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Cosa aspettarsi dalla finale dei Mondiali femminili
18 ago 2023
18 ago 2023
Spagna e Inghilterra ci arrivano alla fine di percorsi molto diversi.
(copertina)
IMAGO / ZUMA Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Wire
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Il calcio femminile è definitivamente entrato in una nuova era della sua storia. La finale tra Spagna e Inghilterra, prima volta per entrambe, è il sigillo di un avvenuto rovesciamento di gerarchie, la vecchia Europa di nuovo al centro della scena con due Nazionali che incarnano una lunga tradizione calcistica, al cui interno il femminile è però creatura giovanissima, a prendere il posto dell’antica potenza sovrana ora detronizzata, gli Stati Uniti. Allo Stadium Australia di Sydney, domenica alle 12 italiane (diretta su Raisport), non si affronteranno solamente due squadre, ma anche due movimenti calcistici tra i più importanti del mondo, con i club più ricchi, vincenti e prestigiosi e i campionati più competitivi, in un senso che ormai da qualche anno vale per entrambi i generi.

A questo approdo le due finaliste ci arrivano con percorsi differenti: tortuoso, a tratti conflittuale, quello spagnolo; managerialmente pianificato quello inglese, cosa che lo rende un po' meno una sorpresa di quanto ci si aspetterebbe. È una sfida che vedrà fronteggiarsi l’allenatrice più preparata, e anche osannata e celebrata della breve storia ufficiale di questo sport, Sarina Wiegman, che dal 2017 a oggi con Olanda prima e Inghilterra ora ha centrato quattro finali su quattro tra Mondiali ed Europei. E dall'altra parte l’allenatore probabilmente più criticato e discusso della stessa, breve storia ufficiale di questo sport, Jorge Vilda, additato da più parti (ad esempio in un recente podcast di Tobin Heat) come escrescenza patriarcale da rimuovere per lasciare tutta la scena alle calciatrici spagnole ribelli.

In un Mondiale molto ben organizzato e partecipato, che ha battuto finora tutti i record di seguito, è prevedibile aspettarsi anche la prossima celebrazione della finale più vista di sempre (al momento al primo posto ci sono gli 82 milioni di telespettatori medi fatti registrare nel 2019 dalla finale tra Stati Uniti e Olanda), per un appuntamento sempre più coinvolgente e grande, che sta mobilitando nel tifo e nella partecipazione tutte le riserve di vip e personaggi influenti dei due Paesi, a partire dalle immancabili famiglie reali. Vediamo come ci arrivano le protagoniste in campo, premettendo che sarà una sfida sicuramente molto equilibrata, alla luce anche del precedente scontro ai quarti di finale dello scorso Europeo, risolto solo ai tempi supplementari in favore dell’Inghilterra da un gran gol di Stanway.

Come arriva la Spagna

C’è, negli sport di squadra, un modo positivo di esistere del conflitto? Può il dissidio interno edificare, anziché destabilizzare e distruggere? Questa la grande domanda che ci pone la Spagna arrivata per la prima volta nella sua storia in una finale del Mondiale femminile, a solo otto anni di distanza dalla sua prima partecipazione assoluta. Non ci riferiamo solo al conflitto principale tra l’allenatore Jorge Vilda, sempre supportato dal presidente federale Luis Rubiales, e le quindici calciatrici (molte fra esse reintegrate, alcune restate a casa) che lo scorso autunno scelsero l’ammutinamento e il rifiuto della convocazione per protestare contro i presunti danni psicologici e tecnici procurati alle stesse dalla gestione del tecnico nato a Madrid.

