E così l’Arsenal sembra pronta a staccare un assegno da 105 milioni di sterline (circa 120 milioni di euro) per comprare Declan Rice. È una cifra record sotto tanti punti di vista. Il record di spesa per l’Arsenal per un singolo giocatore, battendo Nicolas Pepe (!). È il record di prezzo per un calciatore inglese. Ha eguagliato, all’incirca, il prezzo d’acquisto per Enzo Fernandez quest’inverno del Chelsea. Con quest’acquisto l’Arsenal diventa la squadra che ha speso più soldi nel calciomercato durante gli ultimi cinque anni. Sono 30 milioni in più dei soldi spesi dal Newcastle per Sandro Tonali: una cifra definita fuori mercato da tanti.
Rice è un obiettivo dichiarato dell’Arsenal dall’inizio di un mercato che Arteta ha auspicato rapido. Era anche un obiettivo del Manchester City di Guardiola e nelle scorse settimane abbiamo assistito alla succulenta asta tra la squadra che ha vinto la Premier League e quella che è arrivata seconda, tra la squadra campione e la contender. Insomma: il trasferimento di Rice ha cominciato a caricarsi di significati che vanno molto oltre i valori tecnici di Rice e il suo possibile impatto nell’Arsenal. È diventata una sfida per la supremazia in Premier League. L’analisi dell’acquisto di Rice da parte di The Athletic è esplicita: «Dimenticate i 105 milioni: Declan Rice può rendere l’Arsenal campione».
L’Arsenal alla fine l’ha spuntata grazie a questo rilancio estremo, apparso subito sopra le righe, e per la prima volta è riuscita a prendere un giocatore voluto dal City. Qualcosa di così inconsueto che qualcuno sostiene che in realtà Guardiola stava bluffando, che il City non ha mai voluto davvero Rice, o che comunque lo avrebbe comprato solo a condizioni economiche meno straordinarie.
Che la sfida per il dominio della Premier si sia proiettata non su un numero 10 dal talento appariscente, o su un grande finalizzatore, ma su un centrocampista dal talento per lo più fisico è la spia di qualcosa da capire.
Declan Rice è alto un metro e 85, ha le spalle ampie, il naso grosso, le gambe ipertrofiche di chi corre per lavoro. La sua forza è già lì: tutta evidente. È un centrocampista spesso, affidabile, solido. In quest’epoca di valori volatili, dove il futuro è così incerto che i giovani cercano di leggere il futuro attraverso i filtri di TikTok, nulla ha più valore delle certezze. Nel calcio contemporaneo bisogna assumersi grossi rischi per arrivare o restare ai vertici competitivi, specie nello scenario ultraviolento della Premier League. Rice è soprattutto una certezza: o almeno, l’acquisto più certo possibile per il ruolo in cui l’Arsenal era scoperto, quello di mediano davanti alla difesa o di mezzala sinistra. Per questo è stato pagato tutti quei soldi.
Rice è ancora giovane (24 anni) ma ha già un curriculum da veterano. «La gente pensa che ho 26 o 27 anni, ma bisogna ricordarsi che ho solo 23 anni» diceva un anno fa. Questa distorsione cognitiva su Rice deriva dalla sua esperienza ad alti livelli. Ha già giocato, da titolare, due grandi tornei internazionali con l’Inghilterra e ha appena disputato la sua prima finale europea, in Conference League. È un giocatore integro: 6 stagioni da titolari da oltre 200 presenze. È partito dal primo minuto in circa il 90% delle partite giocate dal West Ham da quando è entrato stabilmente in prima squadra. È già a Londra, non deve cambiare città né campionato. È stato capitano del West Ham dopo l’addio di Mark Noble e si parla di lui già apertamente come futuro capitano dell’Inghilterra. È sicuro e pacato, ma quando c'è da festeggiare sa costringere la BBC a censurare il suo linguaggio.
Tecnicamente, lo sappiamo, non è un giocatore che ruba l’occhio. Rice è per molti aspetti l’aggiornamento efficiente e meno spettacolare dei grandi centrocampisti box-to-box di cui l’Inghilterra è sempre stata la patria. Prendete Gerrard e fategli la cura ludovico di gioco di posizione e statistiche avanzate. Convincetelo che tirare non è una buona idea, per esempio, e che il gioco per i centrocampisti si risolve tra le pieghe. Rice non spicca in niente: segna poco, dribbla poco. Ha letture pulite e ordinate, a cui seguono esecuzioni pulite e ordinate.
In realtà nasce regista, ma col tempo la sua influenza offensiva è diventata sempre più grande. Resta un giocatore che non contribuisce molto in zona gol - tra reti e rifiniture. Le sue statistiche avanzate, tuttavia, mostrano una completezza impressionante. Si è parlato di lui per club come il Bayern Monaco o il Manchester United - non c’era, a dire il vero, una squadra che non lo volesse.
