«Prima della guerra mondiale, quando accaddero i fatti che qui riferiamo, che un uomo vivesse o morisse non passava ancora nell’indifferenza. Se una persona scompariva dal numero dei terrestri, non ne arrivava subito un’altra a occupare il suo posto per far dimenticare il lutto. Bensì, dove mancava, rimaneva un vuoto, e i vicini così come i lontani osservatori del paesaggio di quell’uomo ammutolivano ogni volta che riconoscevano quel vuoto» scriveva Joseph Roth per restituire il senso di memoria e malinconia che pervadeva l’impero Austro-Ungarico.
Nel calcio moderno i calciatori vanno e vengono spesso senza lasciare traccia. Non fanno che ripeterci che sono dei professionisti, non legano i propri valori a quelli di un club, e quando vanno via non c’è nessun vuoto ad accompagnarli ma solo le cifre che separano un “buon affare” da un “errore finanziario”. Non è però sempre così. In particolare questa stagione ci ha mostrato gli esempi di giocatori che avevano dissolto la propria identità all’interno di quella di un club, diventando un tutt’uno con la maglia che indossavano, scomparendo dentro di essa. Alla fine della stagione i loro tifosi li hanno salutati con la sensazione di lasciare andare un pezzo di sé. Al posto del loro numero e di quello che rappresentavano un vuoto che non è colmabile.
Abbiamo raccolto i migliori addii a cui abbiamo assistito al termine di questa stagione.