Cosa ci lascia Eurobasket 2017
Storie, temi e personaggi di questi strani Europei di pallacanestro.
Anche i comprimari vanno in paradiso
di Davide Bortoluzzi
La ricetta per una squadra vincente può richiedere diversi ingredienti, che possono variare in quantità ed equilibrio. A volte hai la stella di assoluta grandezza che ti trascina di peso alla vittoria, a volte fattori esogeni e intangibili portano squadre dal talento limitato a traguardi impensabili. Tuttavia, raramente si può prescindere dalla coesione del gruppo o dalla capacità dei cosiddetti “comprimari”, di recitare il ruolo dei protagonisti quando necessario.
Se è vero che il trionfo di questa Slovenia ha la firma di Dragic e Doncic, è però altrettanto vero che l’alloro europeo non sarebbe arrivato senza l’eccellente contributo portato da Nikolic, Prepelic, Vidmar e dallo sloveno d’America Anthony Randolph.
Aleksej Nikolic ha trovato relativamente poco spazio nella manifestazione (circa 10 minuti di media a partita), ma si è sempre fatto trovare pronto quando Dragic necessitava di qualche minuto per rifiatare. Pur non avendo i mezzi atletici del primo, né la stessa capacità di vedere il canestro, Nikolic ha mostrato una grande maturità, quasi da veterano. Il 4/4 ai tiri liberi e la gestione del finale con la Serbia ne sono la dimostrazione più tangibile.
Gasper Vidmar non ha mai avuto le stimmate del predestinato, ciò nonostante ha saputo costruirsi una solida carriera in Europa, anche ad alto livello. 211 centimetri ed un’apertura alare nella media sono comunque sufficienti se si hanno esplosività, tempismo ed una struttura muscolare granitica. Non sempre è fondamentale un gioco in post basso degno di Hakeem Olajuwon per poter contribuire alla vittoria, che spesso può essere frutto di un tap-in o di una stoppata in un momento chiave dell’incontro. Vidmar è stato tutto questo durante l’avventura di Istanbul, essenziale, minimal, ma tremendamente efficace.
Anthony Randolph, una vita da journeyman, non poteva certo farsi mancare l’avventura da naturalizzato, che di fatto ha coinciso con il più grande successo della sua vita sportiva. Il suo atletismo e la capacità di aprire il campo, oltre che di creare situazioni di mismatch, sono state una delle chiavi tattiche di questa Slovenia. Il tutto dimostrando la capacità di entrare in punta di piedi nel gruppo senza personalismi, da vero americano di Maribor.
Klemen Prepelic è finito sui taccuini di tutti gli scout nel 2012, durante gli Europei Under 20 tenutisi proprio in Slovenia. Durante la manifestazione aveva impressionato per la capacità di vedere il canestro da qualsiasi distanza, oltre che per la fluidità nelle movenze che ricordavano sinistramente Sani Becirovic. Un fisico non irresistibile, una propensione difensiva quantomeno rivedibile e una certa discontinuità di rendimento ne hanno sicuramente limitato o rallentato la carriera professionistica, che ha vissuto spesso e volentieri con la valigia in mano, cambiando praticamente una squadra all’anno. Nella finale dell’europeo, però, la catarsi: 21 punti segnati in un amen, scacciando via la Serbia e di fatto regalando ai suoi un oro in collaborazione con uno sfinito Dragic. Forse Prepelic non diventerà mai il giocatore che molti pensavano potesse diventare, ma resterà sempre un meraviglioso Godot.