Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Federico Principi
Cosa pensare delle strategie di squadra in Formula 1
04 set 2018
04 set 2018
Un punto sui giochi di squadra dopo il controverso Gran Premio di Monza.
(di)
Federico Principi
(foto)
Dark mode
(ON)

In mezzo a tanti nuovi circuiti volgarmente chiamati tilkodromi, un termine coniato in senso dispregiativo per etichettare i tracciati di nuova generazione progettati dall'architetto Hermann Tilke, la Formula 1 conserva in calendario una serie di piste di uguale difficoltà tecnica ma dal fortissimo potere evocativo. In questa lista agli estremi vi sono i due circuiti più lontani possibile come concezione e modo di affrontarli: da una parte i muri e le curve strette di Montecarlo, dove difficilmente si raggiungono i 300 km/h in un solo punto, in fondo al tunnel, dall'altra Monza nella quale è stato appena siglato il giro più veloce della storia della Formula 1, quello della pole position di Kimi Raikkonen a 263,6 km/h di media.

 

Proprio per la sua velocità e per la necessità di adottare assetti a basso carico e di possedere soprattutto una vettura che abbia molta efficienza aerodinamica e un motore potente, per lungo tempo Monza è stata indigesta alla Ferrari. I progressi

, nonché con gli ultimi aggiornamenti per la terza power unit adottata a Spa sia da Mercedes che da Ferrari, avevano alimentato legittime aspettative sul fatto che la Rossa sarebbe finalmente riuscita ad essere competitiva per la vittoria a Monza, dopo che l'ultimo successo risaliva al 2010 con Fernando Alonso.

 

Proprio l'efficienza aerodinamica della vettura e l'aumento di potenza della power unit sono stati i principali miglioramenti del 2018 per la Ferrari e hanno permesso alla Rossa di piazzare una doppietta in qualifica. Ma se le cose si sono messe subito male per il Mondiale piloti, con Vettel in testacoda al primo giro per un incidente di gara con Hamilton in cui è difficile attribuirgli colpe evidenti - per lo meno osservandolo a priori -, la Ferrari conservava quanto meno la grande speranza di riportare a Maranello la vittoria a Monza grazie a Kimi Raikkonen.

 

In testa per tutto il primo stint, dopo un bello scambio di sorpassi con Hamilton dopo la Safety Car, il finlandese beneficiava anche di una giusta strategia al pit stop aspettando il calo della gomma supersoft per non permettere ad Hamilton di effettuare né l'undercut - cioè passare ai box Raikkonen anticipando la sosta - né l'overcut, perché la soft nuova del finlandese - montata in anticipo rispetto all'inglese - era subito più veloce. La Mercedes, tuttavia, ha preparato una trappola che per il ferrarista si è rivelata letale e che ha permesso a Hamilton di guadagnare ulteriori 7 punti su Sebastian Vettel, forse decisivi nella corsa al titolo mondiale. Segno evidente sia che la Mercedes ha con ogni probabilità aumentato la potenza disponibile a Bottas, sia che Raikkonen ha certamente sofferto il "blocco

 


Hamilton e Raikkonen, nelle prime fasi di gara, erano inseguiti alle spalle a debita distanza da Max Verstappen e Valtteri Bottas. Dopo la sosta di Raikkonen al giro 20, a Hamilton è stato dato dapprima l'ordine di spingere per provare l'overcut ma, una volta resosi conto che questa operazione risultava impossibile, in Mercedes hanno preparato il piano B, decisamente più malizioso.

 

Nonostante fosse in lotta per il terzo posto con Verstappen, a Bottas è stato comunicato che si sarebbe fermato ai box per ultimo e che avrebbe dovuto rallentare Raikkonen favorendo il ritorno di Hamilton. Il piano della Mercedes contava di sfruttare alcuni elementi favorevoli: innanzitutto in qualifica entrambe le Mercedes si erano dimostrate più veloci nei rettilinei rispetto alle Ferrari - più di 343 km/h sia per Hamilton che per Bottas prima della prima staccata, contro i 342,7 di Raikkonen e i 341,5 di Vettel - e per questo motivo sarebbero state più difficili da superare. Inoltre la Mercedes in gara sembra ancora disporre di più potenza nella power unit rispetto alla Ferrari in alcuni momenti topici: Hamilton già in Belgio per pochi giri - poco prima della sosta - era più veloce di Vettel nonostante rispetto al tedesco avesse le gomme posteriori in stato di degrado più evidente.

