Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
I motivi che rendono Modric difficile da marcare
31 ott 2025
La Serie A, per qualche ragione, sembra aver sottovalutato il croato.
(articolo)
9 min
(copertina)
IMAGO / Marco Canoniero
(copertina) IMAGO / Marco Canoniero
Dark mode
(ON)

Quarant’anni è il limite d’età per diversi concorsi pubblici in Italia. Generalmente, a quella soglia, i meccanismi biologici iniziano, o hanno già iniziato, a modificarsi. Per molti è il guado: di qua la gioventù, lo sguardo rivolto in avanti; oltrepassati, invece, analisi e valutazioni sul percorso fatto cominciano ad ingombrare la mente. Con tutto ciò che ne consegue.

A 40 anni, però, in Italia puoi ancora sentirti giovane. Non solo statisticamente, vista l’età media di 46,8 anni che popola il paese. Figurarsi se sei Luka Modric, e puoi sederti di fronte a questa vallata di 5-3-2, o giù di lì, e tratteggiare il paesaggio più o meno a piacimento.

A Modric, in fondo, basta il pallone e un battito di tempo. Quello che la Serie A concede volentieri, purché sia a debita distanza dalla propria porta: nessun giocatore, in Italia, ha toccato più palloni, 719 per l’esattezza, dell’ex Real Madrid finora. Di questa mole di palloni, oltre la metà (444) li ha naturalmente gestiti nel terzo centrale di campo, quello di principale competenza. Il resto li ha divisi equamente tra primo e ultimo terzo, sottolineando la mobilità nei posizionamenti che dà origine a una heatmap straordinaria nelle sue prime 9 gare di Serie A.

Modric è stato uno dei migliori giocatori in Serie A di questo inizio di stagione. Nonostante il curriculum eccellente, siamo rimasti comunque sorpresi dal suo impatto in Italia. Lo abbiamo visto come un segno di declino del nostro calcio, oppure come la prova della condizione atletica eterna del croato. La durezza di un talento che resiste al trascorrere del tempo, preservato da una motivazione feroce, da una mentalità che tutti raccontano come diversa. Tutte ragioni giuste per dare un senso all’incredibile inizio di campionato di Modric, ma c’è dell’altro.

Nell’efficacia del campione croato possiamo leggere in controluce anche alcuni tic - o comunque tratti - della Serie A. Da campione qual è, Modric li ha riconosciuti subito, sfruttandoli a proprio vantaggio. Ha avuto innanzitutto il merito di saper scegliere dove posarsi. Al contrario di quanto accade sempre più spesso, il Milan non presenta forme rigide di costruzione o principi particolarmente stringenti per far progredire il pallone in campo.

Quella libertà d’interpretazione, che Allegri concede volentieri ai suoi giocatori più talentuosi, permette a Modric di posizionarsi in campo dove meglio crede. Partendo da vertice basso di un centrocampo a tre, lo si può vedere spesso scendere a piacere per lucidare le operazioni di uscita del pallone. Fatta eccezione per i rinvii dal fondo, ormai quasi paragonabili a una situazione da palla inattiva, sono poche le squadre che pressano in parità numerica, ancor meno quelle in grado di mantenersi ad altezze medie stabilmente con pressioni in inferiorità (-1 o -2). In questo tutto o niente, spesso, i blocchi difensivi tendono a farsi risucchiare in basso, sedendosi in prolungate fasi di difesa posizionale. Quelle su cui Modric pare quasi sistemarsi lo sgabello e iniziare a dipingere il paesaggio che vede di fronte. L’ultima settimana gli ha presentato i poli opposti: quello dell’Atalanta, nell’infrasettimanale, ormai universalmente riconosciuta per lo stile di pressing, che ha ridotto al minimo il battito di Modric. 61 tocchi: record negativo della stagione finora. Pari a quanto gli era capitato alla terza giornata, non a caso contro un esemplare simile come il Bologna di Italiano. Non solo, è stata anche quella in cui ha racimolato il punteggio più basso per passaggi progressivi, faticando a giocare in avanti sia per il controllo pressante di Pasalic che per una bassa propensione collettiva a ricevere o giocare sotto pressione. Il vantaggio iniziale poi, al 3’, ha reso il pallone uno strumento ritenuto ancor meno indispensabile per il Milan.

Abbassarsi, mercoledì sera, non modificava particolarmente gli orizzonti, con Pasalic pronto a seguirlo. E neanche quando chiamava un interscambio di posizione con Ricci, aprendosi da un lato, riusciva a guadagnare o offrire quel tempo di ricezione necessario a far avanzare il pallone senza una giocata diretta: l’Atalanta, come si vede sopra, era infatti reattiva nei cambi di marcatura, con Modric che finiva nella presa di Ederson e Pasalic che a quel punto gestiva Ricci.

Decisamente più maneggevole, invece, la pressione del Pisa nel turno precedente. Tramoni, inizialmente, era il delegato a disturbarne il gioco; non riusciva però a gestire la mobilità di Modric quando fluttuava fuori dalla sua zona di riferimento. In più, la strategia di Gilardino liberava il canale di destra, dove De Winter poteva avanzare comodamente in costruzione, con l’effetto di abbassare velocemente il Pisa e consegnare a Modric libertà di ricezione dall’angolatura preferita.

Qui sotto, ad esempio, si accomoda da centro destra, localizza Ricci tra le linee e appena riceve lo raggiunge con un colpo di collo-esterno che ha già mostrato ripetutamente come optional di lusso in questo primo tratto di stagione. Saranno 113 i palloni toccati da Modric contro il Pisa, un’enormità, inclusi 44 passaggi nel terzo finale di campo che rappresentano il dato più alto in una singola partita di questa Serie A. Un pallone e del tempo, tanto gli basta.