Il panorama istituzionale del calcio spagnolo è da sempre dominato dal conflitto sistemico, federazione contro Liga, Real contro Barcellona, gli altri club contro Real e Barcellona, e quello femminile ci ha aggiunto negli ultimi anni ulteriori momenti di litigiosità, arbitri in sciopero, interventi governativi, precedenti ammutinamenti alla fine del Mondiale canadesi del 2015, e via discorrendo. Se dovessimo prendere solo i risultati come indice, però, potremmo arrivare a dire che il conflitto può anche fare bene, diventare produttivo, stimolare. La Spagna finalista rappresenta un sistema compiuto di organizzazione e selezione del talento, in forme così profonde da poter sopperire all’assenza di diverse campionesse (non è di importanza marginale il fatto che subito dopo l’ammutinamento sopraccitato la Spagna imbottita di giovani terze e quarte linee abbia sconfitto in amichevole gli Stati Uniti), e non a caso il movimento spagnolo è l’unico a potersi fregiare di aver partecipato a tutte le ultime finali mondiali femminili - prima di questa anche quella Under 17 (vinta) e quella Under 20 (vinta).

Una Nazionale figlia degli investimenti del Barcellona, con la sua cantera e le sue Champions, ma anche di quelli del Real Madrid che, dopo una lunga chiusura al calcio femminile, dal 2019 ha cominciato a investire (e Olga Carmona, l’autrice del gol vittoria contro la Svezia, è stata proprio uno dei primi acquisti della "Casa Blanca"). C'è da dire, però, che la provenienza formativa delle 23 della rosa spagnola copre tutta l’ampiezza geografica della nazione, dal Siviglia al Levante, dal Deportivo La Coruña al Collerense. Insomma, quella ottenuta dalla Spagna è una finale di sistema.

Sul campo, la Spagna arriva in finale grazie alla caratteristica che la contraddistingue, un forte dominio nel possesso palla, un calcio fatto di lunghe sequenze di passaggi, ma con ritmo, rapidità e variazioni. La giocatrice chiave da questo punto di vista è Teresa Abelleira, play basso e nodo fondamentale del passing game spagnolo, che a 16 anni fu campionessa spagnola nel futsal, imprinting che traspare nel suo modo di dirigere il gioco. Un’altra giocatrice chiave è Mariona, che gioca a sinistra nel tridente offensivo, con i suoi tagli a entrare dalla sinistra che spesso destabilizzano le marcature avversarie e aprono spazi in fascia a Battle, terzo fulcro capace di assicurare velocità in sovrapposizione, strappi palla al piede, cross, copertura e pressione.

Altri spazi sono creati dall’abbassamento della punta centrale, ruolo in cui hanno giocato sia Redondo che la veterana Hermoso, che spesso vengono sfruttati dagli inserimenti costanti di Aitana Bonmati, giocatrice abilissima a spostare la palla nello stretto e a trovare la porta, grazie a una tecnica sopraffina. Il primo tempo contro l’Olanda, anche se chiuso sullo 0-0, è stata la dimostrazione di questo dominio. Due i punti deboli. Le uniche difficoltà della Spagna sono state fin qui contro Giappone e Svezia, squadre che schiacciandosi nella propria metà campo con due linee molto strette non hanno concesso spazi e inserimenti, una situazione che la Spagna soffre particolarmente, e vedremo se Wiegman farà tesoro di questo. Il secondo punto debole è rappresentato dalle distrazioni difensive avute nei momenti topici sia contro l’Olanda che contro la Svezia, con reti arrivate nei minuti finali dell’incontro e frutto di vere e proprie amnesie nel posizionamento.

Poi c’è Salma Paralluelo, classe 2003 e non ancora ventenne, due gol in carriera ai Mondiali, uno ai quarti, uno in semifinale, entrambi da subentrata. Lo diciamo senza enfasi: siamo al cospetto del prodigio, da tempo annunciato in patria, perché è dal 2018 che questa ragazza riceve attenzioni mediatiche per le sue qualità sportive da predestinata. Sandro Modeo nelle sue recenti escursioni tennistiche ci ha insegnato a utilizzare il linguaggio delle neuroscienze per allargare l’orizzonte di comprensione dei grandi campioni. Nel caso di Paralluelo il ricorso alle più recenti ricerche neuroscientifiche è più che mai necessario, perché siamo in presenza di un vero hapax nello sport europeo, probabilmente non solo femminile: dall’età di 7 anni ha praticato sia calcio che atletica leggera, specializzandosi sui 400 piani e sui 400 ostacoli, coltivando le due discipline assieme e amandole in ugual misura, fino a raggiungere risultati di livello internazionale in entrambe.

