Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Da centrocampo
18 set 2015
18 set 2015
9 gol assurdi dalla lunghissima distanza: da Florenzi a Maradona, passando per Beckham e Mascara.
(di)
(foto)
Dark mode
(ON)

 

L’audio dell’Olimpico durante il gol di Florenzi è quasi uno spettacolo distinto dal gol stesso; o se vogliamo ne è la migliore descrizione:

 

https://www.youtube.com/watch?v=RGbkxnuycPU

 

Prima il silenzio, lo stadio che ammutolisce mentre la palla fa il primo volo in aria e non si capisce che cosa sta succedendo. Poi l’ “oooohh” di sorpresa e incredulità che segue la traiettoria della palla fino alla porta, infine il boato. 55,49 sono i metri che separavano il piede di Florenzi dal secondo palo: una distanza aumentata dalla posizione defilata.

 

Il gol si iscrive dentro una tradizione di colpi assurdi e geniali di cui è farcito YouTube, compilation intitolate “Halfway goal” e “Craziest gol in football”: ma nessuna di queste restituisce davvero l’esperienza dei gol. In parte perché la bellezza di reti simili sta nel loro arrivare improvvisamente nel mezzo di una partita, senza una sintassi di gioco che ci prepari emotivamente; dall’altra perché la follia che sta alla base di questi gesti viene riassorbita nella reiterazione dei video. Finiamo per abituarci e non ci rendiamo davvero conto della difficoltà insensata, della complessità fisica di quello a cui stiamo assistendo. Facendo bene attenzione ai singoli gol si può, invece, notare quanto siano diversi l’uno dall’altro per balistica, per il pensiero che ne è alla base, la potenza con cui è colpita la palla, la difficoltà generale e il senso complessivo dell'impresa.

 

Il gol di Florenzi per esempio ha alcune peculiarità. Innanzitutto un aspetto tattico: a ter Stegen è richiesto di tenere una posizione molto avanzata per svolgere il ruolo di sweeper-keeper, cioè di portiere che copre gli eventuali affondi in profondità degli avversari. Piqué

che il portiere tedesco non ha colpe, perché la sua posizione avanzata dà sicurezza alla difesa. Quindi il gol di Florenzi è per certi versi la manifestazione di una possibilità contemplata: difficile, ma comunque contemplata.

 

Anche la traiettoria incrociata dalla parte opposta del campo, che ha toccato prima un palo e poi l’altro, esprime un senso di perfezione strano, che mi fa pensare a un

in cui l’effetto domino provoca infiniti incastri impossibili. La palla è scesa dall’alto all’improvviso, molto vicina all’incrocio dei pali, tanto che è forse legittimo domandarsi se ter Stegen non sarebbe stato messo in difficoltà anche se fosse rimasto in una posizione più arretrata.

 

Ho riguardato altri gol pazzeschi da centrocampo, cercando di fare attenzione alle peculiarità di ciascuno, escludendo nella selezione i gol nei quali hanno troppa parte il caso, la fortuna, o gli errori individuali.

 




 

Se alla fine degli anni ’90 i tentativi di conclusione da centrocampo venivano definiti “à la Beckham” è principalmente a causa di questo gol. Eppure questa rete, rispetto ad altre della stessa categoria, non si distingue per difficoltà, ingegno o esecuzione. Se questo gol è diventato in un certo senso un archetipo è soprattutto per l’iconicità assoluta del calcio di Beckham: la pulizia, la precisione, la forza, l’eleganza del gesto sono, ancora rivedendoli oggi, qualcosa di unico e forse irripetibile.

 

Beckham calcia questa palla da 50 metri con lo stesso tipo di esecuzione che era abituato a usare per un tiro da 18 o da 25 metri. La perfetta distribuzione del peso del corpo e la flessione della gamba fanno sembrare il calcio di Beckham uno swing golfistico, rispetto a cui può limitarsi a cambiare la qualità e la pesantezza del ferro a seconda della distanza. Una compostezza su cui non si legge traccia di sforzo, o di agonismo, che lo fanno sembrare un semplice esercizio di precisione. Come tirare una pallina da ping-pong nella vaschetta di un pesce rosso.

