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I meriti della Corea del Sud del 2002
01 lug 2022
01 lug 2022
Una squadra ricordata solo per motivi sbagliati.
(articolo)
26 min
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In memoria di Yoo Sang-chul, scomparso il 7 giugno 2021

La Corea del Sud è oggi riconosciuta come uno dei posti più cool del pianeta. Un paese in costante fermento culturale, in grado di anticipare mode e tendenze future e di togliersi soddisfazioni nei campi più disparati: Parasite è diventato il primo lungometraggio in lingua non inglese a vincere il premio Oscar come miglior film, la serie tv Squid Game ha frantumato tutti i record di visualizzazioni su Netflix, mentre il K-pop continua a macinare numeri assurdi sia su Spotify che su YouTube.

Agli appassionati di calcio italiani, tuttavia, la Corea continua a evocare brutti ricordi. A lungo è stata un argomento tabù del quale era meglio non parlare per evitare di riaprire vecchie ferite. In principio, fu la Corea del Nord, una Nazionale misconosciuta che avrebbe dovuto essere la più classica delle vittime sacrificali nel Mondiale del 1966 e che invece buttò fuori l'Italia di Mazzola e Rivera. Un'eliminazione talmente inaspettata da alimentare falsi storici come quello - circolato per decenni - secondo il quale l'autore del gol Pak Doo-ik fosse un dentista di professione.

Molto più recente la delusione causata dall'altra Corea, quella del Sud, più ricca, industrializzata e orgogliosamente filo-occidentale. Intimamente, siamo ancora convinti di aver subito un furto senza eguali nel famigerato ottavo di finale del Mondiale nippocoreano. Mentre l'arbitro Byron Moreno, con il passare degli anni, è entrato nel folklore popolare (anche a causa delle vicende giudiziarie che lo hanno colpito). La Corea del Sud del 2002 non è stata ancora esorcizzata.

Non vogliamo negare l'evidenza, ovvero che quella squadra sia stata agevolata da alcuni favori arbitrali (come, del resto, nella storia dei Mondiali è spesso accaduto alle nazioni padrone di casa), d'altra parte dobbiamo anche riconoscere i meriti calcistici di quella Nazionale controversa. Nel 2002 la Corea del Sud, guidata da un fuoriclasse della panchina come l'olandese Guus Hiddink, disputò - a prescindere dagli episodi - un gran Mondiale, mettendo in mostra un calcio propositivo e diversi validi elementi. Sarebbe profondamente ingiusto non riconoscerlo: si farebbe un torto troppo grande ai protagonisti di quell'impresa, ancora oggi il miglior piazzamento mai ottenuto da una selezione asiatica.

Rivoluzione Oranje

Seconda giornata della fase a gironi di France 1998: va di scena quella che, in Corea del Sud, sarebbe passata alla storia come "la tragedia di Marsiglia". L'Olanda vince in goleada, il Commissario Tecnico Cha Bum-kun rassegna le dimissioni subito dopo il fischio finale e i giocatori in patria vengono massacrati dalla stampa locale (nonostante i 5 gol subiti, l'unico a salvare la faccia è losweeper-keeper Kim Byung-ji, autore di ben 17 interventi).

La Corea riesce a rialzare la testa nell'ultima sfida, raggiungendo con Yoo Sang-chul il pareggio contro il Belgio. Tuttavia, il timore di non rivelarsi all'altezza della situazione in vista dei Mondiali casalinghi rimane forte, anche perché i giocatori coreani continuano a essere snobbati dai club europei, che sembrano preferire i vicini giapponesi. Per accumulare esperienza, la Federazione sudcoreana organizza così amichevoli di prestigio (storico il successo ottenuto contro il Brasile: nessun'altra nazionale asiatica c'era mai riuscita prima) e ottiene il permesso di partecipare a due edizioni della Gold Cup. Serve ben altro, però, per farsi trovare pronti all'appuntamento con la storia. E così, nel gennaio del 2001, la KFA trova un accordo con uno specialista straniero, Guus Hiddink che sedeva sulla panchina dell'Olanda durante l'infausta serata marsigliese.

Il rapporto stenta a decollare: i giornalisti coreani accusano Hiddink di non aver preso seriamente il proprio lavoro e di trascorrere il tempo unicamente con la sua fidanzata invece di approfondire il calcio locale. E l'incubo di Marsiglia si ripropone in altre due circostanze: la Corea perde infatti per 5-0 sia contro la Francia nella Confederations Cup sia contro la Repubblica Ceca in amichevole. Malgrado i risultati deludenti, il C.T. olandese non fa una piega e dimostra di avere già le idee chiare: il suo obiettivo è costruire una squadra unita e organizzata, lavorando il più possibile sulla condizione atletica. Impara un po' di coreano base, per entrare nella testa dei giocatori e plasmarli tatticamente come meglio crede. E i progressi, poco alla volta, cominciano a intravedersi.

