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Nicolò Ciuppani

Deandre Ayton è un centro classico moderno

Il centro dei Phoenix Suns ha ribaltato i pregiudizi che c’erano su di lui.

Nel primo scrimmage dei Phoenix Suns ad Orlando contro gli Utah Jazz, Deandre Ayton si è preso una tripla dall’angolo su una rimessa dal fondo e l’ha mandata comodamente a bersaglio, nello stupore generale. Nella partita successiva contro i Boston Celtics si è ripetuto, come se fosse la cosa più normale al mondo. Solo che non lo era. Ayton prima di arrivare a Disney World non aveva mai segnato una tripla in maglia Suns, nonostante sia stato a lungo considerato un prospetto di lungo moderno dotato di un jumper affidabile. Per un momento il mondo NBA ha girato la testa verso il bahamense, ricordandosi della sua esistenza in questa lega.

 

Deandre Ayton è una prima scelta assoluta molto strana. Non può essere considerato un bust, ma non è nemmeno lontanamente il miglior giocatore uscito dal suo Draft. Non è una stella, e anche se ha le carte in regola per poterlo diventare, è ancora molto indietro nel suo sviluppo. È estremamente grezzo e limitato nel suo arsenale tecnico, ma il suo impatto in campo è già tra i migliori della lega. Si è presentato in NBA come un lungo dominante in attacco e molto indietro nella comprensione in difesa, ed è oggi un attaccante mediocre e un difensore dominante. È perennemente dimenticato o celebrato meno dei suoi coetanei, ma non è comunque considerato una brutta scelta, nonostante quello sia il Draft di Luka Doncic e Trae Young, che sono già partiti titolari all’All-Star Game.

 

La particolarità del prospetto Ayton è che si tratta di un giocatore per diversi aspetti già “adulto” – specialmente dal punto di vista fisico – ma estremamente acerbo per conoscenza del gioco, avendo iniziato a giocare a 14 anni e avendo all’attivo meno di 100 partite NBA. Tenendo a mente entrambe le cose, risulta quindi complesso tracciare un profilo preciso di che giocatore sia: per certi aspetti Ayton sembra aver appena iniziato a grattare la superficie che ricopre l’enorme mole di talento e potenziale che possiede, per altri aspetti sembra un giocatore destinato a rimanere così com’è.

 

Anche il contesto nel quale è inserito non aiuta particolarmente a delineare i contorni del suo potenziale, dato che i Suns sono al secondo allenatore in due anni e che gran parte del roster abbia avuto un ricambio o sia stato martoriato dagli infortuni. Ayton ha spazzato via i dubbi che si portava dietro dal college, tra cui i grossi punti interrogativi difensivi, ma allo stesso tempo ne ha aggiunti altri in attacco, dove invece sembrava avrebbe trovato terreno fertile in NBA sin dal primo giorno. In ogni caso, il processo di crescita è stato esponenziale e sotto gli occhi di tutti.

 

Le aspettative del primo anno

Al suo esordio nel 2018, Ayton si è presentato in NBA da centro titolare di una squadra senza aspettative di vittoria, con un coach esordiente come Igor Kokoskov, con Dragan Bender (!) e Ryan Anderson (!!) come compagni di reparto e senza esperienza da centro (ad Arizona ha giocato quasi esclusivamente da 4, don’t ask). Come se non bastasse, da quello che si diceva non era nemmeno un animale da palestra. In pratica i suoi numeri impressionanti al college erano il risultato di istinto e del corpo incredibile che la natura gli ha donato. Non sarebbe dovuta essere una sorpresa la completa incapacità di Ayton di marcare qualsiasi tipo di giocatore, visto che non sapeva come usare il suo fisico per avere un vantaggio, né sapeva dove posizionarsi né tantomeno come approcciare i pick and roll.

 

Così mentre Doncic e Young si godevano le luci della ribalta per la loro esuberanza in attacco e i loro highlight quotidiani, Ayton viveva la sua prima stagione da rookie quasi nell’anonimato (quando andava bene) o nelle clip che vivisezionavano i suoi errori (più frequentemente), anche perché erano il materiale di cui vi era più abbondanza. Ayton era completamente perso nei pick and roll: a volte ruotando immediatamente sul rollante (e lasciando completamente solo il portatore di palla), altre ritrovandosi fermo a guardare l’azione evolversi (come uno spettatore a cui hanno assicurato un posto al centro del parquet e uno stipendio a sei zeri per guardare gli avversari). Non c’era nulla che facesse ben sperare nello sviluppo difensivo di Ayton: né la sua postura, decisamente molle e troppo eretta; né gli angoli che usava per saltare in aiuto, inutili sia per ostacolare un tiro che per fare fallo; per non parlare della sua capacità di lettura dell’azione, in cui passava dal fissare il pallone a eseguire lo schema avversario a memoria, senza rendersi conto di ciò che stava succedendo. La base di partenza era senza mezzi termini disastrosa. 

