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Alec Cordolcini
Tutte le stramberie della Coppa d'Olanda
16 apr 2021
16 apr 2021
Che verrà assegnata domenica con una finale tra Ajax e Vitesse.
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Alec Cordolcini
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Non esiste nel calcio contemporaneo un trofeo con meno appeal delle coppe nazionali, eppure non ne esiste uno più inclusivo; almeno per quei tornei che non sono strutturati appositamente per contrastare e svilire qualsiasi potenziale storia proveniente dal basso. La coppa di tutti, quindi, in cui i tifosi di qualsiasi squadra possono sognare almeno una volta nella vita l'ebbrezza di vivere la competizione da protagonisti: una finale, una semifinale, un percorso particolarmente brillante.

 

In un calcio sempre più piramidale e rivolto verso l’Europa, le coppe nazionali dovrebbero essere anacronistiche e scontate. I

sono sempre meno, inoltre è sempre più evidente il disinteresse, quando non proprio vero e proprio fastidio, mostrato dalle grandi squadre verso un torneo che genera profitti irrisori e si rivela poco utile ai fini della bacheca. Nella prospettiva delle migliori squadre, nessuna stagione storta potrà essere aggiustata da una coppa di così modesta portata.

 

Le coppe nazionali riescono però spesso a farsi sintesi di un intero movimento calcistico, dalla sua storia e della sua cultura. Ne ricalcano i mutamenti, i cicli e gli smottamenti. La Coppa d'Olanda, una versione lo-fi della FA Cup inglese, torneo al quale si è ispirata, è un ottimo esempio. Discontinua e naif nella fase amatoriale del calcio olandese - al punto che molte edizioni non furono disputate per scarso interesse dei club - ne ha poi seguito l’evoluzione, rappresentando spesso la prima vittoria di carriere che si sarebbero rivelate poi eccezionali.

 

Ernst Happel, l'uomo che ha portato la prima Coppa Campioni in Olanda con il Feyenoord, ha messo in bacheca il primo trofeo della sua ricca e seminale carriera da tecnico guidando nel 1968 l'ADO Den Haag alla vittoria della coppa d'Olanda, battendo 2-1 l'Ajax di Rinus Michels. Curiosamente la storia si ripeterà sette anni dopo con Vujadin Boskov: stessa squadra (che però aveva cambiato ragione sociale in FC Den Haag), stessa coppa, identico primo successo di una grande parabola professionale. Michels di coppe ne ha vinte tre, Guus Hiddink quattro con il suo Psv Eindhoven arrivato fin sul tetto d'Europa. Nessun allenatore che ha scritto la storia del calcio olandese a livello internazionale ha mancato l'appuntamento: Johan Cruijff, Louis van Gaal, Aad de Mos, Dick Advocaat, Bert van Marwijk, Ronald Koeman, Erik ten Hag. Uniche eccezioni Leo Beenhakker e Frank Rijkaard, con quest'ultimo che però ha allenato una sola stagione in Olanda, per giunta retrocedendo in seconda divisione con lo Sparta Rotterdam.

 

Una coppa che ha significato anche sperimentazione, talvolta seguendo formule e idee strampalate come la regola del “chi segna vince” dopo tre ripetizioni consecutive o la vittoria d'ufficio assegnata alla squadra che gioca in trasferta in caso di parità finale, altre volte aprendo la strada a innovazioni poi diventate parti integranti del regolamento calcistico. Il VAR, per esempio, fu testato ufficialmente nel 2016 nella coppa d'Olanda, punto di arrivo di un progetto chiamato Arbitrage 2.0 a cui la Federcalcio olandese stava lavorando già da cinque anni. Una volta terminata la fase di sperimentazione e ottenuto il parere positivo della IFAB, l'organo internazionale che stabilisce, modifica e implementa il regolamento del calcio professionistico e amatoriale, la KNVB Beker (questo il nome autoctono della coppa d'Olanda) è diventato il primo torneo europeo a utilizzare il video-arbitro, con debutto ufficiale datato 22 settembre 2016 per Ajax-Willem II. Tre anni prima, l'Olanda era stata il secondo paese al mondo a introdurre la goal-line technology Hawk-Eye, montando sette mini telecamere sulle porte dello stadio Galgenwaard di Utrecht.

