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Dimarco ha fatto il gol dell'anno o è stato solo fortunato?
13 nov 2023
13 nov 2023
Perché è difficile credere il suo gol sia voluto.
(copertina)
IMAGO / HochZwei/Syndication
(copertina) IMAGO / HochZwei/Syndication
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«All’inizio ho visto Denzel», ha detto Dimarco a caldo «poi ho visto il portiere fuori e alla fine meno male che è entrata perché sennò veramente prendevo tanti di quegli insulti…». Stava parlando del gol incredibile segnato contro il Frosinone, una freccia scoccata con i piedi quasi sulla linea laterale sinistra da poco oltre la metà campo. Per la precisione 56 metri e 47 centimetri, come gli ha detto Federica Zille a fine partita. Nell’intervista post-partita l’inviata di DAZN gli stava chiedendo di «mettere un punto» alle discussioni che il suo gol aveva creato, generando conflitti anche tra «amici di vecchia data», neanche fosse una questione politica. Aveva tirato o voleva crossare per Dumfries? Cioè: aveva appena segnato un gol fenomenale, forse il più bello della sua carriera, oppure era stato solo fortunato?

Se nello studio di DAZN non hanno avuto dubbi sulla prodezza - Marcolin è arrivato addirittura a paragonare Dimarco a Roberto Carlos - in quello di Sky è stato tutto il contrario. Non ci sarebbe stato quasi bisogno di dirlo per Paolo Di Canio, che però è entrato molto nel dettaglio per convincere tutti di quanto fosse evidente che Dimarco volesse crossare. «È una giocata codificata», ha detto Di Canio, per cui la palla doveva tagliare tra difesa e portiere e arrivare dietro a tutti, sulla corsa di Dumfries.

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Con quel suo cinismo paternalista Di Canio faceva sembrare Bergomi - anche lui piuttosto scettico a dire il vero - un ingenuo per il semplice fatto di volere tenere in conto le parole di Dimarco. Proprio quando stava per convincere anche me, però, ha tirato in ballo il gol di Florenzi contro il Barcellona (poi candidato al premio Puskas) sostenendo che anche Florenzi volesse fare una giocata per un compagno, e allora no, mi ha perso. Perché se di Dimarco possiamo discutere per quanto riguarda Florenzi non c’era nessun dubbio che volesse tirare: non c’era nessun giocatore più avanzato di lui e il suo sguardo punta deciso verso la porta di ter Stegen prima di calciare.

In casi come questo scandagliamo la realtà col microscopio, cercando il dettaglio rivelatore come in Blow-Up di Antonioni, in cui lo sfondo sgranato di una fotografia che dovrebbe ritrarre due amanti in un parco cela un uomo con una pistola e un cadavere steso in terra. L’idea è che guardando abbastanza da vicino, guardando davvero bene, possiamo smontare la realtà, aprirla come fosse una scatola misteriosa e guardarci dentro. I nostri sensi ci ingannano e magari, in fondo in fondo, vogliamo farci ingannare, proprio come Dimarco che, se non ci sta direttamente mentendo, sarebbe vittima della sua stessa illusione.

Statisticamente quasi impossibile.

Vallo a sapere se esiste davvero una realtà fuori dalla nostra percezione, però. Di Canio stesso pur guardando e riguardando le immagini davanti a sé si inventa un rimbalzo, che farebbe perdere il controllo del pallone a Dimarco, che però non esiste. Il passaggio di Mkhitaryan gli scorre davanti senza sussulti, con la palla quasi affondata nell’erba soffice di San Siro, e Dimarco calcia di prima, senza controllarla o portarsela avanti. Per credere che abbia calciato involontariamente in porta bisogna credere che Dimarco, uno dei migliori calcianti del nostro campionato, uno dei piedi sinistri più precisi, affilati, sensuali della Serie A, abbia preso così male la palla che anziché metterla rasoterra al centro della trequarti di campo o alle spalle della difesa avversaria, a giro, l’abbia sparata dritta per dritta a tre o quattro metri di altezza. E casualmente sia entrata in rete.

Che poi, voglio dire, sbucciando il pallone da metà campo, quasi dal fallo laterale, quante probabilità ci sono di calciare in porta in quel modo? Capisco un cross dal limite dell’area, ma da metà campo? Per carità, sempre possibile, ma insomma preferisco fermarmi e ammirare l’inaccessibile complessità della realtà come il Viandante sul mare di nebbia di Friedrich.

In fin dei conti anche questo è un modo come un altro per parlarne, per considerare ogni aspetto di un evento eccezionale e portarlo nel discorso comune. Per notare il rapporto tra la strana postura di Dimarco, effettivamente un po’ fuori equilibrio, e la potenza impressa al pallone. Che viaggia teso sopra Turati, saltato molto in alto con le mani ben oltre la traversa, ed entra in rete abbassandosi all’ultimo.

Ed è interessante, oltreché vero, che Dimarco guarda al centro prima di calciare, ma ciò non gli impedisce di notare con la visione periferica la posizione del portiere - come un pugile che fissa lo sterno dell’avversario per fingere il colpo al corpo, far scendere la guardia e poi invece mirare al volto.