 

Alla seconda partita in NBA Ayton ha dovuto affrontare il primo lungo All-Star della sua carriera, Nikola Jokic, ed è stato massacrato. Jokic ha messo a referto 35 punti, 11 rimbalzi e 11 assist, guidando i Nuggets a una vittoria di 28 punti mentre Ayton si è fermato a 5 punti e 8 rimbalzi. Benvenuto in NBA.

 

Ma nelle ombre di Phoenix Ayton ha cominciato lentamente a capire qualcosa di più del gioco NBA, e quando ha cominciato a prendere il ritmo ha offerto dei lampi benauguranti. A marzo del 2019 Igor Kokoskov gli ha affidato il compito di marcare Giannis Antetokounmpo e  LeBron James, e senza dover pensare troppo al suo posizionamento tra il ferro, il rollante e il portatore di palla, Ayton non ha sfigurato. Usando la sua irreale rapidità di piedi e forza fisica per contenere le penetrazioni dei due, per la prima volta forse si è intuito il suo reale potenziale difensivo.

 

Il momento in cui si è affermato il talento difensivo di Ayton.

 

Crescita esponenziale

Anche la seconda stagione per Ayton sembrava dover passare in sordina, prima per la sospensione per aver assunto un diuretico che gli è costato 25 delle prime 26 partite, e poi per un infortunio alla caviglia appena rientrato che lo ha tenuto fuori altre due settimane. Quando è rientrato in campo i Suns non erano già più interessanti per nessuno, ritrovandosi lontani dalla lotta all’ottavo posto, ma Ayton ha dimostrato che in un solo anno è riuscito a passare dall’essere una sciagura in difesa in una vera e propria minaccia.

 

Nonostante le difficoltà, l’inesperienza e il contesto di squadra, la prima stagione di Ayton non è stata totalmente negativa, almeno a livello numerico: i lunghi con i rimbalzi e la percentuale reale di Ayton al primo anno in NBA sono diventati tutti Hall of Famer. Tuttavia la seconda stagione ha rappresentato una bella sveglia per il bahamense, che guardava da bordocampo i suoi pari età all’All-Star Game mentre la sua squadra lentamente affondava in classifica. Il reality check è stato notevole, ma al suo ritorno in pianta stabile in campo i suoi miglioramenti sono stati sbalorditivi.

Una serie di highlights difensivi della stagione di Ayton per introdurre alla sua completa trasformazione in difesa.

 

Se Ayton è oggi uno dei migliori difensori dell’intera NBA è principalmente grazie al suo fisico. Quando effettua un cambio difensivo sul perimetro, la rapidità di piedi gli permette di contenere anche le guardie più agili: più di una volta si è trovato a chiudere i possessi di Damian Lillard, Ja Morant, Chris Paul e altri in isolamento sugli ultimi secondi del cronometro. Se associamo la velocità della parte bassa del corpo con il suo impressionante senso dell’equilibrio (è veramente difficile vederlo perdere la postura difensiva o mettere troppo peso sui talloni) insieme all’esplosività nel salto, ne viene fuori un difensore estremamente capace sul perimetro. Numerosi set offensivi puntano ad avere una guardia capace di tirare dal palleggio in isolamento contro un lungo, ma contro Phoenix questi set diventano fortemente sconsigliabili – una caratteristica su cui i Suns potrebbero addirittura pensare di poter costruire attorno il loro sistema difensivo. Ma Ayton è anche molto migliorato nel suo posizionamento e letture nei pick and roll: occasionalmente viene colto a fissare la palla e a volte ruota troppo lentamente sul proprio uomo quando taglia dopo un blocco, ma sono casi rari ormai – rispetto alla norma della passata stagione – e sono cose che col tempo dovrebbero migliorare ulteriormente.

 

La combinazione di velocità, coordinazione nella parte bassa del corpo e forza in quella alta gli permette anche di tenere in scacco le ali più esplosive o più creative. Nella passata stagione da rookie ha fornito delle ottime prestazioni contro Giannis, ma non ha sfigurato nemmeno contro Kawhi Leonard o quando si è occasionalmente trovato su Luka Doncic.

 

 

Alcuni estratti della sua prestazione difensiva contro Leonard. Notare come nella maggior parte delle volte gli basti una falcata e alzare il braccio per fornire una copertura decente sulla media distanza e sull’arco.