 



Un giorno la coppa d'Olanda fu oggetto di un servizio della BBC. Era successa una cosa mai vista su un campo di calcio: un massaggiatore aveva salvato un gol sulla linea di porta. Si chiamava Jan Maas e lavorava per una squadra dilettantistica chiamata De Treffers, che in un venerdì pomeriggio nell'estate del 2000 stava tenendo il punto contro il NEC Nijmegen, club di Eredivisie all'epoca allenato da Johan Neeskens. Ci fu un tiro defilato di Jack de Gier, futuro capocannoniere del torneo, che il mal posizionato portiere degli amatori respinse di pugno provocando una palombella destinata a infilarsi nell'angolo di sinistra, vicino al palo dove era piazzato Maas, che dopo un breve scatto colpì la palla di testa liberando la porta. Fu un riflesso, o un raptus agonistico. L'arbitro, una volta sedato il parapiglia, assegnò da regolamento un calcio di punizione in area. Il NEC segnò e Maas, dopo aver rischiato di prenderle dai giocatori avversari, fu insultato anche da una parte dei tifosi del De Treffers, fidanzata inclusa. Forse, dicevano, quella palla non sarebbe nemmeno entrata.

 

https://youtu.be/kiZXrQ8mU3Y

 

17 anni dopo un altro match godette di risonanza internazionale, perché ci vollero 21 giorni per portarlo a termine. Accadde tra i dilettanti del FC Lisse e quelli del HSV Hoek: dopo il 2-2 ai supplementari, l'arbitro fece battere i rigori secondo la modalità sperimentale ABBA, che non prevede più l’alternanza automatica dal dischetto delle squadre. Una scelta non gradita dalla Federcalcio olandese, che ordinò la ripetizione del match. L’FC Lisse, la squadra vincitrice, optò per il ricorso, non solo per difendere il successo ottenuto sul campo ma anche le migliaia di euro previste per il passaggio del turno. Dopo tre settimane, il giudice decise per la ripetizione, ma solamente dei rigori. L’Hoek dovette così sorbirsi 200 km di viaggio per qualche tiro dagli 11 metri. Quantomeno, vinse la gara.

 



Ci sono giocatori a cui non bastano decine di reti per entrare a far parte dell'immaginario collettivo storico dei tifosi. Ad altri è sufficiente un'azione. Lo slalom-gol di Marciano Vink nel derby della Lanterna lo ricordano tutti, non solo i genoani, anche se l'olandese non ha poi lasciato altre tracce significative in Serie A. Lo stesso vale per il nigeriano Mike Obiku in Olanda. Poche stagioni e nemmeno memorabili, unite però a una singola azione in solitaria che lo ha preservato dall'oblio: palla lunga, pallonetto nei confronti di Danny Blind, sportellata per resistere al ritorno di Frank Rijkaard e pallone infilato sotto a Edwin Van der Sar. Un gol che permise al Feyenoord di spuntarla ai supplementari dei quarti di finale contro l'Ajax, infliggendo alla squadra di Louis van Gaal l'unica sconfitta di una stagione (1994/95) che portò ad Amsterdam l'ennesimo titolo nazionale e soprattutto la quarta, e finora ultima, Champions League. Se i record di Luis Suarez e Arkadiusz Milik, detentori del primato di maggior numero di gol (6) segnati in una singola partita di coppa, sono statistica; Obiku è storia.

 

https://youtu.be/42cZpGr4Dqo?t=42

 

Un re per una notte come Maikey Parami, uno stagista presso i negozi di casalinghi Hema che fu tra i protagonisti della Leggenda del Santo Bavone. Sint Bavo (monaco cristiano belga il cui culto è molto diffuso nei Paesi Bassi) è parte della ragione sociale del VVSB, squadra amatoriale che nel 2016 raggiunse le semifinali di coppa, in una di quelle classiche storie che fanno sempre notizie e creano simpatia.

