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Marco Lai
Cosa aspettarsi da Inter-Manchester City
09 giu 2023
09 giu 2023
L'Inter è attesa da una sfida difficile, ma ha alcune armi da giocarsi.
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Marco Lai
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Foto di Fabrizio Carabelli / Imago
(foto) Foto di Fabrizio Carabelli / Imago
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In tanti all’inizio della stagione avevano pronosticato che il Manchester City di Pep Guardiola sarebbe riuscito a prenotare un biglietto per Istanbul, ma nessuno avrebbe previsto che l’altra squadra a contendersi la coppa più ambita del calcio europeo sarebbe stata l’Inter di Simone Inzaghi. Si tratta probabilmente della finale con il maggiore dislivello qualitativo dell’ultimo decennio e più, ma avete presente quelle frasi di circostanza noiose, trite e ritrite come “il pallone è rotondo” o “in una gara secca può succedere qualsiasi cosa”? Ecco, sono espressioni banali ma vere, e non c'è occasione migliore di questa per ripetersele.Le sperimentazioni di Guardiola e la crescita di InzaghiIl percorso che ha portato il Manchester City in finale è fitto di sperimentazioni tattiche assimilabili. Guardiola come uno scienziato che usa il metodo scientifico e tramite osservazione, ipotesi e verifica tenta di raggiungere una conoscenza affidabile. Il “problema” per l'allenatore è stato l’inserimento di un centravanti di peso, iperverticale e amante degli spazi come Erling Haaland in un sistema che viveva di dominio del campo, fraseggio corto e fluidità nell’ultimo terzo. Dopo circa sei mesi di incessanti cambi di uomini e strutture alla ricerca del compromesso ideale, tra febbraio e marzo l’allenatore catalano è giunto a una buona conclusione: quattro difensori centrali di ruolo con Stones che si alza al fianco di Rodri per formare il 3+2 in fase di possesso, Gundogan e De Bruyne nei mezzi spazi, Bernardo Silva e Grealish in ampiezza per facilitare il controllo del pallone e diminuire drasticamente il numero di transizioni difensive, Haaland davanti pronto ad attaccare la linea ogni volta che ne ha la possibilità.

Escludendo la sconfitta in casa del Brentford nell’ultima giornata di campionato - una gara senza stimoli e giocata con le seconde linee - dal 12 febbraio a oggi i Citizens hanno giocato 26 senza mai perdere, un’impressionante striscia d’imbattibilità che gli ha permesso di vincere Premier League e FA Cup. Un’eventuale vittoria in finale di Champions League contro l’Inter significherebbe quindi treble, traguardo che renderebbe il Manchester City la seconda squadra inglese a riuscire in questa impresa dopo il Manchester United di Sir Alex Ferguson nel 1999 e Pep Guardiola l’unico allenatore della storia a centrare questo obiettivo per due volte.La stagione dell’Inter è stata invece molto più altalenante e tortuosa, ma allo stesso tempo non avara di gioie grazie alle vittorie di Coppa Italia e Supercoppa Italiana e all’ottimo percorso in Champions League. Fino agli inizi di aprile l’Inter si era dimostrata una squadra poco costante nei risultati, come dimostrano le 12 sconfitte in campionato, incapace nel finalizzare nonostante il gran numero di occasioni prodotte e a tratti prevedibile nello sviluppo dell’azione. Tuttavia, negli ultimi due mesi le cose si sono capovolte: dalla sfida con l’Empoli del 23 aprile i nerazzurri hanno raccolto 12 vittorie in 13 partite; l’unica sconfitta è quella subita dal Napoli giocando in 10 per tutto il secondo tempo e schierando pochissimi titolari in campo (nel calendario la sfida al Maradona si collocava esattamente a metà tra la semifinale di ritorno contro il Milan e la finale di Coppa Italia con la Fiorentina). Al di là degli ottimi risultati, l’Inter è sembrata in grandissima forma dal punto di vista atletico, ha ritrovato la fluidità in fase di possesso che aveva contraddistinto la prima stagione di Simone Inzaghi a Milano, e ha recuperato un giocatore fondamentale come Romelu Lukaku, sempre più vicino ai livelli di due anni fa.

