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I 10 incontri più sanguinosi nella storia dell'UFC
29 mar 2018
29 mar 2018
Lauzon contro Miller, Velasquez contro Dos Santos e altri incontri passati alla storia per la loro durezza.
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29 min
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Nel linguaggio comune ci sono tante accezioni del termine sanguinoso, ma quando si parla di MMA il significato più letterale è quello più ricorrente. Nella storia della UFC ci sono stati tanti incontri sanguinosi, caratterizzati cioè da un abbondante spargimento di sangue, anche se non è questo il parametro migliore per valutare la reale “sanguinosità” di un incontro, intesa come durezza dell'incontro o, se volete, brutalità. A volte, anche negli incontri meno violenti, una semplice gomitata può aprire una ferita in una zona che comporta la fuoriuscita di moltissimo sangue, senza che però il danno fisico sia tale da compromettere il normale svolgimento dell'incontro. Emblematico, in questo senso, il match tra Stefan Struve e Denis Stojnic, un vero e proprio bagno di sangue senza per questo essere stato un incontro memorabile per la sua durezza.

Il sangue è un elemento estetico, spettacolare. Fa inorridire i detrattori delle MMA e, al tempo stesso, per molti appassionati è solo un elemento marginale, a cui non si fa quasi caso. Forse c’è un po' di assuefazione, perché, come ha scritto James Hillman (nel saggio Un terribile amore per la guerra) il lato oscuro della tolleranza è la perdita di sensibilità verso l’intollerabile. Personalmente, ho cambiato radicalmente percezione il 25 Settembre 2010, quando, durante l’incontro tra Sean Sherk a Evan Dunham, quest’ultimo ha detto rivolgendosi alla telecamera: “I love this sport”, poco dopo aver subito una gomitata pesantissima che gli aveva procurato una vistosa ferita all’arcata sopracciliare destra.

Ho scelto i dieci gli incontri più sanguinosi non tenendo solo conto dello spargimento di sangue, ma anche della brutalità e della ferocia che un incontro può mettere in scena, quella violenza arcaica che non è solo estetica (anzi, spesso è effettivamente repellente) e che attrae parte del pubblico molto prima degli aspetti puramente tecnici, quell’aggressività che la società moderna ha rimosso e che anche nelle MMA è sublimata.

10. Cain Velasquez vs Antonio Silva (pesi massimi, 2012)

Il 26 maggio di sei anni fa Cain Velasquez ha inflitto al brasiliano Antonio Silva, in una delle punizioni più crudeli e spaventose mai viste in un ottagono. Questo pezzo sembra pensato per Velasquez: nessuno ha ancora raggiunto il suo livello di ferocia e sembra assurdo pensare che fuori dall’ottagono lo stesso Velasquez sia un tranquillo e sorridente padre di famiglia. Dopo 7 secondi dall’inizio Antonio Silva tenta un leg kick e sarà l’unica cosa che proverà a fare quella notte, perché Cain lo intercetta in modo splendido e con un movimento fluido atterra il brasiliano e inizia un impetuoso ground and pound: dopo un minuto le gomitate dalla mezza guardia di Velasquez hanno già aperto uno vistosa ferita sul volto del brasiliano.

Antonio Silva è una cintura nera di BJJ, ma Cain non se ne accorge e lo tiene bloccato nella sua half guard, senza smettere di colpirlo con il sinistro, sia con pugni che gomitate che contribuiscono ad alimentare la sempre più crescente quantità di sangue sul tappeto. Poi Velasquez passa dalla parte destra alla parte sinistra di Antonio Silva, tenendolo sempre nel controllo laterale, e continua a colpirlo. Dopo un paio di minuti l’arbitro ferma l’incontro per verificare le condizioni di Silva, ma è tutto ok. Si può continuare.

Antonio Silva tenta disperatamente di afferrare la gamba di Velasquez per provare una sottomissione, ma invano. Cain si rialza, gli entra un’altra volta con facilità nella mezza guardia e quando questi tenta di rialzarsi Velasquez gli prende addirittura la schiena e da lì lo tempesta con il sinistro. Poi passa ancora dalla mezza guardia finché non decide di alzarsi e di far pesare ancor di più i suoi colpi. "Bigfoot" è in totale balia della foga di Velasquez, che trova anche la posizione di monta e continua colpire finché l’arbitro, finalmente, mette fine al massacro quando manca un minuto e ventiquattro secondi alla fine del round. Tre minuti e mezzo sono bastati a Cain Velasquez per dare vita a una delle carneficine più tremende che si siano mai viste in uno sport da combattimento. Tutto, come sempre, si chiuderà in un abbraccio molto sentito.

