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Dave Portnoy: profeta dei nostri tempi
13 giu 2025
Una pizza, un drink e due scommesse con i bro.
(articolo)
14 min
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In epoca di post-verità non è sempre reale ciò che consideriamo tale. Basta che qualcuno si “dimentichi” di specificare che un'immagine è creata con l'IA per confondersi. Che una notizia sia reale o meno a molti importa poco, l'unica cosa che conta sono i numeri. Quanti follower hai, quanto si parla di te e, soprattutto, quanto guadagni.

La maggior parte delle opinioni sono polarizzate. Qualcuno ama e altri odiano, mentre sfumature, distinguo e dubitativi sono considerati un segno di debolezza. Se racconti con la faccia giusta di aver venduto la tua azienda per cinquecento milioni di dollari e di averla ricomprata per appena un cinquecento milionesimo, ovvero un misero dollaro, non c'è motivo di dubitare. Dave Portnoy lo sa e, almeno secondo le apparenze, su questo cortocircuito e un linguaggio scurrile e alla mano ha costruito la sua fortuna.

“Ovunque tu sia, noi siamo lì” è la frase che campeggia sulla home del sito di scommesse nato da una costola della sua media enterprise, Barstool Sports. E le sue grandi conquiste, quelle che gli hanno consentito di diventare una personalità, un influencer e un multimilionario, sono l'aver anticipato i tempi della legalizzazione delle scommesse sportive negli USA e l'aver plasmato la cultura sociale e politica degli Stati Uniti sulla chiacchiera da bar. Ridefinendo di fatto il linguaggio del partito Repubblicano verso quell'impasto di machismo e populismo spiccio che caratterizza sempre più il suo stile comunicativo.

Barstool Sports nasce nel 2003 come freepress gratuita settimanale distribuita nell'area di Boston. Portnoy, laureato in Scienze dell'Educazione, lascia un posto fisso nel settore delle vendite per seguire il sogno di una rivista di tips a tema sportivo e fantasy sport, l'equivalente USA del nostro Fantacalcio. «Non volevo che la gente sapesse che c'ero solo io dietro la compagnia» così il settimanale si presenta come il prodotto di un gruppo di ragazzi medi con la passione dello sport, per le scommesse e un forte appetito per le donne.

Purtroppo, presto i genitori di Dave finiscono i fondi, così il figlio rischia di dover chiudere baracca. Lo salva l'idea, decisamente poco originale - ma sempre funzionale quando si cerca di attrarre un certo tipo di pubblico - di aprire il giornale in prima pagina con qualche foto discinta di modelle in abiti sportivi. L'altra scelta che gli consente di svoltare sono una serie di feste denominate “Barstool Blackout Tour” che Portnoy definisce “il tipo di festa che faresti a casa tua, ma organizzata in un locale”. Nel Massachussets creano presto scandalo.

L'abbandono della forma cartacea e il passaggio sul web, tuttavia, sono la vera svolta per gli affari.

Il linguaggio semplice e senza filtri, in aperto contrasto con il politicamente corretto, l'umorismo greve anche su temi sensibili come lo stupro o le dimensioni del pene del figlio di due anni di Tom Brady sono una svolta nel linguaggio sportivo: «Questo è quello che vogliono fare i ragazzi, stare seduti tutto il giorno, bere parecchio, sentirsi un po' sbronzi e perdere qualche soldo sul basket».

Quindi, ricapitolando, Dave Portnoy: influencer, imprenditore, fondatore di Barstool Sports, organizzatore di feste epiche e ascoltato recensore di pizze. Misogino, verbalmente aggressivo, negazionista del Covid e sicuro di sé: Portnoy è una delle forme che prendono gli Stati Uniti di Trump. Incarna chi ce l’ha fatta senza scendere a compromessi con la realtà, passando il tempo al bar con gli amici a scommettere sulle partite e a sparare cazzate. Un sogno americano, a modo suo.

Durante la prima era Trump, nel 2018, la Corte Suprema si è pronunciata in favore delle scommesse sportive nonostante l'opposizione delle principali leghe del Paese, dalla NBA alla NFL, ma il lavoro delle lobby del gioco d'azzardo stava per fare la fortuna di Portnoy che da tempo aveva intercettato un bacino d'utenza enorme, composto in prevalenza da ragazzi e uomini tra i diciotto e i trentacinque. Quelli che di rado entrano in un casinò per giocare alle slot – il regno delle anziane signore – ma vanno fuori di testa se sul loro telefonino compare un banner luccicante che li invita a buttare qualche soldo sul risultato di una partita. Poi ancora e ancora e ancora, possibilmente senza fermarsi mai.

Maglietta e cappellino bianco da santone curvaiolo, alle spalle una bandiera simil piratesca con un cagnolino, per sdrammatizzare e rimarcare il suo essere fuori dagli schemi, un'intro musicale eclatante ed ecco partire una delle sue tante “conferenze stampa” indette su X: «Abbiamo concluso l'accordo circa tre anni fa e credo che entrambe le parti abbiano pensato 'Porteremo questa cosa sulla luna'. Ma abbiamo sottovalutato quanto sia difficile per me e Barstool operare in un mondo in cui gli enti di regolamentazione del gioco d'azzardo, il New York Times e gli articoli di Business Insider manipolavano il prezzo delle azioni ogni volta che facevamo qualcosa». Spiegava così, nel 2023, com'era rientrato in possesso del cento percento delle azioni della compagnia che aveva appena venduto.

Nel 2020 Penn Entertainment, compagnia specializzata nei casinò, ha comprato il trentasei percento delle quote di Barstool Sports per accompagnare nel mondo del gioco d'azzardo la fascia di pubblico giovane che vuole usare lo smartphone spaparanzata sul divano di casa per piazzare le proprie scommesse: «Abbiamo scommesso CON VOI negli ultimi 17 anni. Ora scommettete CON NOI» esorta l'utente medio nel video di lancio. È nata così la App per telefonia mobile Barstool Sportsbook, ma come ha spiegato Portnoy: «Il gioco d'azzardo è molto regolamentato e questa cosa ha prodotto conseguenze che so di non aver previsto e probabilmente nemmeno Penn. Perché ci piace dire... lo sai... mi piace dire quello che voglio. E a volte può causare problemi».

La differenza tra una qualsiasi app di scommesse e il prodotto della fusione tra la potenza economica di Penn e Barstool Sports risiede proprio nella figura di Portnoy e nella grande fetta di pubblico giovane che è riuscito a sedurre con il suo stile comunicativo. Siamo questo, non dobbiamo vergognarci di essere così, di pensare e dire cose offensive, misogine o razziste. Vogliamo divertirci e piazzare qualche scommessa, lasciateci perdere.

Ma quando vengono coinvolti dei colossi economici, un certo tipo di dinamiche non viene più tollerato. Scandali mediatici a un ritmo quasi quotidiano non vanno d'accordo con le aziende quotate in borsa.

Così, quando nel quadro di un accordo decennale da oltre due miliardi di dollari Penn rivende alla ESPN, di proprietà Walt Disney, la montagna di dati accumulata grazie a Portnoy, il magnate in maglia da baseball, basket o football e cappellino con visiera viene allontanato, ritrovandosi in cambio unico proprietario della propria creatura. “It's truly a win-win” come ha detto lui: dopotutto nel 2023, come riportato da Current Affairs, gli americani hanno scommesso 119,8 miliardi sullo sport.

Portnoy si fa chiamare “El Presidente” dai suoi seguaci e se dissoci il cervello da quello che dice, tra un insulto, una spacconata e qualche quota random alle partite da gettare in pasto ad adepti obbligati a cercare di salvare il salvabile dopo aver perso tutto, sembra pure simpatico. Lo stereotipo dello sporty guy americano che non ha mai letto un libro, ma familiarizza senza fatica con le statistiche prodotte dalle centinaia di partite, migliaia di giocatori e milioni di possibili eventi su cui scommettere. E fa battutacce senza preoccuparsi di chi lo ascolta.

Il suo gruppo è formato da una masnada eterogenea – brutti, sboccati e maschilisti – che ride rumorosamente, sempre; fa intro assurde ai video a tema sportivo, per esempio fingendo di viaggiare su montagne russe psichedeliche approfittandone per fare facce buffe; e strilla ogni concetto con furia come fosse la cosa più importante del mondo. Una specie di Processo di Biscardi in acido.

Il quadro politico è quello iper liberale portato avanti dal trumpismo, che sogna un mondo senza vincoli e barriere legali per chi ha abbastanza soldi in tasca per comprarsi ciò che vuole. Una sorta di distopia alla Ritorno al futuro II, quando in uno dei tanti universi paralleli Biff Tannen sposa la madre di Marty McFly e grazie ai risultati contenuti nel Grande almanacco sportivo costruisce a Hill Valley una sorta di Las Vegas personale e degenerata. Tra macerie, homeless, bikers selvaggi e sparatorie svetta uno luminoso albergo/monumento al gioco d'azzardo, figlio prediletto del dio denaro.

Come ha spiegato il New York Times, Portnoy sin dagli inizi nel 2003 punta a intercettare maschi medi “con la passione per lo sport, le scommesse e un forte appetito sessuale”. Ospite a uno dei tanti talk show a cui partecipa con cadenza quotidiana o quasi, Flagrant Clips, circondato da tre suoi simili che lo guardano con ammirazione ridendo forzatamente a ogni sua battuta, racconta senza apparente emozione di aver scommesso cinquecentomila dollari in una sola tornata.