 

Parami lasciò poi il lavoro per diventare professionista, senza però riuscirci. Il VVSB non fu nemmeno nominata squadra dell'anno, riconoscimento invece assegnato nel 1975 all'unico altro club dilettante capace di spingersi fino in semifinale, l'Ijsselmeervogels. Il personaggio dell'epoca fu un ex marinaio di stanza a Curacao, il portiere Jos de Feyter, che nel turno precedente contro l'Az '67 parò due rigori (uno in partita, l'altro nei tiri finali dal dischetto) a Kees Kist, non proprio l'ultimo degli attaccanti, visto che qualche anno dopo vincerà anche la Scarpa d'Oro. L’Ijsselmeervogels sfondò anche nelle classifiche musicali olandesi con il singolo

(gli Uccelli dell’Ijsselmeer), opera di Peter Koelewijnm, un autore che amava coniugare pop e calcio: nel 1969 portò addirittura in studio di registrazione Johan Cruijff per il tutt’altro che memorabile

, mentre anni dopo evitò di fare lo stesso con Romario, a cui dedicò

, al cui discreto successo contribuì l’attaccante brasiliano del PSV acquistando 2mila copie del singolo per spingerlo più in alto possibile in classifica.

 

https://youtu.be/3N5cgwMicKg

 

Tornando al tema dei rigori, nel 2001 Sander Boschker ne parò tre consecutivamente in finale contro il PSV Eindhoven di Ruud van Nistelrooy e Mark van Bommel, regalando la coppa al suo Twente. Debutterà a 39 anni in nazionale e a 40 in Champions League, ma questa è un'altra storia.

 



Il 21 settembre 1988 Frank de Boer debuttava nel professionismo finendo affondato 4-1 con il suo Ajax sul campo del PEC Zwolle. Il club dell'Overijssel avrebbe dovuto aspettare 26 anni per tornare al successo contro gli ajacidi, ma l'attesa fu ampiamente ricompensata, visto che quel 20 aprile 2014 in palio c'era la finale di coppa d'Olanda. Il PEC vinse 5-1, il risultato più clamoroso nella storia del trofeo. Sulla panchina dell'Ajax sedeva Frank de Boer. Un suo quasi omonimo, che di cognome però faceva solo Boer, difendeva i pali del PEC e, nonostante gli mancasse un dito, perso in giovane età mentre cercava di recuperare un pallone finito su un tetto, fu tra i migliori in campo. Il classico personaggio di culto in una giornata di culto, dove non mancò nemmeno il memorabilia preparato per l'occasione: la t-shirt PECMAN, che raffigurava un Pacman prossimo a mangiarsi le tre X, simbolo della città di Amsterdam, per arrivare alla coppa d’Olanda.

 

https://youtu.be/cQ0oQo8E0Os

 

Dal cambio di millennio sono state quattro le squadre capaci di vincere per la prima volta la KNVB Beker, simbolo della tendenza al ribasso del livello del campionato olandese causata dalla sentenza Bosman, che ha eroso parzialmente il divario tra le grandi e il resto del gruppo, o quantomeno non lo ha incrementato come accaduto in altri campionati. Assieme al PEC Zwolle hanno festeggiato l'Heerenven (con il primato nel primato firmato da Gerald Sibon, cinque coppe vinte con quattro squadre diverse – NAC Breda, Ajax, PSV Eindhoven e, appunto, l’Heerenven), il Groningen e il Vitesse, quest'ultimo vincendo nel 2017 il suo primo trofeo in 125 anni di storia. La filiale principale del Chelsea (una trentina circa i prestiti da Stamford Bridge da quando i gialloneri diventarono nel 2010 il primo club olandese di proprietà straniera) otteneva frutti anche in campo, nonostante a posteriori nessuno degli ex Vitesse sia mai diventato titolare in maglia Blues (Nemanja Matic, peraltro mai brillantissimo ad Arnhem, fu ricomprato in seguito dal Chelsea). Nemmeno Lewis Baker, che incantò tutti nella stagione 2016/17. La stampa locale giocò con il titolo di una nota commedia anglo-indiana, Bend it like Beckham (in italiano Sognando Beckham), trasformandola in Bend it like Baker per evidenziare quanto alte fossero le aspettative sul centrocampista inglese una volta terminato il prestito in Olanda.