9. Brock Lesnar vs Cain Velasquez (pesi massimi, 2010)

L’avvento di Brock Lesnar in UFC era stato dei più clamorosi, sia in termini economici, visto che sfruttando la fama ottenuta in WWE Lesnar è diventato velocemente il fighter più seguito e pagato, sia per quanto riguarda i risultati, visto che è diventato campione dei pesi massimi battendo Randy Couture (seppur dopo aver perso all’esordio per sottomissione contro Frank Mir). Una volta conquistato il titolo, Lesnar difende due volte la cintura, prima prendendosi la rivincita contro Frank Mir in un match estremamente cruento, e poi sconfiggendo Shane Carwin per sottomissione, dopo aver subito l’impossibile nel primo round. Poi, ad attenderlo, c'è un giovane di origini messicane, si chiama Cain Velasquez è ha messo in fila sei vittorie consecutive dal suo ingresso UFC.

Lesnar, come consuetudine, parte molto aggressivo, trova il clinch, mette due ginocchiate al corpo, una flying knee in uscita e dopo 30 secondi trova anche l’atterramento, ma Velasquez si alza immediatamente e difende poco dopo un successivo tentativo di takedown di Lesnar, che lo spinge a parete in cerca del double leg e per un attimo lo porta giù, ma Velasquez non fa in tempo a toccare il suolo che è già in piedi. Il cronometro dice che sono passati poco meno di due minuti e i due sono tornati a distanza, si aprono degli scambi piuttosto pesanti, interrotti da un one leg di Velasquez che alza la gamba di Lesnar e lo atterra. La reazione di quest’ultimo è molto meno composta rispetto a quella di Cain che infatti gli prende la schiena e lo colpisce dal controllo laterale mentre è rannicchiato per tentare di limitare l’efficacia dei colpi.

Lesnar si rialza, ma i colpi subiti dal ground and pound sembrano avergli tolto un po’ di lucidità, dopo un breve scambio tenta un takedown che sa di panico e colpito, in modo che non pare affatto così significativo, inizia a barcollare fino all’altra parte dell’ottagono in quella che sembra una danza sgraziata di un energumeno troppo ubriaco per reggersi in piedi. Perde due volte l’equilibrio e lo riconquista vorticando su se stesso, ma appena riesce a rimettersi in qualche modo in piedi che Cain Velasquez si avventa nuovamente su di lui.

Prima una combinazione di braccia, poi una ginocchiata spaventosa dal clinch. Lesnar barcolla, viene nuovamente colpito da un diretto destro mentre si allontana ed ha perso il controllo sul suo corpo andando una prima volta knockdown. Velasquez si piazza accanto alla testa di Lesnar che è sdraiato al suolo e piazza delle gomitate violente, ma con cura e senza farsi prendere dalla foga. Lesnar si trova per una manciata di secondi in una posizione anomala: praticamente sdraiato sulla parete dell’ottagono in verticale a testa in giù a subire i colpi di Velasquez, ma anche quando dopo poco si ricompone la situazione non migliora per lui e si trova in balia del ritmo incessante dei colpi di Velasquez, che con un ginocchio sul corpo lo immobilizza e a due mani lo colpisce senza tregua.

Manca un minuto alla fine, Lesnar è riuscito ad afferrare una gamba di Velasquez e a riportarsi in piedi ma ha accusato eccome la grandine piovutegli dal ground and pound e una combinazione jab diretto destro gli piega nuovamente le gambe. Ancora colpi, stavolta sono addirittura hammerfist che si schiantano in pieno contro il volto ormai irriconoscibile di Lesnar finché l'arbitro Herb Dean dice di aver visto abbastanza.

8. Joe Lauzon vs Jim Miller (pesi leggeri, 2012)

Joe Lauzon e Jim Miller sono due veri selvaggi dell’ottagono, hanno una tolleranza ai colpi inimmaginabile e uno stile sfrontato, due soggetti, insomma, che si prestano perfettamente ad incontri sanguinosi come quelli che stiamo cercando. Inizia il match e dopo qualche scambio aperto è Miller dal clinch a colpire, prima con le gomitate dallo stand up, poi con combinazioni furibonde a due mani sulle quali Lauzon non sembra trovare le giuste contromisure eccetto qualche sporadico colpo di incontro.

Dopo poco più di tre minuti le innumerevoli gomitate di Miller hanno aperto una notevole ferita sul volto di Lauzon che si è già trasformato in una maschera di sangue. A metà della prima ripresa l’arbitro è costretto a concedere un'interruzione temporanea per verificare le condizioni del fighter.

Si riprende, ma è sempre Miller a dominare con una pesante ginocchiata alla testa dal clinch, fase nella quale riuscirà ad essere efficace per tutto il match con ben 27 colpi significativi, alcuni dei quali davvero dolorosi.

Dopo un minuto e 38 secondi c’è la prima vera reazione di Lauzon che incrocia un cambio di livello del suo avversario con una ginocchiata dimostrando un ottimo timing, ma è sempre Miller che torna a farsi martellante con il diretto destro ripetuto contro un Lauzon davvero poco elusivo e quasi privo di movimenti di testa.

Il secondo round inizia con un ottimo takedown di Jim Miller, che forse pensa che sarà insostenibile perpetuare lo stesso ritmo avuto nel primo round nelle fasi di striking e vuole rifiatare. Miller conquista prima la mezza guardia, poi addirittura la full guard, ma è ingordo a tentare contro un grappler d’elite una tecnica di strangolamento conosciuta come "Brabo Choke", e finisce per finire sotto al suo avversario. Ora che Lauzon si trova sopra di lui, anche Miller è coperto di sangue, seppur non suo. Nel terzo round Miller comincia con un inside leg kick, ma Lauzon risponde con una buona combinazione. Lauzon arriva a bersaglio con maggiore frequenza, ora, mette un altro buon gancio prima di perdere l'equilibrio su un successivo inside leg kick e trovarsi di nuovo a terra.

Torna a dominare Miller con la netta superiorità del suo pugilato, ma J-Lau non molla e a metà della ripresa piazza una ginocchiata al corpo molto pesante che costringe Miller ad arretrare di qualche passo per riprendere il respiro. Sono entrambi esausti, ma nessuno dei due vuole fare un passo indietro e allo scadere Lauzon tenta prima una "Imanari Roll", poi una ghigliottina, ma è inutile perché pochi istanti dopo il suono della sirena decreta la fine della sanguinosa battaglia. I due restano sdraiati, sfiniti. J-Lau con il volto totalmente coperto di sangue allunga un braccio verso Miller che si volta e lo abbraccia.

7. BJ Penn vs Joe Stevenson (pesi leggeri, 2008)

Oggi il record di Penn dice 16 vittorie e 12 sconfitte ed è il record più bugiardo che un fighter possa avere. Nel 2008 Penn aveva conquistato il titolo contro Matt Hughes, scherzato con Renzo Gracie, perso solo per decisione divisa contro il gigante Georges St-Pierre e si trovava a combattere per il titolo dei pesi leggeri contro un fighter talentuoso e un grappler di altissimo livello come Joe Stevenson, reduce da 4 vittorie consecutive.

Dopo quattro secondi, Penn mette un montante violentissimo che fa crollare a terra Stevenson, ma dalla posizione dominante non riesce ad essere troppo efficace finché, esattamente a metà ripresa, non migliora nettamente la sua posizione trovando la full mount. Stevenson ha un ottimo BJJ e riesce ad uscirne senza subire danni, resta attivo schiena a terra e quando manca un minuto Penn non è ancora riuscito ad essere concreto, mentre il suo avversario ha lavorato bene con la guardia attiva colpendo diverse volte.

Mancano 35 secondi, Penn stavolta colpisce con una gomitata davvero pesante dalla top position, la fronte di Stevenson inizia a schizzare sangue.

Finisce il round e all’angolo è possibile osservare la profonda ferita che solca la fronte di Stevenson ma che non gli pregiudica il proseguo del match. In piedi la superiorità di Penn è evidente, Stevenson prova a reagire mettendo anche una buona gomitata dallo stand up, ma BJ arriva costantemente al volto con i suoi pugni nelle fasi di striking. Dopo 2 minuti nel secondo round, Herb Dean interrompe il match per verificare le condizioni di Stevenson, ma il medico dice che si può continuare, così BJ Penn seguita imperterrito a colpire il povero Stevenson in grandissima difficoltà. Prima il montante, poi il gancio: Stevenson barcolla, finisce a terra e concede un’altra volta la monta.

BJ Penn lo colpisce prima con i pugni, poi con le gomitate, è un ground and pound selvaggio dal quale Stevenson cerca disperatamente e invano di sottrarsi. Si gira posizionandosi con la faccia rivolta al suolo e da lì una fontanella di sangue tinge di rosso il tappeto sottostante. Le gomitate non si contano più, ma nessuna è così decisiva e stordente da mettere fine al massacro e così Penn prosegue instancabile nel suo lavoro di demolizione. Quando a un minuto dalla fine, dopo aver concesso la schiena, Stevenson subisce la "Rear-Naked Choke" che chiude il match è quasi una liberazione.

6. Junior Dos Santos vs Shane Carwin (pesi massimi, 2011)

Cinque anni fa il match fra lo statunitense Shane Carwin e il brasiliano Junior Dos Santos era fra i più appetibili nella massima categoria: entrambi striker eccezionali, più potente il primo, più veloce e tecnico il secondo, offrivano grandi aspettative per un incontro che si poteva immaginare molto equilibrato. Ma le cose andarono molto diversamente.

Dopo una prima fase di studio, Dos Santos mostra più confidenza, va a segno con il jab, colpisce al corpo e mette anche un buon diretto destro. Più avanti Dos Santos non si accontenta del jab e va a segno con una certa regolarità, ad un minuto dalla fine del round ne arriva uno potente, ma è solo un’avvisaglia. Poco dopo una combinazione sinistro-diretto destro, e ancora un siluro con il diretto destro, piegano le gambe di Carwin.

Dal controllo laterale una grandine infinita di colpi si abbatte sul volto di Carwin, JDS guarda l’arbitro esortandolo a interrompere l’incontro, ma Herb Dean dice che si può continuare. Il brasiliano è una furia, i suoi colpi martellano ad un ritmo ossessivo la faccia di Carwin che è già totalmente tinta di rosso.

Dos Santos non vuole prendere rischi nel secondo round e dunque non infierisce, tiene bene la distanza, lavora con il jab e rischia qualcosa solo quando Carwin va a colpire con i ganci in avanzamento, ma il suo footwork è ottimo e gli permette di uscire dalla combinazione. Carwin è un duro, non ci sta a perdere senza prima aver fatto il possibile per ribaltare la situazione e piazza un buon destro quando sul cronometro sono passati tre minuti. A un minuto dalla fine un high kick potente del brasiliano, dal nulla, impatta sul volto di Carwin facendo un suono tremendo e sul finire JDS si scatena anche con diversi pugni al corpo.

All'inizio della terza ripresa Carwin prova nuovamente a portare l’incontro a terra, ma è del tutto inutile. Dos Santos combatte in modo intelligente, tiene lontane le mani pesanti di Carwin e fa vedere un uso del jab mai visto a questi livelli nei pesi massimi. Carwin tenta disperatamente di accorciare la distanza, JDS però è velocissimo di piedi ad arretrare. Il volume di colpi di JDS è impressionante, ma lo è anche la precisione e la qualità con la quale va a bersaglio con una sistematicità straordinaria.

A un minuto dalla fine Herb Dean chiede al medico di sincerarsi nuovamente sulle condizioni di Carwin e nonostante il sangue che sgorga abbondante dal volto dà l’ok per proseguire. Il match si conclude in un abbraccio molto sincero, anche se è stato un incontro a senso unico che ha visto JDS dominare sopratutto grazie alla sua velocità, ma anche a una tecnica superiore a quella del suo avversario.

5. Rory MacDonald vs Robbie Lawler (pesi welter, 2015)

Quello tra Rory MacDonald e Robbie Lawler non è soltanto uno dei match più sanguinosi nella storia della UFC, ma anche uno dei più spettacolari, avvincenti e ricchi di colpi di scena. Alla vigilia del questo match erano due tra i migliori welter in circolazione (e forse lo sono tutt’ora): più duttile e tecnico il primo, più gladiatorio e potente il secondo.

Lawler veniva da una prima esperienza non del tutto convincente in UFC fra il 2002 e il 2004, quando aveva combattuto sette incontri vincendo solo i primi tre, per venire poi tagliato e fare il suo ritorno solo nove anni dopo. Il mutamento di Lawler fu radicale e improvviso: tutto d’un tratto, complice anche il passaggio dai pesi medi ai pesi welter, sembrava molto più in controllo nell’ottagono, la sua aggressività meno scriteriata e la sua difesa ai takedown migliorata in modo considerevole. Al suo ritorno in UFC, si conquistò il titolo battendo Jhony Hendricks, grazie a tre prestazioni clamorose (di cui l’ultima proprio contro Rory MacDonald, vinta per split decision).

MacDonald invece ha avuto un percorso più lineare (ne abbiamo scritto approfonditamente qui) ed era considerato il più grande talento canadese dopo Georges St Pierre: con questa title shot aveva la possibilità di riportare in patria quel titolo che era stato, dal 2007 al 2013, proprietà indiscussa del suo predecessore.

All’inizio l’incontro sembra tranquillo. La prima ripresa è caratterizzata da una lunga fase di studio (con il pubblico che, non potendo sapere cosa stava per succedere, aveva iniziato a fischiare) dove MacDonald sembrava poter avere la meglio grazie a qualche sporadica offensiva con il jab. Lawler, però, si difendeva bene, ed era molto efficace quando cercava di portare il suo avversario a terra con lo sprawl. Nel secondo round Lawler diventa sempre più aggressivo e inizia a colpire a sua volta con il jab, accompagnandolo a volte anche con il suo pesante mancino. È il momento in cui l’incontro inizia a diventare davvero sanguinoso: un uno-due di Lawler si schianta con violenza sul volto del canadese, facendogli grondare sangue dal naso, forse già fratturato.