 

Ayton non è solo migliorato in efficienza difensiva, è anche molto più proattivo in difesa e desideroso di spendersi. A oggi ha concluso la stagione finendo col marcare quasi 20 tiri a partita, un risultato che lo porta al secondo posto di tutta la NBA dietro al solo Rudy Gobert. Inoltre, dei 295 giocatori ad aver giocato più di 5 partite e difeso più di 5 tiri a partita, Ayton è 6° per percentuale al tiro concessa agli avversari, costringendo i tiratori avversari ad abbassare le proprie percentuali del 6.2% (la stessa percentuale di Kawhi Leonard, per intenderci). Per mettere il dato ancora più in prospettiva, chi ha una percentuale migliore generalmente difende molti meno tiri: Giannis ad esempio tiene gli avversari a -9.7% rispetto alla loro media, ma difende meno della metà dei tiri che Ayton difende; Anthony Davis è a -8.3%, ma con 5 tiri in meno a partita; lo stesso Leonard difende 10 tiri in meno di Ayton di media. Quando si parla di giocatori che difendono un alto volume di tiri (15+ a partita) e con un elevato impatto difensivo (almeno -5% di differenziale), la lista si riduce a tre nomi: Gobert, Ayton e Brook Lopez. E trai tre Ayton ha una frazione di partite NBA e di esperienza sulle spalle rispetto agli altri due:

 

Gobert: 20.4 DFGA, -7.3% 

Ayton: 19.5 DFGA, -6.2% 

Lopez: 16.8 DFGA, -6.3%

 

La cosa più incoraggiante dei suoi miglioramenti è che sta diventando eccellente in ciò che i propri coach gli hanno richiesto sin dal primo giorno in NBA: diventare un’ancora difensiva giocando stabilmente da 5. L’anno passato Ayton concedeva il 71% al ferro, quest’anno la percentuale concessa è del 61% (9° assoluto dei 295 giocatori qualificati, 7° se escludiamo le guardie che difendono meno tiri al ferro). Ha quasi raddoppiato il numero di stoppate in percentuale (da 2.6% a 4.5%) pur mantenendosi tra gli ultimi 20 per falli su 36 minuti tra i giocatori con almeno 1.5 stoppate a partita, segno che la sua postura e la capacità di mantenersi verticale nel salto sono evolute esponenzialmente. E la sua difesa in aiuto è migliorata altrettanto: i Suns concedono 0.85 punti per possesso quando Ayton è il difensore in aiuto (meglio di Gobert) a differenza dei 0.98 della passata stagione. Il suo impatto nei Suns è semplicemente impareggiabile: Phoenix ha il 9° defensive rating della lega quando Ayton è in campo e precipita al 20° quando non c’è. Sedici mesi dopo il suo welcome to the NBA game, Ayton si è anche preso la sua rivincita su Jokic, limitandolo quanto possibile mentre sigillava una doppia doppia da 28 punti e 19 rimbalzi.

 

Il riconoscimento di uno dei migliori nel ruolo.

 

Cosa e come migliorare

Non c’è dubbio che già oggi Ayton sia un fattore estremamente positivo per i Suns: il quintetto titolare (o almeno titolare nell’ultimo mese prima della sospensione) dei Suns composto da Rubio, Booker, Oubre, Bridges e Ayton è il secondo migliore in NBA per Net Rating tra tutte quelle con almeno 200 minuti, e i numeri della squadra sono grossomodo sempre positivi quando Ayton gioca. Di fatto i Suns perdono perché le loro riserve non sono all’altezza dei titolari.


Tuttavia i Suns non possono ritenersi soddisfatti dei risultati svolti finora: se le ambizioni della squadra sono quelle di superare le 30 vittorie stagionali il tutto deve passare anche e soprattutto dal fatto che Ayton diventi una stella. La sua skill pronta sin dall’esordio in NBA è stata la sua capacità di andare a rimbalzo: Ayton è, e probabilmente sarà per tutta la carriera, un rimbalzista d’élite. Le sue spalle e la sua esplosività gli permettono di raccogliere un enorme numero di rimbalzi anche senza nessuno che lavori per tagliare fuori gli altri. Ayton però è anche un insospettabile rimbalzista d’astuzia, che sfrutta il suo tocco morbido per far rimbalzare la palla sulle dita sopra la testa degli avversari fino a che non ha posizione per tirarla al petto. Ayton è proprio di un altro livello rispetto ai pari età, ormai entrando in competizione direttamente con l’élite nella voce statistica: tanto per dare un’idea, Ayton ha già 106 rimbalzi in carriera più di Jaren Jackson Jr, sebbene abbia giocato 24 partite in meno.

 

I progressi che si speravano di vedere maggiormente però sono senz’altro in attacco, dove Ayton mostrava il potenziale maggiore. Per carità, in nessun caso può essere considerato un giocatore dannoso o poco efficace, ma le attese erano molto più alte. Vederlo dominare ad Arizona sovrastando fisicamente chiunque e sfruttando il proprio jumper morbidissimo faceva accarezzare vette di potenziale finora mai toccato.


