Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Emanuele Mongiardo
Cosa aspettarsi dal nuovo Napoli di Mazzarri
15 nov 2023
15 nov 2023
Difesa a quattro o a tre? Che fine farà Kvaratskhelia?
(di)
Emanuele Mongiardo
(foto)
IMAGO / HochZwei/Syndication
(foto) IMAGO / HochZwei/Syndication
Dark mode
(ON)

Qualche settimana fa Walter Mazzarri ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport. Una lunga chiacchierata in cui il tecnico di San Vincenzo ci ha tenuto ad appuntare i suoi meriti e ha discusso di come il suo carattere lo abbia portato spesso ad essere frainteso. In maniera quasi profetica si è parlato anche di un suo ipotetico, all’epoca ancora improbabile, se non impossibile, ritorno a Napoli. Mazzarri non ha nascosto il suo amore per la città e la squadra, che ha detto di aver studiato con particolare interesse. Gli piacerebbe proporre un calcio simile a quello di Spalletti ma in carriera, a suo dire, non ha mai avuto i mezzi per poterlo imbastire: «Io il 4-3-3 non ho mai potuto farlo perché non avevo i giocatori adatti». Una dichiarazione inaspettata, da parte di un allenatore che in passato ha sbandierato con orgoglio il fatto di aver proposto la difesa a tre mentre l’Italia era ancora devota alla linea a quattro: una vecchia polemica nata dalla rivalità con la Juventus di Antonio Conte. In uno scontro diretto al San Paolo dell’inverno 2012, in piena corsa per il primo scudetto post-Calciopoli, il tecnico salentino aveva deciso di schierarsi a specchio rispetto al Napoli e da allora il 3-5-2 era diventato il punto di partenza del suo calcio. Mazzarri aveva rivendicato la paternità dell’idea, anche se, come aveva fatto notare Massimo Carrera, c’era poco in comune tra i due sistemi di gioco. Al di là dei principi, comunque, la fedeltà di Mazzarri alla difesa a tre, in un periodo in cui sembrava caduta in disuso, è un dato incontrovertibile. Per questo suonano così strane le dichiarazioni sul 4-3-3 che non avrebbe mai potuto imbastire. Come un segno del destino, però, per l’allenatore toscano è arrivata la chiamata del Napoli, una squadra il cui presidente avrebbe indicato, come unico criterio per la scelta dell’erede di Spalletti, proprio l’uso del 4-3-3. Mazzarri avrà finalmente l’occasione di puntare su quel modulo? Oppure continuerà a preferire la difesa a tre? Chi ci dice, in fondo, che anche la rosa che ha vinto il campionato lo scorso anno giocando a quattro dietro, non sia più adatta a schierarsi con un bel 3-5-2? Come difenderà il Napoli? Prima ancora di discutere di moduli, però, bisogna capire che tipo di principi praticherà il nuovo Napoli. Mazzarri in carriera ha saputo impostare squadre reattive e attendiste, ma anche squadre molto aggressive. L’ultima esperienza di successo in panchina risale alla stagione 2018/19, con il settimo posto del Torino che gli valse la qualificazione ai preliminari di Europa League. I granata erano una squadra brutale nel pressing, praticato uomo su uomo a tutto campo, e secondo Understat avevano il PPDA più basso di tutto il campionato (lasciava meno tempo alle sue avversarie per giocare col pallone, prima di provare un intervento difensivo, cioè). Lo stesso Napoli del primo ciclo di Mazzarri era una squadra che sapeva variare l’atteggiamento difensivo, con spezzoni di partita in cui tentava con foga il recupero immediato e alto del pallone. Viste le caratteristiche dei giocatori del Napoli, e visto il passato recente, è lecito pensare che Mazzarri possa scegliere un atteggiamento aggressivo in fase di non possesso, anche se non per forza orientato in maniera netta sull’uomo, come faceva il suo Torino. Osimhen e Kvaratskhelia, ma anche Politano e Raspadori, sono tutti attaccanti disposti a lanciare il pressing con grande