 

A Monza, Bottas ha probabilmente sfruttato questo surplus di potenza proprio nei giri in cui Raikkonen gli si è fatto sotto. È evidente, dalla tabella dei tempi sottostante, come dal giro 27 al giro 35 compresi il finlandese della Mercedes abbassi improvvisamente di oltre un secondo i suoi crono sul giro per fare in modo di assumere un passo gara più simile possibile a quello di Raikkonen. La vicinanza con la vettura di Bottas davanti, inoltre, ha contribuito a distruggere le gomme del ferrarista, già sollecitate nei primi giri per evitare l'overcut di Hamilton. Raikkonen disponeva inoltre di un assetto con un alettone più scarico delle Mercedes - che dopo Spa si sono nuovamente presentate con ali posteriori "a cucchiaio", più cariche di quelle orizzontali della Ferrari - ma anche del compagno Vettel, che in qualifica era stato più veloce di Raikkonen nel secondo settore più guidato ma più lento nel primo e nel terzo, più rapidi. In questo modo soprattutto la sua gomma posteriore destra si è deteriorata con una velocità impressionante.

 

Nel primo stint, prima del giro 27 Bottas solo tre volte aveva fatto segnare 1:24. Dopo quel momento, tuttavia, il pilota della Mercedes scende regolarmente sotto l'1:25 provando a contrastare Raikkonen, che stava girando in 1:23. Prima della sosta di Bottas, anche il ferrarista rallenta e sale sopra l'1:24.

 

Il tappo di Bottas ha permesso a Raikkonen di non scappare e ad Hamilton di rimontare in tutta tranquillità, forte anche di gomme soft con 8 giri in meno rispetto a quelle del ferrarista. Al giro 29, dopo la propria sosta, Hamilton registrava 5.216 secondi di ritardo da Raikkonen, e solo 4 giri dopo passava sul traguardo con meno di un secondo di ritardo, potendo aprire il DRS. In 4 passaggi Hamilton ha recuperato esattamente 1.177 secondi al giro di media su Raikkonen: con una strategia crudele ma efficace dal punti di vista utilitaristico, la Mercedes ha ingabbiato il ferrarista esponendolo al successivo attacco vincente del leader del Mondiale, e negandogli quella vittoria che gli manca ormai da 5 stagioni e mezza.

 


Quella messa in atto ieri dalla Mercedes è forse la tipologia di strategia di squadra apparentemente più fastidiosa, dalla più bassa levatura morale e più lontana allo spirito sportivo tra tutte quelle osservate nella storia della Formula 1. Si tratta però, senza alcuna differenza, di una tattica messa in pista recentemente anche dalla Ferrari, ad esempio in Austria lo scorso anno e in Cina in questa stagione. In ogni caso, oltretutto, questo tipo di gioco di squadra fino a prova contraria non prevede un vero e proprio blocco o un rallentamento volontario - verificabile dalle telemetrie - quanto a tutti gli effetti un pit stop ritardato da parte di uno dei due membri di un team per favorire l'altro.

 

In sostanza, per quanto comprensibilmente fastidioso possa risultare subirlo, questo gioco di squadra rientra in un contesto di strategie di gara legittime. Oltretutto Bottas, per attuare questo piano, ha perfino aumentato il proprio ritmo di gara anziché diminuirlo, in una pista dove è molto facile prendere la scia e le occasioni di sorpasso si presentano in diversi punti. I giochi di squadra, in fondo, si trascineranno con sé polemiche continue ma rientrano in realtà in dinamiche di gara difficilmente contrastabili a livello regolamentare e che, sostanzialmente, vanno accettate così come sono e fanno parte della feroce battaglia per ottenere il massimo risultato.

 

Nei primi anni della storia della Formula 1 era ancora possibile cedere la propria vettura al proprio compagno di squadra, vittima di problemi tecnici. Di questa antica tipologia di gioco di squadra ne beneficiò più di tutti Juan Manuel Fangio, cinque volte Campione del Mondo: al Gran Premio di Francia 1951, con l'argentino alle prese con numerose noie meccaniche, l'Alfa Romeo ordinò a Luigi Fagioli di cedergli la macchina e in seguito i due vinsero la gara nominalmente in coppia, ma Fagioli per la rabbia decise di concludere la stagione in quel momento. Stessa dinamica al Gran Premio di Argentina 1956, dove fu Luigi Musso a cedere la sua Ferrari a Fangio, colpito da problemi alla pompa della benzina. L'argentino prese la vettura di Musso in quinta posizione e la portò al successo, anch'esso decisivo per il titolo mondiale così come nel 1951.