Senza scomporsi, spiega di aver puntato metà della cifra sui suoi amati Patriots vincenti nel Super Bowl del 2019 contro i Rams. Ma più della quantità assurda di denaro messo in gioco con il solo scopo di una scarica molto forte di adrenalina, che dà ragione allo stesso Portnoy quando si definisce “scommettitore degenerato”, ciò che sembra interessare e stupire di più i suoi ascoltatori è la storia che c'è dietro. Come se lo sperpero di mezzo miliardo di dollari sia una cosa “cool”, normale – dopotutto Portnoy se lo può permettere – e funzionale alla creazione di pathos intorno a un bel racconto. Eccolo qui.

Dal 2015 Portnoy è bandito da ogni evento NFL perché ha protestato con tre colleghi di Barstool fuori dal quartier generale della Lega di Football americano in Park Avenue a New York. Secondo loro, ma la mossa era chiaramente di natura pubblicitaria, il commissioner Roger Goodell non aveva gestito nel modo migliore il Deflategate, lo scandalo seguito alla scoperta che il quarterback dei Patriots Tom Brady faceva sgonfiare i palloni per avvantaggiare sé e la propria squadra. Da qui la produzione in serie di migliaia di magliette con il volto di Goodell e il naso da clown.

D'Qwell Jackson, linebaker coinvolto nello scandalo, ha affermato di non essere “non sarei sicuramente in grado di dire se un pallone sia meno gonfio di un altro”, ma non è questo il punto. Né qualcuno si è troppo stupito del provvedimento vistosamente illiberale seguito all'arresto di Portnoy e soci.

Ciò che più ha suscitato l'ilarità del parterre di Flagrant Clips è come Portnoy si sia intrufolato nel Mercedes-Benz Stadium di Atlanta – non mi abituerò mai a chiamare gli stadi con il nome dello sponsor – con ridicoli baffi finti a manubrio e occhiali da sole a goccia per assistere alla finale tra i suoi Patriots e i Rams. Ma ancora di più per tenere gli occhi fissi sulla squadra su cui aveva puntato, perché, di nuovo da Current Affairs: “Gli atleti professionisti ricevono continuamente insulti da chi ha perso una scommessa a causa delle loro prestazioni”.

Durante l'esibizione dei Maroon 5, con il martellante ritornello in falsetto robotizzato “Girls like you” che risuona nel palazzetto da settantunmila posti, Portnoy è prima circondato da una masnada di corpulente guardie di sicurezza e poi trascinato nella “prigione” all'interno dell'impianto mentre si lascia cadere a terra come un “pesce morto”.

I tre ragazzi intorno a lui ridono come matti, facendo smorfie sproporzionate alla reale portata del racconto: li sorprende che Portnoy non sapesse cosa stesse succedendo in campo, nonostante i tanti soldi investiti. Più che il dispiacere di perdersi la gara della squadra di cui dice di tifare, per Portnoy il vero cruccio era quello di non poter scrollare come un ossesso lo schermo del proprio cellulare per avere aggiornamenti sul punteggio dal vivo, e gli altri sembrano dargli ragione: “Mi hanno portato via il telefono e mi hanno ammanettato... avevo duecentocinquantamila dollari in ballo e non sapevo il punteggio”. Suo padre Michael una volta ha detto: “Vorrei che chiunque sostenga che mio figlio esageri i suoi problemi con il gioco d'azzardo non si sbagliasse. Ma non è così”.

Dopotutto, se puoi contare su qualcosa come cinque milioni di followers e hai centinaia di milioni di proprietà immobiliari extra lusso dagli Hamptons a Nantucket è difficile che qualcuno pensi tu stia sbagliando qualcosa nella vita. Che scommettere senza controllo sia sbagliato se te lo puoi permettere (forse, perché più di una volta Portnoy ha perso cifre enormi). Anche se ti sei comportato in modo assurdo, malsano e potenzialmente autodistruttivo, l'importante è che alla fine presentarsi come una persona di successo. E poiché il trionfo in finale dei Patriots ha reso vincente la scommessa di Portnoy, tutto il resto non ha importanza.

Non contano le accuse di violenza e umiliazione sessuale portate alla luce nel 2021 da Business Insider, né che alcune donne abbiano raccontato di essere state soffocate durante un rapporto e filmate senza consenso. Non fa niente se Portnoy incita i suoi follower al cyberbullismo, chiedendogli apertamente di tormentare sul web i suoi “nemici”, enumerati su una pratica lista pubblicata su TikTok. Chi se ne importa del linguaggio razzista da suprematista bianco usato per deridere neri o arabi o del fatto che usi e abusi della parola “nigga”, che per tanti afroamericani è un terribile marchio d'infamia e un retaggio di un passato schiavista.

