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Diario Italia: Il Pagellone v.1
19 giu 2014
19 giu 2014
Tra una partita e l'altra dell'Italia, chiediamo a dodici nostri collaboratori di dare un voto a ogni titolare Azzurro, e al Mister. È una pagella, ma è fatta meglio: è il Pagellone.
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SALVATORE SIRIGUdi Emiliano Battazzi (@e_batta) Poche cose sono spaventose e ridicole come un esordio. Personalmente, mi preparo agli esordi (ce ne sono di continuo, adesso che ci penso) come fossero battaglie di gavettoni: consapevole che non ne uscirò pulito, ma con la possibilità di portare a casa comunque un buon risultato. Quando ho saputo che avrebbe giocato Sirigu, ero piuttosto tranquillo: perché un portiere che da due anni fa la Champions League da titolare (sempre fino ai quarti di finale) dovrebbe aver paura di giocare contro l’Inghilterra? E questa è un’altra caratteristica degli esordi: preoccupano molto di più te che di chi ti sta intorno. Salvatore Sirigu, a vederlo durante l’inno di Mameli, non sembra preoccuparsi troppo della sua prima partita in un Mondiale di calcio: ha quasi un sorriso beffardo. Magari è solo una reazione isterica al dover sostituire a sorpresa Buffon, forse il portiere italiano più forte di sempre. Magari se la sta facendo addosso. Io sicuramente ho rischiato il collasso al quarto minuto, quando Sterling ha provato il tiro da fuori e la palla è andata sotto l’incrocio, anzi no, fuori l’incrocio ma sulla rete, e tutti ci siamo fermati per frazioni infinite di secondo pensando che fosse gol. Chissà se Sirigu, girando la testa mentre cadeva, s’è accorto subito che era uscita. Sul tiro da fuori di Henderson mi sa che capisce di essere davvero al Mondiale: niente di eccezionale ma è una bella parata, la devia lateralmente come si dovrebbe sempre fare e dà sicurezza. Perché poi per il portiere è molto importante anche il rapporto con gli altri: con i propri difensori, che magari erano abituati a Buffon, ma anche con gli avversari, che se ti vedono impaurito poi cominciano a bombardarti. Quando Welbeck vola sulla fascia destra e la passa in mezzo, e sembra gol sicuro, m’aspetto un portiere che esca in presa bassa, una cosa rischiosa ma possibile. Ed invece il supereroe che salva tutto è Barzagli. Ma era una mia fantasia, ha fatto bene a stare in porta. La preoccupazione di Sirigu l’ho vista per la prima volta proprio sul calcio d’angolo successivo: vuole uscire ma poi ha letteralmente paura di Cahill che salta da solo, e allora rimane sospeso in quel pensiero che spesso ci avvolge, del tipo “lo faccio o non lo faccio?”. Solo che un portiere, nel frattempo che ci pensa, rischia di prendere un gol: per fortuna non succede. L’Italia passa in vantaggio, Sirigu non ha neppure tempo per festeggiare che si ritrova il pallone alle spalle, e non c’avrebbe potuto far niente. Neppure un portiere sudamericano, del genere matto con maglietta disegnata a mano, sarebbe uscito di pugno in avanti su un pallone in volo che appena costeggia l’area piccola. Poi nel secondo tempo ha un’altra incertezza, di nuovo su un cross, ma soprattutto mostra i suoi limiti con i piedi, sbagliando un paio di rinvii. Un lieve difetto risaputo: con il 72% di passaggi riusciti nel PSG, Sirigu è sensibilmente al di sotto della media di Buffon nella Juve (82%). Errori di poco conto, in ogni caso, anche perché ad un quarto d’ora dalla fine della partita il nostro numero 12 para una buona punizione di Baines, che non era forte ma aveva scavalcato la barriera. Vince l’Italia, e vince Sirigu. Chissà se ci sarà ancora lui contro la Costa Rica, o se ritornerà a vedere il Mondiale da numero 12, quasi a metà tra giocatore e spettatore. VOTO 6,5: È andato molto bene, ma è troppo importante saper giocare con i piedi, soprattutto in una squadra che punta molto sul possesso palla.

MATTEO DARMIANdi Alfredo Giacobbe (@la_maledetta) “Who is Darmian?”. Se lo chiedevano i giornalisti inglesi in tribuna a Manaus, ma non c’è da biasimarli se anche il filmato di presentazione della Federcalcio dice di lui: “La più grande sorpresa tra i 23 convocati da Cesare Prandelli”. Matteo è cresciuto a Milanello ma con i rossoneri non ha quasi mai giocato. Ventura l’ha trasformato da centrale a terzino in una difesa a quattro, poi esterno in un centrocampo a cinque. Prandelli l’ha convocato prima nei due stage di avvicinamento, poi l’ha incluso nella lista dei 30 pre-convocati. Darmian, all’esordio mondiale e alla seconda presenza in assoluto, ha giocato da veterano ed è stato il grimaldello col quale Prandelli ha scassinato i meccanismi difensivi predisposti da Hodgson. Leighton Baines, scafato terzino del Everton, dal suo lato ha combattuto una lotta impari contro due uomini, come se il nostro CT avesse deciso di giocare con una coppia di ali. Ed è proprio così che Darmian e Candreva sono mostrati nel grafico delle posizioni medie a fine partita: affiancati, con Darmian molto alto. Si è parlato meno della partita difensiva di Matteo, dal suo lato si sono alternati Rooney, Welbeck, Lallana, nessuno dei quali è riuscito a superare il nostro terzino. Vedo già i vostri indici inquisitori: “Ma il cross di Rooney per il gol di Sturridge è venuto proprio dal suo lato”. Ma Darmian si era generosamente buttato in avanti, come tutte le volte, per supportare l’azione di Candreva. A quel punto la responsabilità di tenere a bada Rooney era di Verratti (non per niente quelli bravi la chiamano “copertura preventiva”). La Costa Rica proporrà una sfida differente: il dirimpettaio di Darmian, Bolaños, non è un’ala dai piedi educati come quelli degli inglesi; ma è un mastino che seguirà il nostro terzino a tutto campo, cosa che gli inglesi non sono riusciti a fare. Inoltre il terzino sinistro Diaz Campbell, schierato in una linea a cinque, riceverà assistenza in seconda battuta dal centrale di sinistra, Umana. È uno che sa spingere, Diaz, quindi Candreva dovrà rendere a Darmian il favore e venire in suo soccorso. Nella veglia afosa di sabato notte, ho sentito uno dei nostri vecchi dire: “Corre quanto Domenghini” - l’ala interista che nel 1970 ci trascinò fino alla finale col Brasile di Pelé. Le nostre speranze di Mondiale corrono con loro, più forte di loro. VOTO 7: Buona la prima: il Mondiale del torinista è fin qui da 7 in pagella. Un voto certamente in cerca di conferme ma Darmian è sembrato il più in forma dei nostri.

ANDREA BARZAGLIdi Daniele Manusia (@DManusia) Questo probabilmente è anche l'ultimo Mondiale di Andrea Barzagli che ha l'età mia (pochi mesi di più anzi) e io ho male al ginocchio quando sto seduto troppo tempo o quando tiro giù la gamba dal motorino al semaforo. Barzagli è più o meno così fisicamente dai tempi del Palermo ma è una di quelle persone, e uno di quei calciatori, che invecchiando migliorano. O meglio, è diventato talmente se stesso che Barzagli ha movimenti suoi, giocate sue, è facile da riconoscere in qualsiasi situazione di gioco anche sgranato in un'inquadratura larga. Adesso non vorrei spararla troppo grossa, ma non credo sia inferiore a molti difensori italiani del passato recente. Non è un giocatore sottovaluto, ma forse lo diamo per scontato. A 33 anni è il miglior difensore in rosa dell'Italia di questo Mondiale: è più veloce di Bonucci ed è più adatto alla linea a 4 e prende meno rischi in impostazione; la sua intelligenza (ed è vero che l'Italia è una squadra molto intelligente, anche Balotelli sembra migliorare con a fianco tutti giocatori disciplinati e ordinati) gli permetterebbe di giocare con vicino Chiellini (sarebbe questa la nostra coppia titolare, forse) con esclusivi compiti di marcatura, ma è piaciuta anche la coppia con Paletta. L'importante è che non si rifaccia male lui.

