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Emanuele Mongiardo
Cosa manca a Rafa Leao
31 gen 2024
31 gen 2024
L'ala portoghese sta attraversando una stagione difficile.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / sportphoto24
(foto) IMAGO / sportphoto24
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Durante il primo tempo di Milan-Bologna dello scorso sabato, Rafael Leão è tornato finalmente a tirare in porta per la prima volta dopo tre mesi: una conclusione di sinistro, potente ma troppo centrale, respinta da Skorupski. È una statistica a cui si fatica a credere, ma che rende bene l’idea della stagione contraddittoria che sta vivendo il fuoriclasse del Milan. Leão è ancora il calciatore migliore dei rossoneri, quello a cui basta basta un momento di brillantezza per fare la differenza, come dimostra, nella stessa Milan-Bologna, la cavalcata con cui ha guadagnato il rigore poi sprecato da Theo Hernandez. Eppure, come non accadeva ormai da tre anni, una piccola parte di tifosi e opinione pubblica ha ricominciato a nutrire dubbi nei suoi confronti.

Su Leão pesa, e probabilmente peserà sempre, il pregiudizio legato alla leggerezza con cui affronta il calcio e la vita fuori dal campo. Tuttavia è innegabile che la stagione corrente sia caratterizzata da qualche prestazione opaca di troppo. Dove nascono le difficoltà di Leão? Esistono ancora dei margini di miglioramento oppure ha già toccato il suo tetto? Quanto incidono sul suo rendimento i problemi della squadra? Sono tutte domande per le quali non esiste una sola risposta, ma che possono invitare a ragionare su che tipo di giocatore sia il portoghese e su quali direzioni potrebbe prendere il futuro del Milan. I dribbling di Leão Alcune statistiche possono rappresentare un punto di partenza per analizzare il momento di Leão. I dati sui dribbling riusciti, ad esempio, sono un buon indicatore del suo stato di forma. La capacità di saltare l’uomo è senza dubbio ciò che rende speciale il portoghese, la qualità che gli ha permesso di imporsi come miglior giocatore della Serie A. Considerando il solo campionato, nel 2021/22, anno dello scudetto, i dribbling completati ogni 90’ secondo FBref erano 3,39. Durante la passata stagione, dove spesso è parso l’unica opzione offensiva, erano 2,86. I numeri di quest’anno sono visibilmente più bassi. La 2023/24 è la seconda peggior stagione di Leão da quando è in Italia, con 2,19 dribbling completati ogni 90’. Aveva fatto peggio solo nel 2020/21, un’annata grigia per lui, in cui peraltro era partito spesso da punta, ruolo che ovviamente lo limitava nel dribbling. Sul dato di quest’anno incidono senza dubbio le difficoltà del Milan ad affrontare difese chiuse, ovvero lo scenario di quasi tutte le partite di Serie A. Al contrario del campionato, nella fase a gironi di Champions i numeri di Leão sono rimasti più alti. Il campione ristretto di partite aiuta, ma il Milan in Europa ha giocato partite contro avversari che gli hanno concesso lo spazio per correre – contesto preferito della squadra di Pioli – e Leão ha potuto incrementare il numero dei suoi dribbling: 3,67 ogni 90’, poco meno dei 3,86 della scorsa campagna di Champions chiusa in semifinale. Come hanno fatto gli avversari a limitare Leão in questa stagione in campionato? Il più delle volte difendendo il fondo. Il portoghese gioca da ala a piede invertito ma, a differenza dei pari ruolo migliori, quando converge sul piede forte è poco minaccioso. Il fatto è che la qualità balistica di Leão non è all’altezza del suo talento: i suoi cross a rientrare sembrano scoccati alla cieca, per mancanza di alternative, e vengono letti facilmente; i suoi tiri sono imprecisi quando calcia di potenza e deboli quando prova a piazzarli. Lasciar rientrare Leão sul piede forte è l’opzione migliore per le difese, che quindi si preoccupano soprattutto di limitarlo quando prova a puntare il fondo. La profondità che riesce a dare palla al piede con dribbling e conduzioni è il pezzo forte del repertorio del numero dieci rossonero. Lui stesso ne è consapevole e per questo motivo prova spesso l’allungo. I terzini, così, sono diventati sempre più prudenti con lui e cercano di rimanere a distanza di sicurezza per non farsi bruciare in velocità. In più, gli allenatori avversari predispongono quasi sempre il raddoppio: sabato scorso Fabbian è stato encomiabile nell’aiutare De Silvestri contro di lui. In una situazione del genere a Leão non resta che provare a forzare la conduzione verso il fondo, altrimenti diventa relativamente facile da controllare. Spesso ci riesce anche a superare terzini accorti e raddoppi con l’allungo. Tuttavia, non è razionale pretendere che gli riescano sempre giocate tanto difficili partendo da fermo o da una situazione di svantaggio. Cosa fa, allora, il Milan per aiutarlo? I problemi della catena di sinistra C’è spesso l’impressione che il Milan non faccia abbastanza per supportare Leão e demandi troppo alle sue iniziative. In parte è vero, soprattutto se si considerano i movimenti della catena di sinistra. Il portoghese spesso si abbassa per ricevere il prima possibile. Tuttavia, non c’è nessuno che compensi il suo movimento incontro e così la catena di sinistra appare monca, priva di profondità e quindi più facile da difendere per gli avversari.