 

Ma le strategie di squadra più plateali e rimaste più impresse agli occhi dell'opinione pubblica sono state compiute dalla Ferrari, ordinando al secondo pilota di far passare l'alfiere scelto per lottare per il Mondiale. Nel 2010, quando gli ordini di scuderia espliciti erano vietati, dal muretto della Rossa intimarono a Massa di far passare Alonso con la celebre frase «Fernando is faster than you. Can you confirm you understood that message?» («Fernando è più veloce di te, confermi di aver capito il messaggio?»). Ancora più evidente, ma stavolta forse anche inopportuno, l'ordine dato a Barrichello di far passare Schumacher in Austria nel 2002, soltanto al sesto Gran Premio in un Mondiale dominato in lungo e in largo dalla forza della Ferrari.

 


Barrichello che rallenta proprio sul traguardo, anche polemicamente, per far vincere Schumacher a Spielberg nel 2002.


 

Si tratta di comportamenti in realtà messi in atto da tutti i team ma che sono diventati proverbiali per screditare l'immagine della Rossa. Così come un'altra tipologia di giochi di squadra, ma quella opposta, è rimasta anch'essa impressa nella storia del Cavallino al Gran Premio di Imola del 1982, quando era stato dato l'ordine di mantenere le posizioni per preservare la doppietta con Gilles Villeneuve primo e Didier Pironi secondo, ma quest'ultimo non ascoltò e andò a vincere. Una logica di squadra seguita anche dalla Mercedes nelle fasi finali della recente gara di Hockenheim, decisamente più accettabile sul piano sportivo in casi come quello del Gran Premio del Belgio 1998: sotto un nubifragio le Jordan di Damon Hill e Ralf Schumacher si ritrovarono in prima e seconda posizione e fu imposto al fratello di Michael di non attaccare l'inglese per preservare la preziosa doppietta. Alla fine le due Jordan ottennero in un colpo solo 16 dei 34 punti totalizzati nell'intero Mondiale costruttori, scalzando così la Benetton per il quarto posto finale.

 


La logica aziendalista, tuttavia, non è una situazione che si verifica in automatico al generarsi di determinate condizioni standardizzate di gara. Come le aziende private possono prevenire e indirizzare i comportamenti dei singoli lavoratori ma non controllarli del tutto, così le squadre di Formula 1 al momento della decisione se adottare o meno determinati giochi di squadra tengono conto più o meno inconsciamente della forza politica e contrattuale di un certo pilota.

 

Ha colpito in particolare la serenità con cui Bottas è uscito dall'abitacolo per le interviste, felice di aver contribuito alla vittoria del compagno di squadra che di solito, nella mente di un pilota, è la più grande sconfitta. È sembrato quasi che Bottas sia stato ridotto a una pedina, mossa solo per massimizzare il risultato di Hamilton: uno status che si porta dietro fin dalle primissime gare in Mercedes, nel 2017, con la condizionale del rinnovo di contratto di anno in anno e l'ombra di Ocon alle spalle per rendere il finlandese sostanzialmente ancora più ricattabile.

 

La situazione opposta la sta vivendo forse Kimi Raikkonen, che da molti rumor viene dato per spacciato a Maranello in luogo di Leclerc https://sport.sky.it/formula1/2018/03/23/charles-leclerc-biografia.html. In particolare colpisce come Raikkonen abbia forzato soprattutto la prima staccata su Vettel, probabilmente per provare a regalarsi l'ultima vittoria in Formula 1 sapendo di avere ormai i mesi contati in Ferrari, e di conseguenza avere ora il coltello dalla parte del manico nei confronti della squadra. Ben diverso fu il comportamento al Gran Premio di Ungheria lo scorso anno, dove aveva coperto le spalle al compagno di squadra sia in partenza che dopo il problema di Vettel allo sterzo.

 



 



 

È proprio in riferimento al potere contrattuale dei piloti, alle loro occasioni di lavoro, che molto spesso fanno leva i team per ottenere accondiscendenza nel mettere in atto i giochi di squadra. Valtteri Bottas probabilmente sa di avere come unica chance possibile, per giocarsi un giorno il titolo mondiale, quella di rimanere a tutti i costi in Mercedes. Altri piloti, invece, si sentono con le spalle più coperte: Max Verstappen ad esempio, al suo primo anno in Toro Rosso nel 2015, a Singapore rifiutò di far passare il compagno Carlos Sainz quando era ancora minorenne, e su di lui non ci fu la minima ripercussione ma anzi il pieno appoggio di tutta la famiglia Red Bull, che lo promosse alla casa madre solo qualche mese dopo.

