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Il Gegenpressing
06 ott 2016
06 ott 2016
Concetti utili per le chiacchiere da bar.
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Il gegenpressing, tradotto in inglese come “counterpressing” ed in italiano anche come “riaggressione”, è il pressing immediatamente successivo alla perdita del possesso. Ed è bene sottolineare da subito in cosa si differenzia dal pressing puro, con cui spesso viene frainteso: non si tratta di pressare un attacco organizzato dell’avversario, ma di pressare un attacco in transizione, un contropiede (gegen in tedesco significa "contro").

Il gegenpressing ha un duplice scopo: da una parte, si vuole prevenire il contropiede avversario senza scivolare all’indietro per poi riorganizzarsi, ma cercando di interromperlo all’origine; dall’altra, si vuole recuperare il pallone subito dopo averlo perso, in modo da riproporre una nuova azione d’attacco.

Il gegenpressing non si improvvisa

Un’efficace attuazione richiede una struttura organizzata. Servono distanze ravvicinate tra i propri giocatori per massimizzare la pressione portata sul portatore di palla, ma allo stesso tempo deve esserci un’adeguata occupazione del campo per non lasciare spazi grazie ai quali l’avversario possa aggirare la pressione.

Questo aspetto è strettamente connesso alla struttura in fase offensiva. Se una squadra è in grado di occupare bene il campo con le giuste distanze tra i calciatori, non solo ne beneficerà in fase offensiva ma potrà anche attuare più facilmente e con successo il gegenpressing. E per questo motivo il gegenpressing è attuato naturalmente dalla gran parte delle squadre che si ispirano ai principi del juego de posición.

Negli anni ’70 l’Olanda (ma anche il Feyenord di Enrst Happel e l’Ajax di Rinus Michels) attuava il gegenpressing (come del resto il pressing) senza struttura, ma in oltre quarant’anni il calcio si è evoluto e così i suoi concetti.

Privilegio al centro

Considerando l’elevata importanza strategica che rivestono, è importante che durante la riaggressione siano privilegiate le zone centrali del campo. In mezzo al terreno di gioco il portatore di palla avrà un campo visivo più ampio, oltre che un maggior numero di opzioni di passaggio. L’obiettivo deve essere quello di negare l’accesso al centro costringendo il portatore di palla a retrocedere, oppure ad andare verso le fasce, dove la restrizione imposta dalla linea laterale incrementa le probabilità di recuperare palla.

Nell’esempio sottostante, il RB Salisburgo, all’epoca guidato da Roger Schmidt, dà un saggio di come si blocca il centro e si guida l’avversario sulle corsie quando si attua il gegenpressing.

Ovviamente non c’è un solo modo per attuare il gegenpressing, ma la scelta dei punti di riferimento varia da squadra a squadra. La descrizione teorica di René Marić, caldamente consigliata specie nella versione tedesca che è quanto di più completo si può leggere sull’argomento, descrive quelle che sono le tre principali varianti di attuazione. Ovviamente, una non esclude l’altra ed anzi, molto spesso sono tra di loro integrate, ma generalmente il gegenpressing può essere attuato in tre modi.

Orientandosi sull’uomo, cioè di fatto marcando gli appoggi mentre il portatore di palla viene pressato individualmente.

Orientandosi sul portatore di palla, la palla stessa e lo spazio circostante in modo da esercitare la maggiore pressione possibile.

Orientandosi sulle linee di passaggio, permettendo cioè al portatore di effettuare un passaggio che viene spesso intercettato visto il controllo esercitato sulle linee di passaggio a sua disposizione.

Perché fare gegenpressing

I vantaggi di un’attuazione efficacia del gegenpressing sono molteplici. Anzitutto è un potente mezzo di prevenzione del contropiede in un calcio in cui ha sempre maggiore importanza. Non tutte le squadre utilizzano il gegenpressing per cercare di recuperare palla immediatamente, per alcune è solo un metodo per rallentare la transizione dell’avversario, respingendolo all’indietro.

Secondo poi, nei casi in cui il gegenpressing porti al recupero del pallone subito dopo averlo perso, la squadra è in grado di mantenere il proprio vantaggio territoriale e può quindi evitare di dover ricominciare l’azione da zero, e di riorganizzarsi a livello strutturale.

Va poi considerato che, dopo aver recuperato palla in seguito ad una corretta applicazione del gegenpressing, l’avversario rischia di farsi trovare scoperto. Dopo aver cominciato una transizione offensiva, ci sono elevate probabilità che la squadra avversaria abbia perso la propria struttura di difesa posizionale e che quindi si aprano spazi, se non veri e propri varchi, che poco prima erano occupati.

Proprio quest’ultimo aspetto è quello a cui si riferiva Jürgen Klopp quando dichiarò che “il gegenpressing è il miglior playmaker”.

A tal proposito l’esempio qui sopra ha come protagonista proprio il Borussia Dortmund, anche se sotto la gestione di Thomas Tuchel. Si nota come, dopo che il compagno recupera palla, entrambi gli esterni di centrocampo dell’Odds Ballklub si spingono in avanti nel tentativo di proporsi per la transizione offensiva. Il Borussia attua il gegenpressing e circonda il portatore, intercettandone il tentativo di passaggio con Weigl. A quel punto, visto l’avanzamento del numero 15 (Zekhnini), Piszczek ha lo spazio per un inserimento in profondità che gli permette di ricevere palla e arrivare al cross che propizia il gol di Kagawa.

Sempre fedeli al mantra di Klopp, c’è chi come Roger Schmidt arriva ad incoraggiare passaggi appositamente imprecisi, se non del tutto sbagliati, per favorire il gegenpressing e creare occasioni da gol. Prima di effettuare il passaggio sbagliato (quasi sempre in verticale e potente per forzare un controllo difficoltoso), si sceglie una zona-bersaglio in cui c’è un’ottima presenza numerica per vincere la seconda palla.

Anche la Juventus di Conte utilizzava il gegenpressing in questo modo quando raggiungeva con un lancio lungo zone di campo in cui aveva superiorità numerica per vincere le seconde palle, cercando una “scorciatoia” per creare occasioni, specie quando Pirlo veniva marcato ad uomo.

Il gegenpressing è un arma difensiva ed offensiva così potente perché tenta di colpire l’avversario nel momento in cui è più vulnerabile, cioè quando ha appena recuperato palla e deve quindi controllare la sfera e decidere la sua prossima mossa, spesso con la gran parte dei compagni alle proprie spalle. In estrema sintesi è questo il principale motivo del suo successo in questi anni in cui non è difficile avere a disposizione giocatori intensi.

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