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Serie A Giuseppe Pastore 26 novembre 2019 7'

6 curiosità dalla tredicesima giornata di Serie A

Fatti strani da rivendervi alla biglietteria del cinema.

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Ci siamo lasciati alle spalle una settimana internazionale da leccarsi i baffi, sublimata dallo storico 9-1 rifilato dagli azzurri all’Armenia in cui i record e le primizie sono piovute come le ciliegie. Una gragnuola di reti in cui, per esempio, abbiamo mandato in rete giocatori provenienti da sette regioni diverse: Campania (Immobile), Toscana (Zaniolo), Sardegna (Barella), Lazio (Romagnoli), Marche (Orsolini), Liguria (Chiesa) e Circoscrizione Estera (Jorginho). Sopraffatti dall’impresa da capogiro del Flamengo, in grado di vincere Coppa Libertadores e Brasileirão in meno di ventiquattr’ore, passiamo all’esegesi dei Fatti Strani accaduti nella giornata numero 13.

 

Roberto Mancini, nato a Jesi, si sta occupando di alzare la quota-Marche in Nazionale: oltre all’ascolano Orsolini, nella sua gestione ha esordito e segnato in Nazionale anche Stefano Sensi, nato a Urbino come Raffaello Sanzio.

 

Inter Rail

E di Mancini continuiamo a parlare, anche se indirettamente. È passato stranamente inosservato un signor record eguagliato sabato sera dall’Inter di Conte, giunta a 21 punti su 21 fuori casa – non scriviamo “lontano da San Siro” solo perché nel conteggio rientra anche Milan-Inter 0-2. Solo una squadra era riuscita a centrare sette vittorie nelle prime sette trasferte di campionato: la Lazio 2002-2003 di Mihajlovic, Simeone, Stankovic e tanti altri ex e futuri interisti a cominciare dal loro allenatore, per l’appunto Roberto Mancini, che si fermò sullo 0-0 all’ottavo tentativo, contro il Brescia. L’Inter ha naturalmente migliorato anche il proprio primato che risaliva alla versione 2012-2013, allenatore Andrea Stramaccioni, che in trasferta fece bottino pieno nelle prime sei partite, prima di arenarsi sgangheratamente da dicembre in poi.

 

In quell’inizio di stagione 2012-2013, che autorizzò paragoni leggermente impegnativi tra Stramaccioni e José Mourinho, anche il celebre 1-3 allo Juventus Stadium.

 

Il record di vittorie consecutive in trasferta NON a inizio stagione appartiene sempre all’Inter e sempre a Roberto Mancini: anno di grazia 2006-2007, quando Ibrahimovic e compagnia arrivarono addirittura a undici vittorie consecutive. Se invece saliamo a cavallo di due stagioni consecutive, il record è detenuto dalla Roma 2017 e dalla doppia gestione Spalletti-Di Francesco: dodici vittorie di fila tra febbraio e novembre. Infine ritorniamo dal Mancio, evidentemente un tecnico da esportazione, visto che ha appena stabilito anche il record di vittorie consecutive in gare ufficiali della Nazionale Italiana: sei, ovvero le cinque nel girone di qualificazione a Euro 2020 più la vittoria in Polonia in Nations League firmata da Cristiano Biraghi – Biraghi che dunque diventa uno dei trait d’union delle strisce di Conte e Mancini…

 

Gol di Biraghi all’ultimo minuto su sponda di testa di Lasagna – una notte da raccontare ai nipoti.

Mancini dappertutto

La Manciniade non finisce qui. Dal CT al giocatore: il romanista Gianluca ha segnato il suo primo gol stagionale proprio nel giorno in cui è tornato nel suo ruolo naturale di difensore centrale, festeggiando insieme al compagno di reparto Smalling. Adesso starete pensando: ehi, chissà da quant’è che non segnavano due difensori centrali nella stessa partita! E invece no, perché quest’anno è capitato a Bonifazi e Izzo in Atalanta-Torino 2-3, mentre a Mancini è già la terza volta che succede in una stagione e mezza: merito della solita Atalanta di Gasperini, che in quest’epoca ha saputo sfruttare come nessuno i calci piazzati. L’anno scorso contro il Parma andarono in gol contemporaneamente Mancini e Palomino (con assist dello stesso Mancini), mentre tre settimane dopo contro l’Inter il partner del difensore di Pontedera fu lo svizzero-albanese Djimsiti. Meno scontato indovinare l’identità dell’ultimo centrale in grado di fare un gol e un assist nella stessa partita prima di Smalling: si tratta di Bruno Alves, in un Empoli-Parma 3-3 dello scorso 2 marzo.

 

Quel giorno Bruno Alves volle esagerare – non si è campioni d’Europa in carica per caso: oltre all’assist per Rigoni e al gol del 2-3, il miglior amico di Cristiano Ronaldo in Serie A trovò il tempo e il modo di realizzare anche un autogol a tempo scaduto.

Tutti col numero 10 sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori

Occupiamoci ora dell’ex squadra di Mancini, perché prosegue più appassionante che mai la relazione complicata tra l’Atalanta e i tiri dal dischetto: non siamo neanche a metà stagione e sono già quattro i giocatori nerazzurri che si sono presentati dagli 11 metri. Con risultati alterni: se Muriel (3 su 3) e Malinovsky (1 su 1) hanno fatto percorso netto, lo stesso non si può dire di Ilicic, ipnotizzato da Pyatov in Atalanta-Shakhtar di Champions League, e del gambiano Musa Barrow, rimbalzato dalla traversa contro la Juventus. All’appello manca ancora il Papu Gomez, che dopo la stagione da incubo 2017-2018 non ha voluto più saperne, e se vogliamo anche Duvan Zapata, Marten de Roon, che l’anno scorso aveva trasformato un rigore pesantissimo contro l’Udinese, Mario Pasalic, che proprio contro la Juventus aveva segnato il penalty che era valso al Milan la Supercoppa Italiana 2016. Più in generale nell’era Gasperini, iniziata nell’agosto 2016, sono ben otto i giocatori che hanno sbagliato un rigore: ai già citati Barrow, Ilicic e Gomez vanno aggiunti Alberto Paloschi, Bryan Cristante, Mattia Caldara e gli stessi de Roon e Zapata, che lo scorso gennaio tirò alto un rigore contro la Roma appena 40 secondi prima di farsi perdonare segnando il gol del definitivo 3-3. E il totale sale a nove comprendendo anche il rigore fallito dal danese Cornelius nella lotteria finale contro il Copenhagen, che costò all’Atalanta la partecipazione all’Europa League 2018-2019.

 

Poche ore dopo questo rigore Gasperini, probabilmente non al settimo cielo, consegnò a Cornelius un biglietto di sola andata verso Bordeaux.

 

Si può fare peggio? Ma certo che sì. Se è complicato confrontare due diverse gestioni tecniche, possiamo restringere il campo alle singole stagioni. L’Atalanta ha stabilito il proprio record nel 2017-2018 con quattro rigori sbagliati da quattro tiratori diversi (Papu Gomez, Cristante, de Roon e Caldara). Numeri eguagliati più volte, per esempio dalla Fiorentina 2014-2015 (errori di Mario Gomez, Babacar, Diamanti e Gonzalo Rodriguez). Ma noi abbiamo trovato addirittura due squadre in grado di fare peggio e far chinare la testa a ben cinque giocatori diversi: il Bari 1949-1950 (errori di Stradella, Voros, Primo Sentimenti, Isetto e Sarosi) e il Bologna 1951-1952 (errori di Cervellati, Cappello, Pilmark, Tacconi e Ballacci). Un’altra missione impossibile per la banda del Gasp?

 

Nel gennaio 2015 Mario Gomez ridefinì il concetto di “tiro centrale” calciando esattamente in mezzo allo specchio della porta: il classico rigore impossibile da non parare.