Sappiamo da studi recenti che le capacità cognitive di atleti di élite che in età giovanile hanno praticato sia discipline cosiddette open skills (quelle in cui si è costantemente sottoposti a imprevedibilità ambientale e quindi a scelte e decisioni rapide, come il calcio), che closed skills (quelle in cui la ripetizione di gesti che diviene memoria procedurale, cioè eseguita senza più attivare il pensiero cosciente, è resa possibile dalla mancanza di detta imprevedibilità, come le specialità dell’atletica leggera), sono superiori, soprattutto nella cosiddetta flessibilità cognitiva, rispetto a chi ha scelto la specializzazione precoce. Una ricchezza di capacità neurali, neuromuscolari e neuromotorie che nel caso di Paralluelo fa la differenza. I due gol decisivi già citati sono la dimostrazione di questa ricchezza: contro la Svezia il perfetto tempismo e l’estrema reattività nello sfruttare con il destro (non il suo piede abituale) una seconda palla in area. Contro l’Olanda il suo marchio di fabbrica, la falcata in campo aperto con cui usare la spinta propulsiva degli appoggi, conclusa da uno spostamento rapido di palla puntando la propria avversaria, e poi da un tiro angolato a incrociare. La facilità di calcio di Paralluelo è impressionante, così come la rapidità della sua progressione sportiva (quella appena conclusa è stata la sua prima vera stagione da calciatrice professionista). La sua presenza è uno dei grandi motivi per vedere la finale.

Non vanno nemmeno sottovalutati i meriti del tanto vituperato Vilda. Aldilà delle vicende interne, il CT spagnolo è sempre stato ferocemente attaccato in questi anni per l’incapacità di trovare soluzioni vincenti e per essere un raccomandato (il padre Angel è stato uno storico tecnico federale delle nazionali giovanili femminili, nonché in passato anche preparatore atletico del Barcellona di Cruyff) - critiche che dopo la sonora sconfitta contro il Giappone erano tornate in massa. Vilda ha però sempre creduto nella possibilità di lavorare con un gruppo fortemente rinnovato, e in questo Mondiale ha sfruttato a fondo più di chiunque altro la rosa a disposizione, schierando ben 22 delle 23 calciatrici a disposizione, dando fiducia a Coll, che nel Barcellona è secondo portiere ed era reduce da un grave infortunio, dopo la pessima prestazione di Misa contro il Giappone, e al centro della difesa a Codina, dopo le prestazioni negative di Ivana e Rocio Galvez. Tutto questo senza dimenticare la stessa scelta di utilizzare Paralluelo come arma destabilizzante a partita in corso, contro la Svezia addirittura nell’inedito ruolo di attaccante centrale. Ora però arriva la prova più difficile, azzeccare le mosse nella partita più importante di tutte.

Come arriva l'Inghilterra

L’Inghilterra arrivata in finale ha una pelle molto diversa da quella esibita un anno fa agli Europei casalinghi. Avevamo già detto alla vigilia delle assenze per infortunio di tre stelle come Mead, Kirby e Williamson, e tuttavia la conferma iniziale del consueto 4-3-3 faceva presagire la medesima ricerca dell’ampiezza, con le esterne d’attacco posizionate larghissime, la velocità negli spostamenti di gioco, la pressione altissima e senza pause, tutti aspetti che avevano regalato un senso di appagamento estetico inaspettato. In realtà non è stato niente di tutto questo.

Sarina Wiegman dopo la seconda partita ha compiuto una metamorfosi netta rispetto all’Inghilterra prima facie, quella del 2022, scontentando gli esteti ma privilegiando quel senso di adattamento selettivo e di realismo necessari per sopravvivere e padroneggiare la meccanica delle competizioni a eliminazione, aspetto in cui sta dando così tanta prova che il grande desiderio è di vederla prima o poi sedere sulla panchina di una Nazionale maschile importante, magari sempre in casa inglese, visto che non casualmente ESPN ha diffuso la notizia che la federazione starebbe valutando anche il suo nome tra gli ipotetici e futuribili sostituti di Southgate.

Il cammino verso la finale ci racconta di un cambiamento dal consueto 4-3-3 a un inedito 3-4-1-2 che ha sovvertito tutti i canoni precedenti. Hemp esterna formidabile pronta a ricevere palla e attaccare la porta dall’out di sinistra? La nuova Hemp è una seconda punta che cerca di inserirsi dal centro, o andando in pressione sulle centrali di difesa per sfruttarne gli errori o di condizionarli, come in occasione dei gol contro la Colombia e l’Australia. Russo punta centrale a occupare l’area, viste le sue capacità tecniche, la sua stazza fisica e il suo senso della porta, ma la non grande velocità? La nuova Russo, contro ogni scetticismo, soprattutto dopo le difficoltà trovate nella partita contro la Nigeria, è ora una punta di movimento, che si abbassa molto, e non a caso i suoi gol più importanti in questo Mondiale sono nati da filtranti in profondità o da ripartenze. Walsh fatta fuori prima dall’infortunio al ginocchio rimediato contro la Danimarca, poi, una volta rientrata, dalla marcatura appositamente dedicata da parte delle attaccanti centrali colombiane e australiane per disattivare la fonte primigenia della manovra inglese? Nessun problema, via libera ai ripetuti lanci da dietro di Bright e soprattutto Greenwood (vera protagonista silenziosa di questa nazionale), o ai cross di Daly dalla trequarti sinistra per pescare i tagli sul lato opposto di Bronze. La squalifica per due giornate di James, in seguito a un fallo tanto stupido e gratuito quanto deleterio allo scadere dei tempi supplementari contro la Nigeria? Pronto spazio a Toone nel ruolo a lei più congeniale di trequartista tra le linee, dove può rifinire e andare al tiro, come mostrato in occasione del gol bellissimo che ha sbloccato la semifinale contro l’Australia. E questo senza escludere che magari James per la finale, scontata la squalifica di due giornate, potrà essere utilizzata come arma destabilizzante a partita in corso, sulla falsariga di Paralluelo.

Possiamo dirlo, è stata la mano di Wiegman, in una logica di cambiamento che riguarda anche l’atteggiamento generale della squadra. È stata un’Inghilterra che, rispetto al dominio quasi soffocante di un anno fa, abbiamo visto soffrire e non poco contro Nigeria e Colombia, un’Inghilterra che ha accettato di non poter dominare interamente gli incontri, che nel secondo tempo contro l’Australia, soprattutto dopo il gol del pareggio subito, abbiamo visto spesso spezzare il ritmo della partita rallentando volutamente il gioco, ma che può ugualmente mettere in campo un’intensità e una forza fisica senza pari nella pressione per il recupero della palla e nei contrasti difensivi. Non a caso i soli due gol subiti su azione sono arrivati finora solo in conseguenza di grandi tiri da fuori, o di cross sbagliati diventati occasionalmente gol.

Vedremo come andrà, con la consapevolezza che l'Inghilterra, oltre alla maggiore esperienza della guida tecnica, avrà dalla sua anche una maggiore capacità di poter trovare la giocata decisiva nei momenti topici della partita con un numero molto ampio di giocatrici - una varietà che la Spagna non possiede. Come si dice in questi casi: che vinca il migliore.

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