Il ruggito dei vecchi leoni

Nel corso del suo mandato, Hiddink rivoluziona la rosa della Corea del Sud, senza rinunciare però ad alcuni punti fermi. A cominciare dal baluardo difensivo Hong Myung-bo, confermato con i gradi di capitano. Libero vecchia scuola, apprezzato per la sua eleganza e la sua capacità di impostare l'azione da dietro senza mai buttare via la palla, Hong viene ancora oggi indicato dagli esperti come il miglior difensore nella storia del calcio asiatico. A livello internazionale, comincia a far parlare di sé nel Mondiale del '94, disputando una gara memorabile contro la Spagna e guidando l'insperata rimonta coreana con un gol e un assist nei minuti finali (andrà a segno anche nel rocambolesco 3-2 con la Germania).

Ai suoi lati, in una linea difensiva a tre, Hiddink conferma Choi Jin-cheul e Kim Tae-young, due marcatori puri, meno appariscenti ma solidi e affidabili. In mezzo al campo l'uomo-chiave è Yoo Sang-chul, la star del calcio coreano a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila. Un centrocampista completo, bravo a organizzare la manovra e in possesso di un gran tiro da fuori. Leggenda vuole che abbia rifiutato il trasferimento al Barcellona perché aveva già dato la parola ai giapponesi del Yokohama F. Marino.

In attacco, il punto di riferimento è Hwang Sun-hong: seppur in calo e ormai prossimo al ritiro, è ancora utile per il suo gioco di sponda spalle alla porta. Attorno a questi capisaldi, l'allenatore olandese costruirà la sua Corea. I vecchi leoni, dal canto loro, non tradiranno la sua fiducia: saranno simbolicamente Hwang e Yoo a segnare nel match d'esordio, mentre toccherà a Hong trasformare il rigore decisivo per accedere alle semifinali.

Gli astri nascenti del calcio coreano

Hiddink si rende subito conto di avere tra le mani una Nazionale con buone potenzialità. Sta infatti emergendo una nuova generazione di calciatori sudcoreani, da integrare e far crescere al fianco dei già affermati senatori. A dare particolari soddisfazioni è "la classe del 1981", che comprende quattro giocatori poi convocati per i Mondiali. Il laterale Cha Du-ri, figlio del leggendario Cha Bum-kun (probabilmente il più forte calciatore asiatico di sempre, prima dell'avvento di Son Heung-min), un treno quando parte in progressione sulla fascia destra. Il piccolo e sgusciante Lee Chun-soo, dotato di buoni fondamentali e sempre insidioso su calcio piazzato. L'ala sinistra Choi Tae-uk, che troverà spazio solamente nella "finalina". E, soprattutto, Park Ji-sung, il più dotato del gruppo, del quale Hiddink ne intuisce anche l'intelligenza tattica.

Hiddink può inoltre contare sui progressi di Seol Ki-hyeon, un attaccante potente e con una grande esplosività nelle gambe, messosi in mostra in Belgio con l'Anderlecht (porta la sua firma il primo gol realizzato da un giocatore coreano in Champions League). Un altro nome nuovo è quello di Kim Nam-il, metronomo di centrocampo che si rivelerà un preziosissimo scudiero di Yoo. Come ogni allenatore olandese che si rispetti, il piano tattico di Hiddink prevede un costante sviluppo del gioco sulle fasce: la corsia destra avrà in Song Chong-gug, tra le più piacevoli rivelazioni del Mondiale nippocoreano, l'unico padrone incontrastato, mentre sulla corsia mancina si alterneranno Lee Eul-yong e Lee Young-pyo, entrambi con spiccate attitudini offensive.

Una rivalità in porta

L'ultimo nodo da sciogliere riguarda il portiere titolare. A giocarsi il posto sono due numeri uno che non potrebbero essere più diversi: Kim Byung-ji e Lee Woon-jae, un po' gli Albertosi e Zoff coreani, se vogliamo. Più esuberante e spettacolare il primo, che già si era fatto notare ai Mondiali del '98 per via dell'eccentrica acconciatura; più calmo e riflessivo il secondo. Da un punto di vista tecnico, Kim si fa preferire per i riflessi ed eccelle nelle uscite, sia basse che alte; Lee ha un grande senso della posizione. Entrambi sarebbero stati incredibilmente longevi: Lee avrebbe continuato a giocare fino ai 39 anni, Kim addirittura fino ai 45 (tuttora un record nella K-League).

