Le domande fondamentali dei playoff 2018
Personaggi, temi e questioni irrisolte dei playoff NBA che stanno per cominciare.
Eastern Conference
Toronto Raptors-Washington Wizards
Di Fabrizio Gilardi
1) Riuscirà Toronto a perdere Gara-1 anche quest’anno?
Per i meno attenti: Toronto ha un record di una vittoria e 11 sconfitte in Gara-1 in tutte le serie di playoff della propria storia, con l’unica vittoria arrivata alle semifinali di Conference del 2002 contro Philadelphia. Ancor di più: lo 0-9 al primo turno ha portato con sé situazioni tragicomiche come la sirena del cronometro di tiro umana del 2014.
Comunque la risposta alla domanda dovrebbe essere no, perché Washington è pur sempre la peggior squadra ad essersi qualificata per la post-season record alla mano, e anche in quanto molto poco squadra (vedi dopo), ma soprattutto perché questo è un anno di rottura rispetto a tutte le tradizioni recenti, a partire dal fatto che lo slogan “We The North” è abbastanza fuori luogo, potrebbero usarlo al massimo i Timberwolves che stanno un centinaio di miglia più vicino al Polo Nord rispetto ai Raptors.
In stagione regolare Toronto e Washington hanno vinto due scontri diretti a testa, John Wall non ha giocato in alcuna delle quattro partite ed a fare le fortune dei Canadesi è stato il rendimento della panchina, come testimoniato anche dai +/- complessivi di queste sfide: -28 Valanciunas, -26 Ibaka, -13 DeRozan, -12 Lowry, +41 VanVleet, che però ha problemi alla spalla destra. Ed è da vedere come e quanto le rotazioni di Casey cambieranno rispetto alla sorta di Platoon System utilizzato nelle 82 partite. E Wall sarà in campo. A pensarci bene sarebbe un peccato staccarsi completamente dalle proprie radici, mai dimenticare da dove si viene, è del tutto possibile che i Raptors arrivino anche alle Finals, ma poi, solo poi.
La Striscia non si tocca. Perciò la risposta è sì, un grandissimo sì.
2) Quanto si odiano gli Washington Wizards da 1 a 10?
Fissare il fondo di questa scala a 10 è come limitare i contratti individuali dei giocatori a un ammontare massimo prestabilito: funziona e aiuta il pubblico a comprendere, ma non rende merito all’eccellenza.
Sono bastate poche partite giocate senza John Wall per far riemergere attriti che sembravano ormai superati come quello tra l’All-NBA uscente e il compagno di reparto Bradley Beal, mentre Marcin Gortat ormai sembra divertirsi nel mettere il punto esclamativo alle dichiarazioni di chiunque (compreso coach Scott Brooks) sottolinei l’altruismo della squadra quando Wall non c’è e l’egoismo che invece trasuda quando c’è. E poi l’Instagram-gate: Otto Porter è molto attivo e interagisce con alcuni altri compagni, ma è l’unico Wizard a non seguire il profilo di Wall, dinamica che in uno spogliatoio sano verrebbe salutata con una risata e una vigorosa scrollata di spalle, ma non a Washington, dove c’è anche Markieff Morris che cambia atteggiamento e fazione a seconda di quale delle sue personalità prenda il sopravvento, probabilmente seguendo i cambiamenti di meteo e fuso orario.
Come migliorare la situazione? Firmando Ty Lawson per i playoff, che tra problemi con l’alcool e annessi guai legali per guida in stato di ebbrezza, carattere complicato e una storia di spogliatoi implosi anche a causa della sua presenza è esattamente tutto ciò che il discusso presidente e GM Ernie Grunfeld non avrebbe dovuto nemmeno lontanamente pensare di portare nella capitale.
Gli Wizards sono un treno ad alta velocità che ha preso fuoco appena uscito dalla stazione e che rischia di deragliare da un momento all’altro, ma che prima del disastro può anche travolgere e spazzare via qualsiasi ostacolo e avversario si trovi lungo la strada. Una mina vagante vera e propria, totalmente fuori controllo e pericolosa sia per se stessa che per gli altri.
Voto 10, ma solo perché non si può arrivare a 15.
Boston Celtics-Milwaukee Bucks
3) Boston sarà senza Kyrie Irving: quanto si abbassa il ceiling della squadra?
di Michele Pettene
La risposta più brutale sarebbe: di almeno due serie. Ovvero: sembra impossibile che una squadra priva del proprio candidato all’MVP stagionale possa sperare di arrivare alle Finali NBA, il naturale obiettivo sussurrato un po’ ovunque fino a metà anno per quella che all’epoca era la miglior squadra della Eastern Conference. L’infortunio al ginocchio di “Uncle Drew” ha abbassato giocoforza le aspettative, rendendo pericolosa già la serie con Milwaukee e ancor di più quella del secondo turno contro una Philadelphia lanciatissima o una Miami tostissima.
A Boston mancheranno sia l’effetto gravitazionale che Irving provoca sulle difese avversarie – con evidenti benefici per spaziature e tiri aperti – sia la sua capacità fenomenale di crearsi un tiro dal nulla nei momenti di massima tensione che l’ex-Cavs ha già superato con successo nella sua ancor giovane carriera, condizioni che si presenteranno con maggior frequenza nei playoff e che richiederanno un salto di qualità ai temporanei go-to-guy dei Celtics. Non che la squadra di Brad Stevens sia nuova a questo tipo di situazioni, e proprio la favolosa capacità dell’allenatore e dei suoi giocatori di riplasmarsi, fare gruppo e salire di livello nei periodi successivi a infortuni demoralizzanti potrebbe demolire qualsiasi previsione razionale sul finale di stagione di Boston. Il record senza Kyrie è 14-8, un 63.6% leggermente sotto al 68% con il #2 in campo ma più che vincente, così come non sono incolmabili il plus/minus (+4.3 con Kyrie, +0.4 senza) e il Net Rating (+5.2 con; +2.2 senza) con Irving fuori dai giochi, seppur il record si abbassi al 50% contro squadre da playoff.
In definitiva, se sembrano non esserci dubbi sul fatto che la miglior difesa della Lega continuerà a produrre numeri frustranti per gli attacchi avversari (101.5 il Defensive Rating e 33.9% la percentuale concessa da dietro l’arco, migliori dati dell’NBA), rimarrà da capire chi e con che risultati erediterà il testimone del proprio leader nei quarti periodi di questi playoff: la sorpendente point guard di riserva Terry Rozier, lo spettacolare rookie Jayson Tatum – miglior tiratore da 3 della squadra con il suo 43.4% – e la guardia super atletica Jaylen Brown sono i candidati più immediati, ma anche i meno avvezzi a certe atmosfere, caratteristica che potrebbe proporre il sempreverde Al Horford come alternativa più affidabile quando diventerà fondamentale trasformare un possesso cruciale in un canestro decisivo.
4) Al quinto anno nella NBA, è arrivato il momento in cui Giannis Antetokounmpo deve piazzare la sua bandierina: come Davis a Ovest, può vincere una serie da solo?
di Dario Vismara
Da ormai qualche anno ci ripetiamo un po’ tutti che il secondo miglior giocatore della Eastern Conference gioca a Milwaukee, dove però non hanno ancora assistito a un passaggio del turno nelle due apparizioni precedenti di Giannis Antetokounmpo ai playoff. Esattamente come in passato, i Bucks non partono con i favori del pronostico o con il fattore campo a favore, ma possono contare sul miglior giocatore della serie di un discreto margine rispetto a tutti gli altri, e considerando le assenze tra le fila dei Celtics questo turno potrebbe rivelarsi più imprevedibile rispetto a un normale seed numero 2 contro seed numero 7.
Ovvio che la maggior parte delle responsabilità ricada sul numero 34, che dovrà dimostrare di saper portare la sua strabordanza fisica non solo in un ambiente di playoff, ma anche con un impegno continuo su entrambe le metà campo. Antetokounmpo è un mostro e quando può attaccare il ferro in avvicinamento è assolutamente inarrestabile, ma ha i suoi punti deboli: la percentuale effettiva del 37.2% al di fuori del pitturato è un dato che non può essere sfuggito a Brad Stevens, e la difesa dei Celtics farà di tutto per “murare” la strada che conduce Giannis verso il ferro mandando uomini in pre-rotazione e sfidandolo a scaricare il pallone sul perimetro, dove gli atleti di Boston possono annullare i tiratori riluttanti di Milwaukee.