L’inerzia adesso è a favore di Lawler, che anche nella terza ripresa continua ad andare a bersaglio con frequenza con il destro. MacDonald sembra molto in difficoltà e per difendersi tenta l’atterramento, ma il suo one leg si scontra ancora una volta sul fenomenale sprawl di Lawler. A soli 38 secondi dalla fine della ripresa, però, quando sembra ormai inerme e sconfitto il canadese riesce a colpire violentemente Lawler con un high kick dietro la nuca, facendogli perdere per un attimo l’equilibrio. Comincia una tempesta di colpi di MacDonald, che continua all'inizio della quarta ripresa.

Lawler riesce inspiegabilmente a rimanere in piedi, e dopo che il nubifragio è finito torna a colpire con le sue solite combinazioni di braccia, ribaltando un’altra volta l’andamento dell’incontro che ora sembra volgere nuovamente a suo favore. Al termine del quarto round Lawler resta immobile a fissare MacDonald: una delle immagini più epiche della storia di questo sport.

Nel quinto round le forze sono scemate, con il canadese che sembra aver spremuto tutte le sue energie per cercare invano di finalizzare il suo avversario. Lawler ne ha di più, arriva con frequenza al volto ormai tumefatto di MacDonald finché l’ennesimo jab, potente, va a schiantarsi sul naso già fratturato e Rory crolla al suolo. Lawler esulta con un evidentissimo taglio sul labbro che sembra fatto con una lama. Rory MacDonald, dopo essere tornato dagli inferi, dirà : «Grazie Robbie, è stato il più bel giorno della mia vita».

4. BJ Penn vs Diego Sanchez

Quando Diego Sanchez arrivò al match contro BJ Penn la sua furia sembrava inarrestabile, era un combattente con una determinazione e un’energia impressionante, il suo stile selvaggio, la sua tolleranza ai colpi, le sue qualità gladiatorie terrorizzavano i suoi avversari. BJ Penn però sembrava tranquillo, se una cosa non gli era mai mancata era proprio la fiducia nei propri mezzi. Il primo acuto è proprio di Penn: Joe Rogan, il commentatore, non fa in tempo a dire che il pugilato di BJ è il migliore in assoluto applicato alle MMA che un suo gancio destro d’incontro pesantissimo fa crollare le gambe di Sanchez, dopo 30 secondi. Sanchez sembra stordito, Penn non smette di colpirlo e l’incontro sembra poter finire da un momento all’altro, ma la forza di volontà di Sanchez è il suo punto di forza.

Quando Sanchez si rialza e chiude la distanza torna molto aggressivo. Alla fine del primo round, però, Penn lo colpisce prima con un montante di incontro poi con un gancio, che gli piega nuovamente le gambe appena prima della sirena. Anche nella seconda ripresa Sanchez non trova mai le misure, a differenza di Penn che senza strafare va a segno con buona costanza e difende con facilità i tentativi di atterramento avversari. Nel terzo Sanchez lavora molto a parete, capisce che non ha scampo nelle fasi di striking, ma l’equilibrio di Penn è fantastico e il match continua a svolgersi in piedi, dove sta letteralmente schiacciando il suo avversario.

Quarta ripresa, la musica non cambia Penn mette un diretto spaventoso poi, sistematico, continua a colpire l’avversario con il suo micidiale counterstriking ed è sbalorditiva la capacità di Sanchez di incassare e continuare ad avanzare esponendosi inevitabilmente ad altri colpi d’incontro e rendendo la punizione sempre più dura. Nella quinta, un high kick seguito da un serie di colpi con Sanchez a parete apre una ferita così vistosa da imporre un immediato stop di Herb Dean.

Appena il medico pulisce la ferita scopre uno squarcio nella fronte di Sanchez, guarda Dean scuotendo la testa. È finita e BJ Penn per esultare come consuetudine mulina le braccia schiaffeggiandosi il volto per poi leccarsi i guanti coperti del sangue di Sanchez, in quello che sembra un manifesto della suo opera sanguinaria.

3. Cain Velasquez vs Junior Dos Santos II (pesi massimi, 2012)

Junior Dos Santos aveva scioccato il mondo il 12 Novembre del 2011, quando con un overhand destro aveva mandato KO Cain Velasquez strappandogli la cintura appena conquistata ai danni di Brock Lesnar. Un anno è tempo di rivincita: Dos Santos veniva da otto vittorie in altrettanti incontri in UFC, e le cinque finalizzazioni entro il primo round ai danni di fighter del calibro di Fabricio Werdum, Stefan Struve, Gabriel Gonzaga e, appunto, Velasquez, facevano pensare ad un lungo e incontrastato dominio.