 

Qualche settimana fa Riccardo Meggiorini si è lamentato della poca attenzione ricevuta per

fornito alla seconda giornata di campionato contro la Lazio: «Se lo avesse fatto Totti se ne sarebbe parlato un mese», ammettendo così implicitamente che un gesto del genere fatto da lui non sprigiona la stessa forza iconica. Sarà pur sempre un prestito, come alcune inquadrature dei film di Dardenne lo sono dello sguardo cinematografico di Rossellini.

 




 

Passano due secondi dal colpo di testa di Ilicic al calcio di Fabrizio Miccoli. Quelli che sono serviti all’attaccante salentino per pensare di coordinarsi al volo per tirare da 40 metri.

 

Rivedendo

si notano altre cose utili a contestualizzare il gesto: che Miccoli aveva già segnato due gol, uno su punizione e uno dopo una serpentina in area. A inizio secondo tempo aveva persino sfiorato la rete direttamente da calcio d’angolo. Quindi Miccoli era in una giornata di invasamento mistico, culminata con un gol che in fondo era nel suo repertorio—nella misura in cui il repertorio di Miccoli era composto per lo più da giocate assurde.

 

Dopo la partita ha dichiarato: «Un gol come quello di domenica realizzato da circa 40 metri lo avevo fatto da ragazzo in un paio di occasioni. E comunque si tratta di un gesto che in allenamento provo abbastanza di frequente e mi riesce spesso».

 




 

«Ho visto il portiere fuori e ci ho provato» è quello che

Florenzi commentando il suo gol, ed è quello che dicono sempre quasi tutti gli autori delle reti da centrocampo. Quasi sempre quindi si tratta di una forma d’astuzia per cui è necessaria la ricerca di una parabola a scavalcare il portiere in altezza. Per questo il gol di Seedorf rimane forse il più unico e sorprendente. L’olandese vede il portiere fuori, ma invece di cercare il pallonetto lascia partire un tiro di una potenza irreale.

 

Pure con una scarsa qualità video è possibile accorgersi di come la traiettoria cambi impercettibilmente, spostandosi verso il centro. Il portiere quando vede Seedorf caricare il calcio pensa forse a un cross in area, quindi avanza venendo preso in controtempo e, mentre la palla entra, si accascia spaesato in modo quasi drammatico. A colpire in questo gol è un senso di sproporzione tra la disattenzione del portiere e la violenza del tiro di Seedorf, che prende la forma di un castigo esagerato.

 





 

Luis Enrique

che non chiederà a ter Stegen di cambiare il suo gioco dopo il gol di Florenzi, confermando quindi di considerarlo un rischio del tutto accettabile. Il tecnico forse vuole scongiurare il rischio di far passare in secondo piano i vantaggi tattici di far giocare un portiere avanzato da un semplice gesto appariscente. In fondo per subire gol da quella posizione serve un incrocio di fattori che rimangono difficilmente realizzabili. Per esempio Neuer, il migliore interprete del ruolo, ha subito

dopo una sua uscita avventata, da Stankovic, uno specialista della categoria. Il portiere tedesco era uscito di testa fuori dall’area su un affondo di Milito, la palla è arrivata a "Deki", che si è coordinato al volo con un tiro di collo pieno. Con l’evoluzione del ruolo del portiere vedremo sempre più gol da centrocampo? A quel punto smetteremo di meravigliarci?

 

Stankovic due anni prima aveva già segnato un gol in casa del Genoa, ancora più impressionante. Amelia sbaglia il rinvio e lo indirizza verso il centrocampista dell’Inter, che comunque è preso abbastanza in controtempo per tirare e deve fare due passi indietro e limitarsi a mettere il piatto. Il gol sembra una volée tennistica in campo aperto su un recupero disperato, da 54 metri.

 





 

Xabi Alonso è un altro che, come Beckham, sembra calciare con precisione ed eleganza immutate a qualsiasi distanza. Anche se in lui la visione del gioco e l’arguzia sembrano influire più della qualità della perfezione del gesto. Lo spagnolo ha segnato diversi gol dal centrocampo, alcuni persino da dietro, e

come se fosse un gesto tecnico come un altro.