Prima di addentrarsi negli aspetti più tattici della sfida, sono necessarie alcune considerazioni generali. Se da una parte l’Inter non ha niente da perdere e può giocare con la spensieratezza di chi è già andato ben oltre le aspettative, dall’altra il Manchester City si trova, come si dice con una strana espressione, "condannato a vincere". Un sentimento alimentato dalla narrazione di Guardiola che avrebbe bisogno di Messi, Xavi e Iniesta per vincere la Champions League. Un altro fattore importante è quello relativo alla condizione atletica: l’Inter è nel periodo migliore della stagione dal punto di vista fisico, mentre gli inglesi sembrano andare un po’ in affanno negli ultimi 20-30 minuti di gara, calo che si è notato specialmente nella finale di FA Cup contro lo United in cui la squadra di Guardiola si è trovata per lunghi tratti costretta a difendere di posizione. Prospettive tatticheDal punto di vista tattico l’Inter ha alcune armi con cui può mettere in difficolta gli avversari, ma molto della gara si deciderà sulla prima costruzione del Manchester City e sull’approccio che sceglierà Inzaghi per contrastarla. Riuscire a limitare dal basso la squadra di Guardiola è stato un rebus per tutti, come dimostra la varietà di contromisure proposte dagli avversari senza riuscire a trovare un rimedio del tutto efficace, poiché ogni soluzione presenta sia dei vantaggi che degli svantaggi. Alcune squadre, come per esempio l’Arsenal di Arteta, hanno provato ad andare uomo su uomo sui cinque costruttori del City, rischiando però di lasciare troppo spazio tra le linee a Gundogan e De Bruyne. L’Inter potrebbe proporre questa soluzione alzando Barella sulla linea degli attaccanti per uscire sul braccetto sinistro con Brozovic che affianca Calhanoglu per pressare i due mediani, forti del fatto che la linea 5 permetterebbe a Bastoni e Darmian di rompere la linea senza troppi patemi.

Contro le squadre che vanno a prendere a uomo i costruttori il City di solito sfrutta la qualità nel gioco dei piedi di Ederson, il quale si affianca a Dias formando una situazionale prima linea a quattro e trovando la superiorità numerica (6vs5). Con Brozovic lontano dalla sua posizione per pressare Rodri il centrocampo dell’Inter sarebbe completamente sguarnito, per cui Ederson potrebbe giocare diretto su Haaland (che negli ultimi mesi è migliorato molto in questo genere di situazioni) per tirare fuori Acerbi e servire con una sponda Gundogan e De Bruyne alle spalle di Calhanoglu e Brozovic. Questa strategia è proprio quella che ha fatto malissimo all’Arsenal nello scontro diretto all’Etihad.

Contro una prima pressione a uomo non sarebbe poi da escludere la possibilità del lancio lungo alle spalle della linea per Haaland, soluzione rivelatasi estremamente efficace contro il Brighton di De Zerbi a dicembre. Un’opzione più efficiente, cauta ma comunque proattiva per la squadra di Inzaghi potrebbe essere quella proposta da ten Hag nella finale di FA Cup (seppur con un modulo molto diverso). L’allenatore olandese aveva optato per una prima pressione portata da quattro uomini, con Casemiro e Fred a uomo su De Bruyne e Gundogan in mediana, mentre Haaland veniva tenuto stretto nella morsa di Varane e Lindelof. L’obiettivo della prima pressione era quello di scalare da un lato all’altro mantenendo sempre la marcatura a uomo su Rodri e Stones e forzando la ricezione di uno dei due braccetti. Anche in questo caso il punto debole di questo approccio si è rivelato essere la bravura di Haaland nel venire incontro e giocare di sponda per le mezzali. Il 3-5-2 dell’Inter potrebbe, in linea teorica, creare alcune difficoltà ai meccanismi collaudati della squadra inglese, per esempio grazie alla posizione di Brozovic davanti alla linea difensiva che permetterebbe di schermare la soluzione diretta sul centravanti norvegese. Questo però non è l’unico vantaggio della struttura dei nerazzurri e di questa possibile versione inzaghiana della prima pressione preparata da ten Hag. Andiamo per ordine: quattro giocatori dell’Inter sui cinque costruttori del City, nello specifico Barella e Calhanoglu seguono a uomo Rodri e Stones, mentre Dzeko e Lautaro partono da una posizione centrale per schermare i due mediani e scalare sui tre difensori centrali, lasciando la ricezione a uno dei due braccetti, per esempio Aké. Dzeko (o Lukaku se dovesse partire titolare) dovrebbe forzare la conduzione del centrale olandese negando il passaggio arretrato verso Dias. Spetterebbe poi a Barella uscire su Aké mentre Dzeko copre il passaggio verso Rodri, con Darmian pronto a rompere la linea su Gundogan. Allo stesso tempo Bastoni e Darmian potrebbero alternarsi in questo modo: se uno rompe la linea, l’altro si stringe al fianco di Acerbi formando una temporanea linea a quattro costruendo così una gabbia attorno ad Haaland, con Brozovic a fare da schermo. [gallery columns="6" ids="92176,92177,92178"] Sulla carta sembra tutto molto semplice, ma ovviamente un angolo di pressione sbagliato o un giro palla veloce e preciso che trova con facilità il terzo uomo rischierebbe di annullare ogni teorico vantaggio tattico di questa strategia.La forza del Manchester City, oltre al livello altissimo dei propri giocatori e alla sopraffina qualità tecnica, è la sua varietà di soluzioni offensive. Se la squadra non riesce a sfondare per vie centrali con i cinque costruttori, molto spesso De Bruyne o Gundogan si abbassano sull’esterno per fornire una linea di passaggio e costringere gli avversari a una scelta: seguirli con il rischio che si crei un pericoloso buco in mezzo a centrocampo o lasciarli ricevere rischiando di farsi mettere sotto e di dare troppo tempo e spazio a due passatori straordinari? Probabilmente sia Bastoni che Darmian per caratteristiche sarebbero reticenti a uscire così alti e larghi, anche perché sia De Bruyne che Gundogan hanno le capacità per saltare il diretto avversario con un controllo orientato. Inoltre, allontanarsi così tanto dalla propria zona rischierebbe di lasciare troppo campo per gli inserimenti di Haaland che annusa lo spazio come uno squalo annusa il sangue.

Alternativamente potrebbero allargarsi Barella e Calhanoglu sulle ricezioni esterne di De Bruyne e Gundogan, ma in questo modo Stones e Rodri sarebbero liberi di ricevere in mezzo con spazio per condurre. Se uscisse Brozovic il centro del campo rimarrebbe sguarnito e potrebbe abbassarcisi Haaland o stringercisi Bernardo. Insomma, per ogni contromisura avversaria il City sa sempre trovarne una ulteriore.

La soluzione meno rischiosa potrebbe allora essere quella che prevede l’uscita alta di Dimarco e Dumfries, con conseguente allargamento di Bastoni o Darmian da terzino per formare una linea a 4.

La finale ovviamente si giocherà su entrambi i lati del campo, e spesso il Manchester City negli ultimi mesi ha dominato le proprie partite grazie al proprio approccio difensivo. La fase di non possesso ormai collaudata della squadra di Guardiola non è caratterizzata da un pressing intenso e incessante, ma più sulla capacità degli interpreti di marcare più giocatori contemporaneamente. La struttura è simile a quella di un 4-4-2 con Haaland e De Bruyne riferimenti avanzati che coprono i corridoi centrali senza sfiancarsi con corse in avanti, mentre alle loro spalle Gundogan e Rodri seguono a uomo i centrocampisti avversari. I due giocatori chiave sono i due esterni d’attacco, Jack Grealish e soprattutto Bernardo Silva, che partono da una posizione larga sul terzino per poi effettuare una corsa esterno-interno per pressare il difensore centrale e contemporaneamente oscurare la linea di passaggio alle loro spalle. Da questa situazione il centrale pressato deve spesso tornare indietro dal portiere, che si trova quasi costretto a lanciare lungo.

Ogni mossa presenta dei vantaggi e degli svantaggi, e la scelta di Guardiola consiste nel rischiare di lasciare campo ai terzini scommettendo sul fatto che la pressione dei suoi non darà il tempo e lo spazio necessario alla squadra avversaria per trovare il passaggio alle spalle di Grealish e Bernardo. Tuttavia, nelle ultime settimane la grande forza dell’Inter è stata proprio la qualità nella costruzione contraddistinta da una fluidità posizionale incredibile, come esemplificato alla perfezione dai primi 15 minuti della gara contro l’Atalanta. Acerbi che si alza e affianca Brozovic in mediana, il croato che costruisce da difensore centrale allargando Bastoni da terzino, Barella che si abbassa per sostituire Brozovic in regia; insomma, le strutture possibili sono tantissime. L’obiettivo principale di questa fluidità è, nella maggior parte dei casi, creare i presupposti per trovare l’imbucata centrale diretta sulle punte, molto abili nei duelli individuali e nel gestire il pallone spalle alla porta. Di fatto il doppio confronto con il Milan si è risolto in questo modo, perché i centravanti nerazzurri hanno avuto la meglio nel costante 2vs2 con i centrali rossoneri. Sarà difficile però per l’Inter ricreare i presupposti ideali per sfruttare una soluzione del genere, perché il Manchester City gioca con quattro difensori centrali puri. Di fatto Lautaro e Dzeko o Lukaku si troveranno sempre in inferiorità numerica, come minimo in 2vs3 e in alcuni casi persino in 2vs4.

Dove può trovare spazio allora l’Inter in costruzione? Sugli esterni. Come detto prima Guardiola è disposto a lasciare liberi i terzini avversari per sfruttare le capacità in pressione di Grealish e Bernardo in zone più strette del campo, e inoltre i due terzini (con ogni probabilità Akanji e Aké) tendono a stare piuttosto bassi e stretti in queste situazioni per garantire solidità in mezzo al campo, per cui capita che siano in ritardo se devono uscire sull’esterno. Questo implica che sia Dimarco che Dumfries (o eventualmente Barella che spesso finisce in quella zona sull’esterno destro in costruzione e ha più proprietà tecnica dell’olandese) godranno di discreta libertà; la vera sfida sarà riuscire a servirli. Qui potrebbe rivelarsi cruciale la capacità di Onana nel giocare con qualità dal basso con entrambi i piedi. Spesso i portieri delle squadre che affrontano il City si trovano costretti a lanciare lungo quando pressati da Grealish e Bernardo, forzati a giocare con il piede debole, ma il camerunense può prenderli alla sprovvista giocando il pallone proprio sul lato che hanno lasciato libero (Guardiola ha proprio detto di essere rimasto impressionato dalle capacità in costruzione dell’ex Ajax). Per evitare che Aké o Akanji possano uscire su Dimarco e Dumfries Inzaghi potrebbe chiedere a Lautaro e Dzeko di avvicinarsi sul lato del pallone, costringendo i terzini del City a rimanere stretti.

Rischi e opportunità di difendersi troppo in bassoÈ possibile comunque che Simone Inzaghi scelga di fare una partita prettamente “italiana” rispettando la maggiore qualità degli avversari, difendendo con un blocco medio-basso e lasciando il totale pallino di gioco agli inglesi per chiudere gli spazi e trovare campo da attaccare in contropiede. Questa scelta però potrebbe rivelarsi meno efficace del previsto perché si basa su un piccolo errore, cioè considerare il Manchester City come la stessa squadra che ha perso due anni prima contro il Chelsea con un possesso palla sterile e subendo il gol decisivo in contropiede. In primo luogo, la ricerca ossessiva del controllo da parte di Guardiola ha diminuito i pericoli nelle transizioni difensive grazie all’alta qualità tecnica degli interpreti a cui è difficile rubare palla, all’equilibrio difensivo dato dall’ottima rest defense – ossia la struttura propedeutica al recupero palla che viene creata durante la fase di possesso - e alla capacità dei singoli difensori di vincere i propri duelli individuali. In secondo luogo, l’acquisto di Erling Haaland dà una soluzione aggiuntiva dentro l’area di cui il City ha sentito terribilmente la mancanza nelle sfide di Champions in cui non riusciva a far gol. La squadra di Guardiola non è più quella che a volte creava 4-5 occasioni da gol nitide a partite senza riuscire a concretizzarle, ma è quella che riesce a punirti alla prima mezza occasione grazie al fenomeno norvegese. L’Inter si trova di fronte a una montagna difficilissima da scalare. Il Manchester City è una squadra ai limiti della perfezione che sa anestetizzare la fase offensiva avversaria e dispone di tantissime soluzioni in avanti per trovare il gol. Simone Inzaghi dovrà preparare una partita coraggiosa sfruttando il vantaggio mentale di poter giocare senza alcuna pressione contro una squadra condannata a vincere, facendo leva sulla straordinaria condizione atletica dei suoi ragazzi e avendo fiducia nei principi di gioco che tanto bene hanno fatto negli ultimi due mesi. Le finali sono partite difficilmente razionalizzabili in cui prendono vita gli accadimenti più singolari. A volte basta un semplice episodio per raggiungere la gloria eterna, ma l’episodio si guadagna con l’audacia.

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