Velasquez la pensa diversamente e parte aggressivo, vuole togliere la distanza alla potenza del pugilato di Dos Santos che sa essere letale in particolare nelle prime fasi del match, così l’accorcia e i suoi movimenti sono velocissimi per un peso massimo, tenta subito il takedown, ma JDS è bravissimo a rialzarsi una volta a terra. Velasquez riprova ripetutamente ad ottenere l’atterramento, non ci riesce e inizialmente sembra essere il brasiliano con i colpi d’incontro ad avere la meglio. È un'illusione, l’alto ritmo di Velasquez diventa sempre più fruttuoso e quando dopo tre minuti mette JDS a parete e inizia a colpirlo con efficacia si profila un nuovo vantaggio per Cain, che potrà sfruttare il lavoro a parete e la dirty boxing.

L’alternanza dalle fasi di clinch a quelle di striking sembra togliere ritmo e misure a JDS, a un minuto e mezzo dalla fine infatti un gran destro di Velasquez in seguito a una buona azione di clinch manda knockdown il brasiliano. Diventa istintivamente una furia Velasquez che scatena un impressionate ground and pound (saranno 42 i suoi colpi a segno nel primo round) e demolisce il volto di Junior già ampiamente provato quando è trascorsa soltanto la prima ripresa. Velasquez è impetuoso anche a inizio secondo round, colpisce JDS con una violenta scarica di colpi, lo costringe ancora una volta a parete, lo atterra e inizia nuovamente a colpirlo dalla mezza guardia.

Ora Dos Santos non riesce più a difendere i ripetuti atterramenti di Velasquez che lo strapazza e lo devasta di pugni sia nelle fasi di ground game, sia in quelle di striking, dove si pensava che il brasiliano potesse avere un vantaggio e invece si mostra in palese difficoltà di fronte al ritmo, come sempre insostenibile, di Cain. Nella seconda ripresa Dos Santos è andato a bersaglio soltanto due volte contro le 24 di Velasquez che sta rendendo sempre più netta la discrepanza fra i due.

Ad inizio del terzo round un dato è particolarmente significativo: 33 colpi tentati da JDS, contro i 165 tentati da Cain, un’enorme discrepanza di ritmo nella quale il brasiliano sta lentamente sprofondando in una spirale sanguinaria. Nel terzo Velasquez punta sul lavoro a parete e non smette di colpire con la sue dirty boxe. Appena si torna a distanza Velasquez incede inarrestabile e incurante degli sporadici colpi d’incontro del brasiliano per costringerlo a parete e poi liberare tutta la sua potenza come sul destro che dopo due minuti impatta duramente il volto di Junior.

Dos Santos ha il vizio endemico di abbassare eccessivamente la guardia, soprattutto schiena a parete e le sue uscite laterali sono tutt’altro che impeccabili, la capacità di Cain di sfruttare a suo vantaggio tutti questi limiti è però sbalorditiva. Nel quarto round la musica non cambia, Velasquez mette diversi colpi a distanza in particolare un montante davvero potente e lavora tantissimo a parete, tanto che diventano 91 i pugni dal clinch sferrati dall’atleta di origini messicane dei quali ben 39 considerati significativi. JDS fatica a tenere la guardia alta e non accenna alcuna reazione per tutta la durata della ripresa. All’angolo cercano di scuoterlo, “jab, jab and uppercut” gli chiedono a gran voce, ma Junior Dos Santos sembra distante, stralunato dalla tempesta di pugni ricevuta fin lì, il volto sfigurato e ammaccato dai vistosi ematomi (qui a fine incontro).

La resistenza di Cain è irreale, non si era mai visto nulla di lontanamente simile fra i pesi massimi, con una frequenza di colpi sbalorditiva (saranno 339 i colpi tentati alla fine del match, di cui 210 a segno e ben 111 considerati significativi) e un’energia inesauribile perpetua il suo dominio anche nella quinta ripresa. Non c’è bisogno di aspettare l’esito dei cartellini per conoscere il vincitore, Cain Velasquez crolla a terra in un’estasi di gioia e i toni pacati e gentili con i quali risponde alle domande di Joe Rogan poco dopo sembrano stridere con la belva feroce che poco prima aveva sbranato per 25 minuti quello che era considerato l’uomo più pericoloso al mondo dentro un ottagono.

2. Mark Hunt vs Antonio Silva (pesi massimi, 2013)

Enormi, con mani terribilmente pesanti e mascelle inscalfibili, Hunt e Silva si presentavano come soggetti ideali per una battaglia sanguinosa. All’epoca il neozelandese Mark Hunt e il brasiliano Antonio Silva rappresentavano una terribile minaccia per qualunque peso massimo in circolazione (per il primo, oggi, le cose non sono diverse) grazie anche ad una predisposizione eccezionale a mandare KO gli avversari. Hunt aveva appena interrotto, contro Junior Dos Santos, una striscia vincente di quattro vittorie culminata con un terrificante KO ai danni di Stefan Struve; Antonio Silva invece veniva da una durissima sconfitta (la seconda) contro Cain Velasquez, ma aveva prima sconfitto due fighter d’elite come Travis Browne che Alistair Overeem ed era uno dei tre combattenti a poter vantare una vittoria contro il leggendario Fedor Emelianenko.