Togliere la palla dalle mani di Antetokounmpo e gestire i rientri in transizione difensiva sono i due imperativi categorici per qualsiasi squadra che affronta Milwaukee, e non sorprenderebbe se Stevens dovesse schierare una zona 2-3 per costringere i Bucks a pensare nell’attacco a metà campo, mossa che – unita alla mancanza di tiratori affidabili – potrebbe riscuotere molti dividendi. La speranza per Milwaukee è che Giannis prenda tutte le alchimie tattiche dei Celtics e ne faccia poltiglia, sottomettendo qualsiasi difesa al suo unico volere: al quinto anno in NBA, sarebbe il segnale che il mondo non si è sbagliato sul suo conto.
Philadelphia 76ers-Miami Heat
5) E se Philadelphia si svegliasse dal sogno scoprendo che l’assenza di tiro di Ben Simmons è un problema insormontabile ai playoff?
di Lorenzo Bottini
Qualche giorno fa Ben Simmons e Markelle Fultz sono andati in carcere per incontrare Meek Mill. Per quanto sia strano che degli atleti professionistici, e soprattutto dei rookie, vadano a cercare consigli come se fossero dentro una gigantesca puntata di The Wire, Mill è diventato una specie di figura messianica nella scena di Philadelphia. Gli Eagles quando entrarono sul campo per il Super Bowl suonarono fortissimo una delle sue canzoni più celebri, Dreams & Nightmares. In questo caso i sogni sono rappresentati dalla stagione irreale dei Sixers, issatisi fino alla terza posizione ad Est contro ogni più assurda aspettativa. Gli incubi invece sono causati dal jumper dei due rookie, una stranezza che durante la stagione regolare è stata trattata come un animale esotico ma che nei playoff rischia di diventare un serio tallone d’Achille per la squadra allenata da Brett Brown.
Simmons non ha tentato una vera tripla in 81 partite di regular season e tira poco con più del 50% ai liberi. Nonostante ciò, è già diventato uno dei giocatori più forti dell’intera NBA e questa post-season sarà il primo banco di prova della sua lunga carriera. Davanti si troverà uno dei peggiori avversari possibili, ovverosia i Miami Heat e Erik Spoelstra. Gli Heat hanno un roster profondissimo e pieno di difensori che prenderanno in consegna a turno Simmons per cercare di limitarne l’impatto offensivo. Josh Richardson, Justise Winslow, James Johnson e Dwyane Wade avranno tutti il loro turno sul prossimo ROY, ma i due che si divideranno il lavoro pesante saranno Johnson e Richardson. Già nelle quattro partite in regular season Johnson ha dimostrato di essere un cliente davvero tosto per Simmons grazie alla sua strapotenza fisica, le braccia lunghissime e una mentalità da villain. Richardson è uno dei migliori difensori sugli esterni dell’intera Lega e cercherà di entrare anche nella testa di Simmons pressandolo sui 28 metri di campo. Il piano di Spoelstra consisterà nel concedergli sempre il tiro da fuori rimanendo nel pitturato per tagliargli le linee di penetrazione.
Miami passerà sotto tutti i blocchi e resterà attaccata ai tiratori, coprendo tutte le linee di passaggio possibili e costringendolo ad accontentarsi della soluzione da fuori. Una situazione che si è ripetuta per tutta la stagione senza però che Simmons si scomponesse più di tanto, perché come hanno scoperto in molti fermare Ben è più facile sulla carta piuttosto che sul campo. Phila ha trovato una serie di modi per lanciare Simmons come una catapulta verso il ferro, bloccando il bloccante o mettendolo in pick and roll usando degli eccellenti tiratori come Redick o Covington come bloccanti. Il risultato è stato che Simmons è uno dei migliori realizzatori nel pitturato, sia per quantità che per qualità. Nessuna delle difese incontrate finora però ha la disciplina degli Heat e Spoestra è un maestro nell’aggiustare di corsa la squadra. Bisognerà aspettare Gara-3 o 4 per capire che cosa avrà escogitato questa volta il coach di Miami.
L’altro grosso punto di domanda con il quale si affacciano i Sixers alla loro prima post-season dopo 6 anni risiede nelle condizioni di Joel Embiid. Il centro camerunense è rimasto ai box nelle ultime partite a causa di una frattura orbitale e non sarà disponibile per le prime partite della serie, ragionevolmente le prime quattro. La sua presenza però sarà indispensabile per garantire un’altra dimensione all’attacco di Phila contro una difesa ostica come quella di Miami (o anche semplicemente perché Embiid è uno dei giocatori migliori al mondo). I possessi in post saranno vitali quando gli Heat faranno di tutto per abbassare i ritmi della partita per trasformarla in una guerra di posizione sulle due metà campo. La squadra della Florida è al suo meglio quando riesce a ingolfare i motori avversari, costringendoli a sbattere come le onde sugli scogli sul loro fortino difensivo; Phila invece ama correre ($ spingendo la palla in transizione per sguinzagliare l’estro di Simmons e per far grandinare triple.
Sarà una serie di contrasti, tra l’esperienza degli Heat e il talento acerbo dei Sixers, tra il sistema offensivo di Brown e quello difensivo di Spoestra. Sarà sicuramente una di quelle da seguire con maggior interesse nel primo turno.
Cleveland Cavaliers-Indiana Pacers
di Dario Vismara
6) Qualcuno ha capito davvero quanto sono buoni i Cleveland Cavaliers dopo le trade?
I Cleveland Cavaliers post-deadline del mercato sono forti nella stessa maniera in cui lo erano quelli pre: vanno esclusivamente dove li porta LeBron James. Sembra quasi di essere tornati indietro di otto anni, quando l’ultima versione dei Cavs pre-Decision si schiantò miseramente sui Boston Celtics al secondo turno dei playoff. Mai come quest’anno una squadra di James è così legata alle prestazioni del Re, che a 33 anni ha fatto una regular season totalmente fuori da ogni logica nella metà campo offensiva, ma che per i limiti dei suoi compagni si è fermata a malapena a 50 vittorie.
Se non altro questi Cavs sono un po’ più coerenti e meno polemici rispetto a quelli precedenti, non fosse altro perché Isaiah Thomas e Dwyane Wade non sono più nello spogliatoio ad accusare Kevin Love senza alcun fondamento. Ora tutti sanno esattamente qual è il ruolo richiesto a loro: la speranza è che questa chiarezza gerarchica si tramuti anche in un’intensità difensiva non dico buona (per quella ci penseranno i loro avversari al primo turno, gli Indiana Pacers, che i Cavs farebbero bene a non sottalutare) ma quantomeno sufficiente, perché pensare che Cleveland vinca una serie grazie alla difesa è irrealistico quando la point guard dal rendimento più alto in stagione si chiama José Calderon.
Fresh Prince x King James
Ad ogni modo, l’ultima partita persa contro i Philadelphia 76ers ha dimostrato come neanche segnare 132 punti possa bastare per battere i Cavs senza patemi, e che quando le percentuali al tiro da tre sostengono gli assalti al ferro di James l’attacco di Cleveland è pressoché inarrestabile per una squadra della Eastern Conference, in particolare con la strutturazione con Kevin Love da centro. Per migliorare il rendimento difensivo, ci vorrebbe un ritorno a livelli accettabili di diversi protagonisti del titolo del 2016: Tristan Thompson è ormai la controfigura di se stesso, destino inevitabile nel momento in cui decidi di fare un figlio con una Kardashian (anzi, quella Kardashian); J.R. Smith ha passato una stagione interamente rinchiuso nella sua testa, svegliandosi di tanto in tanto da una situazione comatosa che ha mandato ai pazzi lo staff tecnico di Cleveland, che lo ha inserito e tolto dal quintetto base cercando invano una soluzione.
Se i Cavs vogliono avere qualche speranza di titolo, il recupero di questi due veterani deve sopperire all’assenza di esperienza dei nuovi arrivati: tolto George Hill, sul quale la giuria è ancora in camera di consiglio, diversi membri della rotazione non hanno mai avuto esperienza di playoff ad alto livello, a partire da Rodney Hood, Jordan Clarkson, Larry Nance e Cedi Osman, i quattro “atleti” che dovrebbero mettere una pezza alle amnesie o alle mancanze del resto del roster. La squadra è numericamente profonda, per quanto qualitativamente sospetta (in altri tempi LeBron l’avrebbe definita “top heavy as fuck”) e nettamente sbilanciata verso la metà campo offensiva.
Eppure, con il 23 in campo in versione playoff e nella nuova versione in cui fa da rollante in tantissimi i giochi a due, voi davvero vi sentireste di scommettere contro di lui?