Un giocatore che recupera tanti palloni (primo in Premier per intercetti), ma che anche in fase offensiva offre un contributo notevole. Un centrocampista bravo nelle due fasi, ma che si occupi soprattutto di far progredire il gioco. Solo Rodri ha più corse progressive di Rice, in Premier League. Rice è chiaramente ciò di cui l’Arsenal di Arteta ha più bisogno, con Xhaka ormai spremuto e destinato alla Bundesliga e Thomas Partey il cui futuro è oggi incerto. Certo, con Moyes ha finora giocato in un sistema di gioco piuttosto diverso, ma con l’Inghilterra ha dimostrato di trovarsi a suo agio - anzi, meglio - in una squadra che applica i principi del gioco di posizione e vuole dominare col pallone. L'ideale sarebbe vederlo accanto a un mediano che resta più basso, come faceva Soucek al West Ham. In questo caso quindi con Partey.
In ogni caso è difficile trovare un profilo più preciso di quello di Rice, e che contenga il margine di rischio più basso. Rice è stato preferito a Moises Caicedo, che ha forse un tetto di potenziale più elevato, ma che oggi ha un curriculum peggiore; è stato preferito a Romeo Lavia e Kudus, che forse sarebbero stati preferiti dalle gestioni passate dell’Arsenal.
Oggi Rice è considerato il profilo migliore, l’anello mancante per scalfire il dominio del City della Premier League.
Sbagliare degli acquisti è grave, sbagliarne troppi può essere fatale. Lo scenario incubo è quello del Manchester United, diventato negli ultimi anni una macchina incendia denaro. Il monito di quanto in fretta si può decadere da club più di successo al mondo a meme. L’altro scenario incubo è quello dell’Arsenal stesso, che ha perso in fretta il vantaggio competitivo accumulato durante gli anni di Wenger, sbagliando allenatori e acquisti in sequenza. Allora tanto vale spendere 105 milioni per un giocatore ritenuto “sicuro” che 30 in meno per uno che può raggiungere il livello di Rice ma che ha fattori di rischio più grandi - come per esempio Sandro Tonali.
Solo nella scorsa stagione i “Gunners” sono tornati tra le prime quattro posizioni, e rigiocheranno la Champions League. Sei anni di purgatorio a cui si sono condannati per i tanti errori commessi.
L’inversione di tendenza c’è stata soprattutto grazie a Mikel Arteta, che ha regalato alla squadra un abito tattico al passo coi tempi e ha dato un senso di squadra a quello che sembrava solo un gomitolo sconclusionato di singoli. Anche sul mercato, però, l’Arsenal ha leggermente modificato la propria strategia.
Di Declan Rice abbiamo parlato anche nel nostro talk calcistico, La Riserva.
«Noi non compriamo delle star, le produciamo» è una celebre frase di Arsene Wenger per sintetizzare come l’Arsenal è diventato grande: comprare giocatori giovani promettenti e formarli come giocatori d’élite. Pescare soprattutto da mercati esteri, che potessero ridurre l’isolazionismo inglese. Negli ultimi anni questa capacità si è un tantino incrinata, ma soprattutto è cambiato il contesto intorno. La Premier League non è più quel campionato ammuffito e isolato: è all’avanguardia tecnica, tattica e finanziaria del calcio. In questo contesto l’Arsenal ha perso la sua capacità innovatrice ed è retrocesso nella catena alimentare, finendo per essere preda degli investimenti di squadre con risorse più profonde.
Dallo scorso anno la proprietà è tornata a investire tanto, ma in modo diverso da quanto fatto negli anni precedenti. Anche dopo Wenger l’Arsenal è rimasto fedele alla propria strategia - una delle prime mosse fu quella di prendere Sven Mislintat, capo-osservatore del Borussia Dortmund con un bel portfolio di giovani scoperti e lanciati. Ora invece il club compra soprattutto giocatori con un margine di rischio esiguo. Continuano ad arrivare giovani non del tutto formati (Fabio Vieira, Jacub Kiwior) ma mescolandoli ad altri dall’impatto sicuro e comprovato in Premier League. Jorginho, Gabriel Jesus e Zinchenko erano giocatori dal curriculum già vasto, abituati alla Premier e a esprimersi in contesti tattici simili a quello che Arteta vuole all’Arsenal.
La strategia ha pagato e l’Arsenal sta continuando su quella strada, quella di comprare solo profili con margini di fallimento esigui. Il più esigui possibile. Prima di Rice è stato acquistato Kai Havertz: altro giocatore di 24 anni con un potenziale ancora non del tutto definito, ma già estremamente affidabile e d’esperienza.
Questi giocatori avrebbero accettato di andare all’Arsenal anche solo due anni fa, quando la squadra era fuori dalla Champions League e non aveva ancora dato prova di essere davvero vicina a vincere la Premier? È una domanda retorica. Nella storia del campionato inglese, l’Arsenal della scorsa stagione è stata la squadra che ha trascorso più settimane in cima alla classifica senza poi vincere il campionato. La distanza che la separa dal City sembra piccola ed enorme al tempo stesso. Declan Rice, un essere umano di certo abbondante, riuscirà a colmarla?