intensità. Lobotka preferisce difendere in avanti e anche i centrali difensivi assecondano questo tipo di atteggiamento. Va detto però che il Napoli di Garcia, quando provava ad alzare il pressing, finiva per allungarsi e concedere spazi vitali agli avversari. Al di là del modulo, quindi, Mazzarri dovrà riportare i suoi ad aggredire in maniera coordinata, per non continuare a subire quelle transizioni che hanno reso così fragile il Napoli in questa stagione. Difesa a tre o difesa a quattro? La scelta tra 4-3-3 e un modulo con la difesa a tre, ovviamente, cambierebbe anche il modo di utilizzare alcuni uomini, specie se gli azzurri volessero puntare sul pressing alto. In un 4-3-3 sarebbe cruciale il lavoro di Lobotka, chiamato a guidare il pressing dalla seconda linea. In una difesa a tre, invece, sarebbero i centrali destro e sinistro a dover dimostrare coraggio e tempismo nello spezzare la linea per aggredire gli avversari in avanti. Del passaggio a una linea a tre potrebbe giovare Natan che, forte della presenza di altri due centrali, potrebbe giocare in maniera meno riflessiva e più irruente, facendo valere il suo fisico. Rrahmani stesso era riuscito a imporsi in Serie A nella aggressiva difesa a tre del Verona di Juric. Sono passati quattro anni da quella stagione, e il kosovaro si è dimostrato uno dei pochi centrali capaci di passare da difesa a tre "di matrice gasperiniana" alla difesa a quattro: sarebbe in grado di tornare alle origini? Natan e Rrahmani sembrano due riferimenti abbastanza certi del prossimo Napoli (e forse nel loro caso si potrebbe discutere sul serio se siano o meno più adatti a un cambio di modulo) ma chi li accompagnerà se Mazzarri dovesse scegliere davvero la difesa a tre? I dubbi intorno al 3-5-2, oltre che di natura tattica, sono numerici. Agli azzurri sembrano proprio mancare gli uomini per impostare una difesa a tre che sappia sostenere campionato e coppe. I centrali difensivi, infatti, sono solo quattro: troppo pochi per una difesa di quel tipo. In attesa del mercato di riparazione il nuovo allenatore dovrebbe fare di necessità virtù; se però De Laurentiis ha scelto Mazzarri solo come traghettatore, avrebbe senso per lui comprare altri centrali a gennaio?

Sarebbe carino se, per esempio, Mazzarri costringesse Natan a giocare con un paradenti per trasformarlo in Hugo Campagnaro.

In ogni caso, il tecnico di San Vincenzo sarebbe costretto a cercare una soluzione interna. Juan Jesus (appena tornato da un infortunio muscolare) ha già giocato nel terzetto arretrato di Mazzarri ai tempi dell’Inter e non sarebbe strano se - ragionando sempre su un possibile cambio di modulo - all’inizio partisse lui da titolare. Ostigard è un centrale aggressivo e con buone doti fisiche, può bastare la difesa a tre a renderlo un difensore all’altezza del Napoli? Non è da escludere che in posizione di centrale di sinistra possa essere sperimentato Mario Rui, un terzino troppo poco "profondo" per giocare da esterno a tutta fascia. Il portoghese è abituato ad aspettare basso e stretto: con la palla darebbe qualità in impostazione, ma bisognerebbe valutare il suo adattamento alla fase difensiva. Discorso a parte, poi, per Di Lorenzo, che da centrale destro di una difesa a tre ha anche giocato, soprattutto in fase offensiva, con la Nazionale. Il suo nome potrebbe essere un’opzione, ma si tratta anche dell’unico vero laterale di destra in rosa, a meno di riconvertire Matteo Politano in un esterno a tutta fascia. Dall’uso dei difensori, quindi, dipendono anche le scelte in altri ruoli. Sulle fasce, per esempio, Olivera sembrerebbe il profilo adatto come quinto di sinistra. Politano negli anni ha dimostrato grande spirito di sacrificio e nella sfida di Champions col Liverpool dello scorso anno giocò praticamente da terzino aggiunto: sarebbe disposto a riciclarsi nella posizione di esterno destro, coprendo tutta la fascia, per un lungo arco di partite? Ok ma in attacco? Se, in teoria, la fase difensiva dovrebbe essere il punto forte di Mazzarri, magari con uno stile aggressivo che si addica alla rosa, il vero elefante nella stanza, con il suo arrivo, è l’organizzazione offensiva. Il Napoli ha fatto del controllo tecnico la sua cifra stilistica da tanti anni, da ben prima dello scudetto di Spalletti. A Mazzarri, però, non è mai interessato dominare le partite col pallone. Il centrocampo è lo specchio del suo modo di intendere il calcio: il nuovo allenatore dei partenopei non ha mai schierato giocatori "di tocco", come dicono gli spagnoli, in mezzo al campo, ha sempre preferito gli incontristi. Il problema è che la manovra di Mazzarri si sviluppa in maniera estremamente verticale, saltando spesso il centrocampo: cosa farsene, allora, di due giocatori come Lobotka e Zielinski? Abbiamo visto quanto lo slovacco soffra se non è lui a poter connettere i compagni attraverso gioco corto e conduzioni. Con Mazzarri, in teoria, potrebbero spettargli ancora meno possessi. Per Zielinski si potrebbe immaginare un’impiego alla Hamsik, ma il polacco non è polivalente come l’ex capitano del Napoli, che invece sapeva adattarsi a qualsiasi stile di gioco: Zielinski sarebbe disposto ad aspettare le seconde palle prodotte dagli attaccanti, a proporsi con continui inserimenti in area? Se poi il Napoli giocasse basso per ripartire, con troppo campo davanti Zielinski difficilmente sarebbe in grado di esprimere le proprie potenzialità. Insomma, l’arrivo di Mazzarri rischia di non sposarsi bene con l’animo da palleggiatori di tanti giocatori del Napoli. Invece, chi potrebbe conquistare da subito più minuti sarebbe Cajuste, forse l’unico centrocampista vicino all’ideale di mediano di Mazzarri. Non è da escludere, nell'ipotesi di un cambio di modulo difensivo, che il nuovo tecnico metta mano anche alla mediana, passando magari a un centrocampo a due (3-4-2-1 oppure 3-4-1-2) così da poter schierare tre uomini offensivi. Anche per attaccanti e trequartisti la convivenza col nuovo allenatore è tutta da verificare, nonostante il ricordo dei “tre tenori” crei attesa per il rendimento dei fuoriclasse della squadra, Osimhen e Kvaratskhelia. Il georgiano è nato per giocare ala sinistra in un 4-3-3: basterà a convincere Mazzarri che sia meglio non cambiare modulo? E se cambiasse, che fine farebbe? Più probabile di una sua versione da esterno a tutta fascia (che richiederebbe un sacrificio eccessivo e, forse, ne sprecherebbe una parte troppo grande di talento) possiamo immaginarlo in zone più centrali di campo. Non che non ci sia già finito spesso e volentieri partendo dall'esterno. Tuttavia, Kvara ha bisogno di potersi muovere con libertà, di alternare ricezioni esterne con quelle interne. Giocare da mezzapunta in un 3-4-2-1, o da seconda punta in un 3-5-2/3-4-1-2 , non lo costringerebbe a ricevere troppe volte con le spalle alla porta, con l'uomo subito dietro in marcatura? Per Osimhen, in linea generale, non cambierebbe moltissimo. Verrebbe utilizzato come punta di lancia, chiamato a portare la squadra sulla trequarti con i suoi movimenti profondi. Mazzarri lo sfrutterebbe per giocare subito in verticale, con tanti lanci, e il nigeriano dovrebbe generare seconde palle per i compagni dietro di sé. Certo, se andiamo nel dettaglio possiamo dire che anche se Osimhen è sempre pericoloso con i tagli, non è propriamente un attaccante di fatica: il meglio lo ha dato in un calcio - quello di Spalletti - che gli ha permesso di passare più tempo possibile vicino l’area di rigore, dove i suoi movimenti erano letali.

Certo, che spettacolo sarebbe vedere Osimhen e Kvaratskhelia esprimersi così a campo aperto?

In compenso, il centravanti del Napoli diventerebbe fondamentale anche per rendere credibile il ricorso ai cross a cui ci ha abituato Mazzarri. I traversoni sono il tipo di rifinitura a cui il tecnico toscano ricorre più spesso, in una manovra semplificata al massimo col pallone. Gli esterni, o i terzini se si dovesse rimanere a quattro in difesa, dovrebbero garantire profondità per creare situazioni di cross pericolose: se Olivera a sinistra sembra adatto a farlo, a destra Di Lorenzo negli ultimi anni si è trasformato in un terzino utile soprattutto in conduzione palla al piede e negli smarcamenti. Anche qui, l’interpretazione semplificata del ruolo da parte di Mazzarri, che agli esterni chiede solo di muoversi sul binario laterale, come si sposerà con le tante sfaccettature del gioco di Di Lorenzo? Infine, un'ovvietà: saranno decisivi prossimi mesi Se i tifosi del Napoli sono preoccupati dalla gestione della squadra negli ultimi mesi, per il resto del pubblico il ritorno di Mazzarri desta grande curiosità, non solo affetto per il ricordo del passato. Sulla carta non esiste allenatore più lontano dalle esigenze di una rosa che verrà per sempre ricordata per la brillantezza del suo calcio, ma è impossibile non pensarci almeno un po': e se Mazzarri fosse davvero cambiato? Se si dimostrasse in grado di rispettare l’attitudine dei suoi giocatori con la palla? Se fosse disposto a rinunciare alla difesa a tre? Come nell’autunno del 2009, Mazzarri arriverà a Napoli a stagione in corso. All’epoca si trattava di un tecnico in rampa di lancio dopo gli ottimi campionati alla guida della Sampdoria. Stavolta, invece, dovrà solo fare da traghettatore. Di solito, agli allenatori ad interim, prima ancora degli aspetti di campo, si richiede di riportare stabilità e fiducia nell’ambiente: Mazzarri dovrà dimostrarsi prima di tutto abile nella gestione dello spogliatoio in un momento molto delicato. Nell’intervista già citata al Corriere dello Sport si è soffermato a lungo proprio sul lato umano del suo mestiere. Mazzarri è sempre stato un maniaco del lavoro, un uomo così ossessionato dal calcio da inviare in più di un’occasione i propri assistenti a spiare gli avversari di turno. Rimprovera a sé stesso, però, di non aver dato mai la giusta importanza all’aspetto emotivo della gestione di una squadra. «Ecco, credo di aver pagato un po’ troppo i miei atteggiamenti, la mia ritrosia. Come si dice adesso? Scarsa empatia […]. Ho pensato esclusivamente al campo, tutto il resto lo consideravo, più che accessorio, inutile. Pensavo che dovesse bastare il campo e ho sbagliato». Parole inusuali per un allenatore oggi, in un momento in cui si dà sempre più importanza alla capacità di saper trattare i calciatori innanzitutto come persone. Solo il futuro ci dirà che rapporto avrà costruito il tecnico di San Vincenzo con la rosa del Napoli. Le persone con cui di certo non manca l’empatia, intanto, sono i tifosi azzurri. Walter Mazzarri, nel loro cuore, avrà sempre un posto speciale.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura