di Dario Ronzulli (@DaRonz82)
Sin da quando la Croazia si è presentata da indipendente al mondo del basket, le sfide contro i balcanici per l’Italia sono state un ostacolo insormontabile. Ce le hanno suonate dal pre-olimpico di Barcellona ‘92 – quella era la Croazia di Drazen Petrovic che arrivò seconda dietro il Dream Team, va detto – all’Europeo 2013, spesso eliminandoci negli scontri senza un domani.
Il concetto di bestia nera era dunque perfettamente calzante alla vigilia del match: gli azzurri, di contro, potevano puntare sul fatto che l’ultimo e unico successo in competizioni ufficiali fosse arrivato ad EuroBasket ‘97 con in panchina… Ettore Messina. Messi da parte i precedenti, quello che la stretta attualità ha detto è che questa Italia Messiniana 2.0 ha superato brillantemente l’empasse emotivo dell’esordio, ha sfruttato al meglio la verve di Belinelli e Hackett e ha tratto dalla difesa la linfa vitale per scacciare i fantasmi della storia e concedersi una semifinale più agevole. La partita non è stata spettacolare ma “in gare come queste non c’è spazio per lo showtime” (Messina dixit). Però possiamo seguire la corrente di pensiero secondo cui una buona difesa vale il prezzo del biglietto: soprattutto nel secondo tempo il sacrificio, la mobilità fisica e la disponibilità ad aiutarsi di ogni singolo azzurro è servita per vincere e per eccitare il pubblico del PalaAlpitour, più vivo oltre che più numeroso rispetto alla sera precedente.
La Croazia ha avuto pochissimo da Hezonja condizionato dai falli, poco da Saric – che in un momento del secondo quarto ha comunque fatto quello che voleva contro Melli -, niente da Ukic e Bilan. Dopo un primo tempo da immarcabile, Bogdanovic è calato nella ripresa passando da 6/11 a 3/12 dal campo, anche perché non poteva cantare e portare la croce per 40 minuti. Era peraltro già successo in passato – con Marc Gasol ad Euro ‘13, con Dennis Schröder ad Euro ‘15 – che contro una squadra uguale o superiore questo gruppo “lasciasse” che un singolo giocatore si caricasse sulle spalle tutto o quasi il peso dell’attacco, mettendo fuori partita gli altri. Una tattica che ha sempre pagato dividendi. Tornando ai croati, Petrovic si è ritrovato con gli uomini contati a cui appigliarsi per girare una sfida condizionata anche dal nervosismo in cui i croati sono caduti nel secondo tempo.
A meno di un upset che definire clamoroso sarebbe riduttivo, oggi la Grecia batterà il Messico mandando i centroamericani a sfidare l’Italia in semifinale. Non una gara impossibile, ecco. In assenza di Gustavo Ayon, un paio di cose interessanti i messicani le hanno fatte vedere: ad esempio dopo rimbalzo offensivo o dopo palla recuperata cercano subito la transizione per non attaccare la difesa schierata; oppure la capacità di Francisco Cruz Saldivar di produrre tanto in attacco uscendo dalla panchina. Cruz ha giocato la scorsa stagione nel VEF Riga: un messicano in Lettonia è una cosa che neanche i maniaci dei giochi manageriali avrebbero mai pensato.
Nuovo idolo: Lorenzo Mata, centro del Messico e poliziotto cattivo in qualche serie TV pic.twitter.com/kAK2KX0pau
— Dario Ronzulli (@DaRonz82) July 5, 2016
E poi c’è lui: 37% ai liberi a UCLA nella stagione di poca grazia 2006-2007
Tutto bello, tutto affascinante, tutto rispettabile. Però onestamente nulla da impensierire l’Italia sulla strada per Rio. Per di più con due giorni di riposo per Datome e compagni. Faranno perdere il ritmo partita? Serviranno a recuperare energie? La seconda che hai detto (cit.)