 



C'è stato un periodo in cui alla KNVB Beker potevano partecipare anche le squadre Jong, categoria equivalente alla nostra Primavera. Poi queste sono state ammesse alla Eerste Divisie, la seconda divisione olandese, ma tolte dalla coppa. Il 29 marzo 2002 lo Jong Ajax arrivò a un passo dalla finale, per quello che probabilmente sarebbe stato un record mondiale. In squadra c’erano Wesley Sneijder (premiato a fine stagione miglior giocatore del vivaio), Maarten Stekelenburg, John Heitinga, Steven Pienaar e Nigel de Jong. Eppure quel 29 marzo l'elemento più pronto per il salto nel professionismo sembrò il brasiliano Americo Fronio Walker, centrocampista difensivo con una grande sensibilità tattica, specialmente nei movimenti senza palla. Insomma, all'epoca Walker valeva Sneijder, a testimonianza di quanto talvolta a livello giovanile siano necessarie capacità quasi divinatorie nel valutare il potenziale di un prospetto in relazione alle reali possibilità di carriera. Quello Jong Ajax perderà la semifinale ai rigori contro l'Utrecht, mancando di un soffio la finale derby contro la casa madre. Uno scontro fratricida che invece andò in scena nel 2008 quando in uno dei turni iniziali si affrontarono PSV Eindhoven e Jong PSV. Tra i giovani c'era un Romario, che però si chiamava Sabajo e nulla aveva a che vedere con il fuoriclasse che vent'anni prima a Eindhoven aveva fatto più gol che allenamenti. C'erano anche un figlio d'arte, Arne Nilis, e un nipote d'arte, Nigel Hasselbaink. Non ci fu partita, e l'unico di quella selezione a riuscire, quasi dieci anni dopo, a indossare la casacca del PSV sarà Jeroen Zoet, l'attuale portiere dello Spezia.

 

Il club più bizzarro ad avere vinto la KNVB Beker è stato forse il Fortuna '54 Geleen, autentico precursore della fusione totale tra calcio e business, dove il primo diventa funzionale alle esigenze del secondo. Prima della NASL, dell’Anzhi Makhachkala e del Mondiale in Qatar, ci fu questa squadra, espressione di una città di minatori che vantava meno abitanti della capienza dello stadio di casa. La gestiva un costruttore edile, Gied Joosten, di passaporto olandese ma dall'animo americano, abituato a pensare in grande. Costruì un all-star team pagando stipendi mai visti, fu un precursore dei tempi in tema di mediatizzazione del calcio, ma la sua raccolta di figurine andava mantenuta e gli incassi delle partite di campionato (che a dispetto dei sogni da grandeur non riuscì mai vincere) non erano sufficienti a coprire tutte le spese. Bisognava giocare di più, affrontare avversari di caratura internazionale, organizzare amichevoli-evento.

 

La squadra olandese era in tour permanente: giocò otto volte contro il Real Madrid, sfidò Bayern Monaco, Chelsea, Anderlecht, Stella Rossa, Austria Vienna, Arsenal, Galatasaray, Honved, Botafogo. Arrivò a disputare anche ottanta partite a stagione e alla fine pagò il conto, quando una società di Joosten dichiarò bancarotta e i capitali furono rapidamente ritirati. Da una simile spremitura di risorse umane e finanziarie spuntò un solo trofeo, la coppa d'Olanda conquistata nel 1957.

 

https://youtu.be/h_6czel4TiQ

Altra unicità della Coppa d’Olanda: nel 1969-70 a vincere fu una squadra che era stata eliminata. La squadra non poteva che essere l’Ajax, i cui giocatori venivano soprannominati

, ovvero “Figli degli Dei”. Eliminato agli ottavi di finale dall'AZ '67, venne ripescato a causa di un tabellone dispari che aveva portato ai quarti solo sette squadre. Trascinata da uno strepitoso Cruijff, autore di una doppietta in semifinale e di un gol in finale, l’Ajax vinse quell’edizione. In totale il miglior giocatore della storia del calcio olandese ha vinto otto coppe, sei da giocatore (l'ultima a fianco di Ruud Gullit nel Feyenoord, dopo aver eliminato anche il “suo” Ajax) e due da allenatore.

 



Dal 1989 anche l'Olanda ha il suo Wembley, ovvero lo stadio nel quale viene disputata ogni finale: è il De Kuip di Rotterdam. Nel 2010 però l'ultimo atto è stato diviso in due parti per ragioni di ordine pubblico. Perché in Olanda il sogno di milioni di tifosi coincide con l’incubo di amministratori e forze dell’ordine, ovvero una finale in partita secca tra le rivali storiche Ajax e Feyenoord. Due anni prima del Klassieker che avrebbe deciso la coppa, i sindaci di Amsterdam e Rotterdam avevano vietato per cinque anni le trasferte ai tifosi della squadra ospite in occasione del match, dopo aver visto le loro città devastate dagli incidenti. Una limitazione che valeva per il campionato, ma non per la coppa. Quando si trovarono avversarie, la finale divenne una questione di stato, che coinvolse i vertici della Federcalcio, del Ministero degli Interni, della polizia e delle amministrazioni comunali delle due principali città olandesi. Solo per i costi della sicurezza, in caso di finale unica venne stimato che Rotterdam avrebbe dovuto spendere circa 1 milione di euro. Fu deciso di sdoppiare la finale, con accesso allo stadio consentito solo ai tifosi della squadra di casa.

 

In campo filò tutto liscio, anche troppo, dal momento che l'Ajax era talmente superiore al Feyenoord da vincere entrambe le gare in scioltezza. Il club di Rotterdam era comunque abituato alle finali controverse. Nel 1991 un'invasione di campo dei suoi tifosi aveva posto anticipatamente fine alla finale contro il Den Bosch, che si rivolse a un tribunale civile per chiedere la revoca della coppa al Feyenoord e la ripetizione della gara. Istanza parzialmente accolta, con decisione di giocare solo il secondo tempo in campo neutro, al De Goffert di Nijmegen. Ma al momento della sentenza la stagione era già finita e, con i giocatori in vacanza, il Feyenoord chiese un rinvio per impossibilità di radunare il gruppo in poco più di ventiquattrore. Nel frattempo la UEFA, irritata per il coinvolgimento della magistratura ordinaria, squalificò il Den Bosch per tre anni dalle coppe europee. Dopo due mesi si arrivò a un nuovo processo e la sentenza fu ribaltata. Il Feyenoord vinse la coppa giocando meno di 90 minuti.

 

Nessun ricorso invece nel 2020, anno che vide l'assegnazione della

(la Pigna, così è soprannominata la coppa per la sua caratteristica forma ovoidale) cancellata a stagione in corso per la terza volta nella sua storia dopo la neve del 1929 e il dopoguerra del 1946. A causa della pandemia, la Federcalcio olandese ha annullato l'intera stagione, inclusa la finale di coppa Utrecht-Feyenoord. C'è un articolo del regolamento della competizione che prevede, nel caso di assoluta impossibilità di disputare o di posticipare una partita, l'assegnazione della vittoria alla squadra in trasferta. Sarebbe toccato al Feyenoord, sorteggiata come squadra ospite nonostante si sarebbe dovuto giocare, come da tradizione, nel suo De Kuip. Ha prevalso il buonsenso, per una volta.

 

 

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