Pare quasi che la disabitudine all’imprevedibilità, il tratto dominante dei giocatori più talentuosi, renda le squadre italiane particolarmente esposte alle verticalizzazioni di Modric. Come non ne conoscessero davvero le potenzialità. Non si aspettano che un giocatore, senza offrire suggerimenti di postura o ricezioni particolarmente orientate, possa estrarre colpi simili. Sono effetti collaterali della standardizzazione delle giocate, come realizzazione tecnica ma ancor prima come intenzioni. Su questi presupposti si ingigantiscono le capacità di Modric, un po’ come accadeva a Totti sul finale di carriera - giocatore di cui il centrocampista del Milan non ha mai nascosto l’ammirazione.

C’erano già compilation psichedeliche sui colpi “al buio” dell’ex numero 10 della Roma, la “palla trasversa” era già stata aggiunta ai vocabolari calcistici da Spalletti, tutti avevano ammirato il suo utilizzo del tacco, eppure quel repertorio risultava ancora illeggibile negli ultimi scampoli di carriera, seppur con una mobilità ridotta all’essenziale. Come la possibilità di Modric di utilizzare l’intera superficie del piede che era già risaltata da settimane in Serie A, qualora non si avesse avuto la disponibilità di approfondirlo negli ultimi vent’anni circa.

A Udine, quarta tappa del campionato, aveva di colpo dato significato a una costruzione alta del Milan in questo modo. Ricezione solitaria tramite giocata al terzo uomo, presa d’informazioni mentre il pallone gli sta arrivando, esecuzione. Di collo esterno, alle spalle della linea difensiva per svelare la profondità attaccata da Estupinan. Nessun difensore dell’Udinese, come si vede nella terza immagine sotto, mostra segnali d’allarme nella postura o nell’atteggiamento. Come se nessuno sapesse chi fosse quel numero 14.

Viene svelato, sopra, cosa permetta a Modric di giocare due tempi avanti agli altri. Perché la realizzazione tecnica è solo l’atto conclusivo, in cui svela l’inganno ed è già troppo tardi per porvi rimedio. L’aspetto determinante è la sua capacità di lettura, di torcere il collo mentre il pallone gli sta arrivando: qui guadagna quel vantaggio poi decisivo. Quell’abilità di “scanning”, di percezione dell’ambiente circostante, è il presupposto necessario su cui poggia l’abilità coordinativa e quindi tecnica, di esecuzione. Ci si muove e ci si comporta, in fondo, in funzione di uno scopo. Quello che Modric riesce a visualizzare più rapidamente degli altri.

Ne lasciamo qui sotto una collana, una per ogni partita di Serie A fin qui affrontata, per rendere l’idea di come funzioni la mente di un genio. E di come Modric potrebbe giocare con qualsiasi fastidio muscolare, purché non sia un torcicollo. Questo spiega anche perché sia il giocatore di movimento, in Serie A, con la più alta distanza progressiva, verso la porta avversaria, raggiunta tramite passaggi.

Qui in Italia, poi, questa capacità di monitorare costantemente lo spazio intorno a sé viene dilatata dalle possibilità e dai tempi di ricezione offerti dalle squadre che tendono a collassare facilmente sotto la linea del pallone. Permettendo così a Modric, abbassandosi, di iniziare ad accordare lo strumento come meglio preferisce. Le gare con squadre che non mostrano ambizioni di pressioni aggressive, o in grado di mantenerle costanti nella partita, sono frequenti e questo rilassa i tempi di gioco, con la conseguenza di favorire la stabilità in campo e ridurre, o comunque allungare, i tempi di transizione avversaria. Si tratta, in molti casi, principalmente di cogliere il tempo e il percorso, per entrare all’interno della struttura altrui.

La passività nelle fasi di non possesso gli ha permesso, fin qui, anche di andarsi a ritagliare spazi di ricezione in zone di rifinitura, all’interno del blocco difensivo avversario. Ma per mantenere o accrescere questa varietà di posizionamenti verticali, oltre che orizzontali come fa in costruzione, il Milan dovrà mostrarsi più autonomo, col tempo, nella prima uscita del pallone. In questo senso Ricci può aiutare. Contro la Fiorentina è arrivato un vivido esempio di come Modric possa finire a calpestare zone più offensive con profitto, purché Ricci, o chi per lui, ne svolga le funzioni da vertice della costruzione e i centrali difensivi prendano più spesso l’abitudine a tagliare le prime linee di pressione.

Proprio nella partita con la Fiorentina, Modric ha declinato quella capacità anticipatoria in efficaci comportamenti difensivi, con posizionamenti o addirittura marcature preventive quando i centrali rossoneri conducevano in avanti. Il saper prevedere le intenzioni avversarie si converte anche in un alto numero di recuperi: 25 i palloni guadagnati, 4° centrocampista in Serie A, dietro soltanto a chi lo mette in cima al proprio curriculum come Masini, Frendrup o Ramadani. 11 quelli raccolti tramite intercetto, anche qui al 4° posto della classifica tra i centrocampisti italiani. Tutta questa sapienza calcistica, poi, è innaffiata da una passione rovente, ancor più accentuata dalla percezione del tempo che scorre. Modric sembra voler assaporare quel gusto di maneggiare il pallone fino all’ultima goccia. Basti vedere il modo in cui vive e trascina il Milan, con i suoi atteggiamenti in non possesso, proprio nel recupero contro la Fiorentina. Sul come faccia, a quarant’anni, a mostrarsi ancora così competitivo, ha tentato di rispondere in una recente intervista a CBS Sports: “È solo amore per il calcio, amo davvero il calcio”. E l’amore non ha età, almeno così dicono.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura