Il fallimento di Bergkamp esprime quello dell’Inter di quegli anni, che provava ad essere all’altezza del Milan a suon di colpi di mercato, ma senza riuscire a scegliere un progetto tecnico coerente. I due anni di Bergkamp in Italia, in effetti, sono molto di più della storia di un giocatore domato dal calcio italiano, sbocciato solo dopo la migrazione in Inghilterra. Sono anche una fotografia della realtà della Serie A dell’epoca, che dopo la rivoluzione sacchiana stava sperimentando tutti i modi e le forme del reflusso. Bergkamp ha dovuto scontrarsi con un vecchio modo di fare e pensare calcio.
Cruyff lo voleva al Barcellona: «Io sapevo che Johann mi voleva lì. Mi faceva allusioni al riguardo, ma non me l’ha mai detto direttamente, quindi io ho pensato che visto che non me lo chiedeva…». Cruyff era il plenipotenziario della migliore versione del Barcellona mai vista, il “Dream Team”, e aveva anche lasciato libero uno dei quattro slot per stranieri disponibili in rosa proprio per Bergkamp (gli altri tre erano Romario, Koeman e Stoichkov).
Bergkamp non avrà mai quella Ferrari.
Bergkamp e il compagno più fidato, Jonk, esultano in finale di Coppa UEFA. Foto di Shaun Botterill / Getty Images.