Le sobrie capigliature di Kim Byung-ji, un portiere dai mille colori.

Kim sembra essere il prescelto di Hiddink, poi improvvisamente tutto cambia durante un torneo amichevole disputato a Hong Kong nel 2001. Contro il Paraguay, Kim Byung-ji - portiere goleador che in carriera si era già contraddistinto per la sua abilità nel giocare coi piedi - si lancia la palla avanti, allungandosela però troppo e finendo così per perderla. Hiddink, che ha assistito incredulo alla bizzarra scena, si alza dalla panchina visibilmente contrariato e inizia a inveire contro il suo portiere: non ha per nulla gradito quell'eccesso di esibizionismo.

Attenzione, non si tratta di un episodio di follia estemporanea: Kim Byung-ji era considerato l'Higuita asiatico e i suoi comportamenti istrionici erano ben noti, facevano parte del personaggio. Ma quella stramberia gli sarebbe costata il posto da titolare ai Mondiali casalinghi, proprio in favore del suo eterno rivale Lee Woon-jae, ritenuto più affidabile dal C.T. olandese. Così, mentre Lee sarebbe diventato un eroe nazionale dopo gli interventi decisivi contro l'Italia e il rigore parato alla Spagna, Kim - declassato a secondo - viene ancora oggi ricordato in patria come l'antieroe di quella spedizione, un protagonista mancato. E, per questo, appare forse più simpatico ai nostri occhi.

I due protagonisti scherzano a distanza di tanti anni su quella gara con il Paraguay che avrebbe cambiato per sempre le loro carriere.

Corsa, aggressività e possesso palla: i comandamenti del 3-4-3 di Hiddink

La Corea del Sud si presenta dunque ai Mondiali di casa con un riuscito mix di veterani e giovani promettenti. Il modulo di partenza è il 3-4-3, che a partita in corso può trasformarsi anche in un 3-4-1-2 grazie a Park, in grado di agire come trequartista alle spalle di Seol e Hwang (o Ahn).

La difesa non manca di esperienza: davanti al portiere Lee Woon-jae, agisce l'affiatato trio composto da Choi Jin-cheul, Hong Myung-bo e dall'uomo mascherato Kim Tae-young (diventato, suo malgrado, uno dei volti più riconoscibili di quel Mondiale), con il capitano che sovente si stacca dalla linea difensiva per avanzare palla al piede e dare una mano in fase di costruzione. Altrettanto ben amalgamata si rivela la coppia di centrocampo: Kim Nam-il, infaticabile recuperatore di palloni, ha il compito di coprire le incursioni di Yoo Sang-chul. La manovra si appoggia spesso su Song Chong-gug, largo sulla destra: sono frequenti i cambi di gioco a cercare il numero 22.

Sulla corsia opposta, parte titolare Lee Eul-yong, cursore dal piede delicato, mentre bisognerà attendere la terza partita per vedere in campo dal primo minuto Lee Young-pyo, uno degli elementi oggi più ricordati di quella spedizione. Park Ji-sung gode di ampia libertà e la sua posizione risulta difficile da leggere per gli avversari: parte largo sulla destra, ma si accentra di continuo e, nel prosieguo del torneo, verrà sposato in mezzo al campo, in un ruolo che avrebbe ricoperto più volte anche al Manchester United.

Come prima punta, Hiddink attuerà una sorta di staffetta fra lo stagionato Hwang Sun-hong e il ruspante Ahn Jung-hwan, incompreso dal calcio italiano. Completa il tridente d'attacco Seol Ki-hyeon, più individualista e solista rispetto ai suoi compagni: una sorta di Sonante litteram, per movenze e posizione in campo. Una valida alternativa ai titolari è Lee Chun-soo, l'ala dai capelli biondi ossigenati, utilizzato per vivacizzare la squadra quando gli avversari sono stanchi. Il figlio d'arte Cha Du-ri, all'epoca ancora un cadetto della Korea University, avrà invece modo di sfruttare la sua poderosa falcata nelle sfide contro Italia e Germania.

L'esaltante fase a gironi

Il sorteggio è abbastanza benevolo per i padroni di casa: il Portogallo della Generazione d'Oro di Figo e Rui Costa appare fuori portata, ma Polonia e Stati Uniti non sembrano ostacoli insormontabili. Nella gara d'esordio, disputata a Busan davanti a 50.000 spettatori, gli uomini di Hiddink devono vedersela con la Polonia, assente da un grande torneo internazionale dal 1986, guarda caso proprio il Mondiale che inaugurò la tradizione favorevole della Corea del Sud, che da quell'edizione in poi si sarebbe sempre qualificata. Quella polacca è una Nazionale fisica, non particolarmente creativa e senza stelle di prima grandezza. Si schiera con un 5-3-2, con l'attaccante d'origine nigeriana Olisadebe, reduce da un'ottima annata europea con il Panathinaikos, come pericolo pubblico numero uno.

Dopo una prima fase di attesa, il 33enne Hwang Sun-hong viene trovato tutto solo all'interno dell'area da un cross liftato di Lee Eul-yong e infila di sinistro al volo, facendo esplodere di gioia il pubblico sugli spalti. Una dormita della difesa polacca, che da quel momento in poi non ci capirà letteralmente più nulla. La gara diventa infatti un monologo dei coreani, che lottano su ogni pallone e giocano a ritmi insostenibili per i malcapitati avversari. A inizio ripresa, Park Ji-sung sfiora il gran gol al volo, con Dudek che salva in calcio d'angolo. È il preludio che porterà al 2-0: Yoo Sang-chul, poi premiato come migliore in campo, piega le mani al portiere del Liverpool con una conclusione dal limite e manda in visibilio un paese intero. Il secondo tempo procede a senso unico, con la Corea del Sud che sfiora ripetutamente il 3-0. Ma va bene così: dopo 4 pareggi e 10 sconfitte in 14 partite, arriva la prima, a lungo attesa vittoria della Corea del Sud ai Mondiali. Hiddink compie così l'ennesimo capolavoro della sua carriera: non sarà l'ultimo.

L'Olanda non si è qualificata al Mondiale 2002? Nessun problema: c'è la Corea di Hiddink a tenere alta la bandiera del calcio totale.

Nella seconda partita Hiddink conferma la formazione che ha incantato all'esordio. Gli Stati Uniti, sottostimati alla vigilia (ne sa qualcosa il Portogallo, beffato all'esordio), sono da temere, quello del 2002 sarà infatti un Mondiale da record - i quarti di finale rimangono il miglior risultato raggiunto. È una Nazionale esperta, con una difesa affidabile, un centrocampo in cui spicca Reyna in regia e, in attacco, gli emergenti Donovan e Beasley (due anni dopo, Hiddink lo avrebbe voluto al PSV per rimpiazzare Robben).

Sono gli USA a passare in vantaggio: una verticalizzazione di O'Brien, mastino in forza all'Ajax, coglie i difensori coreani fuori posizione e Mathis - che sfoggia una cresta mohicana sulla falsariga di quella di Ljungberg - non perdona. Gli americani giocano duro: a farne le spese è Park Ji-sung, costretto a lasciare il campo dopo un intervento da macellaio di Hejduk. Al 39' Hwang viene atterrato in area: sul dischetto si presenta Lee Eul-young, che si lascia tuttavia ipnotizzare da Friedel.

Quest'ultimo, preferito dal C.T. Bruce Arena agli altrettanto esperti Keller (titolare nel '98) e Meola (prima scelta nel '94), è chiamato agli straordinari anche nella ripresa e sembra avere un conto personale con l'impreciso Seol. Hiddink si gioca il tutto per tutto, inserendo altre due punte: il perugino Ahn Jung-hwan e il prolifico Choi Yong-soo, già autore di 27 reti in nazionale. Il lungo assedio coreano viene finalmente premiato al 78', quando Ahn svetta più in alto di tutti sulla punizione battuta da Lee Eul-yong. Il laterale mancino rischia di piazzare un altro assist all'89', con una strepitosa discesa sulla fascia vanificata dall'erroraccio sottoporta di Choi. Il pareggio, in ogni caso, va bene a entrambe le nazionali, che si avvicinano così a una storica qualificazione a braccetto.

Il divertente balletto di Ahn e compagni dopo l'1-1.

