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Disastro Virtus
05 mag 2016
05 mag 2016
Le VU nere sono retrocesse sul campo per la prima volta nella loro storia. Com’è potuto succedere?
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Immaginate che la vostra squadra del cuore - dopo aver dato tutto, ma veramente tutto nella gara conclusiva contro una squadra molto più forte - retroceda da un campionato per il fatto di essere arrivata ultima in una classifica avulsa a quattro. È uno scenario che manderebbe in depressione chiunque. Ma in questo caso abbiamo a che fare con uno dei club più titolati della pallacanestro italiana, l'ultimo ad essersi laureato Campione d'Europa nel sempre più lontano 2001, con un futuro societario pieno di punti interrogativi. E la situazione, se possibile, è dunque ancora più malinconica.

La Virtus 2001 vinse Eurolega, scudetto e Coppa Italia con Ginobili, Griffith, Smodis, Jaric, Andersen, Rigaudeau...

La Virtus Bologna è retrocessa sul campo dalla Serie A per la prima volta negli 87 anni della sua storia. Quelle due parole, "sul campo", ci ricordano che i tifosi bianconeri hanno già vissuto giornate piene di ansia e di paura per il futuro delle VU nere: nel 2003 il lodo Becirovic mandò gambe all'aria la società guidata da Madrigali e solo l'intervento di Claudio Sabatini permise di ripartire dall’allora LegaDue. A distanza di 13 anni, la situazione di base è diversa ma nubi sul futuro si addensano ugualmente all'orizzonte.

Va detto che la fortuna non è stata compagna di viaggio della Virtus 2015-16. La squadra costruita quest'anno ruotava intorno ad Allan Ray, leader tecnico ed emotivo designato: il capitano ha giocato la miseria di 86 minuti in quattro partite per una serie pazzesca di infortuni, uno dietro l'altro. Le difficoltà offensive di Bologna - per lunghi tratti il peggior attacco del campionato sotto tante voci statistiche e alla fine della fiera terz'ultima per efficienza offensiva - nascono in gran parte dall'assenza prolungata di un giocatore da 16.5 punti di media nella passata stagione, la cui gestione è stata oggetto di aspre critiche nell'ambiente bolognese. Anche l'infortunio di un deludente Penny Williams, poi tagliato, ha reso più complessa la ricerca di un sostituto di Ray per motivi economici e legati ai visti. Mettiamoci anche gli acciacchi qua e là di Gaddy e Pittman ed ecco che abbiamo l'idea di come sia stato difficile per coach Valli lavorare sempre al completo in palestra e poter contare sui propri punti fermi.

Tuttavia, se la Virtus è stata la squadra con più palle perse della A e quella che più ha faticato nei finali punto a punto, la sfiga c'entra fino ad un certo punto - non fosse altro perché anche Caserta e Torino hanno avuto un feeling continuato con l’infermeria. Prendiamo quella che, con il senno di poi, è stata la partita che ha deciso la retrocessione: proprio a Caserta, avanti fino a 17 secondi dalla fine grazie a un dominio pressoché totale a rimbalzo, Bologna cede in un finale pieno di errori concettuali. Il numero di palle perse? 24.

A 9:54 il canestro della vittoria segnato dall’ex Gaddefors

Difficoltà a gestire palla, difficoltà a fare canestro, difficoltà a gestire i vantaggi soprattutto negli scontri diretti. La discesa in A2 è figlia di questi elementi e degli errori di costruzione del team da parte del GM Crovetti, ma è impossibile sottovalutare il peso del caos societario. Siamo in presenza di un club che non ha cambiato allenatore ma in compenso ha avuto tre - dicasi tre - presidenti diversi in una sola stagione. A settembre si è dimesso Renato Villalta, al cui posto è stato insediato Francesco Bertolini, a sua volta dimessosi all'indomani dello stop di Caserta e sostituto da una vecchia gloria bianconera come Alberto Bucci.

Un tourbillon che rappresenta il fallimento del modello Fondazione Virtus, ideato da Sabatini e proprietario della maggioranza delle quote del club da settembre 2012. Una Fondazione nata con l’obiettivo di non appesantire un singolo imprenditore nella gestione della società, aprendosi dunque a più soci e in cui si entra con un versamento e poi si contribuisce volontariamente: così, alla lunga, il rischio che manchino i fondi non emerge tanto per completare la singola annata (difatti i conti per questa stagione sono ok), quanto per garantire stabilità. A febbraio è stato deliberato dall'Assemblea dei Soci un aumento di capitale aperto fino al 31 dicembre 2016 di un milione e mezzo di euro, cifra superiore all'attuale capitale sociale: in questo modo chi la sottoscriverà diventerà azionista di maggioranza. Già: ma c’è qualcuno disposto a farlo ora che il patrimonio della Serie A non c'è più?

Alberto Bucci è stato chiaro: "Non bisogna nascondere le difficoltà che dovremo affrontare ma cercheremo di farlo tutti insieme, uniti come non lo siamo mai stati". E dall’altra parte dell’Atlantico Ettore Messina, allenatore delle ultime Vu nere campioni d’Europa, ha auspicato che “ci venga risparmiato il triste balletto di accuse reciproche”. Unità è dunque la parola d’ordine per ripartire, ma il clima non è dei migliori: Pietro Basciano, presidente della Fondazione, ha già lanciato accuse nei confronti dei soci - spariti al momento di contribuire - e l’espressione “volano gli stracci” è stata utilizzata più e più volte sui giornali felsinei per indicare un malcontento diffuso. Non è decisamente la premessa ideale per l’unità, però un punto d’incontro bisogna trovarlo, sia per attirare un investitore sia nel proseguire se non se ne presentasse uno.

Stiamo parlando della Virtus Bologna, di un passato glorioso, di un settore giovanile tra i più prolifici d’Italia, di un pubblico che raramente è sceso sotto le 6.000 unità, di uno dei marchi più riconoscibili del basket italiano anche oltre la cerchia degli appassionati. È interesse di tutti che l’amaro verdetto del campo non comporti la cancellazione di quanto sopra: gli appassionati nostrani del Gioco hanno già dato abbastanza.

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