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Fermi tutti, abbiamo già il gol del 2021
01 mar 2021
È stato segnato in quarta serie inglese, ed è da non credere.
(articolo)
8 min
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Fermi tutti, ecco il gol dell’anno! Abbiamo già il vincitore del Puskas Award! Quanto volte nel corso dell’anno sentiamo frasi del genere, e quante velocemente ci dimentichiamo di quei gol che invece, in un certo senso, un premio lo meriterebbero. Sul momento. Qui, ora. Ieri sera, ad esempio. In Serie B, un giocatore che aveva già dato segni di grandezza come Riccardo Meggiorini, giunto ormai alla rispettabile età di 35 anni, ha segnato un gol pazzesco in rovesciata, con un angolo strettissimo, quasi dalla riga di fondo, facendo subito tornare alla mente quello iconico di Djorkaeff segnato contro la Roma il 5 gennaio di 24 anni fa. La giuria della Fifa si ricorderà di questo gol quando si tratterà di fare la lista dei gol più belli dell’anno? E noi, tra quanto ci dimenticheremo – di nuovo – del talento di Riccardo Meggiorini?

Oppure prendiamo il gol “irreale” (definizione del canale YT della Bundesliga) di Nadiem Amiri segnato lo scorso 5 gennaio. Tunnel a un difensore con un controllo alieno, la palla incollata al piede mentre si gira con una piroetta – con un po’ di fortuna, d’accordo – poi tunnel di tacco al portiere che era uscito chiudendogli lo specchio.

Ancora: il gol di Irvin Cardona dello Stade Brestoise, segnato lo scorso settembre. Una sforbiciata volante che sembra uscita da Shaolin Soccer (al replay è ancora meglio). Non è uno dei più gol dell’anno questo? Anzi, non è uno dei più bei gol che abbiate mai visto? Voglio dire, chi cazzo è Irvin Cardona, cosa ha fatto nel resto della sua vita? Voglio sapere tutto!

In questi anni di scrittura sportiva ho descritto, analizzato, ri-raccontato parecchi gol, eppure ogni volta è un piccolo piacere, una piccola gioia. Notare il braccio destro con cui Meggiorini prepara la rovesciata, alzandolo verso la palla come un tennista mentre serve, l’elevazione non altissima ma sufficiente a fargli compiere l’interezza del gesto “in aria” (non come quelle rovesciate dove una mano è già poggiata a terra), la pesantezza con cui colpisce il suolo – quasi posso percepire il dolore che ha provato, sepolto subito dall’ondata di entusiasmo successiva al momento, non immediato, in cui si rende conto di aver fatto un grande gol. Così, è molto bello il momento in cui Amiri perde l’equilibrio, dopo la veronica, e rimette in ordine le idee prima di pensare e fare una seconda cosa pazzesca, calciando di tacco col portiere addosso e la palla da angolare. Cardona vola, letteralmente, mentre si coordina, e il portiere si abbandona sul palo e scivola sulla rete abbattuto dopo aver visto entrare la palla.

Un’altra cosa successa a gennaio. Il critico d’arte americano Jerry Saltz ha scritto un tweet controverso: «Un buon critico d’arte deve mettere sempre qualcosa in più nel lavoro di cui scrive dell’artista stesso. L’artista si limita a creare. Ma il critico deve esplorare quella creazione, scriverne con abbastanza creatività da restituirne tutta l’artisticità e, al tempo stesso, creare qualcosa di bello e chiaro in sé». Il tweet è stato interpretato come “pro critici” e “contro gli artisti”, creando polemiche, Saltz ha cercato di spiegare meglio quello che aveva in mente citando Oscar Wilde, specificando che non intendeva dire che i critici “superano” gli artisti, che l’arte è fatta per restare mentre la critica lascia il tempo che trova. Si è scusato per l’uso della parola “just” (che io ho tradotto con “si limita”) che sembrava alludere al fatto che creare arte fosse facile.

Ma lo stesso Jerry Saltz è stato un artista per un pezzo importante della sua vita, un artista senza dubbio inferiore al critico che è diventato, ed ha persino vinto il Premio Pulitzer per un articolo intitolato: «La mia vita da pittore fallito». Se c’è qualcuno che sa bene quanto sia difficile creare e quanta differenza ci sia tra creare arte e scriverne, cioè, è proprio Jerry Saltz.

Forse però Jerry Saltz avrebbe dovuto soffermarsi maggiormente sul piacere che dà de-scrivere un’opera d’arte, piuttosto che sulle differenze con chi le crea. Ed è secondo me un piacere simile a quello di chi prova a descrivere un gol, cercando di restituirne l’unicità, l’armonia, la potenza visiva e fisica, la difficoltà tecnica, la visione del mondo che deve contenere. Per i calciatori è questione di pochi secondi, di intuizioni che spesso non hanno neanche il tempo di affiorare a un livello cosciente anche se contengono, compressi in un unico gesto, anni di lavoro e tutta la loro personalità. Per chi ne scrive si tratta di guardare e riguardare, di ascoltare i rumori, di comparare nella propria testa quel gesto con tutti i gesti tecnici visti in passato. Infine, è necessario, per il “critico di gol” (mestiere che ho inventato in questo momento), aggiungere qualcosa di proprio. Proiettare la propria visione del mondo senza che contrasti con quella contenuta nel gol stesso e, ovviamente, farlo in un modo che possa rendere il più piacevole possibile l’esperienza per chi legge.

E insomma, qui sotto parlerò del mio gol preferito dell’anno. Per ora. Fino al prossimo gol.

Non sto dicendo che per godere davvero di questi gol siano necessarie queste riflessioni, anzi per molti appassionati e tifosi si tratta di semplici “pippe mentali”, e va bene così. Mi rendo conto anche, però, di non essere l’unico a scandagliare le immagini più o meno sgranate, pixelate, in cerca di qualcosa di “più”, qualcosa che giustifichi l’emozione che proviamo guardando un gol segnato nei quarti di finale di FA Trophy (un torneo per squadre semi-professionistiche inglesi) e che vediamo solo ed esclusivamente grazie ai lunghi tentacoli di internet.

Il gol è di Elisha Sam, attaccante ventiquattrenne, belga di origine israeliana, più spesso riserva che titolare nel Notts County, il quinto club più antico della storia, fondato nel 1862, che però contro l’Oxford City ha segnato una doppietta. Questo è il secondo. A fine partita era più incredulo di noi: «È incredibile, devo dire. Ho visto il cross e….» pausa, Sam chiude gli occhi e fa «ts...» con la lingua. Si vede che sta facendo uno sforzo intellettivo che non ha fatto quando ha dovuto segnare. «Ho visto che non potevo colpirlo di testa, così mi sono detto provo a colpirla così e poi ho visto che l’avevo presa bene e che aveva scavalcato il portiere e nella mia testa sono impazzito».

Giustamente la persona che lo intervistava per il sito del Notts County gli ha fatto notare che il suo linguaggio corporeo era opposto, ha esultato con una posa da statua degna di Cantona, o Ibrahimovic, le braccia larghe e i palmi delle mani aperte, la testa leggermente inclinata e la faccia scocciata, corrucciata, come uno che ha appena fatto cadere le chiavi della macchina nel tombino. «Elisha una domanda stupida», premette ancora l’intervistatore. «È il gol più bello che tu abbia mai fatto?». Sam ride. «Oh sì. Di gran lunga il più bello».

Una cosa eccezionale successa a/fatta da un calciatore normale. Non è esattamente a questo che serve il Puskas Award?

Un altro grandissimo gol di Elisha Sam.

Sam ha specificato che, per quanto non fosse uno schema provato e riprovato in allenamento, è un gol “voluto”. Quando si è messo spalle alla palla, alzando il tacco, sperava proprio di colpirla in quel modo e mandarla verso la porta (come quando ha scavalcato il portiere del Wymouth con un pallonetto di sinistro dal limite dell’area, quasi sulla riga del lato corto a sinistra, con il portiere ben piantato sul primo palo).

Come con la posa successiva, quello che stupisce in lui è la compostezza mantenuta durante l’evento, ed è una cosa che secondo me impreziosisce ulteriormente il piacere di vedere questo gol. Perché la nonchalance di Sam è la stessa con cui, una, due, probabilmente mille volte, ho provato a colpire in vita mia una palla troppo lunga, o un cross che mi passava dietro la schiena come quello all’origine del suo gol. Solo che io personalmente mi sarei accontentato di colpire la palla. Mandarla a pallonetto sotto la traversa non mi ha mai attraversato il cervello.

Quindi non solo Elisha Sam ha il coraggio di eseguire un gesto tecnico che nel 99% dei casi lo avrebbe fatto sembrare un personaggio un po’ ridicolo, magari uno di quegli attaccanti patetici che si sentono Ibrahimovic anche se giocano in una squadra del quarto livello inglese – e chissà quante volte Sam ha provato una cosa di quel livello senza riuscirci - ma lo fa anche mantenendo un atteggiamento da fico, come se quel genere di gol sia per lui all’ordine del giorno.

Ma c’è un altro dettaglio che secondo me dice della reale grandezza di questo gol. Dal punto di vista tecnico – coordinazione, esecuzione, parabola – si tratta di un gol forse meno bello dei tre citati sopra, ma il gesto di Sam è il più imprevedibile e senza senso. Si capisce guardando il portiere dell’Oxford, Ben Dudzinski, che si muove con un ritardo che dipende non tanto da una carenza nei riflessi quanto nei pensieri. È chiaro che finché non vede che la palla gli sta passando sopra la testa non è in grado di immaginare cosa sta succedendo. E dato che quando Sam la colpisce la palla sta dietro alla sua schiena, neanche piccola, c’è un momento in cui Dudzinski non può vederla.

Qualcosa dentro di lui si rompe, un pensiero spezza in due il flusso delle sue riflessioni, delle sue “pippe mentali” – tutte tese a capire da dove può arrivare il prossimo pericolo per la sua porta, perché quello è il suo lavoro – e allora alza le braccia. Ma è troppo tardi.

Sono sicuro che prima di rivederlo, se gli avessimo chiesto come diavolo aveva fatto Elisha Sam a far entrare quella palla, con che parte del corpo l’aveva colpita, Ben Dudzinski non avrebbe saputo rispondere. E quando la sorpresa di Dudzinski si scontra con lo stile da rimorchione, da bello e dannato, di Sam, ha decisamente la meglio. Sam evidentemente non sapeva come reagire, non era preparato per un momento del genere, e quindi fa finta sia un gol quasi normale, non poi così irripetibile. Finge, cioè, di avere le cose sotto controllo. Ma il suo gol all’Oxford City, che non so voi ma io ricorderò almeno fino al prossimo gol fuori dalla norma, è una splendida perdita di controllo e razionalità.

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