Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Berardi ha capito come sfruttare il proprio talento?
14 ott 2019
14 ott 2019
Berardi sta disputando un grande campionato, ma il motivo non sono i gol.
Dark mode
(ON)

Con la vittoria contro la Grecia all’Olimpico, l’Italia si è qualificata al prossimo Europeo. Al momento del raduno Roberto Mancini ha avvisato che in lizza per un posto nella competizione ci sono i giocatori chiamati da lui negli ultimi mesi: «Chi andrà all'Europeo è qui». Nonostante l’ottimo inizio di stagione, Domenico Berardi non è stato convocato e quindi a meno di ripensamenti di Mancini dell’ultima ora, in teoria non andrà al prossimo Europeo. Berardi è uno dei quattro Under-25 ad aver superato i 50 gol in uno dei cinque maggiori campionati europei, eppure conta solo 5 presenze in Nazionale.

È entrato nel giro della Nazionale maggiore già nel 2015, quando aveva 21 anni. Antonio Conte lo aveva chiamato per le ultime due gare di qualificazione all’Europeo, ma un riacutizzarsi di un dolore al piede lo spinse a lasciare il ritiro.

Bisognerà aspettare l'arrivo di Ventura per vedere Berardi, che però non verrà fatto esordire in una partita ufficiale: mentre l’Italia si trova priva di talento offensivo per poter segnare almeno un gol alla Svezia nello spareggio per il Mondiale 2018, lui non è neanche convocato. Scriveva in quel periodo Flavio Fusi: «A guardarlo giocare negli ultimi tempi, è quasi impossibile non essere attraversati da un sentimento di malinconia, immaginando ciò che poteva essere e non è stato. Non che un giocatore nato nel 1994 sia da considerarsi finito, tutt’altro, ma il progetto di campione nato a Cariati, scoperto su un campo di calcetto e svezzato dal Sassuolo e da Di Francesco sembra lontano dal realizzarsi».

Ci vuole Roberto Mancini per vedere Berardi esordire: il 1 giugno 2018 contro la Francia a Nizza. Berardi ha 23 anni e già 5 stagioni in Serie A da titolare alle spalle. Ha già l'aria del giocatore in declino: nell’ultima stagione ha segnato 5 gol (di cui 2 su rigore) e fornito 5 assist, numeri non all’altezza delle aspettative. Come si fa a peggiorare a quell'età?

L'ultima gara di Berardi in azzurro risale al 20 novembre dello scorso anno: Roberto Mancini gli ha fatto giocare un'oretta nell'amichevole vinta dalla Nazionale 1-0 contro gli Stati Uniti a Genk. Qualche giorno dopo Berardi si è detto più che soddisfatto dell’andamento della sua carriera: «Se mi avessero detto che a 24 anni avrei segnato quasi 70 gol, di cui 50 in Serie A, avrei preso tutti per matti».

https://twitter.com/OptaPaolo/status/1173300995738230786

Le scelte sbagliate

La scorsa stagione, dopo un inizio promettente, il Sassuolo di De Zerbi si è ritrovato invischiato in un campionato a metà classifica senza molte ambizioni, con un girone di ritorno disastroso in cui ha vinto appena tre partite. Berardi non ha seguito del tutto il grigiore della squadra, difensivamente troppo fragile, ma è rimasto la miccia in grado di accendere le partite.

Il gol di Berardi contro la Fiorentina coincide con l’ultima partita vinta dal Sassuolo nello scorso campionato, in un finale di stagione che ha visto l’attaccante comunque protagonista, grazie a 5 gol segnati nelle ultime 11 partite giocate (da marzo scorso solo Mertens ha segnato più di Berardi in Serie A). Nell’ultima giornata di campionato, ad esempio, Berardi aveva segnato il gol dell’1-0 contro l’Atalanta, prima di farsi espellere a fine primo tempo per rosso diretto e guardare i suoi compagni perdere 3-1.

Come detto ormai anni fa da Sacchi, il gioco di Berardi non ha lacune tecniche: è un giocatore dal temperamento forte, che sa essere creativo e che si impegna a tutto campo per la squadra. Negli anni di crescita sotto la gestione Di Francesco, però, ha introiettato alcuni difetti nelle letture, diventando un giocatore più meccanico. Il dribbling in conduzione, ad esempio, è il più delle volte finalizzato alla conclusione in porta o al passaggio sul secondo palo, e diventa quindi più prevedibile.