Era un match atteso non soltanto per la spettacolare ferocia di entrambi, ma anche per il loro valore. Il primo brivido lo ha regalato il brasiliano, che in uno scambio ravvicinato arriva con il gancio destro e manda Hunt, cosa molto rara, knockdown. Hunt, però, si rialza immediatamente e non sembra nemmeno aver accusato il colpo, ma è comunque Silva ad avere la meglio nella prima ripresa in virtù anche di qualche buon front kick al corpo.

Nel secondo round entrambi aumentano la propria aggressività, i colpi arrivano con regolarità e con un peso considerevole. A 2:21 è un diretto di Hunt a spiccare più degli altri colpendo in pieno volto Silva che però mette a segno un leg kick pesante allo scadere che fa zoppicare Hunt per qualche istante e lo costringe a cambiare guardia passando in southpaw. Nel terzo, Hunt capisce immediatamente che se continuerà a farsi colpire la gamba sinistra finirà per inficiare al più presto la sua mobilità e appena Silva mette il leg kick è bravissimo a reagire intercettando e trovando il takedown.

Gli scambi si fanno sempre più violenti, a 2:20 Hunt piazza un diretto destro spaventoso che scaraventa a terra Antonio Silva pareggiando il conto dei knockdown.

Dalla posizione dominante, Hunt mette delle gomitate poderose e il sangue inizia a scorrere dal volto del brasiliano che, schiena a terra, subisce il ground and pound fino al termine della ripresa. Nel quarto round parte con grande aggressività Silva che manda a segno una combinazione pugilistica pesante, ma Hunt risponde immediatamente, mette un buon colpo e spinge Silva a parete.

"Bigfoot" riesce solo inizialmente a resistere ai tentativi di atterramento del samoano che lo porta a terra in modo piuttosto anomalo e dalla top position torna a colpire senza sosta. Silva è una cintura nera di BJJ, schiena a terra si difende piuttosto bene e stavolta si alza in fretta. Appena i due tornano a scambiare si resta sbalorditi dalla ferocia con la quale colpiscono e con la disinvoltura con la quale incassano. Hunt manda a segno una gomitata micidiale dallo stand up, poi un destro corrisposto immediatamente da Bigfoot che dal clinch colpisce con una ginocchiata possente. Questa volta è Hunt ad essere stordito e subire una sequenza terrificante di ganci di Silva.

C’è uno scambio pazzesco, il brasiliano avanza con il volto grondante sangue, tiene ferma la testa di Hunt che ora è contro la parete, e lo colpisce con tutta la forza che possiede: il samoano appena la scarica cessa per un attimo risponde con due violenti pugni (ma con il secondo a vuoto) e poi tenta l’atterramento, ma è così stremato e sconvolto dai colpi subiti che è lui a finire schiena a terra. Può davvero succedere qualsiasi cosa, Hunt non ne ha più e concede facilmente la monta che Silva ottiene con calma e senza particolari sforzi, colpendo poi come una furia, con hammerfist e gomitate.

Sarebbe la fine per chiunque, ma non per Hunt che protende le braccia cercando di colpire Silva e cerca di dare un segnale all’arbitro e impedirgli di decretare il termine dell’incontro. Silva è troppo stanco per proseguire il suo ground and pound fino agli ultimi istanti del round, e si va al quinto e decisivo round. Quando inizia il quinto round Hunt sembra più lucido del previsto, anche se il sangue ha tinto i suoi capelli in uno strano arancione i due si avvicinano. I due sembrano consapevoli di vivere un incontro eccezionale. Hunt parte a razzo e va a bersaglio due volte con il suo poderoso destro, Silva barcolla, ma solo per un istante. Hunt continua ad andare a segno con colpi estremamente pesanti, tant’è che Antonio Silva cerca di chiudere la distanza per portarlo a terra, ma invano. Quando quest’ultimo finisce contro la gabbia Hunt lo colpisce metodicamente sia alla testa che al corpo senza che questi accenni una reazione. L'arbitro a metà ripresa interrompe per accertarsi delle condizioni di Antonio Sillva perchè il sangue gli cola abbondantemente sul volto impedendogli con ogni probabilità di vedere, ma è tutto ok secondo i medici.

Quando finalmente suona la sirena i due si stringono in un abbraccio che sa di ammirazione reciproca e il pareggio decretato dai giudici è sacrosanto, trovare un perdente in una simile battaglia sarebbe stato profondamente ingiusto.