Hellas Verona Social Club

Forse il paragone con la brigata cubana di Compay Segundo non farà impazzire di gioia i suoi morigerati tifosi, ma il Verona sta portando avanti nel silenzio generale una striscia clamorosa: con il gol di Samuel Di Carmine contro la Fiorentina, gli ultimi otto gol dei gialloblù sono stati segnati da otto marcatori diversi. Riavvolgiamo il nastro: prima di Di Carmine abbiamo Verre contro l’Inter, Salcedo e Pessina contro il Brescia, Lazovic a Parma, Kumbulla contro la Sampdoria, Faraoni a Cagliari e Veloso contro la Juventus (in mezzo c’è anche un’autorete di Murru in Verona-Sampdoria che non abbiamo conteggiato). Direte: è record! E invece no, perché in mancanza di statistiche ufficiali attendibili abbiamo trovato almeno una squadra in grado di fare meglio: il non brillantissimo Milan 2014-2015 allenato da Pippo Inzaghi, capace tuttavia di piazzare una striscia di dieci marcatori diversi consecutivi dalla 29^ alla 37^ giornata: Cerci, Menez, de Jong, Pazzini, Mexes, van Ginkel, Destro, Bonaventura, Alex, El Shaarawy.

 

Ogni occasione è buona per rivedere questo gran gol di Jack Bonaventura e soprattutto la visionaria maglia da trasferta del Milan 2014-2015, con quell’improbabile arancia sbucciata come logo.

Bollettino Dzeko

Giusto perché eravate in pensiero: a secco contro l’acerrima bestia nera Parma, Edin Dzeko ha ritrovato la sua vena di bounty killer impallinando anche il Brescia, che ora è la sua 26.esima vittima su 27 squadre incontrate in Serie A. Gli resistono solo gli orgogliosi crociati dello Sceriffo D’Aversa, con il quale Dzeko si è già dato appuntamento all’Olimpico per il prossimo 11 aprile.

Il vecchio e il bambino

Al Dall’Ara di Bologna è andato in scena uno scontro generazionale degno di Guccini o di Simon & Garfunkel: i migliori in campo sono stati Rodrigo Palacio, nato a Bahia Blanca il 5 febbraio 1982, e Dejan Kulusevski, nato a Stoccolma il 25 aprile 2000. Oltre diciotto anni di differenza, o se preferite 6.654 giorni. È il record per questo campionato, ma già nello scorso torneo avevamo trovato distacchi maggiori: per due volte merito (o colpa) di Sergio Floccari, nato addirittura nel novembre 1981 – ha compiuto 38 anni due settimane fa. In Empoli-SPAL aveva risposto a un gol dell’ivoriano Hamed Traoré, nato 6.670 giorni dopo di lui; in SPAL-Juventus aveva opposto l’inossidabile logica dell’usato sicuro alla freschezza di Moise Kean, nato 6.682 giorni dopo.

 

 

Ma il massimo distacco appartiene probabilmente a Milan-Udinese del 19 maggio 2007, partita statisticamente rilevante perché contiene anche il gol più anziano della storia della Serie A, il rigore segnato da Costacurta a 41 anni e 25 giorni. Proprio in virtù della prodezza del buon Billy (nato il 24 aprile 1966), il contagiorni arriva addirittura a quota 7.383 rispetto alla data di nascita del francesino Yohan Gourcuff (11 luglio 1986), che potrà raccontare ai suoi amici in Bretagna di essere finito negli annali almeno per un buon motivo: a prima vista non si trovano altri casi di scarti superiori ai vent’anni tra due marcatori della stessa partita. E vi segnaliamo anche un +19 anni in un remoto Sampdoria-Juventus 1-3 del 4 novembre 1974: i blucerchiati passarono in vantaggio a inizio ripresa con il 17enne Giorgio De Giorgis, la Juve – come spesso le accade – mise la freccia con una doppietta del suo vecchio centravanti, il 36enne José Altafini. Ehi, sembra successo sabato scorso.

 

Tags : gianluca mancinihellas veronainterserie a

Giuseppe Pastore fa il giornalista. Appassionato di sport, di cinema, di gente.

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