L’esplosione da giovanissimo, soprattutto in termini di gol (31 nelle prime due stagioni di Serie A), ci aveva fatto ipotizzare per Berardi un futuro vicino alla porta, così da poter sfruttare al meglio le sua capacità di finalizzazione. Il gioco di Di Francesco ne aveva sollecitato le qualità in zona gol, chiedendogli tanto lavoro nei tagli verso la porta, finalizzato alla conclusione. La ripetizione meccanica di poche giocate gli ha forse creato qualche problema nello sviluppo del suo gioco. Berardi si è trovato in difficoltà quando gli è stato chiesto di allargare la quantità e la qualità delle cose da fare in campo, limitandosi quindi a continuare nel suo gioco, ovvero arrivare alla conclusione in porta, in conduzione o di prima intenzione.

Inevitabilmente, quando si parla di Berardi, si finisce per parlare della sua selezione di tiro. La maggior parte delle conclusioni si risolvono con tiro a rientrare dalla zona destra del campo, usando il piede sinistro. In questa stagione, ad esempio, ha provato 5,4 tiri per 90’ di cui 3,9 da fuori area. Se non si può criticare di certo la precisione nel tiro - solo lo 0,8 dei suoi tiri è uscito dallo specchio, tra gli altri grandi tiratori di questo inizio di stagione chi ha provato più di 5 conclusioni per 90’ è stato molto meno preciso - si può però dire che le posizioni di campo da cui partono i suoi tiri non sono le migliori per essere realmente pericolosi. Un tiro da fuori area lento a giro è una preda spesso facile per un portiere, soprattutto se non è preciso al millimetro.

La parte migliore del suo talento

I 5,4 tiri per 90’ sono anche la cifra maggiore in carriera, anche se il campione è limitato alle prime sette giornate. Prima di quest'anno non aveva mai provato più di 4 conclusioni per 90’. Un numero, come abbiamo detto, lievitato dalle conclusioni da fuori area e che verosimilmente tenderà a scendere con il prosieguo del campionato: da dentro l’area invece ha sempre provato tra gli 1,3 e gli 1,5 tiri per 90’ nelle sue 7 stagioni in Serie A (ad eccezione della complicata, a causa degli infortuni, stagione 2016/17 in cui ha tirato da dentro l’area 0,9 volte). Quello che è cambiato dall’arrivo di De Zerbi è che le sue conclusioni arrivano più da azione manovrata e meno da assoli personali: 3,7 tiri per 90’ in questa e 2,9 tiri nella scorsa stagione. Con l’attuale allenatore, Berardi viene utilizzato come parte integrante della manovra della squadra e non isolato su un lato.

È questo il vero motivo dell’ottimo inizio statistico di Berardi (5 gol nelle prime 7 partite): perché se i gol nelle prime giornate hanno subito portato a gridare al miracolo - ovvero al definitivo, attesissimo salto di qualità - il vero miglioramento di Berardi è arrivato nel coinvolgimento nella manovra. In controtendenza con il calciatore che conosciamo, è riuscito a mantenere lo stesso volume per quanto riguarda i tocchi del pallone e le conclusioni verso la porta, ma capendo meglio come integrarsi nella manovra della squadra. Il talento di Berardi era stato capito meglio di tutti da Sacchi (quando l’ex allenatore del Milan era il coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili) e non sta tanto nella capacità di influire in area di rigore con le sue doti da finalizzatore, ma di farlo a tutto campo, essendo uno dei pochi giocatori italiani che riescono ad essere una minaccia su più fronti non appena toccano palla.

Ma come? Berardi ama ricevere sul piede sinistro così da poter utilizzare il corpo nel caso in cui l’avversario si trovi vicino, ma soprattutto per sfruttare la sensibilità del piede per proteggere il pallone e allo stesso tempo toccarlo quel tanto che basta per poter minacciare il tiro, il passaggio ravvicinato o il cambio di gioco.

Con il pallone tra i piedi e il campo davanti, Berardi ha sempre tre possibilità con cui minacciare il diretto avversario, consapevole che la velocità con cui compie il gesto tecnico è di altissimo livello e quindi deve intervenire in anticipo se vuole fermarlo. Sarà forse a causa della sua crescita fuori dai canali tradizionali delle accademie italiane (è cresciuto giocando a calcetto), ma Berardi funziona quando può agire a tutto campo e non inquadrato nel ruolo di esterno a piede invertito con ricezione sul lato sinistro.

De Zerbi quindi sta provando a sfruttarlo facendolo interagire molto di più con i centrocampisti sia in termini di scambi ravvicinati - venendo a prendersi il pallone nella fascia centrale - che nei movimenti senza palla. Berardi adesso ha un'influenza completa sulla squadra, assumendosi responsabilità non solo in fase di finalizzazione ma anche nello sviluppo della manovra, con un passaggio preciso o un movimento ben eseguito.

Ovviamente di questo inizio di stagione rimangono nei nostri occhi i gol segnati, come quello "alla Robben" segnato alla Sampdoria “alla Robben” o quello bellissimo su punizione contro la Roma.

Prendiamo però due azioni in cui Berardi non segna, ma che spiegano perché questa sua versione è quella più interessante. La prima è un passaggio chiave contro il Parma, un’azione da sempre nel bagaglio tecnico di Berardi, ma che solo ora sembra venirgli naturale: sullo 0-0 a inizio secondo tempo, Berardi riceve palla nel mezzo spazio di destra nei pressi dell’area di rigore da una rimessa laterale, con il diretto avversario a distanza. In un’occasione come questa ci saremmo aspettati il classico tocco del pallone in avanti per preparare il tiro a giro.

Invece Berardi alza la testa prima di ricevere e legge che Boga può tagliare dall’interno verso l’esterno e ricevere in una posizione favorevole all’interno dell’area. Berardi allora sfrutta la sua sensibilità tecnica per passare il pallone di prima rasoterra sulla corsa del compagno sorprendendo la difesa del Parma. Boga controlla e tira in porta senza segnare.

Bisogna poi parlare dello spettacolare assist per Caputo contro la SPAL. Un'azione che nasce da un pallone intercettato proprio da Berardi a centrocampo, dove invece di partire a testa bassa verso la porta, Berardi alza la testa e avanza lentamente in conduzione per permettere ai compagni di eseguire movimenti da servire. Dopo una apertura verso Defrel, la palla gli ritorna sui piedi sulla trequarti, con la porta in vista. Ancora un volta però, Berardi attende col pallone tra i piedi, studia la situazione senza farsi prendere dalla foga, aspettando che i compagni occupino le giuste posizioni.

Dribbla due avversari in pressione, quasi perde palla contro il terzo, con il rimpallo che però arriva a Defrel che la passa all’indietro. Dopo un paio di passaggi, la sfera arriva tra i piedi di Duncan sulla fascia destra, lì per sostituire Berardi ancora al centro della trequarti. Quando Duncan parte per accentrarsi con la palla e crossare, vediamo Berardi scattare nello spazio sguarnito al centro dell’area, movimento premiato dal compagno che lo cerca con un cross un po’ lento, ma preciso. A quel punto Berardi, invece di tentare una difficile conclusione al volo, fa qualcosa che era quasi impossibile aspettarsi: con un avvitamento smorza il pallone di petto, rimettendolo al centro per Caputo, che liberissimo può concludere.

Non c’è nulla dell’idea che abbiamo di Berardi in questa azione: non c’è frenesia, non c’è testardaggine, non c’è voglia di risolvere tutto da solo. Berardi si è fidato dei compagni ed è intervenuto al momento giusto con un gesto tecnico raffinato. Se la crescita tecnica non è stata evidente negli ultimi due anni, quello che però Berardi ha migliorato - lentamente - è stata la comprensione del gioco: con De Zerbi le sue letture sono migliori e questo inizio di stagione lo pone a un livello differente da quanto visto finora in carriera.

Nonostante la qualità del suo calcio rimanga forse la sua caratteristica più evidente, giudicare Berardi per i gol segnati significa sminuirne la capacità di influire in modo totale nel gioco del Sassuolo, e non solo in maniera istintiva. Questa è una capacità che pochissimi giocatori italiani hanno al momento, per deficit tecnici o per mancanza di creatività.

Quella che sembrava una lunga stagnazione per Berardi era forse altro: il periodo di cui aveva bisogno per capire come meglio sfruttare le proprie qualità tecniche senza finire per essere un triste cosplayer di Robben.

C'è da dire che uno dei più grandi problemi di Berardi finora in carriera è stata la continuità, e l'incapacità di dare seguito a partenze di stagione spesso promettenti. Dovesse però continuare a sfruttare la propria tecnica in modo così complesso Mancini farebbe bene a cambiare idea in vista dell’Europeo, perché un talento come Berardi non si può lasciare a casa.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura