Denilson de Oliveira Araujo è una delle figure leggendarie del calcio di inizio millennio. Pochi giocatori nella storia hanno avuto un talento commerciabile quanto quello del brasiliano e forse in parte è questo il motivo dei suoi giorni grigi in Europa. Al netto di alcune stagioni felici con la maglia del Betis, Denilson ha avuto più impatto sul grande pubblico che sui campi da calcio. È stato lui insieme a Ronaldo Nazario a far esplodere l’immaginario di Nike nel mondo del calcio, a infiocchettare ed esporre in vetrina il futbol bailado e l’allegria dello spogliatoio brasiliano.
Merito del suo modo di stare in partita, impossibile da confondere anche nel 2020. Denilson ha reso il doppio passo un brand quasi quanto Ronaldo il Fenomeno. La sproporzione tra l’anima mainstream del suo calcio e il suo valore in campo era così sbilanciata che probabilmente si tratta dell’unico giocatore nelle cui compilation su YouTube vengono inseriti, oltre agli highlights delle partite, spezzoni di spot pubblicitari e di amichevoli post-ritiro a cui partecipano Felipe Massa e Gustavo Lima.
Denilson non ha quasi mai trovato il modo di rendersi utile. I suoi dribbling non creavano reali vantaggi per la squadra o perché si risolvevano in corse verso il fondo e cross inutili in mezzo, o perché gli servivano per uscire da vicoli ciechi in cui si era infilato evitando di passare la palla ai compagni.
È strano e sembra quasi incredibile a dirlo oggi, ma rivedendo alcune partite di Denilson ci sono momenti in cui evade dal solito copione e lascia intravedere aspetti del suo gioco che non avrebbe mai approfondito. Per esempio nella semifinale del Mondiale del ’98 contro l’Olanda, la partita migliore della sua carriera per qualità della prestazione e prestigio del palcoscenico. Denilson entra nel secondo tempo e rende il Brasile minaccioso ogni volta che riceve a sinistra; non solo attraverso i dribbling e i cross, pur pericolosissimi, ma soprattutto grazie alla connessione con Roberto Carlos. Senza aggredire il fondo palla al piede, spesso Denilson conduce verso il centro e si ferma, attrae un paio di avversari e libera la fascia per lo scatto in profondità del terzino del Real Madrid. La futura ala del Betis lo trova sulla corsa con precisi filtranti di piatto sinistro.
Insomma, il giocatore tutto doppi passi e frenesia dimostra di saper variare registro per armare un compagno. Avesse imparato a farlo con continuità magari avrebbe avuto una carriera diversa. Forse è colpa del calcio di vent’anni fa, poco avvezzo e interessato ad ali con le sue caratteristiche. Chissà, se fosse esploso oggi, in un’epoca in cui il dribbling è un’arma irrinunciabile per creare scompensi offensivi, magari avrebbe trovato un ambiente più adatto al suo talento. Forse proprio da ala a piede invertito, per abituarsi a scambiare più spesso coi compagni e a giocare precisi filtranti dietro la difesa. I traversoni in mezzo avrebbe potuto metterli comunque, vista la qualità con cui calciava d’esterno.
Sono solo supposizioni. Denilson non ha mai ampliato il suo repertorio, ma ci ha comunque regalato momenti di talento da conservare con cura. Per questo motivo ho provato a classificare i suoi dribbling più eccitanti. Come detto, a volte sono inutili sfoggi di tecnica, nati da situazioni di emergenza che avrebbe potuto evitare. Théophile Gautier però diceva che «tutto ciò che è utile è brutto, perché è espressione di qualche bisogno, e i bisogni dell’uomo sono ignobili e disgustosi come la sua povera e inferma natura».
Perciò, per rispettare l’essenza dei dribbling di Denilson, il parametro principale è il loro grado di inutilità, dal più utile al meno utile.