 

Contro il Luton

nella classica situazione punitiva del portiere arrivato in area avversaria su calcio d’angolo a fine partita; mentre il gol da centrocampo (leggermente dietro) più “à la Xabi Alonso” è quello contro il Newcastle. Il tiro arriva dopo non essere riuscito a servire l’inserimento del compagno, come fosse una soluzione di gioco di ripiego del tutto naturale.

 





 

Nella rete di Alonso la figura del portiere—che scivola e poi prova un recupero disperato—è davvero impietosa. Ma subire un gol da 50 metri ti fa apparire ridicolo, qualsiasi sia la tua reale responsabilità. Per esempio, nel gol di Charlie Adam dello scorso aprile—da alcuni definito “il gol dell’anno” in Premier—la colpa di Courtois non è così evidente.

 

È vero che si fa pizzicare in una posizione troppo avanzata e pigra, ma la parabola tracciata da Adam è perfetta. La palla parte di mezzo esterno, veloce e tesa, Courtois è anche piuttosto lesto nel provare il recupero, ma non riesce comunque a non passare per goffo e scemo. È difficile definire un tiro del genere “un pallonetto”, non compie una parabola arcuata, ma fila dritto teso e forte.

 





 

Alcune di queste conclusioni, come quelle di Alonso, colpiscono proprio per la loro cerebralità. Per qualcuno la conclusione da centrocampo rappresenta davvero una soluzione di gioco razionale. Miralem Pjanic, in seguito

in amichevole lo scorso anno al Manchester United, ha dichiarato che lui controlla spesso dove si trova il portiere, e se lo vede fuori posizione tira. Altri gol da lontanissimo sembrano però del tutto istintivi, come quello di Matías Almeyda a Gigi Buffon nella stagione 1999/00.

 

Qui sembra valere quel principio irrazionale per cui “se la palla ti arriva bene ci provi”. Non credo esista neanche il pensiero del tiro, è qualcosa che si attiva sotto la soglia della coscienza. Come il gusto tattile delle buste con le bolle, la morbidezza del primo morso al cheeseburger, la freschezza delle lenzuola pulite: una palla che ti arriva bene per calciare al volo.

 



 

Nel gergo tennistico i pallonetti molto alti, usati per lo più per recuperare la posizione, vengono definiti “candelotti”. Sono colpi infidi da ribattere perché la tensione della traiettoria viene sviluppata in verticale: verso l’alto e non verso la profondità, in una sorta di cataclisma difficilmente gestibile. Il miglior realizzatore di “candelotti” calcistici è stato Giuseppe Mascara.

 

Il suo più bel gol è stato

, quando si è alzato il pallone e ha lasciato partire un mini-candelotto sul secondo palo da posizione defilata. Un gol che per il suo minimalismo beffardo ricorda davvero un gol di Diego Maradona. La versione da centrocampo è arrivata in un derby vinto per 4 a 0 contro il Palermo. Qui Mascara tira principalmente verso l’alto, e la traiettoria diventa così alta e tesa che quando scende in picchiata verso la porta somiglia a un meteorite.

 



 

Su YouTube si trova

di Maradona che segna da centrocampo dopo il calcio di inizio. Le immagini sono quasi completamente sbiadite e il dettaglio più distinguibile è la curva in trasferta del Boca che schizza in piedi. Il modo in cui Maradona interpretava il calcio, quel suo essere allineato su un tempo diverso, ha fatto sì che i suoi gol da centrocampo siano i più autoriali. Proprio perché tutto il calcio di Maradona sembra una raffinatissima forma d’astuzia, sui piedi di nessuno un gol da centrocampo calza così naturale.

 

Il gol al Verona è una sublimazione dei gol precedenti: astuzia, visione, senso del controtempo, esecuzione perfetta. Negli anni ’80 i portieri restavano molto vicini alla linea di porta: qui Giuliani non è tanto sorpreso in una posizione avanzata, è che sembra proprio non capire quello che sta succedendo. Maradona addomestica un lancio da lontano, lo sguardo con cui pizzica Giuliani fuori dai pali è mascherato dalla giravolta che precede la preparazione al tiro. La palla viene colpita di esterno ed è una cosa a metà tra un pallonetto e un tiro, Giuliani va verso la porta, ma perde completamente il contatto visivo con la palla, che assume una curva da frisbee, bacia il palo ed entra.

 
 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura