbero rivoluzionare lo sport permettendo agli atleti di migliorare le proprie capacità fisiche a livello genetico. Le nuove scoperte nel campo della longevità potrebbero estendere di decenni la lunghezza della carriera competitiva di un atleta”.

Non solo più veloce o più potente, Enhanced Games sogna un essere umano in grado di rimanere giovane, e quindi competitivo, molto più a lungo di quanto riusciamo ad immaginarci oggi. Sarebbe un sogno o un incubo se Messi fosse ancora nel prime che ha sperimentato durante i suoi anni a Barcellona? «Il punto non è solo se possiamo rompere il muro dei nove secondi sui cento metri: sono sicuro che lo faremo», ha detto D’Souza «Io voglio che a farlo sia una persona di 40, 50 o 60 anni. La medicina della performance è la chiave alla lotta all’invecchiamento, la via verso la fontana della giovinezza». Le parole di D’Souza sono evocative come quelle di un profeta ma hanno una loro connotazione letterale se pensiamo per esempio che la terapia TRT, di cui abbiamo già parlato, è prescritta anche per rallentare gli effetti dell’invecchiamento maschile. Normalizzare il doping, quindi, non tanto (o non solo) per vedere nostro padre battere il record sui 100 metri piani, quanto per togliere gli ostacoli culturali e di conseguenza legali sulla strada della lotta all’invecchiamento.

Sembra una cosa da poco ma in realtà non lo è. Il cosiddetto “business dell’immortalità” - perché il punto è rallentare l’invecchiamento sempre di più fino a farlo fermare - coinvolge già miliardi di dollari e alcune delle persone più ricche del mondo (qui un lungo pezzo del New Yorker, che vi consiglio se volete approfondire). Tra queste anche il già citato Peter Thiel, che ha già messo in programma di essere congelato dopo la sua morte e che dal gennaio di quest’anno ha iniziato a investire milioni di dollari in Enhanced Games. Una parte del suo sforzo finanziario a sostegno della ricerca sul rallentamento dell’invecchiamento, che sogna l’uomo immortale.

Forse ricorderemo questo progetto come un brutto scherzo di un'epoca in cui i due candidati alla Casa Bianca si sfidano a chi è invecchiato peggio, in cui lo sport non riesce a superare la fase superomistica vissuta tra gli anni ’90 e il 2000. O forse il capitalismo californiano trionferà un’altra volta e ricorderemo questi anni come un passato medievale. Il sistema olimpico distrutto, lo spirito decoubertiniano di competizione pacifica tra nazioni dimenticato, e Usain Bolt tornato in pista a sessant’anni per battere il suo stesso record. La mani emozionate che tengono la medaglia d’oro, in sottofondo non più l’inno giamaicano, ma le parole di Forever Young degli Alphaville.

It's so hard to get old without a cause / I don't want to perish like a fading horse / Youth’s like diamonds in the sun / And diamonds are forever.

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