 

C'è poi dietro tutto l'universo, più o meno sommerso, dei cosiddetti piloti paganti, sui quali i team specialmente delle categorie minori speculano per ottenere un introito economico in cambio di un sedile. Molto spesso, tuttavia, i rapporti di forza si rovesciano proprio perché molti team si reggono sulle spalle dei contribuiti economici di uno o più piloti membri, che in quel caso girano la situazione di potere a proprio vantaggio. In Sauber, a Montecarlo 2016, forse l'esempio più evidente: con un pilota sostanzialmente proprietario del team grazie a una cordata di connazionali - Marcus Ericsson - e un altro che garantiva lo sponsor principale che dava tutto il disegno alla livrea della vettura - Felipe Nasr, appiedato infatti una volta abbandonato dallo stesso sponsor - a quest'ultimo venne dato ordine di far passare il compagno svedese, ma dopo una serie di rifiuti Ericsson lo attaccò sommariamente alla Rascasse causando un incidente e ponendo fine alla gara di entrambi, senza conseguenze disciplinari per entrambi.

 

In relazione alle formule minori c'è anche da fare la considerazione che, a differenza della Formula 1, un pilota affronta una categoria propedeutica con lo scopo di abbandonarla possibilmente dopo massimo due anni. I team principali delle squadre delle formule minori sanno e capiscono che la mentalità del proprio pilota è volta a ottenere il miglior risultato possibile per abbandonare il quanto prima la squadra e salire di categoria. Una situazione che sicuramente presenta delle implicazioni ben diverse da chi, già approdato in Formula 1, si vuole assicurare un contratto e una lunga permanenza nella massima categoria, che ripaghi tutti gli sforzi economici della famiglia e degli sponsor che hanno consentito al pilota stesso di raggiungere l'ambito palcoscenico, il più prestigioso dell'automobilismo.

 


La strategia messa in atto dalla Mercedes a Monza, così come altre simili della Ferrari, mette in evidenza un altro fattore fondamentale nella Formula 1, ovvero l'esistenza di almeno un punto di chiara possibilità di sorpasso in ogni pista. La crescente influenza aerodinamica delle vetture ha reso sempre più difficile prendere la scia del pilota davanti, e al tempo stesso i layout dei tracciati non sono cambiati rispetto ad almeno dieci anni fa.

 

La naturale conseguenza è che in questa nuova Formula 1 post-2017 dai sorpassi difficili, attuare tattiche di "blocco" può risultare più semplice e dannoso per l'immagine dello sport. Forse questo di Monza è il caso meno eclatante proprio perché si tratta della pista da sorpassi per eccellenza, ma ad esempio a Montecarlo Hamilton poté effettuare la sosta anticipata perché poté contare sul servilismo di Ocon, pilota Mercedes della Force India, che si scansò letteralmente per farlo passare, mentre per altre vetture sarebbe stato impossibile progettare un pit stop così presto senza tenere conto del tempo perso dietro al francese. Anche qui si ritorna sui rapporti di forza contrattuale, che spesso travalicano perfino i confini del team stesso e si estendono a squadre satellite e a piloti della propria accademia in "prestito" a team di fascia medio-bassa.

 

Forse non tanto per agevolare i sorpassi a parità di condizione, quanto soprattutto per evitare questi "blocchi" - che sarebbero letali in piste come Montecarlo, Singapore, Budapest, Melbourne - rimane molto forte la necessità del DRS, l'ala mobile che si apre alla vettura che segue quella precedente a meno di un secondo, per facilitarne il sorpasso. Dopotutto quest'anno anche in una categoria minore come la GP3, con vetture dotate di meno aerodinamica e dove i rettilinei sono più "lunghi" per via della minore potenza dei motori - e quindi dove è molto più facile rimanere attaccati alla vettura davanti e prendere la scia - in gara-1 a Le Castellet un problema tecnico della Federazione ha impedito l'utilizzo del DRS e i sorpassi si sono sostanzialmente congelati perfino sul lungo rettilineo del Mistral.

 

Per questo motivo, quindi, non è tanto necessario che i giochi di squadra vadano strettamente regolamentati o addirittura banditi, ma è imortante che quanto meno rientrino in logiche sportive. Chi ne cade vittima, come Raikkonen a Monza, dovrebbe comunque avere l'opportunità di uscirne. In fondo nello sport, e nella Formula 1 in particolare, sono anche e soprattutto gli episodi ambigui che generano fascino, interesse e potere evocativo.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura