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Dimarco vs Theo Hernandez: chi è più forte?
10 ott 2023
10 ott 2023
Chi è il terzino sinistro più forte di Milano?
(articolo)
13 min
(copertina)
Illustrazione di Giorgio Mozzorecchia
(copertina) Illustrazione di Giorgio Mozzorecchia
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Una critica che si è fatta a volte al derby di Milano è di essere poco acceso, di portare una rivalità blanda. Eppure tutto negli ultimi anni è sembrato congiurare per smentire questo luogo comune. Prima lo Scudetto tanto ricercato dell'Inter, poi quello sorprendente, improvviso del Milan. Lo scorso anno lo scontro in semifinale di Champions League, a trasmettere vibes da rivalità anni '90, poi la paurosa sequenza di derby vinti dai neroazzurri, che però non hanno completamente chiarito il giudizio su quale delle due sia la squadra di Milano più quotata per vincere l'attuale campionato di Serie A. L'Inter ha battuto i rossoneri 5-1, ma al momento è due punti indietro in classifica.

In questa rinnovata e intossicata rivalità, i protagonisti sono stati diversi. Per due di loro fare confronti, però, è particolarmente facile. Sono Theo Hernandez e Federico Dimarco, giocano nello stesso ruolo, quello di terzino sinistro, ed entrambi sono stati determinanti nella recente crescita di Milan e Inter.

Insieme a questo articolo, sempre riservato agli abbonati, potete ascoltare il nostro podcast "1vs1".

Chi è però il migliore tra i due? Chi è il più veloce, chi il più tecnico, chi il più intelligente? Abbiamo chiesto a Francesco Lisanti e Marco D'Ottavi, due autori di Ultimo Uomo, di dirci la loro - prima a voce e poi per iscritto. Buona lettura e buon ascolto, e viva il derby di Milano.

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Federico Dimarco è l'uomo giusto

di Francesco Lisanti

Secondo l’algoritmo di Transfermarkt, Theo Hernández (60m) vale quasi il doppio di Federico Dimarco (34m), un gradino rimarcato anche dagli overall di Fifa23 in cui Theo (85) è sul podio dei terzini sinistri più forti al mondo mentre Dimarco (79) non accede all’élite degli 80+.

Quindi non stiamo parlando solo di Dimarco, o di Theo, ma anche di quanto schiacciare gli sport di squadra dentro una rappresentazione assoluta dei valori individuali sia un esercizio fine a sé stesso. Se Theo ha realizzato zero gol e zero assist contro l’Inter nei suoi quattro anni e spicci di militanza milanista, mentre Dimarco con due anni in meno nelle rotazioni ha già alle spalle due assist e un gol, è perché il confine tra i grandissimi giocatori spesso sta nella capacità di farsi trovare al momento giusto, di ispirare una certa clutchness.

Se Dimarco è l’unico tra i tanti prospetti prodotti dall’accademia nerazzurra arrivato a giocare titolare nell’Inter dai tempi di Balotelli, è perché un po’ ce l’ha sempre avuta addosso. Agli Europei U19 del 2016 segna quattro gol, da terzino sinistro di un 4-4-2, di cui due decisivi in semifinale alla favorita Inghilterra. Arriviamo secondi. L’anno dopo viene convocato ai Mondiali U20 partendo in panchina dietro Pezzella, perché questo è un Paese difficile, finché nei quarti contro lo Zambia siamo sotto di un gol e proprio Pezzella si fa espellere. Dimarco entra dalla panchina e a due minuti dalla fine si incarica di una punizione da trenta metri. Per cinque-sei volte alza lo sguardo verso la porta e lo riabbassa sul pallone, poi misura i passi, parte, e gonfia la rete. Per esultare corre urlando verso la bandierina e in scivolata la spacca in due. Nei supplementari pennella un calcio d’angolo dalla sinistra sulla testa di Vido. Passiamo il turno, e arriviamo terzi.

E nel frattempo Theo? Con le nazionali giovanili ha giocato poco, per diversi motivi, e non ha mai partecipato a tornei internazionali. Fu scartato all’ultimo dalla lista dei 18 convocati agli Europei U19 che ci fecero conoscere Dimarco, e che la Francia vinse 4-0 in finale contro l’Italia. L’estate successiva rifiutò una chiamata dell’U21 «per concentrarsi sulla carriera e sul Real Madrid». Pochi giorni dopo pubblicò su Instagram i video della sua vacanza a Marbella. I vertici federali la presero così male che per più di quattro anni non ha potuto indossare la maglia della Nazionale. Non tanto per parlare del rifiuto alla Nazionale, che ha un peso molto relativo al contesto in cui è calato, ma del fatto che Theo deve convivere col doppio impegno club-nazionale da due anni, mentre Dimarco praticamente da quando ha iniziato a giocare a calcio. E proprio negli ultimi due anni le differenze tra i due hanno iniziato ad appianarsi.

Poi non è colpa di Dimarco se Inzaghi lo sostituisce sempre tra il 55’ e il 70’, nonostante nei minuti finali a Istanbul sia stato uno dei più lucidi (curiosamente Dimarco ha completato solo tre partite intere nell’Inter negli ultimi dodici mesi, la finale di Champions e le due belle vittorie contro Sampdoria e Lazio in casa). Theo ha esordito nove mesi prima di Dimarco con la Nazionale, ha segnato due gol entrambi molto importanti in semifinale di Nations League e in semifinale dei Mondiali, ed è stato inserito dalla FIFA nella top XI dei Mondiali. Però non è mai stato nella top XI di un’edizione di Champions League, onore invece toccato l’anno scorso a Dimarco, che ha realizzato cinque assist nella competizione, record condiviso con il solo Eto’o nella storia dell’Inter.

E pur avendoci giocato meno della metà dei minuti di Theo, anche Dimarco ha già segnato due gol con la Nazionale maggiore. In generale Dimarco garantisce più produzione offensiva rispetto a Theo. Da quando è tornato in Serie A genera sistematicamente più occasioni rispetto al francese a parità di minuti giocati, e da quando gioca con regolarità nell’Inter circa il doppio. Guardando alla somma di npxG+xAG p90 (dati Statsbomb): (2019/2020) 0.33 vs 0.32; (2020/2021) 0.34 vs 0.28; (2021/2022) 0.50 vs 0.29; (2022/2023) 0.43 vs. 0.22; (2023/2024) 0.48 vs 0.17. È però difficile mettere sullo stesso piano il ruolo di Dimarco nel sistema di Inzaghi, dove si trova spesso a ricevere la palla in linea con gli attaccanti, rispetto al ruolo di Hernández nel Milan, dove deve dividere fascia e responsabilità con Rafa Leão.

Non è una brutta vita in fondo. Dietro ogni violenta accelerazione di Theo Hernández c’è insieme a tutto il suo talento una fetta di campo regalatagli dall’attrazione che Leão esercita sulle difese avversarie, mentre nell’Inter a sinistra dipende tutto da Dimarco. Ogni tanto gli si avvicina la mezzala per dialogare, ma il più delle volte deve addomesticare fiondate partite a settanta metri di distanza con il piatto in corsa, e a quel punto inventarsi qualcosa in due secondi per non rallentare il ritmo dell’azione. Anche giocatori con molti mezzi come Dumfries, o Gosens, quando non sono stati al cento per cento della loro condizione sono sembrati inadeguati per il ruolo. Dimarco invece ogni volta che scende in campo garantisce il suo contributo alla causa con una regolarità anomala anche per i migliori giocatori dell’Inter, come Lautaro, Barella o Bastoni, e forse addirittura per lo stesso Theo.

Ed è in questi aspetti meno tangibili che Dimarco sta vincendo un confronto che fino a un paio di anni fa sarebbe suonato sacrilego, ma che ha assolutamente ragione di esistere. Anche il pagellone stile “Guida al Campionato” scorre punto a punto.

  • Tiro? Dimarco ha un tiro più pericoloso, con più sfumature;

  • Cross? Dimarco ha in generale un piede migliore (ora riguardiamo l’apertura per Darmian da cui nasce il gol di Calhanoglu al Barcellona);

  • Velocità? Theo vince con discreto margine;

  • Arte difensiva? Meglio Theo, anche se Dimarco è migliorato molto nell’uno contro uno, e fin qui in campionato è stato il più efficace nel contenere Pulisic;

  • Conduzioni con la palla? Theo;

  • Inserimenti senza palla? Dimarco;

  • Esultanza? Qui sono entrambi molto vicini, tutti e due impersonano in modo abbastanza iconico quell’espressione un po’ schifata e un po’ strafottente, alla “nun c’è problema”, però Theo ci aggiunge il dettaglio della cornetta del telefono;

  • Tatuaggi? Entrambi hanno la schiena ricoperta ma nessuno dei due si è guadagnato una menzione nel pezzo di Marco D’Ottavi sui migliori tatuaggi sulla schiena dei calciatori. Dimarco ha un convenzionale leone feroce con un cucciolo di leone e il nome della moglie, Theo ha il collage di una geisha e una pagoda in mezzo ai fiori di loto, una rappresentazione meno familiare ma più originale e articolata.

  • Instagram? Theo è un po’ più amatoriale mentre Dimarco da quando ha firmato per Roc Nations ha un profilo più curato, tutte immagini in HD e la meravigliosa idea di citare Facchetti il giorno dopo la finale persa: «Ci sono giorni in cui essere interista è facile, altri in cui è doveroso e giorni in cui esserlo è un onore».

Federico Dimarco come se fosse a Guida al campionato.

In uno sport di squadra, Dimarco è sempre riuscito a essere l’uomo giusto e quindi il più affidabile: il più veloce ad arrivare sul punto di battuta dell’ultima punizione, a spaccare la bandierina dopo un gol decisivo, a prendersi il microfono in mano dopo una finale vinta. Pochi calciatori riescono a vivere il mestiere di calciatore in simbiosi con i loro tifosi come Dimarco, pochissimi tra quelli del livello di Dimarco, che almeno in questo è insindacabilmente superiore a Theo.

Theo è più avanti, più completo, più forte

di Marco D'Ottavi

Che Theo Hernandez e Federico Dimarco siano a un livello simile è notizia (sorpresa?) degli ultimi mesi e - non fraintendetemi - è cosa buona e giusta che se ne parli (ottima per l’Inter e gli interisti, ma anche per l’Italia, intesa come Nazionale). Soprattutto è un attestato di stima verso Dimarco, un calciatore che nell’ultimo anno (anno e mezzo?) ha avuto una crescita notevole, inattesa e stimabile.

Ma questa crescita lo ha spinto fino al livello di Theo Hernandez, quello che è - pacificamente - il miglior terzino sinistro della Serie A dal suo arrivo, quattro stagioni e una decina di partite fa? È davvero impossibile dirlo, per tutta una serie di ragioni che io - non perché odi Dimarco, anzi, ma in quanto, diciamo, avvocato dalla parte del francese - andrò a esporre punto per punto.

Una ragione storica

Il calcio ha poca memoria, ma se ci voltiamo appena un attimo indietro, chi ha avuto la carriera migliore fin qui? È quasi banale la risposta ma a non dirlo si rischia di fare un torto a Theo, anche e soprattutto perché lui e Dimarco hanno la stessa età, quindi, se vogliamo davvero provare a considerarli su un livello simile dovrebbe essere simile anche il loro passato. Ma è davvero così? No, e prendere in considerazione le Nazionali giovanili, che in Francia sono praticamente gli X-men, è un puro esercizio di stile (e, se parliamo di Nazionale, Theo si è giocato una finale del Mondiale meno di un anno fa, ed è stato scelto nel miglior undici del torneo).

Oggi magari è facile scordarselo, ma Theo Hernandez è stato uno dei giocatori più importanti - il più importante? - nel passaggio dal Milan catastrofico della Banter Era al Milan attuale, quello che ha vinto uno Scudetto, che è arrivato in semifinale di Champions, che soprattutto ha ritrovato un’anima e una precisa idea di calcio (che, non casualmente, assomiglia al Theo calciatore). Non è carisma questo? Arrivare in uno dei più blasonati club al mondo e stravolgerlo grazie al proprio talento?

Dal suo arrivo in Italia Theo è stato un fulmine, al riscatto del Milan ci ha creduto anche prima di Pioli e tutti gli altri, comportandosi dal giorno uno come trascinatore, un incrocio tra un terzino e un attaccante. Le prime due stagioni - quelle in cui ha segnato 7 e 8 gol, numeri ridicoli per un terzino di una difesa a 4 - raccontano il Theo più esuberante ed evidente, quello che sgasava, tirava, crossava, dribblava, faceva casino. Quello che ha facilitato il passaggio da un Milan senza né arte né parte a un Milan intenso e verticale, senza compromessi (nello stesso momento Dimarco faceva il suo percorso, tra un prestito andato male al Parma, una mezza stagione in panchina all’Inter e il passaggio al Verona dove il primo anno giocava a malapena).

Una ragione pratica

A vederla così c’è il rischio di credere che Theo sia già nella fase discendente della sua parabola, non segnando più come una seconda punta (anche se 5 e 4 gol nelle ultime due stagioni). Se non è più - o almeno non con quella continuità - quel tipo di terzino è perché il Milan si è evoluto e lui appresso.

L’esplosione di Leao ha spinto Pioli, giustamente, a ritagliare per il suo terzino un ruolo diverso, meno monotematico e più ricco di sfumature. Oggi Theo ha la capacità tattica di entrare dentro al campo per aggiungersi ai centrocampisti, di scalare come terzo di una difesa a tre se serve, ma anche di spingere ancora come un terzino/treno o associarsi con Leao per dare fuoco alla catena di sinistra. Quante in Europa sono migliori di quella del Milan? La differenza con quella di destra era così evidente da essere quasi ridicola e spingere la società a provare a ridurre il gap sul mercato (lo stesso si può dire per Dimarco e Dumfries? Non mi sembra).

Un confronto tra l’Hernandez della stagione 2020/21 (già meno di spinta, in rosso) e quello attuale (in blu).

Saper fare tante cose ad alto livello è quello che fa davvero la differenza per un grande giocatore. Ovviamente il meglio di Theo è come vola in conduzione, la capacità di creare pericoli in maniera autosufficiente o come rifinitore nei pressi dell’area di rigore, ma a questo ha aggiunto una capacità associativa lungo tutto il campo, una tattica nel muoversi in relazione ai compagni e anche una dimensione migliore come difensore, soprattutto nelle leggere quello che accade alle sue spalle. Certo, non diventerà mai Maldini in difesa, ma - ecco - quanto è utile un terzino che sa fare tutte queste cose?

Potremmo prendere Theo e infilarlo in qualunque sistema diverso da quello di Pioli e avremmo - tranne nelle 3 o 4 squadre migliori al mondo - il miglior terzino della squadra. Lo stesso mi sembra non si possa dire con altrettanta facilità di Dimarco che ha trovato la sua Eldorado (e, mi ripeto, è un merito) nel 3-5-2 di Inzaghi che gli dà grande libertà di fare al meglio le cose che sa fare e che creano quelle statistiche che hai citato. Però, se parliamo di statistiche, dobbiamo anche dire che per Statsbomb i due non fanno neanche lo stesso ruolo e che se allarghiamo lo sguardo ad altre statistiche avanzate (tipo gli xG buildup, una statistica che da valore a tutta la partecipazione all’azione che porta al tiro) Theo è quasi sempre avanti.

Ma poi, oltre le statistiche: in un mondo distopico in cui Theo domani finisse all’Inter, chi metterebbe titolare Inzaghi per giocare negli ultimi metri di campo?

Una ragione atletica

Questo sarà il paragrafo più breve perché onestamente la differenza tra i due è autoevidente. Per quanto Dimarco sia cresciuto molto a livello atletico negli ultimi due anni, lo scarto tra lui e Theo è alto. Il francese è una specie di freak, un corpo vagamente somigliante a un furgoncino che viaggia spedito come una fuoriserie. Lui dice di essere il più veloce del Milan, più veloce anche di Leao e questa classifica non solo lo conferma, ma lo incorona come il più veloce della Serie A. Come si dice in questi casi, però, non è tanto la velocità in sé ma come la usi e Theo la sa usare benissimo. La sua capacità di accendersi all’improvviso, rallentare, sterzare, ripartire, arrivare in un battito di ciglia alla velocità di punta lo ha reso un incubo per gli avversari e un piano inclinato per l’attacco del Milan.

Un gol che ha contribuito a riportare lo Scudetto al Milan dopo più di 10 anni.

Oltre la velocità, Theo ha anche un fisico strutturato che gli permette di resistere ai contrasti, lo aiuta negli uno contro uno difensivi, a farsi rispettare sia quando attacca che quando difende. Cosa si può volere di più?

Controprova empirica

Francesco ha usato Transfermarkt e Fifa, dove la vittoria di Theo è schiacciante, per sminuire questo tipo di valutazioni. E sono anche d’accordo, eppure come dovremmo fare per dare un giudizio? A questi numeri, che comunque sono stati dati da persone che guardano le partite di Theo e Dimarco, si aggiungono tutta una sfilza di classifiche del ruolo in cui il francese è sempre tra i primi, mentre l’italiano neanche c’è. In questo articolo del 30 marzo 2023 dove si mettono in fila i migliori 25 terzini sinistri del mondo, Theo è primo mentre Dimarco non c’è proprio; Four-four-two, lo mette terzo (e Dimarco non c’è neanche qui). Potrei citarne altre dieci ma sarebbe ridondante e anche di cattivo gusto.

Theo Hernandez come se si fosse a Guida al campionato.

La percezione comune sminuisce Dimarco rispetto a Theo non perché è fatta da incompetenti ma perché, come ho provato a spiegare la dimensione internazionale, storica, atletica dei due non è comparabile. Magari le cose cambieranno in futuro - non è detto che tutti debbano maturare prima dei 25 anni - ma al momento è un dato di fatto incontrovertibile.

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