Escluso il gol subito, l'occasione in cui più abbiamo rischiato contro l'Inghilterra è arrivata al 23esimo del primo tempo. Quella qui sopra. Johnson e Welbeck si sovrappongono e Welbeck brucia Marchisio strappando Paletta dalla sua posizione. Barzagli resta 1v1 con Sturridge al centro. Sturridge ha 8 anni meno di lui ed è nel suo momento migliore in assoluto da quando fa il professionista.

Quando Welbeck sta per saltare Paletta in campo aperto (mi metto nei panni di Paletta e capisco la sua difficoltà, da difensore: io in quei casi entravo sull'uomo proprio per evitare l'imbarazzo di essere aggirato come un birillo a scuola guida, e come strategia non mi ha portato molto lontano) Barzagli prende una decisione difficile: corre sul primo palo preferendo l'anticipo anziché cercare il contatto con il corpo dell'attaccante avversario. Scivola e devia in angolo rischiando l'autogol. Non so neanche dirvi se è la scelta migliore in assoluto, ma in quel caso sì: non so se avrebbe corso quei venti metri alla stessa velocità di Sturridge e arrivando sul primo palo in scivolata ha rischiato l'autogol in misura minore che scivolando sul secondo. Senza contare che avrebbe potuto prendere Sturridge, rigore ed espulsione. È una scelta pazza che può prendere solo un grande giocatore che si conosce molto bene e si sente molto sicuro. VOTO 7: Non vorrei spararla troppo grossa ma la sua leadership difensiva, anche senza interventi clamorosi, mi ricorda quella di Cannavaro nel 2006.

GABRIEL PALETTAdi Luca Misculin (@LMisculin) In tutta sincerità, non mi aspettavo di vederlo in campo: dato l'infortunio di De Sciglio, pensavo che a sinistra avrebbe giocato Darmian - uno che quest'anno ha dimostrato di poter giocare anche su quel lato lì, con buoni risultati - e che questo comportasse l'utilizzo di Abate a destra, senza toccare la coppia centrale di titolari Chiellini-Barzagli. Intuitivamente, Prandelli deve aver pensato che non fosse il caso di rendere ancora più complicata la partita di Darmian, probabilmente la più importante della sua vita, finora: e a sinistra c'è andato Chiellini, con risultati così-così. Anche prevedendo lo spostamento di Chiellini, mi sarei inoltre aspettato di vedere in campo Bonucci, uno che con Barzagli ci gioca praticamente tutti i giorni. Invece, Paletta. Uno di cui ho un sincero timore, per via del suo famoso "taglio" di capelli: inesistenti in cima alla testa, fluenti ai lati, cioè il mio peggior incubo (li sto perdendo anche io, e nel mentre prego di non diventare così). Mi sono chiesto perché Prandelli abbia scelto lui al posto di Bonucci, un giocatore che peraltro conosce molto meglio. Non potendo parlare della condizione fisica (quel lato della faccenda lo conosce solo lui), mi sono risposto che Prandelli intendeva forse far curare uno come Sturridge a un difensore la cui caratteristica migliore è l'uso intelligente del proprio fisico (67,24 per cento di contrasti aerei vinti quest'anno, contro il 53,97 di Bonucci), piuttosto che l'impostazione del gioco - cosa che sabato, come noto, era delegata a De Rossi. O, forse, Prandelli ha preferito far giocare uno che è abituato a stare a quattro, dietro (Donadoni ha usato il 3-5-2 solo per una parte dell'ultima stagione). Non saprei. È stato evidente un po' a tutti, comunque, che Paletta si sia trovato spesso in difficoltà: all'11esimo, al termine di un'azione che ha portato 5 giocatori inglesi nei pressi dell'area di rigore dell'Italia, tenta di scavalcarli con un maldestro pallonetto che finisce addosso a Welbeck, che per fortuna calcia malino. Tre minuti dopo, viene saltato in velocità da Sturridge in contropiede, e rimedia in qualche modo opponendo il proprio corpo al cross dell'inglese, nel frattempo arrivato sulla linea di fondo. Sul gol dello stesso Sturridge, prova ad accorciare nel tentativo di intercettare la palla, sapendo che per raggiungere Sturridge Rooney avrebbe dovuto alzarla di qualche metro. Non una grande idea, visto che su Sturridge era in vantaggio. Nel secondo tempo, invece, è bravo a intervenire di spalla su Gerrard in area, in quello che alcuni hanno definito un quasi-rigore. Non mi pare, e secondo me parte del merito va proprio a Paletta: fosse intervenuto in maniera più scomposta probabilmente l'arbitro l'avrebbe fischiato. Qualche minuto dopo, tiene bene la posizione su Sterling sugli sviluppi di un tiro di Rooney respinto da Sirigu. Alla fine, completa il 93% dei passaggi ma sbaglia 3 tackle su 4. VOTO 4 e qualcosa: Paletta si è dimostrato inadeguato contro avversari rapidi e dinamici, mentre tre mesi fa aveva fatto grandi cose contro uno come Diego Costa. Credo e spero che non lo rivedremo in campo, contro Costa Rica e Uruguay.

