
Sono giorni che su X, dopo la finale di Wimbledon, spopola un video in cui Mats Wilander e Yannick Noah si contendono la finale del Roland Garros 1983. I ritmi sono piuttosto bassi, almeno all’apparenza della visuale schiacciata con cui noi possiamo ammirare il tennis, e la didascalia che accompagna il video è un'eloquente emoji del clown.
La partita verrà vinta da Noah, l’ultimo Slam vinto da un tennista francese nel singolare maschile, in tre set contro Wilander, e nonostante Noah fosse un tennista spettacolare, dedito al serve and volley, nel video i due giocano lentamente, tra pallonetti e tagli, che li fanno sembrare due “pallettari” per gli standard moderni. Questo breve highlights è stato preso come riferimento per demistificare l’aura del tennis passato, nell’eterno dibattito per cui il tennis moderno è solo sparapalline e invece prima si giocava il “tennis migliore”, oppure l’altra campana per cui i tennisti di ieri giocavano a un ritmo lento e che verrebbe imbarazzato dai tennisti moderni.
Come sempre, ci sono verità in entrambi i punti di vista (e la sottovalutazione della carriera di Wilander meriterebbe un capitolo a parte), ma l’evoluzione del tennis continua inesorabile anche a livello tecnico. E se abbiamo assistito alla progressiva sparizione del rovescio a una mano, pilastro del tennis per i suoi primi 80-90 anni di vita, perché non stiamo assistendo alla nascita di tennisti con due dritti? La faccenda è complicata.
Innanzitutto, perché possiamo parlare di questa specifica tecnica? A livello ATP non c’è nessun tennista nella top200 attuale che possiede un tratto del genere. A pensarci, in uno sport che viaggia sempre più verso la sua ottimizzazione sembra sensato impostare un tennista con due dritti.
Il dritto, proprio per la sua meccanica, è un colpo che nella sua versione migliore è capace di esprimere una buona differenza di velocità rispetto al miglior rovescio, quindi ha senso pensare che in un’ottica di costruzione di un giocatore si possa impostare un tennista, specialmente ambidestro, con due dritti. Sempre un video fece scalpore qualche anno fa, quello dell’ex allenatore di Serena Williams, Patrick Mouratoglou, che incontrava e parlava di un ragazzino prodigio bulgaro-americano, Teodor Davidov, in grado di poter giocare due dritti in maniera naturale.
Il giovanissimo Davidov, nato a Sofia ma trasferitosi in Florida a quasi due anni, è un “prodotto in laboratorio” del tennis moderno, seguendo quell’ottica di efficientamento di cui si parlava prima. Allenato dal padre, è stato proprio lui a decidere che il figlio dovesse giocare due dritti, da un lato per allenare tutti e due i lati della corteccia cerebrale, dall’altro notando come il figlio fosse a suo agio con entrambi i lati.
«È stata un'idea di mio padre. Voleva innanzitutto migliorare la mia coordinazione, ma ha notato che il mio dritto mancino [lui è destro, ndr] non era poi così male. Così abbiamo iniziato ad allenarlo sempre di più». Davidov è diventato una piccola star sui social per questa sua caratteristica, con 30.000 follower, ma il giovane bulgaro, in grado di giocare a piacimento anche due rovesci (a una mano o due) e il servizio da mancino è un fenomeno esotico o è davvero il futuro del tennis?
A livello giovanile i risultati di Davidov, forse il tennista più talentuoso di sempre a iniziare con questa tipologia tecnica, sono stati abbastanza buoni anche se non davvero eccezionali. Tra i migliori americani under12, crescendo, ha perso negli ottavi del prestigioso torneo giovanile Les Petits As nel singolare e vincendo in coppia con Ahmad il doppio. In fin dei conti dei buoni risultati, se si considera anche che Davidov (da sotto età di due anni) è il numero 48 del ranking U16 americani e il numero 696 Junior, dove però bisogna ricordare è solo 14enne e ha già un bilancio di nove vittorie e cinque sconfitte in eventi ITF.
In sostanza un buon giovane anche se non esattamente un predestinato; limitato anche in parte dal suo fisico ancora veramente minuto e da un tennis capace di produrre punti spettacolari ma ancora molto lontano da una sua solidità. Tutte cose normali a 14 anni, ed è difficile predirre che futuro avrà un tennista così giovane, ma al netto della sua particolarità tennistica c’è un ostacolo molto banale per l’affermazione di un tennista con un gioco così peculiare, ovvero quella cosa vaga che consideriamo "il talento tennistico in sé".
D’altronde se il doppio dritto non è stato popolarizzato nelle scuole di tennis di tutto il mondo i motivi ci sono, e sono tutti biomeccanici. Il tennis è uno sport tradizionalista ma al contempo non si è mai tirato indietro rispetto alla non-ortodossia dei colpi (abbiamo tutti presente Daniil Medvedev) e all’abbandono in generale di una determinata forma di gioco. Con il cambio dei materiali e il fisico sempre più potente e resistente dei tennisti si è passati dal serve&volley tradizionale al power tennis moderno, e anche l’evoluzione del rovescio, già citata, è un segnale di come se una cosa funzioni le scuole tennis non si fanno troppi problemi a impostare i giovani seguendo il nuovo meta tennistico.
Uno dei primi problemi dell’avere un dritto sul lato non-dominante si vede già dal video di Davidov in un contesto competitivo, per cambiare da dritto a rovescio “basta” mettere la mano sopra al manico della racchetta nel modo tradizionale (e nel rovescio a due mani), mentre nel caso del doppio dritto implica il dover cambiare da una mano all’altra in una frazione di secondo. E in uno sport in cui una frazione di secondo fa la differenza tra una carriera in top100 e una in top1000 questo pesa tantissimo.
Lo stesso problema è in risposta, e lo vediamo già con un cambio più naturale come quello sul rovescio a una mano (sempre più debole in risposta nel tennis moderno), figuriamoci su un cambio in cui è naturale a livello biomeccanico perdere una frazione di secondo in più rispetto al rovescio a una mano. In difesa soprattutto, dove infatti anche nel video (facendo la tara ai limiti di Davidov) si vede come gli errori fiocchino quando deve difendersi con il dritto sul lato sinistro, mentre ormai nel circuito è diventato naturale difendersi con il rovescio in open stance senza perdere mai campo.
Per ora i risultati di Davidov sono ottimi anche se non eccezionali, ma le velocità di palla di un junior (specialmente in risposta) sono imparagonabili a quelle che affronterà anche solo a livello ITF. Il suo ambidestrismo totale potrebbe permettergli di tornare senza troppi problemi a un rovescio convenzionale, ma a quel punto si perderebbe il senso di Davidov come brand (non che importi!) e sarebbe l’ennesima dimostrazione della difficile fattibilità del doppio dritto nel tennis professionistico. E l’ironia della sorte è che in questo momento due dei cinque migliori ITF Junior sono due ragazzi bulgari, il numero uno Ivan Ivanov e il numero quattro del mondo Alexander Vasilev, entrambi però tennisti “convenzionali”.
E qui torna la questione del talento. Di base è già difficilissimo impostare un tennista con due dritti, servendo ambidestrismo puro, e lo è ancora di più sviluppare un tennista forte in tutti i casi. Il doppio dritto può creare un vantaggio da un punto di vista tattico, ma è meglio avere un ottimo rovescio di un secondo dritto, se il doppio dritto non è abbastanza forte da creare il vantaggio posizionale che genera il dritto di un mancino, come è successo al destro Nadal, impostato dallo zio Toni come mancino. Senza contare che lo sviluppo in sé dei due colpi, indipendente l’uno dall’altro, è estremamente difficile specialmente nel lato non dominante.
Una soluzione ottimale potrebbe essere usare il dritto da sinistra quando si mettono i piedi in campo, come palla di chiusura su colpi che arrivano più lentamente e permettono di preparare bene il dritto. In quel caso però già oggi ci si gira sul dritto per giocare l’inside-out o l’inside-in, e preparare un secondo dritto solo per un’eventualità del genere non è economico nella costruzione di un tennista.
Un professionista “alla Davidov” ci è già stato nel circuito, il coreano del sud Cheong-Eui Kim. Classe 1990 e già possessore di punti ATP a 14 anni, il coreano è stato un ragazzo prodigio come Davidov anche se fino ai 21 anni giocava un tennis convenzionale. Nel 2011 arriva, a causa di un infortunio, la decisione di iniziare a giocare il dritto e il servizio da entrambi i lati, una scelta che ha pagato portandolo dal numero 800 del mondo al best ranking di 296. Buoni risultati ma che dimostrano comunque l’efficacia limitata per ora di questa tipologia di tennista.
Un altro esempio è agli albori del tennis, con l’italiano Giorgio De Stefani arrivato al numero 6 del mondo ma in un tennis imparagonabile all’attuale. Non con due dritti ma ambidestro completo l’americano Luke Jensen, giovane promessa juniores che però a livello ATP si è concretizzato solo nel doppio con il fratello Murphy, e in grado di servire a oltre 200 km/h (e occasionalmente di toccare a rete) sia da mancino che da destro. Forse il più vincente di questa nidiata in era Open, con uno Slam vinto in doppio al Roland Garros in coppia con il fratello.
Da segnalare anche la curiosa racchetta di Brian Battistone, dal manico doppio e che gli permette di emulare in maniera più rapida la dinamica del doppio dritto. Un tennista di culto non solo per questo bizzarro attrezzo prodotto dal suo allenatore ma anche per il movimento del suo servizio, più simile alla battuta della pallavolo e in cui Battistone cambia mano a metà del salto.
Il paradosso è che, per quanto apparentemente meno efficiente, nel tennis sono molto più diffusi (e vincenti) i tennisti con due rovesci, anche se si può tranquillamente chiamare il secondo rovescio come un dritto-a-due-mani. Soprattutto nel tennis femminile, dove troviamo due campionesse Slam come Marion Bartoli e Monica Seles, e un’ottima tennista sia in doppio che in singolo come Su-Wei Hsieh. Non mancano gli esempi nel maschile, tra Fabrice Santoro e l’ex numero 12 del mondo Hans Gildemeister, che negli anni ‘80 giocava il dritto con due mani. Tutti tennisti che hanno raggiunto risultati incomparabili rispetto alla controparte con due dritti.
Una differenza di risultati che si spiega già a livello tecnico, se il rovescio di base è più lento rispetto al dritto con un rovescio a due mani si annulla il problema del cambio mano e soprattutto dello sviluppo di un dritto mancino, molto più difficile da sviluppare. Tutto questo a scapito di una perdita di velocità sul lato del dritto a due mani, ma con il bonus di un maggiore controllo e una generale solidità del colpo. Molti dei citati tra l’altro sono stati in grado di usare con efficacia lo slice a due mani, altra anomalia, generando palle scomodissime. In particolare Su-Wei Hsieh e Santoro, due tennisti temuti da tutto il circuito proprio per la loro imprevedibilità e l’estremo controllo della pallina da entrambi i lati (anche lì però è una questione di talento, come sempre nel tennis, e non solo).
Se poi in futuro nascerà un giocatore con due dritti dotato di un talento da professionista di altissimo livello non è detto che proprio il secondo dritto sarà la sua caratteristica migliore...