1.Cain Velasquez vs Junior Dos Santos III (pesi massimi, 2016)

Può esistere una punizione più sadica e crudele di quella inflitta a Junior Dos Santos da Cain Velasquez nel loro secondo incontro? Sì, e per trovarla basta andare a vedere il terzo incontro tra i due. Appena prima dell’inizio del match, quando Bruce Buffer urla il suo nome, il rituale di Dos Santos prevede che avanzando verso il centro dell’ottagono guardi in faccia l’avversario e indichi il suolo in segno di sfida: Cain però gli si fa incontro e annuisce rabbioso come a dire “staremo a vedere”.

Nel primo round arriva prestissimo un bel gancio di JDS e all'inizio le cose sembrano funzionare bene per il brasiliano, ma presto è l’aggressività di Velasquez a emergere. La ricetta è la stessa del loro secondo incontro: pressione costante, lavoro a parete, dirty boxing e takedown. Nei primi cinque minuti Velasquez porta a segno ben 52 colpi. JDS incrocia anche bene un paio di volte con il jab e con un buon gancio, ma il suo avversario sembra incurante dei colpi e quando trova le distanza le sue scariche sembrano più potenti. JDS schiva con aggraziati movimenti di busto ma Velasquez insiste nel non voler concedergli la distanza, restandogli aggrappato in modo ininterrotto (4.12 minuti di controllo nel primo round, 3.54 nel secondo: una sanguisuga).

Se un altro peso massimo qualsiasi tenesse questo ritmo così dispendioso non durerebbe una ripresa, Cain Velasquez sembra poterne fare sei. A metà più o meno del terzo round arriva il lampo: le fasi di clinch iniziano a rendere un po’ monotono il match e anche il pubblico inizia a rumoreggiare, così un overhand destro improvviso (molto simile a quello con cui JDS vinse nel loro primo incontro) si schianta con violenza sul volto del brasiliano facendolo crollare immediatamente al suolo.

Il ground and pound che segue è come sempre impressionante. Junior arranca, tenta disperatamente di limitare i colpi che si susseguono incessantemente, si rialza, finisce in una ghigliottina dallo stand up e privo di energie e totalmente intontito dai pugni crolla ancora al suolo in una sequenza drammatica tanto che Herb Dean si avvicina in modo minaccioso valutando l’eventualità di KO tecnico. Il match è diventato un vero e proprio massacro con Cain che sferra colpi a tutto braccio e colpisce Dos Santos, che resta in piedi ma è totalmente inerme.

Quando ad inizio del quarto sono uno di fronte all’altro, il volto pulito di Cain si contrappone a quello irriconoscibile di Dos Santos, che però eroicamente resta nel combattimento, dimostrando doti eccezionale da incassatore. Certo, non si sta allungando la carriera... In apertura del quarto round un altro diretto destro del campione impatta con durezza: l’azione di Velasquez è veemente e disumana per la sua irruenza, Dos Santos si chiude disperatamente nella guardia.

A metà del quarto round sono più di 270 i colpi a segno per Cain, però è incredibile come JDS resti attivo colpendo, quando gli viene concesso un minimo di spazio, con il suo splendido pugilato che a tratti non sembra per nulla offuscato dai danni subiti. Ogni tanto mette anche qualche buona gomitata mentre è schiena a parete, ma il suo volto gronda una quantità di sangue tale da costringerlo a pulirsi continuamente il volto. Dopo essersi accertati delle condizioni di JDS, il quinto round ha inizio, con un immediato one leg del campione che porta a terra lo sfidante, poi lavora ancora a parete dando prova di quanto disumano sia il suo cardio. A fine incontro i colpi significativi dal clinch di Velasquez sono stati 66.

Junior Dos Santos prova un’ultima disperata ghigliottina e quando Velasquez lo proietta è talmente esausto che va a sbattere con la testa al suolo e poi resta in ginocchio con le mani a coprire il volto, in un gesto che sembra quasi chiedere pietà. Ancora due colpi, gli ultimi dei 274 totali andati a segno, e Herb Dean decide che può bastare. Dos Santos ricorderà pochissimo di quanto successo, credergli non risulta poi molto difficile.

La trilogia con Velasquez, o meglio i due incontri che seguirono la conquista del titolo e avrebbero dovuto coincidere con la sua consacrazione definitiva, sono la pietra tombale sulla carriera di Dos Santos, che pur fra alti e bassi non tornerà più allo splendore di un tempo. Le due sconfitte, così crudeli, hanno ridotto in modo irreversibile la sua tolleranza ai colpi e hanno tolto al brasiliano quella fiducia che sembrava incrollabile e che lo ha animato nella prima parte della sua carriera. L'eroismo, nelle MMA, si paga.

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