GIORGIO CHIELLINIdi Daniele V. Morrone Quando si deve giuidicare una prestazione di un giocatore è sempre difficile scindere l’immagine ideale che l’osservatore ha dell’interpretazione di un determinato ruolo in campo e le caratteristiche reali di chi dovrà interpretarlo. Mi è sembrato quindi fondamentale, al momento della lettura delle formazioni, il ruolo di esterno basso affidato a Chiellini da Prandelli. Per il modulo italiano è evidente l’importanza degli esterni bassi nell’evitare che le fasce siano terreno di caccia per gli esterni avversari data l’inferiorità numerica in quella zona di campo in fase di possesso. Idealmente quindi l’esterno basso dell’Italia dovrebbe essere un giocatore veloce, in grado di fare le due fasi, possibilmente buon crossatore visto che sarà spesso l’unico ad arrivare sul fondo dalla fascia. Chiellini è un centrale fisico, in grado di far circolare bene il pallone, ma che non è certo famoso per la sua velocità e che il ruolo di esterno basso la ricorda come un qualcosa di un’altra vita calcistica. Prandelli ha quindi messo in campo un giocatore le cui caratteristiche sono in antitesi con l’immagine ideale di chi dovrebbe interpretare il ruolo. Naturalmente va ricordato che la scelta era obbligata visto l’infortunio di De Sciglio, perfetto nel ruolo di esterno basso voluto dal CT. Invece di adattare il proprio gioco ai dettami del ruolo, Chiellini ha quindi giocato come il giocatore che conosciamo, solo spostato sull’esterno. Se la partita di Chiellini fosse da analizzare in quanto centrale sarebbe da 8 pieno. Perfetto nella circolazione del pallone (47/50 i passaggi riusciti) deciso sui takle (con 5 riusciti su 7 è quello che ne ha fatti di più tra i giocatori in campo) pulito nel cercare la palla (9 palle recuperate, il migiore della partita anche qui e solo 1 fallo commesso). Una partita perfetta per un centrale. Peccato che non stiamo parlando di un centrale ma di un esterno basso e peccato che la sua partita va analizzata in questo ruolo. Da esterno basso Chiellini non è riuscito mai ad arrivare sul fondo o a saltare l’uomo (0 dribbiling riusciti su 3 tentati). Parliamo di un esterno basso con 0 cross tentati. Chiellini è stato attratto al centro, accentrandosi anche di 20 metri quando nella trequarti inglese con l’Italia in fase di possesso, salvo poi ricordarsi che doveva dare ampiezza alla squadra e tornare nella zona di competenza. Un movimento a pendolo orizzontale in cui si notava la lotta tra le caratteristiche del giocatore e i dettami dell’allenatore per interpetare il ruolo. Il volume del gioco dell’Italia quindi era tutto spostato verso destra, con Chiellini chiamato in causa solo per reciclare il possesso e questo solo quando è riuscito a tornare nella posizione di competenza. VOTO 6: Che voto dare quindi ad un centrale, che gioca da centrale, ma sull’esterno? La Gazzatta italiana va con un 5,5. Il sito di statistica Whoscored.com invece piazza un 7,2. Meglio Chiellini che fa Chiellini giocando in una posizione non sua e non per scelta del tecnico o Chiellini che tenta di fare De Sciglio non avendone le caratteristiche? Sono per la prima opzione, e facendo una media tra quanto messo in campo da Chiellini in rapporto alle sue caratteristiche e quanto fatto in rapporto ai dettami del ruolo possiamo dargli 6 pieno [(8+4):2]. Non ha giocato come l’immagine idealizzata del ruolo richiederebbe, ma ha comunque garantito il massimo di ciò che sa fare e speriamo quindi in una partita statisticamente identica contro le altre avversarie, ma nel ruolo che gli compete.

