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Di che pasta è fatto il Villarreal
16 feb 2017
Dopo un'estate tormentata, la squadra di Escribà ha trovato una nuova solidità.
(articolo)
11 min
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La ceramica fornisce l’illusione di avere un prodotto solido e raffinato al tempo stesso: eppure si può rompere con una facilità estrema. Tra le tante cose di cui è proprietario Fernando Roig, presidente del Villarreal, c’è anche l’impresa di ceramica che appare sulle magliette del Submarino Amarillo.

Il nuovo grande ciclo della squadra allenata da Marcelino - dalla Segunda División nella stagione 2012/13 alle semifinali di Europa League della passata stagione - è terminato bruscamente nel mese di agosto, con l’allontanamento del tecnico per motivi poco chiari (pare per una lite con il capitano Musacchio, più probabilmente per una strana storia sull’ultima giornata di campionato). Due settimane dopo, il Villarreal vedeva spegnersi il sogno del ritorno in Champions League: doppia sconfitta ai preliminari contro il Monaco.

In poco tempo, una grande storia sportiva di rinascita sembrava trasformarsi in un racconto sull’autodistruzione: ma la ceramica a Villarreal (o Vila-real, in valenciano) non manca, e Fran Escribá, il nuovo allenatore (dalla notevole somiglianza con Mourinho), ha iniziato a modellare una squadra fatta dello stesso materiale di quella precedente, ma diversa nell’aspetto.

Come si rimette a posto un vaso di ceramica quando è rotto in mille pezzi?

Fino a pochi mesi fa il meccanismo perfetto che aveva portato alla scorsa strepitosa stagione sembrava completamente saltato, e non solo per l’addio dell’allenatore.

Via il portiere Areola (al PSG), via il difensore Bailly (al Manchester United), via Baptistao (all’Atletico), via Denis Suárez (al Barça); poi in un’amichevole agostana Soldado si è rotto legamenti e menisco. I colpi principali del mercato erano stati Roberto Soriano, Nicola Sansone e Pato: nomi che non scaldavano l’ambiente e che non sembravano poter colmare le lacune della rosa, soprattutto in difesa.

Escribá ha cominciato a rincollare i pezzi con “Orden y equilibrio”: parole chiave simili a quelle di Marcelino. Il Villarreal ha scelto la continuità di principi di gioco, di stile, di applicazione: anche Escribá è un amante del 4-4-2, modulo che ha usato spesso nelle sue stagioni all’Elche e al Getafe, e proprio da lì, dalle linee strette e dai movimenti automatici, è iniziata la lenta risalita dopo lo shock estivo (ad agosto il Villareal non ha vinto neppure una partita su quattro giocate).

L’unica àncora che rimane a una squadra di calcio che affronta una tempesta è quella dell’organizzazione di gioco, un vantaggio di cui sono in pochi a disporre: e per fortuna il Villarreal ne aveva una solidissima.

Il 4-4-2 senza palla del Villarreal: le linee di difesa e centrocampo sono strettissime e non lasciano spazio per una ricezione; si lascia il possesso all’avversario, ma si difende fuori dall’area.

Escribá ha puntato sul controllo del centro del campo, sulla chiusura delle linee di passaggio, per portare l’avversario sulle fasce: meccanismi che il Villarreal eseguiva in modo perfetto nella passata stagione e che ha ripreso ad eseguire al meglio. Nel 4-4-2 del sottomarino giallo a contare è la vicinanza dei reparti e la capacità di muoversi in armonia, sempre per accorciare nella zona del pallone.

Senza palla

Quando le squadre avversarie cominciano l’azione, il Villarreal preferisce schermare la ricezione dei due mediani, cercando di spingere i difensori al lancio lungo o allo scarico in fascia. In quel caso, l’aggressione dell’esterno è immediata, con il supporto del centrocampista di riferimento.

Escribá chiede, invece, molta più aggressività in transizione difensiva, per recuperare il pallone appena perso e per non lasciare all’avversario la ricerca della profondità immediata, ed evitare problemi alla linea difensiva molto alta.

Quando la squadra si spacca, il disastro è dietro l’angolo: i ripiegamenti di Samu Castillejo o Jonathan Dos Santos a destra e quelli di Roberto Soriano a sinistra non sono velocissimi, così come quelli della coppia Bruno Soriano-Manu Trigueros.

Contro la difesa a tre del Siviglia, Escribá decide giustamente di non pressare l’inizio azione (c’è una netta inferiorità numerica), ma di chiudere ogni possibilità di ricezione in mezzo al campo: il rombo di impostazione di Sampaoli è costretto a una circolazione orizzontale, fino a quando la palla finisce in fascia e scatta l’aggressione al portatore.

Il Villarreal si muove all’unisono, anche in difesa posizionale la situazione non cambia, anzi: diventa quasi impossibile trovare uno spazio per una giocata tra le linee.

Il Villarreal ha la miglior difesa della Liga (solo 15 gol subiti): il risultato di un sistema allenato da anni per essere sempre corto sul pallone, compatto, con 11 giocatori legati da un filo invisibile. La fase difensiva del Villareal è tra le migliori d’Europa anche perché non è fatta per attendere gli avversari in area, ma per non farceli arrivare: e gran parte del successo dipende da un insieme di movimenti e non solo di qualità dei singoli.

Con la partenza di Bailly e i soliti infortuni di Musacchio, è toccato a Victor Ruiz diventare il pilastro della difesa, facendosi accompagnare da Álvaro González, arrivato quest’anno dall’Espanyol. Nel recente pareggio in trasferta contro il Siviglia, la linea difensiva vedeva addirittura Bonera centrale di difesa e il redivivo José Angel, ex Roma, terzino sinistro: ma il risultato è stato uguale a quello dell’andata, 0-0, e il Villarreal è l’unica squadra a non aver subito gol dal Siviglia in questo campionato.

Sul lato del pallone il Villarreal è in netta superiorità numerica (6 vs 4), mentre sul lato debole un giocatore del Siviglia è completamente solo: rischio calcolato, ma pur sempre rischio.

Eppure, rispetto alla passata stagione, qualche crepa si intravede: la ridotta mobilità di Bruno Soriano e la maggior libertà tattica di Trigueros a volte creano dei piccoli vuoti dietro la linea di centrocampo. L’evoluzione del sistema di gioco ha necessariamente portato la squadra a soffrire di più soprattutto in transizione, e spesso ci sono stati errori tecnici grossolani, anche del portiere Asenjo, che alterna grandissime prestazioni (come contro il Siviglia) a momenti di incertezza (ma rimane comunque uno dei migliori della Liga: il terzo per percentuali di tiri nello specchio parati, quasi l’81%).

Come tutte le squadre che si muovono all’unisono e cercano di accorciare sul pallone, anche il Villarreal tende a lasciare scoperto il lato debole. Allo stesso modo, non ha paura di lasciare spazi sulle fasce e invogliare l’avversario al cross, anche rischiando qualcosa, perché non dispone di grandi saltatori. In ogni caso, parliamo di una delle migliori fasi difensive d’Europa: il sottomarino giallo subisce in media un gol ogni 17 tiri circa dell’avversario, un dato praticamente inavvicinabile nella Liga.

Con la palla

Per vedere davvero la mano di Escribá sul Villarreal bisogna valutare com’è cambiata la fase di possesso palla: da un atteggiamento iper-verticale, con movimenti sincronizzati maniacali, che puntava sempre ad attaccare la profondità, la squadra è riuscita ad ampliare il proprio bagaglio tattico per poter gestire attacchi anche con possesso consolidato.

In parte quest’evoluzione è stata necessaria per le caratteristiche della rosa: con Soldado infortunato a lungo e Bakambu fuori prima per un problema muscolare e poi per la Coppa d’Africa, a Escribá non rimaneva che adattarsi alle caratteristiche della nuova coppia d’attacco Pato-Sansone.

Il brasiliano è diventato presto un punto di riferimento per la capacità di ricevere tra le linee e saltare l’uomo (in una squadra che dribbla pochissimo, tra le peggiori cinque della Liga), mentre l’italiano esegue un set di movimenti completo: entrambi sono giocatori associativi, meno maniacali nella ricerca della profondità e meno meccanici nella giocata.

Nella passata stagione gli automatismi erano chiari, con Soldado ad abbassarsi tra le linee e Bakambu ad attaccare la profondità, mentre i due esterni rimanevano molto ampi. Quest’anno invece, la fase offensiva del Villarreal è molto meno prevedibile: i due esterni si accentrano spesso, in particolare Roberto Soriano, che dalla sinistra rappresenta un collegamento perfetto tra centrocampo e attacco; i due attaccanti si muovono molto più in orizzontale, anche per creare spazio agli inserimenti dei centrocampisti (che rappresentano più della metà dei gol segnati in campionato da tutta la squadra).

Un’analisi statistica che mostra nettamente il cambio di attitudine del Villarreal: i passaggi taglialinee in verticale dalla propria metà campo sono solo il 15%. Per arrivare negli ultimi 30 metri, gli uomini di Escribá preferiscono consolidare il possesso nella metà campo avversaria (62%).

In questo nuovo orientamento posizionale del Villarreal, un giocatore sembra spiccare più di tutti: Manu Trigueros. Sacrificato nel ruolo di doble pivote, avendo tra l’altro vicino un regista del calibro di Bruno Soriano, con Marcelino era spesso finito in panchina. Escribá invece lo ha reso il perno dell’evoluzione tattica, dandogli maggiore libertà di farsi trovare tra le linee sulla trequarti, tanto che a volte sembra quasi determinarsi un rombo di centrocampo.

In questo modo Trigueros può sia utilizzare al meglio la sua qualità nel tiro che aiutare la squadra ad assestarsi nella metà campo avversaria, senza dover ricorrere sempre ai ritmi frenetici della passata stagione: in sostanza a riposare con il pallone nella metà campo avversaria.

La circolazione del pallone nella metà campo avversario: il Villarreal è paziente nella costruzione del gioco e si appoggia sempre sui sapienti piedi di Bruno Soriano. L’azione si sblocca quando Trigueros riceve dietro la linea di pressione, poi si cambia fascia e si trova Castillejo dentro il campo libero di attaccare in conduzione. Mai neppure un tentativo di verticalizzazione verso gli attaccanti.

La maggior qualità di attacco posizionale e l’aumento del bagaglio tattico a disposizione di una fase offensiva abbastanza prevedibile non colmano però la grande lacuna della rosa: il Villarreal non ha attaccanti puri, che abbiano confidenza con il gol, visto che il solo Bakambu ha raggiunto la doppia cifra nella sua carriera (l’anno scorso 12 gol nella Liga).

La zona centrale è totalmente ostruita e Vitolo va a sbattere su José Angel: parte una transizione velocissima che non si trasforma in gol solo per gli errori nell’ultimo passaggio.

Inoltre, il grande sforzo tattico di Escribá si trova davanti a una nuova difficoltà: la cessione nel mercato invernale di Pato ai cinesi del Tianjin (che ha permesso di realizzare una plusvalenza stratosferica in meno di 6 mesi: pagato 3 milioni di euro, venduto a 18). Al suo posto è tornato Adrián López, già l’anno scorso in prestito dal Porto: un attaccante che tende ad abbassarsi e aiutare in rifinitura, ma che non ha un repertorio molto completo, sia a livello realizzativo che di movimenti.

Per sopperire alla partenza del brasiliano, Escribá a Siviglia ha utilizzato il 4-2-3-1 con Adrián punta centrale; mentre nel pareggio interno contro il Malaga è tornato al 4-4-2 affiancando Sansone al nuovo acquisto.

Bakambu è tornato dalla Coppa d’Africa e dovrebbe presto ritrovare il suo posto da titolare, in una situazione però molto diversa rispetto a quella della scorsa stagione. Il congolese è un attaccante da calcio verticale puro, l’unico a cercare la profondità costantemente nella rosa: ma nel frattempo questa squadra ha ridotto la frenesia offensiva e il gioco diretto.

La ricerca della verticalità e delle transizioni offensive rapidissime rimane comunque un tratto distintivo del Villarreal, da usare soprattutto con squadre che vogliono imporre il loro controllo sulla partita: con il ritorno di Bakambu tra i titolari, e dopo anche con Soldado, si potrebbe davvero assistere agli stessi movimenti della passata stagione.

Quanto ci vuole per segnare al Barça? 10 secondi, il tempo di una transizione offensiva attivata da Roberto Soriano, condotta da Pato palla al piede e conclusa da Sansone con il gol.

Quanto è solido questo nuovo vaso?

Il nuovo Villarreal poggia su solidissime basi, a cui è stata aggiunta una maggior imprevedibilità offensiva. Eppure a vederlo giocare non sembra quell’incredibile testuggine della passata stagione, una squadra talmente unita e sincronizzata da sembrare composta da automi.

Lo shock di inizio stagione è stato assorbito, ma anche a livello emotivo il Villarreal è una squadra meno sicura, che alterna periodi esaltanti (10 partite senza sconfitte tra settembre e ottobre) a momenti di difficoltà prolungati. Da inizio 2017, la squadra di Escribá ha raccolto solo una vittoria contro il Granada, ben cinque pareggi e due sconfitte, tra cui quella sorprendente contro il Valencia in casa.

La Roma soffre molto le squadre che riescono ad alzare i ritmi, che non concedono i tempi della giocata e che bloccano la zona centrale, e forse è meglio affrontare il Villarreal in questo momento della stagione in cui non sembra al massimo della propria forma. In particolare, sarà la capacità di schermare la ricezione dei centrocampisti a creare, potenzialmente, grandi problemi alla squadra di Spalletti, rendendo molto difficile la partita di De Rossi, e costringendo spesso al lancio lungo per Dzeko dalla difesa.

In ogni caso, i giallorossi devono augurarsi di trovare in Europa League la versione più creativa del sottomarino giallo, quella che lascia qualche spazio in più, e che ha difficoltà nella gestione delle palle alte: lasciare la profondità a Salah può essere devastante, e la posizione intermedia di Nainggolan potrebbe essere un problema sia per il centrocampo che per la difesa degli spagnoli.

Anche nei momenti di difficoltà, però, il Villarreal non sembra mai perdere la lucidità: nel vecchio Madrigal, dall’8 gennaio ribattezzato ufficialmente Estadio de la Cerámica, c’è un’intera comunità a sostenere la squadra (uno stadio da 25.000 posti per 50.000 abitanti).

Anche per il Villarreal sta arrivando il momento decisivo della stagione, in cui il livello competitivo diventa altissimo e si scrive il capitolo decisivo della stagione: Escribá dovrà evitare che la ceramica torni a rompersi, in una competizione come l’Europa League fatta di equilibri sottilissimi, in cui basta un graffio per ritrovarsi a pezzi.

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