Contro il Portogallo, rientrato in corsa grazie al 4-0 con cui ha travolto la Polonia nella seconda giornata, la Corea del Sud getta definitivamente la maschera. È la gara in cui la Nazionale padrona di casa smette di essere una sorpresa folcloristica e diventa una realtà da prendere in seria considerazione. Hiddink promuove Ahn Jung-hwan titolare e lancia finalmente dal primo minuto Lee Young-pyo, con il 10 sulle spalle e tutto il suo campionario di finte e controfinte. Il futuro compagno di scorribande a Eindhoven, Park Ji-sung, si mostra intraprendente fin dalle prime fasi: si capisce subito che questa sarà la sua partita. Altrettanto memorabile è la prestazione fornita dal terzino destro Song Chong-gug, per nulla intimorito dal dover marcare Figo: riuscirà anzi ad annullarlo, non facendosi saltare neanche una volta, nonostante i dodici (!) tentativi di uno-contro-uno del Pallone d'Oro.

Al 27' viene estratto il rosso diretto a João Pinto per un intervento con il piede a martello su Park: i portoghesi perdono la testa e accerchiano l'arbitro, ma la decisione, oggi, appare sacrosanta. L'incontro, con il Portogallo condannato a giocare in inferiorità numerica per oltre un'ora, prende così una direzione imprevedibile. Beto, in costante affanno su Lee Young-pyo, a metà ripresa rimedia il secondo giallo: un'altra decisione incontestabile. Il Portogallo, disperato, è ormai ridotto in 9. E a mandarlo a casa ci pensa Park Ji-sung, con un autentico capolavoro: addomestica di petto un lancio di Lee, mette a sedere un avversario con un sombrero e poi conclude al volo, per poi zittire i polemici portoghesi e correre ad abbracciare il suo mentore Hiddink. Le emozioni si susseguono nei minuti finali: Nuno Gomes, appena entrato, sciupa il possibile 1-1, mentre Vítor Baía salva su Song con un'uscita bassa prodigiosa. C'è spazio anche per una delle immagini più amare del Mondiale: Sérgio Conceição in lacrime dopo aver centrato il palo con una spettacolare mezza rovesciata, il momento clou di un finale di partita tesissimo. Così, per la prima volta, la Corea del Sud supera la fase a gironi, e lo fa vincendo con pieno merito il proprio gruppo. Con un mago come Hiddink in panchina, tutto diventa possibile. Sognare è lecito.

Tra i gesti tecnici più belli di tutto il Mondiale 2002.

Le controverse sfide a eliminazione diretta

Agli ottavi la Corea del Sud si ritrova davanti una delle grandi favorite della vigilia, l'Italia, che ha però faticato molto più del previsto nel proprio girone. Dopo l'illusoria vittoria contro l'Ecuador, gli Azzurri hanno rischiato grosso, prima perdendo in modo beffardo con la Croazia e poi acciuffando il pareggio nei minuti finali contro il Messico. Si tratta di una nazionale sull'orlo di una crisi di nervi, che si sente perseguitata dagli arbitri per i tre gol regolari annullati nelle precedenti gare. I media coreani sfruttano la situazione a loro vantaggio, caricando l'ambiente con titoli come "Aspettatevi l'inferno". I tifosi rievocano lo spettro del 1966 fin dalla coreografia. Ci aspetta un'accoglienza da brividi.

Gli uomini di Trapattoni, peraltro, non arrivano all'evento nelle condizioni ideali: con Nesta infortunato e Cannavaro squalificato, il C.T. si affida all'inedita coppia centrale formata da Iuliano e Maldini. Inoltre, il 4-4-2 non sembra il modulo più adatto per sfruttare al meglio il talento a disposizione: Zambrotta è l'unico esterno di ruolo e sulla sinistra vengono adattati prima Doni e poi Del Piero. Non danno troppe garanzie neanche i due terzini: Panucci non riesce a contenere Seol Ki-hyeon per tutta la partita, Coco falcia Park Ji-sung dopo soli tre minuti. L'inizio shock dell'Italia prosegue con un calcio di rigore, a dir poco generoso, concesso ai padroni di casa: Buffon sventa il pericolo, neutralizzando il tiro di Ahn Jung-hwan.

La partita è dura, con interventi violenti da ambo le parti: all'8' è Vieri ad alzare il braccio, colpendo in pieno volto Kim Tae-young, fratturandogli il setto nasale (il difensore coreano giocherà le successive partite con l'iconica maschera, oggi conservata come una reliquia preziosa in una cornice di vetro). Poi è Totti ad allargare un po' troppo il gomito su Kim Nam-il: i padroni di casa chiedono il rosso, ma Moreno estrae il giallo. Subisce un duro colpo anche Coco, costretto a proseguire l'incontro con un turbante in testa. E, nel secondo tempo, Zambrotta verrà azzoppato da un intervento a gamba tesa di Hwang. Moreno lascia correre, fischia poco, arbitra (male) all'inglese. Gli Azzurri, che ritengono di essere già stati penalizzati a sufficienza nelle due gare precedenti, commettono l'errore di innervosirsi, polemizzando col fischietto ecuadoriano per qualsiasi decisione.

Gran giocata nello stretto di Park, Maldini lo stende senza tanti complimenti. La partita sfuggirà totalmente di mano a Moreno nei tempi supplementari.

In mezzo a tutte queste botte da orbi, comunque, c'è spazio anche per il gol del vantaggio azzurro firmato da Vieri, staccatosi dalla marcatura nell'area piccola. Poco alla volta, però, la Corea prende campo e l'Italia arretra. A fare la differenza, nel corso del secondo tempo, sono soprattutto i cambi dei due allenatori. Fin troppo conservativi quelli del Trap, che per coprirsi toglie il giocatore più in forma (Del Piero) per far posto a Gattuso, con Tommasi che si allarga sulla sinistra. Dopodiché, inserirà anche il quasi 36enne Di Livio, ritrovatosi inaspettatamente al Mondiale dopo una stagione conclusa con la retrocessione della Fiorentina.

Hiddink, dal canto suo, se la gioca col doppio centravanti, inserendo Hwang Sun-hong al posto di un difensore. Poi getterà nella mischia due rapidi esterni - Lee Chun-soo e Cha Du-ri - per allargare il campo e assicurarsi il predominio sulle fasce laterali. Vieri manca il possibile raddoppio in contropiede, Cha si presenta con un'incredibile rovesciata, per sua sfortuna centrale: la partita si gioca sul filo di un rasoio. All'88' Panucci pasticcia in area, Seol ringrazia e fissa il punteggio in parità.

Neanche il tempo di esultare e i coreani rischiano di ritrovarsi di nuovo sotto: Vieri, da due passi, si divora un facile tap-in, in un'azione che prende in controtempo persino la regia internazionale, che stava ancora riprendendo i festeggiamenti sugli spalti. Se la palla fosse entrata, oggi nessuno ricorderebbe di Byron Moreno. Ma la partita andrà avanti e l'arbitro sudamericano salirà così agli onori della cronaca. Le decisioni più contestate dei tempi supplementari ce le ricordiamo bene. Totti viene cacciato per simulazione: a termini di regolamento, un provvedimento non così scandaloso (il contatto col difensore coreano è minimo e il capitano della Roma accentua la caduta), benché sicuramente eccessivo. Poi Tommasi viene pizzicato in fuorigioco dubbio dal guardalinee argentino Rattalino: il replay dimostra che la posizione è regolare, anche se non si può parlare tecnicamente di gol annullato perché l'azione era già stata fermata da qualche secondo. Totalmente rimosso dalla memoria collettiva invece il ricordo di Gattuso a un passo dal golden goal, dopo una caparbia azione personale.

La Corea del Sud, inevitabilmente sbilanciata in attacco, non sta a guardare: Hwang di testa grazia gli Azzurri, Ahn li condanna. Sul cross di Lee Young-pyo, l'attaccante del Perugia salta più in alto di Maldini e sigla il gol-vittoria. Corea ai quarti, Italia a casa tra mille polemiche. Nel paese seguiranno giorni e giorni di dibattiti, tutti incentrati su come avere più peso politico presso la FIFA. Il momento più surreale viene toccato quando il presidente del Perugia Gaucci, in una delirante intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, minaccia di licenziare Ahn "per giusta causa".

Si arriva così al quarto di finale con la Spagna, per molti tifosi ibericiEl robo del siglo. Il cammino delle Furie Rosse del sempre sudatissimo Camacho è stato altalenante: dopo aver vinto a punteggio pieno un girone più che abbordabile, hanno superato l'Irlanda soltanto ai rigori agli ottavi e hanno perso il proprio miglior giocatore (Raúl).

Il canovaccio è sempre lo stesso, con l'aggressività - unita a una sorprendente gestione della palla - dei coreani che sorprende gli avversari. Oltre alle folate di Joaquín, astro nascente del Betis inarrestabile per tutti i 120', la Spagna si rende pericolosa soprattutto su palla inattiva: Hierro e Morientes di testa le prendono tutte, la differenza di centimetri tra le due squadre si fa sentire. Proprio su calcio piazzato, a inizio ripresa, arriverà il primo gol annullato alla Spagna per motivi misteriosi: l'arbitro egiziano Gamal Al-Ghandour fischia un presunto fallo di confusione in area, dopo che il pallone schizzato su Kim Tae-young finisce in rete. Intorno alla mezz'ora di gioco termina il bel Mondiale di Kim Nam-il: il centrocampista difensivo non ce la fa a proseguire e, per sostituirlo, Hiddink ripropone Lee Eul-yong sulla fascia sinistra, facendo scalare Lee Young-pyo in mezzo. Non sarà l'unico cambio sorprendente del mago olandese, che nel secondo tempo inserirà un'ala come Lee Chun-soo, arretrando così Park Ji-sung al centro, a formare un'inedita coppia con il futuro compagno del PSV. E deciderà di giocare i supplementari con un attaccante in più (Hwang) e un difensore in meno.

I cambi offensivi gli danno ancora una volta ragione, perché è la Corea a rendersi più pericolosa, soprattutto con Park (soltanto una spettacolare parata a mano aperta di Casillas non gli permette di bissare il gol segnato al Portogallo). La Spagna vive delle fiammate dello scatenato Joaquín, maltrattato dai coreani con l'accondiscendenza dell'arbitro. Ma, anche in questo caso, saranno i supplementari a riservare le decisioni più contestate. Si parte subito forte, in tal senso, con l'assurdo gol annullato a Morientes: prima del cross di Joaquín, il pallone non aveva varcato la linea come erroneamente segnalato dal guardalinee. L'arbitraggio è comunque scadente da ambo le parti: per esempio, Hierro colpisce in pieno petto Ahn con la gamba alta e non viene neanche ammonito. Le emozioni si susseguono: Morientes, perseguitato dalla sfortuna più nera, con una girata centra il palo; i subentrati Lee-Chun Soo e Hwang confezionano una nitida palla gol e, sul ribaltamento di fronte, viene fischiato un altro fuorigioco inesistente al furibondo centravanti del Real, poi ammonito per proteste. La gara finisce così a reti bianche e ai rigori la Corea si dimostra infallibile: 5 su 5. Joaquín, il migliore in campo per distacco, commette l'unico errore, perché a volte il calcio sa essere davvero crudele. Giusto però che sia affidato a Hong Myung-bo, protagonista a USA '94 di una prestazione epica proprio contro la Spagna, il rigore che spinge la Corea del Sud in semifinale.

Hong Myung-bo, l'uomo delle prime volte: nel 2002 diventa il primo calciatore asiatico a partecipare a quattro Mondiali e a ricevere il "pallone di bronzo" come terzo miglior giocatore del torneo (dietro a Kahn e Ronaldo).

Per la Corea del Sud, a questo punto, l'impresa è compiuta. La sensazione diffusa è che sia già andata ben oltre le proprie reali possibilità, migliorando addirittura il risultato ottenuto nel 1966 dall'altra Corea, quella del Nord, che si fermò ai quarti di finale contro il Portogallo di Eusebio. Eppure, anche contro la Germania, il risultato resterà in bilico fino all'ultimo.

Con Seol squalificato, Hiddink opta per un nuovo tridente offensivo: Cha Du-ri e Lee Chun-soo danno nuova linfa, mentre al centro viene riproposto Hwang. Anche la Germania di Völler è a trazione interiore, con Ballack a supporto di tre punte (Neuville, Klose e Bode). L'inizio dei padroni di casa è di personalità e, già in avvio, Kahn deve superarsi. Per larghi tratti è la Corea a fare la partita: a metà ripresa, non sfrutta nel migliore dei modi una ripartenza, con Ballack costretto a stendere Lee Chun-soo. Un fallo ben speso, che gli farà però saltare la finale (era diffidato). Tre minuti più tardi, sarà lo stesso Ballack - protagonista di una stagione assurda, nel bene e nel male, col Bayer Leverkusen - a regalare la finale ai tedeschi, ribattendo in rete una prima conclusione non trattenuta da Lee Woon-jae.