CLAUDIO MARCHISIOdi Federico Sarica (@federicosarica) Nella partita d'esordio contro l'Inghilterra, Claudio Marchisio ha corso più di 22 chilometri totali, primo fra gli azzurri in campo. Più di Darmian, più di Candreva, per rimanere a due di cui si sono giustamente tessute le lodi podistiche e di carattere. E, soprattutto, Marchisio ha sbloccato una partita difficile con uno dei suoi classici (l'altro è l'inserimento da fuori fin giù, in area, nello stretto, con scavetto o collo pieno finale): il tiro da fuori area preparato come da manuale di scuola calcio, stop, bilanciamento del corpo, tiro. Corsa e gol. A un esordio mondiale. Se a questo aggiungiamo la disciplina, di cui sono cosparsi sia l'approccio tattico che quello comportamentale del numero 8 juventino, ci sarebbero state tutte le coordinate per candidarlo a man of the match. Eppure sulle copertine post Italia-Inghilterra arrivava almeno sesto, dopo il gol di Balo, la sorpresa Darmian, la conferma Candreva, l'exploit Sirigu, la traiettoria di Pirlo. Giusto così? Giusto così. Marchisio non lo vedi, gli scettici che scoprono il calcio a giugno già al quinto del primo tempo twittavano la loro ironia sul suo essere apparentemente avulso, fuori dal gioco. Ma cosa intendendono con "fuori del gioco"? Credo parlino dei giocatori che giocano tanto senza palla, che completano e rendono possibili le geometrie provate in allenamento e disegnate nelle riunioni tattiche. 11,152 chilometri, il gol dell'esordio. Un giocatore fondamentale. Eppure quando Pirlo fa il velo e Marchisio prepara il sinistro, lo stolto guarda il pallone, convinto che il calcio sia esclusivamente quella cosa rotonda e non il modo in cui la si approccia. E quindi non vede Marchisio. E non sa cosa si perde. VOTO 8: Troppo? No.

DANIELE DE ROSSIdi Michele Dalai (@micheledalai) Un giorno segnerà uno dei cinque rigori decisivi per la vittoria di una Coppa del Mondo. Diventerà uno dei migliori nel suo ruolo, correrà senza risparmiarsi e picchierà come se non ci fosse un domani, il futuro. Segnerà gol meravigliosi tirando da lontano, quasi da un altro pianeta, salterà a gomiti larghi per proteggersi o per colpire come se stesse giocando su un campaccio di quelli che da piccolo gli piacevano. Esulterà con le vene del collo gonfie come se stessero per esplodere, protesterà con la stessa foga, userà la testa per segnare e la spegnerà quando potrebbe servire. Un giorno soffrirà e si mostrerà più umano di tutti gli altri, si presenterà con le occhiaia scavate e il dolore di chi ha già visto troppe cose e vissuto troppe responsabilità, un giorno sarà un giovanissimo uomo di mezza età. Rifiuterà di andarsene, non ascolterà le offerte che chiunque altro accetterebbe, rilascerà interviste per cui tutti ci chiederemo se davvero sia possibile che sia lui e non un ghost writer, userà i social network in modalità anonimo per non comunicare quel che non vuole comunicare. Proteggerà la sua privacy, parlerà di Pirlo come si parla di un amico, sbaglierà meno passaggi di tutti nel caldo tropicale di Manaus. Allora, solo allora forse smetterete e smetteremo di chiamarlo Capitan Futuro. Anzi, smettiamo di farlo, perché Daniele De Rossi ha già spuntato tutte le voci della lista e si prepara a fare di meglio, ancora meglio. Daniele De Rossi, Capitan Presente, il fratello che avrei voluto. VOTO 10: Il voto giusto è quello che ancora non hanno inventato ma accontentandosi della scala disponibile facciamo 10, e tutti in piedi ad applaudire.

MARCO VERRATTIdi Tim Small (@yestimsmall) Prima c'era Roberto Baggio. Poi Francesco Totti. Poi Antonio Cassano. La Nazionale italiana ha sempre vissuto con il "dubbio del trequartista", l'uomo magari poco visto dal C.T. ma amato dal popolo, quel giocatore che potrebbe portare un po' di fantasia, imprevidibilità, caos. D'altronde noi italiani amiamo i fantasisti, tanto che la parola stessa è ormai usta in tutto il mondo, nel suo italiano originale. Quest'anno, però, il Grande Dubbio non era sul trequartista. Pochi di noi scalpitano per vedere Cassano giocare. No: per una volta, il Grande Dubbio degli italiani è legato a un mediano, anche se atipico: Marco Verratti. Vogliamo vederlo in campo. E a ragione. Verratti non è solo un mediano, anzi, la fase difensiva non è proprio il suo forte. Verratti è un regista/mediano/trequartista, un giocatore con un insieme di caratteristiche abbastanza unico: bravissimo nel dribbling stretto, ottimo nei passaggi, verticalizzatore eccellente, arcigno nel pressing, ma non velocissimo: a me, personalmente, ricorda un Redondo più grezzo. Prandelli, come ha ormai sdoganato il nostro Daniele Manusia, ha inventato un sistema di gioco, il centrocampo a Y, anche noto come il "flusso canalizzatore" (che non abbiamo ancora usato in questo Mondiale), o il 3-4-3 disegnato sulla possibilità di far giocare assieme De Rossi, Pirlo, e Verratti: tre registi. In realtà, poi, non è un sistema così assurdo. De Rossi non è più il De Rossi di qualche anno fa, e gioca come ha giocato quest'anno con la Roma: da libero. Con l'aggiunta di due ali abili nella fase di contenimento come Marchisio e Candreva, allora il gioco di Pirlo e Verratti è libero di salire a centrocampo e proiettarsi nella fase offensiva. Il problema è che, a volte, i tre cardini della Y sembrano schiacciarsi e pestarsi i piedi a vicenda, ma quando De Rossi scende a prendersi palla in mezzo ai difensori, e ha poi davanti a sè 4 opzioni di gioco intelligenti (Pirlo, Verratti, o allargare a destra o a sinistra), diventa un sistema estremamente difficile da difendere. Un sistema, inoltre, che libera i due registi avanzati dal dover tornare a prendersi palla tra centrocampo e difesa (cosa che Pirlo alla Juve fa sempre, e che Verratti al PSG fa molto poco, grazie al lavoro difensivo di Thiago Motta) e quindi li proietta nella trequarti avversaria, cosa che è riuscita benissimo a Verratti in questo assist per Balotelli nell'amichevole col Lussemburgo. Magari Verratti non ha brillato, ma la sua posizione in campo ci ha permesso una cosa molto semplice: ci ha fatto vincere la partita. Spesso libero di attaccare sul centro-destra, ha liberato Darmian e Candreva dalla marcatura di Gerrard. E se Darmian e Candreva, sulla fascia destra, erano sempre in superiorità numerica, e se è vero che è proprio con le loro incursioni sulla destra che abbiamo vinto la partita, questo è anche, in larga parte, perché i due centrocampisti centrali non lasciavano la marcatura di Pirlo e Verratti. Gerrard non poteva aiutare Baines, e Baines era spesso da solo contro sia Darmian che Candreva. Nella prossima partita, Verratti rischia di non giocare. Però giocherà Abate, sulla destra, e Darmian sulla sinistra, il che dovrebbe spalmare il gioco italiano su ambo le fasce. Vedremo se basterà. VOTO 6,5: Ha fatto il famoso "lavoro sporco". Ed è uscito dopo il nostro vantaggio, per far entrare un mediano vero. Insomma: dopo il secondo gol, il suo lavoro l'aveva fatto.

ANTONIO CANDREVAdi Cesare Alemanni (@cesarealemanni) Sarà che la Lazio di questi tempi non è una squadra che scalda i cuori ma Antonio Candreva è uno di quegli azzurri che non riceve attenzioni né particolarmente buone né particolarmente cattive dalla stampa e dai tifosi, semplicemente ne riceve poche. È quel genere di giocatore di cui, chi segue solo i Mondiali, non conosce nè il nome, nè la faccia, nè il club. Complice il suo migliore campionato fino a qui e alcune recenti voci di mercato, a 27 anni questo Mondiale è la grande occasione di Candreva per cambiare questo stato di cose. Per dimostrare che non è solo un esterno disciplinato con piedi più che buoni ma anche uno capace di intuizioni che cambiano partite di altissimo livello, di cose decisive o un po' matte, di quelle che fanno parlare e alzano gli indici di popolarità, come il cucchiaio che fece l'anno scorso a Casillas in Confederation Cup. In questo senso la partita giocata da Candreva contro l'Inghilterra è la sintesi perfetta tra il Candreva Antonio da 6,5 in tutte le materie, ovvero la mezzala disciplinata che Prandelli ama, quella che guarda le spalle a Darmian quando sale e che stringe al centro per approfittare di una ripartenza veloce e/o ingolfare la costruzione di gioco avversaria, e l'Antonio Candreva potenziale star da PSG o Premier League che potremmo vedere in futuro, ovvero il giocatore che si prende tiri da 25 metri (del resto li ha, ma prenderseli al Mondiale è comunque una cosa diversa), colpisce un palo liberandosi nello stretto, e, soprattutto, fa una delle cose più belle della partita di sabato, quando, in quattro secondi: 1) lascia scorrere perfettamente un filtrante di Darmian, 2) manda fuori giri Baines con un rientro di destro e, sugli esiti dello stesso movimento, in un attimo 3) la crossa perfettamente di sinistro per la testa di Balotelli, con una traiettoria che si abbassa esattamente alle spalle della difesa inglese. Una giocata estremamente complessa che Candreva ha portato a termine con una fluidità da campione, facendo sembrare i tre segmenti che la compongono parte di un unico lungo automatismo, una giocata di quelle che cambiano le partite e mettono il tuo nome sulla mappa (che poi di giocate simili Candreva ne faccia spesso in campionato è un'altra storia, così come Italia - Inghilterra è diversa da Lazio - Sassuolo). Ecco, da Candreva mi aspetto un Mondiale nel segno di questo doppio passaporto: faticatore di superlusso e potenziale next big thing dell'Italia. VOTO 7: Se, per ora, non dò più di 7 alla sua partita è solo perché da un suo passaggio azzardato è nato il contropiede del pareggio inglese.

ANDREA PIRLOdi Roberto Pizzato Prima di entrare in campo Andrea Pirlo e Steven Gerrard incrociano lo sguardo per un secondo. Stanno per uscire dal tunnel che li porterà sul terreno di gioco ed è il capitano azzurro a cercare gli occhi del rivale. Pirlo ha un piglio sornione, ma sicuro, come quello di certi felini; l’espressione di Gerrard invece, è quella di chi cerca di non apparire teso. Le squadre entrano in campo, si dispongono in riga ai fianchi della terna arbitrale per gli inni nazionali. Infine gli undici titolari, in fila, si danno il cinque, come a ogni inizio partita. Dopo il lancio della monetina Gerrard sceglie il campo, un’altra stretta di mano con l’arbitro dei due capitani. Pirlo guarda il numero 4 inglese, esita, forse per la poca abitudine ai convenevoli tra capitani, come aspettandosi che questi gli porga la mano. L’inglese invece si gira verso gli assistenti di Kuipers per i saluti. Il 21 azzurro non batte ciglio. Il regista passa a una panoramica dall’anello più alto dello stadio, lasciandoci il dubbio se vi sia stata o meno un’ultima stretta di mano tra i due. Ma una cosa è certa, anche con la fascia di capitano al braccio, Pirlo è maledettamente calmo. In fondo che ti aspetti da uno che il pomeriggio del 9 luglio 2006 l’ha passato

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