In NBA Ayton è un attaccante semplicemente pigro, innamorato del proprio tiro in sospensione dalla media (che mette con una frequenza comunque notevole) a cui si affida troppo spesso facendo concludere l’azione prima del suo totale sviluppo. Questa strategia, sebbene nell’immediato della singola azione porti a evidenti risultati, risulta deleteria nel lungo periodo, sia dell’intera partita che del suo sviluppo come giocatore. Prendendosi un jumper invece che andare a fare spallate col marcatore avversario evita che questo debba spendere dei falli per contenerlo, e di conseguenza abbassa di molto il numero di tiri liberi a disposizione sua e della squadra. Considerato il suo tocco e il suo strapotere fisico è probabilmente il più grosso rammarico che al momento può esistere su di lui. E questo impoverimento di soluzioni in partita non gli permette di sviluppare altre movenze in post o sfruttare le sue sottovalutate doti da passatore.

 

Gran parte del suo immobilismo in attacco è anche dovuto al fatto che non ha dei veri e propri movimenti nel mettere palla a terra: l’unica cosa vagamente simile è una spin move dopo un palleggio in post, che esegue con molta grazia, ma risulta una soluzione troppo estemporanea in un arsenale offensivo decisamente scarso. Ayton sopravvive in post soprattutto grazie ai piedi su cui danza quasi piroettando e a una morbidezza nel tocco che un un giocatore mastodontico come lui non dovrebbe avere. Se Ayton riceve palla in buona posizione e si avvita per un gancio probabilmente farà canestro, ma altrettanto probabilmente non è un canestro che aiuta i Suns a vincere delle partite.

 

Il gioco in attacco di Ayton deve poter migliorare, e ci sono buone prospettive che col tempo lo faccia davvero. In un post su Reddit un utente ha messo a confronto le statistiche di alcuni centri NBA nel loro anno al college, e il quadro che ne viene fuori è interessante:

 

 

Ayton è quasi in cima a tutte le voci statistiche. Come detto è praticamente nell’élite a rimbalzo e nelle conclusioni, oltre ad avere una percentuale di assist che fa intuire come le sue letture del gioco e il trattamento del pallone possano essere molto meglio di così, ma anche la voce della percentuale ai liberi è interessante. Storicamente la fortuna di un giocatore a tirare da tre in NBA la si legge più nella sua percentuale ai liberi del college che nella percentuale del tiro da tre punti a livello universitario. Se la progressione dovesse mantenere le aspettative, ci si potrebbe aspettare di vedere Ayton spostare il proprio range di tiro verso l’esterno – come ha già cominciato a far vedere con una tripla messa a segno in entrambe le partite di scrimmage fin qui disputate a Disney World. 

 

Aggiungere il tiro da fuori al suo repertorio aprirebbe completamente il suo gioco e quello della squadra, con la possibilità di attaccare metri di parquet alle spalle del proprio marcatore (a patto che impari a mettere palla a terra) o la semplice capacità di attrarre corpi lontano dal ferro aiuterebbe i Suns ad avere molto più successo. La capacità di Jaren Jackson Jr. di tirare da 3 e attaccare i closeout è fondamentalmente il motivo per cui alcuni lo ritengano superiore ad Ayton al momento, anche se il suo impatto in campo è molto inferiore a quello del bahamense.

 

Ma ancora più semplicemente, almeno fino a che non arriveranno dei miglioramenti in attacco, i Suns dovrebbero considerare meno possessi in post per Ayton a favore di un maggior numero di pick and roll. Quando Ayton blocca sulla palla Phoenix produce 116 punti per 100 possessi, che è la loro tipologia di azione migliore tra tutte quelle con più di 50 possessi registrati, mentre i post up di Ayton producono 81 punti per 100 possessi, quartultimo risultato e una statistica semplicemente atroce.

 

La speranza su Ayton sarà sempre lenta ad affievolirsi, specie perché dopo i numeri storici per un lungo rookie messi nella passata stagione, continua a progredire su numeri da Hall of Famer: d’altronde l’unico altro giocatore nella storia di 21 anni o meno a registrare 19 punti, 12 rimbalzi e 1.5 stoppate a partita è un certo Shaquille O Neal.

 

Le possibilità di Phoenix di costruire qualcosa di veramente speciale ruotano attorno ad Ayton e alla sua ascesa tra i migliori giocatori nel suo ruolo. Dopo una prima stagione in cui ha fatto vedere di poter stare in NBA e una seconda dove ha completamente ribaltato i propri punti deboli, resta solo da vedere se in futuro questa crescita può portare un profitto in termini di risultati. Per ora in Arizona bisogna armarsi di sana pazienza nel vedere un prospetto così unico e allo stesso tempo così classico.

 

 

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Nicolò Ciuppani: parla di basket su Ball Don't Lie, ne scrive sul Buzzer Beater Blog e programma analytics per Chartside.