Tanto lo fa per ridere, per cazzeggiare, come farebbe se fossimo seduti al bancone di un bar con una bella birra davanti. Solo con un pubblico formato da qualche centinaio di migliaia di persone, molte giovanissime, pronte ad ascoltarlo, imitarlo e a seguire le sue dritte. Perché in fondo: “I sabati sono per i ragazzi” – “Saturdays are for the boys” – come recitano scritto sulla maglietta lui e i suoi fan. Se “Non piacciamo a nessuno non ci interessa”. E tutti giù a ridere come pazzi, come quando da bambini uno diceva “cacca” e gli altri si scompisciavano.

La Woke Culture ha avvelenato una parte d'America, facendola sentire minacciata nei suoi privilegi e nelle sue libertà. Dopo aver incassato il colpo, per qualche tempo quello zoccolo duro di maschi misogini ha deciso di reagire e Portnoy è uno dei suoi portavoce. Lo sport è un mezzo per creare un meta-linguaggio incomprensibile ai non adepti e le scommesse incontrollate la strada più semplice per esercitare una virilità messa in discussione e – nel caso degli operatori e dei promotori del settore – guadagnarci una marea di soldi.

Portnoy se ne frega di ogni accusa, rivolge smorfie infantili a chi lo critica e inveisce contro chi si azzarda a mettere in discussione le basi del suo successo. Portnoy con il ciuffo ingellato a onda, le camice a maniche corte con pattern bizzarri e la bottiglia di birra o la lattina di vodka tonic stretta in una mano mentre disquisisce in pose da guru. Portnoy che prende il sole a bordo piscina fumando un cubano, bevendo champagne e insultando i giornalisti che lo hanno criticato subendone le conseguenze. Portnoy che disquisisce di sport per dare consigli su come bruciare i propri soldi con l'online betting perché: “Mi sembra assurdo non scommettere ogni settimana”.

Portnoy che dopo aver perso cinquecentomila dollari in una sola puntata sui Philadelphia Eagles, sconfitti suo malgrado dai Buffalo Bills, twitta “Smetto di scommettere” e poi nel tweet successivo promette di piazzare un milione sui Michigan Wolverines è uno degli alfieri di una mascolinità fragile ma reattiva che si riunisce sul web per insultare le donne e sfogare la rabbia repressa.

Ma da dove è partito, Portnoy, per costruire il suo impero?

Da una free-press sulle scommesse con le donnine discinte, autoprodotta e distribuita nell'area di Boston da una squadra di homeless. L'operazione costò a suo padre avvocato parecchie migliaia di dollari e si concluse in un fallimento. David ha avuto la folgorazione quando a dieci anni suo padre lo portò per la prima volta a scommettere: “Io amavo le corse dei cavalli e lui anche, perché amava scommettere sin da giovane, sfortunatamente” ha raccontato Portnoy senior.

Il suo humus è un mondo moralmente oscuro ma accettato da chi è ingolosito dai suoi formidabili ritorni economici. Durante la pandemia Portnoy è andato in giro a raccogliere fondi per le piccole imprese americane, le stesse che Trump dichiara di proteggere quando spara le sue cifre a caso sui dazi, e andando in giro a votare le pizze per il suo format One Bite ha aiutato tantissimi piccoli commercianti locali.

Elencando le sue malefatte, o supposte tali, mi sento un po' come deve essersi sentito il proprietario di Dragon Pizza a Somerville, nel nativo Massachusetts, quando durante uno streaming ha provato a dirgli che non ama quello che fa?

Dave Portnoy era fuori dal suo locale con un cartone di pizza in mano, come fa sempre, l'ha aperto e si è messo a dare la sua valutazione personale su quelle sottili e gigantesche margherite cotte in forno elettrico che lo fanno impazzire quasi come una puntata andata a buon fine. Le divora compulsivo, mandando giù un morso dopo l'altro senza quasi masticare.

Quella volta ha l'aria disgustata. Ripete “troppo Parmesan”, e quando il pizzaiolo esce fuori per chiedergli di andarsene e di lasciar perdere la sua valutazione, comincia insultarlo, a fare gestacci, “blablabla”, facce buffe e tutta la serie di spacconate da duro in camicia hawaiana che lo hanno reso celebre.

La gente intorno fa foto, applaude la celebrity, è dalla sua parte: “Il mio ragazzo è il tuo più grande fan” gli dice una ragazza giovane mentre si fa un selfie con lui.

Il pizzaiolo, esposto al pubblico ludibrio per il suo prodotto con “troppo Parmesan” ha perso. Portnoy, che ricorda meccanico ai suoi milioni di followers quanto bene abbia fatto alle piccole imprese con il suo format, ha vinto di nuovo.

Se qualcuno verificherà che quello che dice è tutto vero o solo una montagna di falsità, fa poca differenza.

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