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Dove può migliorare l'Italia di Roberto Mancini
09 set 2019
09 set 2019
Cosa funziona e cosa deve migliorare la Nazionale italiana.
(articolo)
9 min
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L’Italia di Roberto Mancini in questi giorni affrontava le due avversarie che si sono rivelate le più temibili del girone, ovvero Armenia e Finlandia. Le ha superate brillantemente, gestendo le assenze di Chiellini, Insigne, oltre a quelle di De Sciglio, Pavoletti e Zappacosta - senza contare la rinuncia per scelta disciplinare di Kean e Zaniolo. Le assenze non hanno impedito a Mancini di proseguire sulla strada intrapresa per la Nazionale, una squadra ormai con un’identità ben precisa, caratterizzata dalla ricerca del dominio del possesso, che utilizza parecchi strumenti tattici del gioco di posizione e che prova a recuperare il pallone difendendo in avanti e pressando gli avversari. Le due vittorie hanno confermato la bontà del lavoro del tecnico, ma hanno anche evidenziato alcuni aspetti del gioco e dei calciatori su cui è necessario continuare a lavorare con particolare attenzione.

La qualità delle ricezioni tra le linee

Contro l’Armenia, l’Italia ha schierato il suo ormai consueto 4-3-3 che, in fase di possesso, cambiava in una sorta di WM asimmetrico. Il terzino destro Florenzi affiancava Bonucci nella linea arretrata a 3 di costruzione, mentre Barella e Bernardeschi occupavano i mezzi spazi davanti a Verratti e Jorginho, spostandosi dalle loro posizioni iniziali di mezzala destra ed esterno sinistro. L’ampiezza era infine presa da Chiesa a destra e da Emerson Palmieri a sinistra, che avanzava nello spazio lasciato libero da Bernardeschi.

Barella si alza, Bernardeschi entra dentro al campo, occupando gli half-spaces e formando un quadrilatero di possesso al centro del campo con Verratti e Jorginho. Emerson Palmieri si alza per occupare l’ampiezza a sinistra.

Mancini vuole dominare il possesso con il doppio play, Verratti-Jorginho, aiutato dai tre difensori. Questo dominio deve poi essere efficace occupando più avanti tutti i corridoi verticali del campo, giocando nei mezzi spazi e allargando le maglie difensive coi due giocatori schierati in ampiezza. La bontà di questo sistema di gioco sta nella sua capacità di controllare davvero il match utilizzando il possesso palla sia come arma offensiva che come strumento preventivo delle ripartenze avversarie. Ma dipende anche dall’abilità a sfruttare le ricezioni nei mezzi spazi, o, in alternativa, quelle in ampiezza.

Contro l’Armenia il sistema ha mostrato in maniera evidente alcuni scompensi già emersi in altre occasioni. Per tutto il primo tempo Mancini ha scambiato la posizione di Bernardeschi e Chiesa, invertendo la fascia di partenza dei due giocatori. Al cambio di fascia coincideva un cambio di funzioni, visto che l’esterno destro doveva garantire ampiezza alla manovra, mentre l’esterno sinistro entrava dentro al campo a giocare nella zona di rifinitura. I continui aggiustamenti di Mancini lasciano trasparire l’insoddisfazione del tecnico per il rendimento di Chiesa e Bernardeschi, soprattutto nella cruciale posizione della trequarti. Lo juventino ha evidenziato difficoltà nell’assumere la corretta postura nelle ricezioni alle spalle del centrocampo avversario, cancellando con un primo controllo quasi mai orientato bene, i vantaggi posizionali ottenuti dai passaggi taglia linee provenienti da dietro.

Le difficoltà di Bernardeschi sono state accentuate dalla posizione di centro-sinistra che, a differenza di quella sul lato opposto del campo, non ha permesso al giocatore di ricevere sul piede forte, guardando un’ampia porzione di campo davanti a sé. La cattiva qualità delle ricezioni hanno limitato le scelte e impoverito la qualità delle giocate successive di Bernardeschi. Non migliore è stata la prestazione di Chiesa quando impegnato a ricevere nell’half-space di sinistra. Le sue giocate successive alla ricezione si sono limitate alla solita conduzione palla al piede e testa bassa nel traffico della difesa armena, di certo meno efficaci allo svolgimento della manovra.