Il Milan sviluppa a sinistra con Leão che si abbassa. Il problema è che nessuno minaccia lo spazio alle spalle di Ebosele, che così può rimanere alto. L’Udinese fa densità intorno alla palla. Leão prova ad andare da Theo ma Lovrić si abbassa e intercetta.

È giusto, come fa Pioli, semplificare ciò che accade intorno a Leão, perché per il tipo di talento di cui dispone non c’è bisogno di creargli movimenti troppo sofisticati intorno, anche per non pestargli i piedi e sottrargli iniziativa. Tuttavia, certe volte il Milan è semplicemente troppo statico e finisce così per penalizzare il proprio miglior giocatore: va bene semplificare il gioco sulla sua fascia, ma così la squadra di Pioli rischia di paralizzare il proprio gioco sulla sinistra. Basta davvero poco per rendere Leão un giocatore produttivo, ma troppo spesso il Milan non riesce a garantirgli delle condizioni di supporto minimo. Quando i compagni compensano le sue ricezioni sui piedi e attaccano la profondità, infatti, Leão si dimostra prezioso anche senza dover puntare l’uomo. Riceve, attrae gli avversari, il compagno scatta alle loro spalle e lui fa filtrare il pallone attraverso il raddoppio, permettendo alla squadra di raggiungere il fondo. In questo modo, ad esempio, è nato il gol di Loftus-Cheek contro l’Udinese o il gol di Leão stesso in Coppa Italia contro l’Atalanta. Non sarà un passatore, ma il portoghese è intelligente e preciso quando si tratta di attrarre gli avversari, aspettare il taglio del compagno e servirlo con un filtrante in profondità. Basta, appunto, accompagnarlo con dei movimenti che non lo lascino solo.

La natura del Milan di quest’anno Il discorso sul rapporto tra le difficoltà di Leão e il rendimento del Milan, comunque, non riguarda solo la catena di sinistra ma, in generale, il modo in cui i rossoneri affrontano le partite di campionato quest’anno. Abbiamo imparato a conoscere il Milan degli ultimi cinque anni come una squadra verticale, che ama giocare a ritmi alti. Pioli e i suoi preferiscono ancora attaccare in velocità. Tuttavia, il mercato estivo ne ha cambiato, in parte, lo spirito. Le partenze di giocatori di strappi come Tonali e Brahim, gli acquisti di elementi come Reijnders e Pulisic, ma anche l’impiego costante di un centrocampista come Adli, hanno reso il Milan una squadra più paziente nel possesso. Ciò non ha risolto i problemi dei rossoneri contro squadre chiuse, ma è visibile come la manovra sia più intricata rispetto agli scorsi anni, con più passaggi intermedi. È una sensazione oggettivata dai numeri. Il Milan non è una squadra di possesso, ma tra le stagioni disputate per intero con Pioli in panchina, la 2023/24 è quella in cui i rossoneri effettuano più tocchi ogni 90’: 640,4, a fronte dei 627,8 del 2022/23, dei 618,6 dell’anno dello scudetto e dei 626,1 del 2020/21. Chi più di tutti rappresenta questo piccolo cambio di paradigma è Tijani Reijnders, specie da quando Pioli lo ha abbassato di nuovo a centrocampo, sul centro sinistra. Con le sue scelte l’olandese condiziona il gioco della squadra. In Serie A, è stato lui a rendere i rossoneri meno frettolosi e la sua influenza ha delle ricadute anche sul gioco di Leão. In un contesto con tanta libertà per i giocatori più talentuosi, delle volte il modo di intendere il calcio di Reijnders e quello di Leão non sembrano sposarsi bene. L’olandese nelle scelte è un centrocampista molto razionale: se non c’è un vantaggio chiaro, non forza il passaggio verso Leão o, in generale, la catena di sinistra, ma anzi spesso orienta il possesso verso il centro o verso destra (dove con due giocatori associativi come Pulisic e Calabria, e con la profondità garantita da Loftus-Cheek la catena sembra funzionare in maniera più scorrevole). Reijnders, poi, non si limita a ricevere e scaricare il pallone, ma prima di passarlo esegue tanti piccoli tocchi per tirare fuori posizione l’avversario, mettendo il gioco in pausa. Uno stile utile a disordinare l'avversario ma che si associa male con la velocità che gradirebbe Leão. Il Milan dello scudetto, quello della miglior stagione della carriera del portoghese, era una squadra con un possesso poco elaborato, ma che riusciva a correre e ad attaccare in maniera dinamica grazie ad un pressing alto ben più fruttuoso di quello odierno e a un miglior lavoro sulle seconde palle: non una squadra spettacolare, ma il tipo di squadra che più si addiceva alle caratteristiche del portoghese. Il fatto di non essere più totalmente padrone del contesto, unito a una maggior imprecisione in alcuni tocchi, spiega in parte la minor brillantezza di questa fase di stagione. In questo senso, riuscire a conciliare l’animo verticale del portoghese con la presenza di giocatori più votati al palleggio è una sfida decisiva per il futuro del Milan, che sia guidato da Pioli o meno. Il prossimo Leão Se è vero che tante volte Leão non sembra avere il supporto giusto, bisogna ammettere anche che il numero dieci, per caratteristiche tecniche, è rimasto lo stesso giocatore di quello arrivato in Italia ormai cinque anni fa. È vero che a partire dal 2021/22 c’è stato lo step mentale che gli ha permesso di affermarsi come fuoriclasse del Milan. Tuttavia, il suo repertorio non è migliorato altrettanto. Sulla tecnica di calcio, ad esempio, Leao è rimasto un giocatore piuttosto rudimentale, che a volte sembra colpire il pallone con troppa sciatteria. A vedere un suo traversone a rientrare o un suo tiro sbilenco viene da pensare al lavoro fatto da Ibrahimović, costretto ad allenarsi sulle conclusioni da Capello per ore e ore. Magari Leão avrà bisogno di un tipo di allenamento diverso, ma di certo deve lavorare per affinare il modo in cui colpisce il pallone. L’altro fondamentale che lo differenzia da ali come Vinicius o Mbappé sono i movimenti senza palla. È raro che Leão attacchi la profondità per ricevere sulla corsa o che si muova in funzione della porta. Con quel fisico e con quella velocità potrebbe diventare immarcabile muovendosi alle spalle del terzino. A venticinque anni, però, riuscirà lo staff tecnico che lo allenerà il prossimo anno ad ampliare i movimenti senza palla di un’ala che, praticamente, riceve solo sui piedi? Oppure con alcuni giocatori i movimenti senza palla sono qualcosa di impossibile da trasmettere?

I tagli sarebbero fondamentali per migliorare i suoi numeri, soprattutto a livello di gol, visto che non ha mai superato le 15 reti in Serie A e le 16 stagionali (2022/23). Al momento, a livello di statistiche crude, il punto forte di Leão sono gli assist. Non si tratta, però, di passaggi frutto di una visione di gioco particolarmente sviluppata o di cross troppo difficili: la maggior parte nasce da strappi con cui riesce a guadagnare il fondo e a creare le condizioni per cross rasoterra abbastanza facili da calibrare. Dei 23 assist firmati in Serie A a partire dal 2021/22, annata della sua esplosione, ben 14 sono arrivati con un cross rasoterra: muoversi in profondità senza palla gli consentirebbe di migliorare anche in una statistica come quella degli assist che già da ora è un suo punto di forza. Sono passati due anni dallo scudetto e un anno dal rinnovo. Leão dovrebbe vivere, in questo momento, il prime della sua carriera. Il fatto che però sia rimasto lo stesso giocatore e, anzi, in questa stagione abbia avuto delle difficoltà, è frustrante per i tifosi milanisti, perché sanno che potrebbe non capitare a breve di disporre di un fuoriclasse di questo potenziale al pieno delle proprie qualità tecniche e atletiche. E se venisse ceduto, e magari iniziasse a migliorare in un'altra squadra, è un pensiero che stanno provando a scacciare dalla mente. È giusto esigere di più da Leão, ma dovrebbe essere anche il portoghese stesso a chiedere di più da chi lo circonda, pretendere un contesto che lo aiuti a migliorare per diventare stabilmente uno dei migliori al mondo.

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