Ma è bello anche notare come calcia Dimarco. Nel gol all’Empoli, al volo, ma anche in quello segnato in questa stessa porta di San Siro con la maglia del Parma, proprio contro l’Inter, Dimarco colpisce la palla sempre con la parte esterna del collo del piede sinistro. Quando crossa o calcia con un giro a rientrare (come nella punizione con la Sampdoria) colpisce invece sempre con il collo ma con la parte interna. Anche nella palla rasoterra che dà a Barella al 64esimo di questa stessa partita con il Frosinone, tagliata sul secondo palo dal limite dell’area, Dimarco calcia forte con l’interno del collo. Parliamo, probabilmente, di due punti a una decina di centimetri di distanza su un piede.

Contro il Frosinone sembra colpire la palla in un punto a metà strada (il che riapre la possibilità del tiro casuale) quasi esattamente al centro del collo: e infatti la palla gira su se stessa all’indietro, senza muoversi dalla linea tracciata col righello, che va dal punto di battuta alla porta di Turati.

Sono tutti dettagli interessanti - così come i passettini laterali di Dimarco che sullo slancio finisce fuori dal campo a sinistra - che però difficilmente possono certificare una versione unica della storia. Ci sono cose che, semplicemente, non sappiamo e non possiamo sapere, anche se alcuni di noi fingono di esserne certi oltre ogni ragionevole dubbio. Se poi non crediamo neanche alle parole dei protagonisti, dando anzi per scontato che per orgoglio, o narcisismo, siano naturalmente disposti a mentire pur di prendersi dei meriti non loro (non fino in fondo, almeno), allora vale davvero tutto.

Preferisco pensare a quanto è difficile, e raro, anche solo che qualcuno provi a calciare da centrocampo. Ricordo ad esempio Mario Rui, al 26esimo minuto contro il Milan, con il Napoli sotto di due gol in casa, provare a calciare qualche metro oltre la metà campo, troppo alto e troppo lento in ogni caso per cogliere di sorpresa Maignan. Per qualche ragione poco dopo, al secondo minuto di recupero del primo tempo, anche Raspadori ha provato a calciare in porta una palla sfuggita alla difesa milanista a centrocampo, come se fosse la cosa più furba da fare, non andando neanche vicino a prendere la porta però.

Quelli erano tiri di frustrazione, tentativi di aggirare un ostacolo, di compensare con un colpo di genio delle difficoltà quotidiane, banali, a costruire occasioni da gol. Ma per calciare da centrocampo ci vuole sempre una dose così forte di coraggio che diventa persino arroganza. Il caso ha voluto che proprio ieri ci sia stato un altro gol di questo tipo, nel campionato turco. Jonjo Shelvey, centrocampista inglese ex di Newcastle e Swansea, giusto per citarne due, e che con lo Swansea aveva già segnato da lontanissimo, ha segnato l’unico gol nella partita tra il suo Rizespor e l’Istanbulspor, prendendo la mira addirittura da dietro la linea di metà campo e scavalcando il portiere. Mario Rui e Raspadori ci hanno provato ma non ci sono riusciti, Jonjo invece ci ha provato e ci è riuscito per ben due volte in carriera, come se fosse un suo tratto caratteriale, una sua peculiare modalità espressiva.

Il paradosso, per Dimarco, è che gli viene concesso di esserci riuscito - con un po' di ipocrisia si continua a dire che è un bel gol anche se - ma non di averci provato. Lui ha detto che lo avrebbero insultato se non avesse fatto gol, ma la provocazione è ancora più grande nel momento in cui la palla entra in porta. Perché fa sembrare facile una cosa che quasi impossibile, impensabile per quasi tutti - nel senso che, credo, sono in pochi anche solo i calciatori a cui passa per la testa una cosa del genere. Forse per questo Di Canio - a cui di cose assurde quando giocava ne sono venute in mente parecchie - non riesce a credere che Dimarco possa aver avuto quell’idea. Non è il gesto tecnico, ma l’intenzione, che si rifiuta di accettare. Dimarco, dice Di Canio, è riuscito a fare una cosa eccezionale, difficilissima, senza neanche averci provato. È come se avesse segnato un gol così impensabile che, in effetti, secondo alcuni, non lo ha effettivamente pensato.

Voluto o no, solo da un piede come quello di Dimarco poteva uscire una palla di quel tipo. In un certo senso Dimarco è comunque lo strumento di un talento che sembra trascenderlo almeno in parte, come se quel piede sinistro sarebbe potuto capitare a chiunque e debba considerarsi fortunato che sia capitato in dote proprio a lui. In fondo non è quello che pensiamo comunque dei calciatori? Che abbiano vinto la lotteria del talento? Forse Dimarco è solo il più fortunato tra i fortunati. Chissà potrebbe provare a bendarsi, girare dieci volte su se stesso a centrocampo e poi calciare una palla che non vede e che qualcuno gli mette davanti al piede. Magari segnerebbe lo stesso gol di ieri.

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