Al termine dell'incontro, i tifosi coreani si riversano in piazza per ringraziare i propri beniamini per aver permesso loro di vivere uno splendido sogno a occhi aperti. L'atmosfera di festa prosegue nella finale per il terzo e quarto posto e coinvolge anche la Turchia, un'altra nazionale che non si era mai spinta così lontano. Hiddink concede poco spazio alle seconde linee, ma il risultato non cambia: arriverà quarto per il secondo Mondiale di fila, un insolito record. La Corea scende in campo senza la giusta concentrazione e a tradirla è il suo capitano Hong Myung-bo, che dopo dieci secondi commette l'unico errore in un torneo pressoché perfetto, regalando ad Hakan Şükür la possibilità di segnare il gol più veloce nella storia dei Mondiali. I padroni di casa, colpiti a freddo, reagiscono subito: già all'8' arriva il pareggio di Lee Eul-yong direttamente su punizione dal limite, la specialità della casa. La "finalina" procede spedita: al 12' Lee Chun-soo impegna Rüştü, un minuto più tardi la Turchia colpisce ancora, con Şükür che questa volta veste i panni dell'assist-man. Al 32' İlhan Mansız si ripete e la Turchia conclude così il primo tempo col doppio vantaggio, contro una nazionale che fino a quel momento non aveva mai concesso più di una rete a partita. La Corea è anche sfortunata (ad Ahn viene annullato un gol regolare) e quando Song, con un tiro deviato, riapre la gara nel finale è ormai troppo tardi: ad aggiudicarsi la medaglia di bronzo è la squadra di Şenol Güneş.

Hiddink, portato in trionfo, sarà la prima persona in assoluto a ottenere la cittadinanza onoraria sudcoreana.

E dopo i Mondiali?

Con alterne fortune, saranno tanti i coreani che proveranno a confrontarsi con il calcio europeo dopo l'exploit del 2002. Ad aprire le danze ci pensa, naturalmente, Guus Hiddink, che al termine dei Mondiali decide di tornare al PSV, portandosi dietro due fedelissimi della sua Corea: Lee Young-pyo e Park Ji-sung. Entrambi saranno tra i protagonisti nella splendida cavalcata europea della squadra di Eindhoven nel 2005. Passato al Manchester Utd, Park diventerà poi il primo giocatore asiatico a laurearsi campione d'Europa, con Sir Alex Ferguson che lo schiererà titolare in altre due finali di Champions League. Pur senza ripetere i fasti del PSV, Lee indosserà le maglie di altre due blasonati club europee come Tottenham e Borussia Dortmund.

Su consiglio di Hiddink, si trasferirà in Olanda anche Song Chong-gug, che rifiuterà le lusinghe di Gunners e Spurs pur di firmare con il Feyenoord (fresco vincitore della Coppa UEFA). Dopo tre stagioni, Song tornerà in Corea per un finale di carriera malinconico a causa di un grave infortunio all'anca. Una breve comparsata in Eredivisie la farà anche Kim Nam-il, nel frattempo divenuto un autentico sex symbol in patria. Gli andrà meglio, parecchi anni dopo, in Russia, con i siberiani del Tom Tomsk. Una sola gioia - il gol segnato a San Pietroburgo sotto una tormenta di neve in un quarto di finale di Coppa UEFA con il Siviglia - per il terzino destro Hyun Young-min nell'unica annata disputata con lo Zenit. Lee Eul-yong tenterà invece l'avventura turca, facendosi apprezzare dai tifosi del Trabzonspor. Non poteva che proseguire in Bundesliga, il campionato che alimentò la leggenda del padre (ovvero il primo giocatore asiatico a sfondare in Europa), la carriera di Cha Du-ri, mentre Lee Chun-soo - presentato in pompa magna dalla Real Sociedad - non riuscirà a imporsi in Spagna. Si rivelerà frustrante anche l'esperienza inglese di Seol Ki-hyeon, il primo giocatore coreano candidato al Pallone d'Oro, che con Wolverhampton, Reading e Fulham mostrerà soltanto a sprazzi il suo talento.

Comunque la si voglia pensare, il Mondiale 2002 ha cambiato la nostra percezione dei giocatori coreani (e, più in generale, asiatici). Inizialmente accolti in Europa con scetticismo, e molta ironia, poco a poco hanno cominciato a essere presi più sul serio. E ancora oggi non viene sempre riconosciuto lo status di giocatore tra i più forti al mondo a Son, capocannoniere dell'ultima Premier League ma escluso tra mille polemiche sia dalla lista dei migliori giocatori del torneo sia dall'undici ideale, a conferma di un certo pregiudizio duro a morire nei confronti degli asiatici. Ne sanno qualcosa Hong Myung-bo, Yoo Sang-chul e tutti gli uomini della vecchia guardia, a lungo vittime di pregiudizi e di un'ingiustificata diffidenza: purtroppo, per limiti di età, non faranno in tempo a prendersi la rivincita in Europa. Ma il loro fondamentale contributo per lo sviluppo del calcio asiatico merita di essere ricordato.

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