I pericoli maggiori per la porta dell’Armenia non sono pertanto arrivati dal gioco interno dell’Italia, ma con maggiore frequenza dagli attacchi in ampiezza, in particolare dalla fascia sinistra con Emerson Palmieri, che con un suo cross ha generato il gol del pareggio di Belotti.

La transizione difensiva

Collegata in una certa maniera alla scarsa qualità del gioco nelle trequarti avversaria sono le difficoltà mostrate dall’Italia in fase di transizione difensiva. Con tanti uomini sopra il pallone e una costruzione bassa che prova, specie coi due interni, ad attirare la pressione avversaria per liberare spazi alle sue spalle, la gestione del possesso diviene un aspetto fondamentale per la transizione difensiva. Ciò è ancora più vero perché l’Italia schiera in mezzo al campo due giocatori come Jorginho e Verratti, abili a difendere in avanti, ma in difficoltà nelle fasi di difesa statica o correndo all’indietro. Il gol subito da Karapetyan è un esempio della necessità per il gioco di possesso dell’Italia di mantenere un equilibrio posizionale nello schieramento in fase d’attacco e di evitare di perdere il pallone aprendo il fianco ai contrattacchi avversari.

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Verratti e Jorginho sono entrambi sopra la linea del pallone e Chiesa sbaglia il passaggio verso Barella. Anche se la palla viene persa a 70 metri dalla propria porta si apre lo spazio per un lungo due contro due in campo aperto che conduce al gol dell’Armenia.

Le difficoltà in transizione difensiva non sono certo diminuite nel secondo tempo, giocato interamente con l'Armenia in inferiorità numerica. Nella ripresa, con l’obiettivo di sfruttare il vantaggio numerico, Roberto Mancini ha accentuato la ricerca del gioco alle spalle del centrocampo avversario, alzando contemporaneamente i due terzini e stringendo anche l’esterno destro in mezzo al campo, occupando con un uomo in più la zona alle spalle del centrocampo avversario e aumentando quindi di un’unità il numero di giocatori sopra la linea del pallone. Proprio per questo, senza avere vantaggi evidenti in fase di possesso palla, l’Italia si è trovata a soffrire in transizione difensiva i lunghissimi break palla al piede in particolare di Hohvannisyan e di Mkhitaryan.

La partita contro la Finlandia

La squalifica di Verratti e le condizioni di forma di alcuni giocatori hanno indotto Roberto Mancini a operare cinque cambi per la partita di Tampere contro la Finlandia. Al posto del centrocampista del PSG è stato impiegato Stefano Sensi, mentre in difesa Florenzi e Romagnoli sono stati sostituiti rispettivamente da Izzo e Acerbi. Più avanti Lorenzo Pellegrini è stato impiegato nella zona di centro sinistra al posto di Bernardeschi e Ciro Immobile ha preso il posto di Belotti al centro dell’attacco. Dopo soli 8 minuti, però, l’infortunio di Emerson Palmieri ha costretto Mancini a inserire Florenzi al posto del terzino sinistro del Chelsea.

Come nella partita d’andata il CT finlandese Markku Kanerva ha schierato la sua squadra con uno stretto 5-4-1 con l’obiettivo di proteggere il centro del campo e marcare, con le uscite decise dei terzi di difesa, i trequartisti italiani. La strategia difensiva di Kanerva ha funzionato abbastanza bene nella prima mezz’ora, perdendo però progressivamente di efficacia con il tempo, grazie anche alla maggiore imprevedibilità donata alla Nazionale italiana dalla mobilità di Stefano Sensi.

La disposizione in campo in fase di possesso palla dell’Italia non è stata troppo dissimile da quella delle altre partite, con Pellegrini che partendo da sinistra entrava dentro al campo lasciando l’ampiezza al terzino sinistro, mentre, dall’altro lato, Chiesa rimaneva largo e Barella si muoveva in verticale. Tuttavia, rispetto alla prestazione fornita da Verratti, più focalizzata sulla fase di costruzione della manovra, Sensi ha regalato un’interpretazione più verticale del ruolo di mezzala di possesso, allontanandosi maggiormente da Jorginho per inserirsi, arrivando da dietro, nella zona della trequarti. Contro l’Armenia, Verratti e Jorginho hanno scambiato il pallone tra loro per ben 43 volte, mentre, nella partita contro la Finlandia, Sensi ha scambiato la palla con il proprio mediano per 19 volte, un numero decisamente inferiore. Sensi ha però tentato 6 dribbling, il doppio di quelli di Verratti, ma, soprattutto, è giunto 5 volte al tiro, in un paio di occasioni con estrema pericolosità, mentre il centrocampista del PSG ha calciato in porta solo una volta con un tiro dai 25 metri.

Il consueto schieramento offensivo dell’Italia con 4 giocatori alle spalle del centravanti Belotti a coprire tutti i corridoi verticali del campo. Alle loro spalle, Sensi si muove però in verticale, e non affianca Jorginho, ma si muove in avanti regalando un’ulteriore linea di passaggi avanzata.

La maggiore mobilità del centrocampo azzurro ha donato imprevedibilità alla fase offensiva azzurra, che ha beneficiato anche delle doti tecniche di Lorenzo Pellegrini nel mezzo spazio di sinistra. La tattica difensiva di Kanerva ha funzionato discretamente, ma non ha potuto impedire che l’Italia tirasse ben 24 volte.

2.2 xG (incluso il rigore) per l’Italia e una pass-map che certifica la zona di influenza più avanzata di Stefano Sensi rispetto a quella di Marco Verratti.

Ancora una volta, il gol subito dall’Italia prova che per gli azzurri rimane fondamentale gestire bene il possesso palla anche per le ridotte doti difensive correndo all’indietro dei suoi centrocampisti, come l’ingenuo fallo di Sensi su Teemu Pukki ha dimostrato.

Il futuro dell’Italia di Roberto Mancini

Il brillantissimo cammino nel girone di qualificazione ha quasi regalato la fase finale degli Europei all’Italia di Roberto Mancini, a cui adesso manca solo una vittoria per ottenerla definitivamente. I risultati ottenuti sono accompagnati dalla costruzione di un’identità tattica definita e riproposta con costanza partita dopo partita. La bontà del lavoro fin qui svolto dal tecnico azzurro, però, non deve far dimenticare che la squadra ha ancora grossi margini di miglioramento. Il calcio di possesso ricercato dalla Nazionale è finalizzato a cercare delle ricezioni alle spalle del centrocampo avversario, da agevolare con la creazione di spazi attraverso il fraseggio insistito tra difensori e centrocampisti.

Certo, la manovra non è ancora immune da una certa meccanicità e, come nel caso delle prestazioni di Bernardeschi e Chiesa contro l’Armenia, talvolta i calciatori non riescono a interpretare bene lo spartito proposto e la pericolosità della squadra negli ultimi 30 metri può decisamente risentirne. Le prestazioni di Sensi e Pellegrini, regalando imprevedibilità alla manovra offensiva e qualità al gioco tra le linee, hanno limato alcuni di questi difetti nella partita contro la Finlandia, sottolineando anche come, specie nelle Nazionali, la scelta degli interpreti rimane un fattore decisivo.

Sarà interessante seguire il percorso tattico di Stefano Sensi nell’Inter di Conte, la posizione in campo in cui verrà impiegato Pellegrini nella Roma di Fonseca e il ruolo assegnato a Bernardeschi da Sarri, che ne ha auspicato una specializzazione per definirne una volta per tutte ruolo e funzioni.

L’altro grosso margine di miglioramento riguarda la transizione difensiva, direttamente collegata alla qualità della circolazione del pallone e alla bontà del gegenpressing degli azzurri. Le caratteristiche degli interni della Nazionale rendono necessario, pena la vulnerabilità, minimizzare il numero di palloni persi in fase di costruzione e curare, anche con un opportuno scaglionamento preventivo in fase di circolazione del pallone, le fasi di riaggressione immediatamente successive alla perdita del possesso.

Fortunatamente i successi già ottenuti e la qualificazione praticamente già acquisita lasciano a Mancini il tempo e la tranquillità per rifinire l’ottimo lavoro già svolto in vista degli Europei del prossimo anno.

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