
Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Il Torino ha avuto l’occasione per prendersi l’immediata rivincita sul Milan appena pochi giorni dopo essere stato eliminato dai rossoneri in Coppa Italia. E così come era accaduto in coppa, i granata hanno iniziato meglio la partita, forti di un piano gara basato su poche idee, ma chiare: poco dopo la mezz’ora la squadra di Sinisa Mihajlovic avrebbe potuto trovarsi in vantaggio di tre gol. Ma le cose, anche nel calcio, vanno raramente come programmato.
Il Toro ha investito innanzitutto nel pressing sul primo possesso del Milan, per sabotarne l’intera fase offensiva. I rossoneri non riescono ancora a rispondere adeguatamente alle squadre che aggrediscono la loro costruzione bassa: Mihajlovic ne ha approfittato organizzando un pressing coordinato che coinvolgeva i 3 centrocampisti e i 3 attaccanti.
Il piano del Toro
Nello schieramento di partenza Belotti doveva mettere in ombra Locatelli, mentre Iago Falque e Ljajic si stringevano per coprire il centro del campo. A dare il via al pressing ci pensavano alternativamente Belotti o l’uscita di una mezzala (Obi o Benassi), cui spettava il compito di alzarsi su Paletta e Romagnoli, facendo scalare di conseguenza i compagni: Ljajic e Iago si orientavano sui terzini, accorciando su di loro qualora il Milan avesse provato a uscire sulle fasce; Valdifiori si coordinava con Belotti, alzandosi su Locatelli se il centravanti scalava in avanti su Paletta o Romagnoli oppure accorciando nella zona della palla se Belotti restava in posizione schermando Locatelli.
Quando il Milan riusciva a consolidare il possesso nella metà campo del Toro, la copertura del centro di Obi, Valdifiori e Benassi e i ripiegamenti di Iago e Ljajic costringevano i rossoneri a un palleggio orizzontale facilmente gestibile.
Raggiunto l’obiettivo di rendere inoffensivo il Milan, ai granata non restava che concentrarsi su quanto studiato per colpirlo.
Lo sviluppo della manovra si adeguava alle scelte difensive del Milan, cercando sempre di attaccare nel minor tempo possibile la porta di Donnarumma. Quando i rossoneri restavano in attesa e coprivano il centro del campo - grazie anche alla posizione stretta di Bonaventura e Suso - il Toro usciva sulle fasce, alle spalle dei due esterni milanisti, e da lì risaliva il campo, sostanzialmente per arrivare sul fondo e crossare.
Quando il Milan invece provava a difendersi in avanti, il Toro approfittava del pressing disorganizzato dei rossoneri per verticalizzare velocemente su Belotti, utilizzando attivamente Hart se necessario, per cambiare gioco e sorprendere sul lato debole i rossoneri.
Dominando la partita sul piano dell’aggressività (nell’azione del gol di Benassi il Milan non riesce mai a liberare la propria area di rigore, perdendo tutti i duelli per conquistare la seconda palla) e grazie a questi schemi semplici, ma studiati per approfittare dei punti deboli del Milan – le incertezze quando ha provato a difendere in avanti e la facilità con la quale ha concesso la risalita del campo sulle fasce – in poco più di mezz’ora il Toro è riuscito a segnare due gol e a sbagliare un rigore.
Poi la partita cambia
L’errore di Ljajic dal dischetto è stato lo spartiacque psicologico della partita. Il Toro ha iniziato progressivamente ad abbassarsi, il Milan ha preso fiducia e ha iniziato a farsi vedere dalle parti di Hart, affidandosi al giocatore che più di tutti ne orienta la manovra offensiva: Suso. Lo spagnolo è il principale creatore di vantaggi del Milan nell’ultimo terzo di campo e nelle ultime settimane la sua influenza è cresciuta in maniera esponenziale. Contro il Toro, Suso ha giocato 76 palloni, tirato 7 volte, completato 4 dribbling e mandato al tiro 4 volte i compagni.
Sul centro-destra, proprio grazie a Suso, il Milan è riuscito a mettere a nudo il punto debole del pressing del Toro. L’uscita di una mezzala dava infatti la possibilità allo spagnolo di generare superiorità alle spalle o ai lati di Valdifiori, approfittando della staticità della difesa granata, che di solito preferisce restare bloccata e difficilmente accompagna il pressing di attaccanti e centrocampisti. Col Toro che mano a mano perdeva di intensità e sceglieva di difendersi nella propria metà campo, la superiorità generata da Suso è stata decisiva per consentire al Milan di accamparsi nella metà campo granata e iniziare la rimonta.
Il quarto d’ora di forcing della squadra di Vincenzo Montella è stato poi premiato dal gol del pareggio (un rigore conquistato da Paletta e trasformato da Bacca). A quel punto Mihajlovic ha provato a vincere mettendo Iturbe al posto di Obi e liberando definitivamente Ljajic, spostato al centro alle spalle di Belotti per seguire meglio i propri istinti. Montella invece è stato più conservativo nelle scelte: Lapadula è rimasto in panchina, Niang ha preso il posto di Bonaventura a poco più di cinque minuti dalla fine.
Bilancio finale
Tutte e due le squadre hanno avuto l’occasione per segnare il gol della vittoria, ma l’imprecisione di Belotti e Ljajic e le letture sbagliate di Suso e Niang nei due contropiedi finali, con il Milan in inferiorità numerica per l’espulsione di Romagnoli, hanno conservato il pareggio.
Milan e Torino si sono affrontate tre volte in stagione: hanno segnato 12 gol, sbagliato 2 rigori, subito o sfiorato rimonte, dominandosi a vicenda per vari tratti, ma senza avere mai davvero il controllo della partita. L’ultima sfida ha confermato l’attitudine del Toro a giocare seguendo un unico registro – aggressività e combinazioni verticali per far arrivare velocemente la palla al tridente -, chiaro ed eseguito abbastanza bene da mettere in difficoltà qualsiasi squadra del campionato, ma non sufficiente per ambire al definitivo salto di qualità, specie se i ritmi si abbassano e subentra la capacità di saper controllare la gara.
Nel Milan, l’ingresso in squadra di Bertolacci per Niang, con il conseguente scivolamento di Bonaventura nel tridente d’attacco, ha cambiato gli equilibri offensivi: i rossoneri hanno migliorato la circolazione negli ultimi 20 metri – la presenza di Bertolacci tra le linee ha reso più facili le combinazioni veloci palla a terra per costruirsi il tiro – ma ha spostato in maniera forse troppo decisa il peso delle responsabilità creative sulle spalle di Suso – Bertolacci infatti si muove solo in verticale e difficilmente scambia la sua posizione con quella di Bonaventura, costretto così a restare largo a sinistra. Montella dovrà cercare un nuovo punto d’equilibrio, ma può consolarsi con l’ennesima dimostrazione di personalità: il Milan non esce mai mentalmente dalla partita e sa reagire anche alle situazioni più complicate.
Orgoglio e forza di volontà hanno permesso finora di superare quasi tutte le difficoltà tecniche e tattiche: la prossima sfida contro il Napoli ci aiuterà a capire se basteranno per lottare fino alla fine per il terzo posto.
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