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Calcio Nicholas Gineprini 12 gennaio 2017 6'

E se il calcio fosse nato in Cina?

Storia alternativa delle origini dello sport europeo per eccellenza.

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Quando Marco Polo arrivò in Cina si ritrovò di fronte una realtà nettamente più avanzata dal punto di vista culturale e scientifico rispetto a quella Europea, oscurata dal Medioevo. Molte invenzioni, come dighe e ponti in ferro, sorgono in Cina mille anni prima di apparire in Occidente. Mentre i nostri generali bellici iniziavano a ragionare sui cavalli come strumento di guerra, le dinastie cinesi scendevano in campo con schieramenti di carri. La Cina era avanti su quasi tutto, persino nel calcio.

 

Il calcio moderno fu introdotto in Cina nel 1860, a seguito della sanguinosa Guerra dell’Oppio e la conquista di Hong Kong da parte degli inglesi. Fu un periodo aspro e colmo di umiliazioni per il popolo cinese, invaso da ogni angolo dalle forze occidentali, ma l’altra piccola faccia della medaglia, ci dice che quello fu anche un periodo di contaminazioni culturali, con gli inglesi che risalirono la Cina sulla costa orientale, portando l’arte del calcio nei vari porti, come Shanghai e Tianjin, per poi estendersi verso la mainland. Nonostante tutto, negli anni ’20 e ’30 il calcio si sviluppò maggiormente a Hong Kong, assoluto pioniere del calcio asiatico, tanto che la Nazionale della Repubblica Cinese in quegli anni, era rappresentata maggiormente dai calciatori del club dell’ex colonia britannica, il South China Athletic Association.

 

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South China AA.

 

Ma questa è solo la storia per così dire recente perché quel che è inglese è in realtà cinese, e dobbiamo fare un salto indietro di 4500 anni, giungendo nell’epoca dell’impero Giallo di Huangdi, per trovare la prima apparizione del calcio in Cina. A quel tempo, infatti, le truppe militari si cimentavano in un gioco chiamato Tsu Chu, che letteralmente significa “palla calciata con i piedi”.

 

Lo scopo del gioco era quello di calciare un pallone di cuoio, riempito di capelli di donna, in un buco sostenuto da due canne di bambù. Le leggende di quel periodo narrano di come gli sconfitti fossero obbligati a camminare per molti chilometri nel deserto, e chi perdeva la palla era destinato alla morte.

 

Huangdi fu il primo grande imperatore cinese, colui che riuscì a riunire i popoli dell’est permettendo un’omogenea identificazione culturale e sociale. Si tratta di un periodo storico circondato da un’aurea di misticità e leggenda, ovvero l’Epoca dei Tre Augusti e dei Cinque Imperatori. Si narra che prima governarono tre figure mitologiche risalenti all’alba dei tempi, a cui poi ha fatto seguito il periodo imperiale che precede la prima grande dinastia degli Xia (2200 a.c.).

 

Secondo i reperti storici lo Tsu Chu nasce nella provincia orientale dello Shandong, terra di Confucio, più precisamente nella città di Zibo, nella quale oggi sorge l’unico museo nazionale dedicato al calcio nel distretto di Linzi, dove tutto ebbe inizio millenni fa. Nella patria del calcio, nel 2011 è stato anche stabilito un nuovo Guinness World Record. In occasione del Qi Culture Tourism Festival, nella piazza principale della città, si sono radunate 1377 persone fra scolari, studenti e appassionati di sport, desiderosi di battere il vecchio record calcistico detenuto sempre dalla Cina (1062 persone). Lo scopo per ognuno dei presenti era quello di palleggiare un pallone da calcio per dieci secondi, senza mai farlo cadere a terra. Chi falliva nel tentativo veniva sottratto dal risultato finale.

 

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Possiamo quindi considerare Zibo come la culla dello sport più amato del mondo, anche se paradossalmente in questa città attualmente non milita alcuna squadra professionistica, bensì alcune partecipanti alla dispersiva China Amateur Football League. La provincia dello Shandong annovera squadre di spessore, a partire dalla capitale Jinan, con lo Shandong Luneng di Pellè, ultima squadra ad aver trionfato in campionato prima della dinastia cantonese, a cui si aggiungono le rappresentative di Qingdao, la Hollywood cinese, nella quale militano il Huanghai (in China League One, affiliato al Barcellona) e il Jonnon, appena retrocesso nella League Two.

 

 

Un imperatore calciofilo

 

Sul presidente Xi Jinping si dice spesso che sia follemente innamorato del calcio, e che da questa sua passione sia scaturita la grande espansione cinese. Messa così sembra il capriccio di un uomo potente, ma Xi più che di calcio, è innamorato della politica del soft power (cioè l’utilizzo di mezzi non bellici per il raggiungimento di obiettivi diplomatici).

 

Nella storia imperiale della Cina per trovare un imperatore che poneva il calcio come una delle attività principali sotto il suo dominio, dobbiamo risalire alla fondazione della dinastia Han, con Liu Bang, nel 206 a.c. La leggenda sul suo concepimento è curiosa, ricorda la questione dell’Eneide, scritta da Virgilio per celebrare le nobili discendenze di Roma e nascondere la vera origine contadina di quella terra. Secondo gli scritti, la madre di Liu sognò durante il riposo pomeridiano una creatura mistica: il cielo si oscurò improvvisamente e un tuono colpì la casa. Suo marito si recò subito nell’abitazione per ritrovare la sua donna circondata da un’aurea che assumeva la forma di un drago. Dopo pochi giorni scoprì di essere incinta. Origini divine, insomma, ben più nobili di quelle che la natura terrena gli aveva concesso: la famiglia di Liu, infatti, apparteneva alla classe contadina dello Jiangsu.

 

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Quando divenne imperatore, Liu Bang fece costruire campi da calcio attorno alla sua residenza imperiale. Le leggende narrano che fosse follemente innamorato di questo sport, e che giocò un ruolo sociale importante nel corso dell’intera dinastia Han, tanto che un reperto del 50 d.c. conservato a Monaco, attesta l’introduzione della pratica sportiva anche in Giappone, e la disputa dei primi incontri internazionali. Prima con Liu Bang e successivamente con l’imperatore Wudi, le regole dello Tsu Chu furono canonizzate e raccolte in documenti ufficiali. Da lì si possono identificare due tipologie di gioco: lo zhuqiu e il baida. La prima è la versione competitiva, nella quale si vinceva segnando più gol, con squadre composte dai dodici ai sedici elementi e la tipologia di porta che poteva variare, dal classico buco sorretto dalle canne di bambù a frazioni di muro. Le partite erano organizzate a corte in occasione di eventi diplomatici. Il baida invece era una pratica per giocolieri, nella quale non si dava importanza al numero di gol segnati, bensì allo stile messo in mostra.

 

 

La prima Coppa e il declino

 

Come la storia moderna del calcio ci insegna, il torneo più antico è l’FA Cup, la cui prima edizione si è disputata nel 1872, con la finale giocata il 16 marzo, con i London Wanderers, che prevalsero per 1-0 sui London Engineer. In Asia il primo torneo ufficiale è stato la Duran Cup in India nel 1888, mentre in Cina, più precisamente ad Hong Kong, il Challenge Shield si è disputato nel 1898. Ma se proprio vogliamo essere pignoli la prima competizione calcistica ufficiale è stata la Qin Yun She, disputata durante la dinastia Song (960-1279 d.c.). Lo Tsu Chu divenne una pratica professionale: da una parte vi erano gli atleti che si esibivano a corte, dall’altra i cittadini che si guadagnavano da vivere con la pratica sportiva nei propri villaggi o nelle città.

 

La Cina e lo Tsu Chu conobbero il grande declino durante gli anni della dinastia Ming, a seguito di un periodo di aspre guerre su più fronti. Il potere imperiale fu sovvertito dall’ennesimo colpo di stato e dall’instaurarsi della dinastia Qing nel 1644. È in quest’ultimo capitolo dell’era imperiale che lo Tsu Chu si dissolve, dato che la pratica non rispettava i canoni dell’antica filosofia confuciana, che divide verticalmente e in maniera molto rigida le classi sociali. Con il potere dello sport, un contadino abbastanza abile poteva avere la meglio su un funzionario del governo, e questo fatto era ritenuto inammissibile. Confucio sottolineava infatti il rispetto per l’autorità superiore, sia in ambito sociale, che familiare, concetti sottolineati da quella che è la Pietà Filiale. Questi aspetti tornati in voga nella Cina odierna, che oggi riscopre i valori della dottrina confuciana.

 

 

Un altro parametro fondamentale del confucianesimo è quello dell’autodisciplina, per cui molto raramente troverete cinesi che prendono iniziative personali che possano scavalcare l’autorità del superiore. Lo sport doveva dunque essere inteso come espressione di una disciplina ferrea, che inducesse l’individuo all’obbedienza. Per questo, dopo la Guerra dell’Oppio e la contaminazione della cultura occidentale, le autorità cinesi accettarono di buon grado l’introduzione di una metodologia di allenamento militare di stampo europea nelle scuole.

 

 

Kemari

 

Se lo Tsu Chu competitivo, ovvero lo Zhuqiu sparì gradualmente, mantenne una propria importanza sociale il Baida, la versione da giocolieri, che trovò una seconda giovinezza in Giappone sotto il nome di Kemari. Siamo nel 600 d.c., durante il regno della famiglia Yamato.

 

Era una disciplina che veniva riservata all’ambiente della corte imperiale e della nobiltà. Una volta consolidato nella cultura popolare, il Kemari venne standardizzato nelle tecniche e nelle dimensioni dei campi. Le regole, inoltre, a partire dal XIII secolo, furono codificate in vari trattati. Il campo di gioco era particolare, un piccolo rettangolo nel cortile di un palazzo, con un albero differente ad ogni angolo.

 

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Anche in questo caso gli imperatori non si lasciavano sfuggire l’occasione per mettersi in mostra. Nel suo diario Gotoba (1180-1239) annotò di aver partecipato, nel 1204, ad una partita in cui fu raggiunto il punteggio di 980, e in un secondo tentativo, della stessa partita, addirittura i 2000 punti. Il Kemari si conservò fino al 1900, quando anche nella terra del Sol Levante fecero il loro ingresso gli sport occidentali.

 

Gli inglesi non hanno avuto il merito di aver inventato il gioco del calcio, dato che in ogni epoca, dai greci ai maya ai romani, vi sono stati sport giocati con una palla da calciare. Nel calcio, come in altri aspetti più grossi della storia, dovremmo provare ad avere un atteggiamento meno euro-centrico. Diciamo che la Corona, tramite la propria opera di colonizzazione, ha fatto conoscere al mondo quella che è la propria versione del calcio, che oggi pratichiamo e guardiamo.

 

 

Tags : cina

Nicholas Gineprini è nato a Urbino nel 1991, laureato in Chimica Farmaceutica, ha già appeso il camice al chiodo. Autore del libro "Il sogno cinese: storia ed economia del calcio in Cina", gestisce il sito Calcio8Cina.it. Lavora nella cooperazione bilaterale fra Italia e Cina.

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