È da domenica che pensiamo alla Nazionale. Riguardiamo la sequenza di rigori contro l’Inghilterra, cerchiamo foto di Barella su Twitter e o ci rimettiamo a studiare il discorso di Mattarella alla squadra. Non vogliamo abbandonare del tutto il senso di festa e gioia, ed è stata quindi una salvezza l’uscita di Sogno Azzurro, il documentario prodotto dalla RAI da un’idea di Pierluigi Colantoni. Erano uscite quattro puntate precedenti all’Europeo ma è la puntata di un’ora dopo la vittoria a essere entrata nei cuori. Il documentario racconta per intero il ritiro della squadra precedente alle partite e, diciamolo subito, è bello, e lo è in modo sorprendente, viste le basse aspettative che tradizionalmente circondano i prodotti della tv pubblica. Più che altro questo tipo di prodotti: documentari sportivi con una cifra contemporanea. Sogno Azzurro si è rivelato quasi all’altezza dei titoli Amazon o Netflix (Sunderland til’ i die) o persino superiore (tutti gli altri).
Il valore di questo tipo di documentario in genere è proporzionale al tipo e alla quantità di accesso che viene data allo spettatore. Sogno Azzurro ci dà l’illusione di essere davvero accanto alla squadra, a mensa, agli allenamenti, nelle riunioni tecniche e di rivivere passo passo le tappe del percorso. Qualcosa di brutto sarà stato certamente tagliato, ma non vale nemmeno la pena chiederselo. Se non avessimo vinto non sarebbe stato così bello: è chiaro. Provate a immaginare questo documentario con l’Italia che viene eliminata agli ottavi di finale dall’Austria con il gol di Arnautovic. Sarebbe diventato un documentario per sadici, forse nemmeno sarebbe uscito. La vittoria ha permesso anche di calcare molto sulla dimensione emotiva, senza timore di scadere nella retorica. Avendo vinto, non c’era niente di esagerato. Ha permesso di essere positivi e riconcilianti e motivazionali – l’unico timbro che le squadre vogliono comunicare all’esterno – senza suonare falsi. Rispetto agli altri prodotti ci ha anche mostrato come funziona una Nazionale, un ritiro di una squadra che si forma per un periodo molto ristretto e limitato di tempo. Certo, l’Italia ha mostrato un tipo di amore e piacere a stare insieme che sarebbe forzato considerare uno standard. Ma nel modo in cui scherzavano e passavano il tempo tra loro, è venuto fuori forse il vero segreto di questa Nazionale, fuori da ogni retorica (lo dice anche De Rossi a un certo punto: «Questa squadra ha un dono»).
Abbiamo raccolto le scene migliori, quelle che ci hanno fatto capire qualcosa in più sul percorso dell’Italia, o solo quelle che ci hanno fatto ridere e che porteremo nel cuore.