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Emanuele Mongiardo
Contro la Roma si è rivisto il miglior Milan
15 gen 2024
15 gen 2024
La squadra di Pioli ha vinto sfoggiando le sue qualità migliori.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / Nicolo Campo
(foto) IMAGO / Nicolo Campo
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In questa strana stagione di Serie A in cui, a parte Inter e Juventus, nessuna delle grandi si può ritenere soddisfatta del proprio operato e in cui tutte le gestioni tecniche sembrano a fine ciclo, Milan e Roma arrivavano ad affrontarsi in uno dei momenti peggiori delle rispettive stagioni. I rossoneri avevano subito l’eliminazione in Coppa Italia da parte dell’Atalanta, in una partita in cui erano parsi costantemente in balia degli avversari. Se la squadra di Pioli, prima di perdere mercoledì, aveva raccolto una striscia positiva di cinque vittorie e un pareggio nelle ultime sei gare, la Roma arrivava a San Siro in un momento di sconforto totale. Dopo la sconfitta nel derby, per la prima volta dall'arrivo di Mourinho la tifoseria giallorossa aveva fatto sentire il proprio disappunto alla squadra. Milan-Roma, quindi, avrebbe potuto trasformarsi nello specchio di due stagioni fino ad ora interlocutorie, una partita fangosa come il prato di San Siro, l’ennesimo big match soporifero di questa stagione. Al contrario, è stata una sfida abbastanza divertente, al termine della quale, se lo stato di salute della Roma non è cambiato di una virgola, il Milan può dire di aver rispolverato alcune vecchie certezze. Dopo gli aggiustamenti delle ultime partite dovute all’emorragia di infortuni, Pioli ha potuto schierare un undici più vicino alla formazione titolare. Theo è tornato a giocare da terzino sinistro, perché in mezzo il tecnico emiliano ha preferito affidarsi a Kjaer e Gabbia: contro un avversario impegnativo come Lukaku, abile nel corpo a corpo e ad aprire spazi ai compagni, schierare un giocatore poco abituato a pensare da centrale come Theo avrebbe potuto essere rischioso. In mezzo Adli ha preso il posto di Bennacer nel terzetto composto assieme a Loftus-Cheek e Reijnders, in cui l’algerino e l’olandese sono rimasti più bassi quasi a formare un doble pivote. Mourinho ha avuto qualche difficoltà in più a comporre il suo undici. In porta Svilar ha preso il posto di Rui Patrício («Mile ha fatto bene quando ha giocato. Mourinho lo ha scelto per questo», si è limitato a spiegare Tiago Pinto, in un avvicendamento che, con le dovute proporzioni, potrebbe ricordare l’improvvisa esclusione di Casillas per Diego Lopez ai tempi del Real Madrid). In difesa Kristensen è stato preferito ad Huijsen nel ruolo di centrale di destra del 3-5-2, e ad agire da esterno destro c’era Çelik, con Spinazzola ad occupare la corsia opposta. In avanti El Shaarawy ha sostituito Dybala al fianco di Lukaku. Il pressing del Milan con un uomo in meno Al netto dei cambi di formazione, la novità più interessante per il Milan ha riguardato l’atteggiamento in fase difensiva. Se da anni i rossoneri propongono un pressing alto orientato in maniera marcata sull’uomo, anche contro squadre che sanno come volgere a proprio favore questo tipo di scelta, ieri sera Pioli ha deciso di utilizzare un principio un po’ diverso, pur senza rinunciare al pressing alto. Nel primo tempo in fase di non possesso Loftus-Cheek rimaneva più alto rispetto agli altri due centrocampisti e così il Milan si disponeva con una sorta di 4-2-3-1. Nella Roma, invece, la mezzala sinistra Bove rimaneva più bassa al fianco di Paredes, mentre la mezzala destra Cristante restava più alta. Giroud e Loftus-Cheek, in questo contesto, si muovevano in maniera diversa dal solito. L’inglese, a seconda della posizione della palla, doveva fare la spola tra Paredes e Bove.

Giroud, invece, non sempre saliva su Mancini o sul portiere. Poteva anche decidere di rimanere più basso a controllare Paredes aiutando, in questo modo, Loftus-Cheek a gestire la potenziale inferiorità numerica in quella zona di campo.

Se la Roma costruiva con cinque giocatori (tre centrali e due mediani), il Milan pressava con quattro (le tre punte e Loftus-Cheek). In questo modo i padroni di casa si garantivano un uomo in più in difesa: due centrali contro il solo Lukaku, una buona soluzione per controllare un attaccante da sempre scomodo da affrontare per Pioli e per ovviare all’assenza dei difensori titolari. Lo staff del Milan ha fatto la mossa giusta, consapevole che la Roma, per i limiti tecnici a livello individuale e di manovra a livello collettivo, non avrebbe saputo sfruttare la superiorità numerica in costruzione. Una volta che il Milan indirizzava il possesso verso la fascia, la Roma non sapeva come tornare al centro non riuscendo attivare il due contro uno di Paredes e Bove con Loftus-Cheek. Un’altra conseguenza della scelta di Pioli di lasciare il solo Loftus-Cheek tra Paredes e Bove è stata la possibilità di mantenere Adli più basso a controllare i movimenti di El Shaarawy sul centro sinistra. Proprio un recupero alto dell’algerino sul “Faraone” ha dato il via ad una lunga azione culminata col vantaggio rossonero. Tutto parte da una costruzione sulla destra della Roma, con le tre punte sui tre centrali e Loftus-Cheek che, seguendo il pallone, scivola su Bove. Come da copione, il Milan alza il terzino del lato sull’esterno giallorosso (Calabria su Spinazzola quindi). Spinazzola, invece di insistere col palleggio e cercare di tornare al centro, dove c’è superiorità numerica, va in verticale da El Shaarawy: è una ricezione scomoda, perché l’attaccante è rivolto verso la fascia. Così Adli mette il piede tra le gambe di El Shaarawy e intercetta.

Il Milan si garantisce un possesso extra sulla trequarti, che culmina in un cross respinto da Mancini sui piedi di Reijnders, che intanto ha accorciato sul centro sinistra dell’attacco rossonero. L’olandese torna nel mezzo da Adli, che prima di ricevere nota Loftus-Cheek alle spalle di Bove. Adli viene pressato da Bove e da El Shaarawy alle spalle. Senza perdere la calma, l’algerino, nell’ultimo istante disponibile, fa filtrare il pallone per Loftus-Cheek.

Il Milan sposta l’azione sulla destra e il centrocampo della Roma, giustamente, scivola verso il lato palla. Solo Cristante rimane sul lato opposto, lasciando un buco alle spalle dei suoi compagni di centrocampo che si rivelerà fatale. In quel vuoto, infatti, Adli può ricevere comodamente. Kristensen prova ad uscire ma, con un errore banale per questo livello, si gira di spalle senza che Adli abbia nemmeno caricato il tiro. L’algerino, così, può superarlo e calciare di sinistro per l’1-0.

Il gol è stata solo l'ultima delle cattive notizie per la squadra di Mourinho. La Roma, come le accade spesso, non sapeva cosa fare col pallone. In più il Milan è stato impeccabile nel primo tempo, anche quando si è abbassato leggermente. Nelle situazioni in cui la squadra di Pioli ha adottato un blocco medio, è stato encomiabile anche il lavoro di Pulisic, chiamato, a seconda della posizione della palla, ad abbassarsi per schermare la linea di passaggio verso Bove (aiutando così Loftus-Cheek) o ad alzarsi in pressing su Llorente. Nei primi quarantacinque minuti l’unica soluzione proficua per la Roma è stata tornare da Llorente dopo aver fatto scivolare il Milan sulla propria sinistra. Il centrale spagnolo in un paio d’occasioni ha avuto il tempo di cercare il cambio gioco su Çelik, isolato con Theo a destra. Da lì il turco doveva raggiungere Lukaku, intorno alle cui protezioni palla avrebbero dovuto svilupparsi gli attacchi. L’occasione del tiro di Çelik, sventato dall’ennesimo riflesso miracoloso di Maignan, nasce proprio da una situazione del genere, seppure in maniera sporca: cambio gioco di Llorente, passaggio da Çelik a Lukaku, intervento sporco di Gabbia per via della presenza dell’attaccante belga, che porta a una deviazione di Reijnders che involontariamente attiva Cristante sulla trequarti. L’italiano innesca Çelik per il tiro in area.

Si è trattato comunque di un caso isolato, perché Lukaku non aveva supporto a sufficienza e né Çelik né Cristante erano in grado di creare vantaggi col pallone. I problemi della Roma senza palla Se la compattezza senza palla ha permesso al Milan di non soffrire mai, al contrario la Roma in fase di non possesso si spezzava in due, concedendo totalmente il centro del campo agli avversari. Di norma la squadra di Mourinho cercava di pressare con le due punte, con gli esterni che salivano sui terzini e con le mezzali Bove e Cristante che salivano rispettivamente su Adli e Reijnders, ovvero i centrocampisti del Milan che si occupavano della costruzione dell'azione scendendo in mediana. Preoccupati dagli attaccanti, Paredes e i difensori restavano bloccati e non accompagnavano in maniera adeguata, creando una voragine tra i reparti. Il Milan aveva gioco facile nell’impossessarsi di quello spazio libero, sia con una costruzione più ragionata, sia col gioco lungo, appoggiandosi alla capacità degli attaccanti di vincere i duelli individuali. Nel primo caso, per la Roma era fastidiosa la posizione di Calabria, che stringeva leggermente dalla fascia: il Milan magari iniziava a costruire a sinistra, attraeva il pressing di punte e mezzali giallorosse e poi giocava alle loro spalle per Calabria più stretto rispetto alla normale posizione da terzino. In una zona più centrale, per il capitano del Milan era più facile eseguire un tocco extra e non soffrire il pressing di Spinazzola. Se Calabria stringeva, più avanti Pulisic si apriva: quando l’americano riceveva, Llorente era costretto ad uscire in fascia, situazione scomoda per un difensore lento e non troppo abile in uno contro uno, soprattutto quando Pulisic decideva di condurre verso il centro. Loftus-Cheek, invece, poteva approfittare di questo scollamento per muoversi in verticale sul fianco di Paredes, non proprio il miglior mediano per tamponare lateralmente e con così tanto campo intorno.

Se poi tutti i riferimenti venivano chiusi per tempo, la Roma era così lunga che il Milan, giocando in verticale e vincendo il duello spalle alla porta, avrebbe potuto comunque conquistare la seconda palla in quella terra di nessuno e ribaltare il campo. Tante volte i rossoneri sono arrivati in corsa nell’ultimo terzo, con la Roma in affanno a correre all’indietro. Le cattive scelte in rifinitura, una costante anche nei migliori momenti della gestione Pioli, hanno impedito però di creare vere e proprie palle gol, tanto che alla fine il conteggio degli xG è stato più magro di quanto la partita non abbia detto (1.4 a testa, incluso però il rigore di Paredes). In ogni caso, il fatto di superare così facilmente la prima pressione della Roma e di arrivare nei pressi della porta, ha permesso al Milan di salire in avanti anche con i difensori e i centrocampisti e, di conseguenza, di dare più continuità agli attacchi, visto che i palloni respinti dalla difesa giallorossa finivano quasi sempre tra i piedi dei mediani milanisti che nel frattempo avevano accorciato. Se la tendenza ad allungarsi e la fragilità difensiva a livello individuale non sono novità per la Roma, gli uomini di Mourinho non si sono rivelati affidabili nemmeno sui calci piazzati, visto che il gol del 2-0 è arrivato da un calcio d’angolo. Un corner corto, in cui Leão e Adli hanno scambiato il pallone ben due volte prima che l’algerino crossasse verso il secondo palo, dove Cristante non è riuscito a raggiungere Kjær per via della presenza di Pulisic. I fantasmi del passato Nel secondo tempo sia Milan che Roma hanno cambiato qualche dettaglio della fase di non possesso. Forse perché Pioli non era del tutto convinto di rimanere in inferiorità numerica nella zona di Bove e Paredes, forse perché lo spostamento di Cristante al centro della difesa – al posto di Mancini infortunato – avrebbe potuto migliorare la fase di costruzione della Roma, il Milan ha deciso di alzare un centrocampista in più in pressing: Loftus-Cheek, quindi, non era più solo in mezzo a Paredes e Bove, perché a salire sul centrocampista romano ci pensava Adli. Anche Mourinho, dopo aver abbassato Cristante in difesa e aver inserito Pellegrini da mezzala destra, ha cambiato qualcosa nelle scalate. Dopo qualche minuto dall’inizio della ripresa, infatti, a uscire sui terzini non erano più gli esterni ma le mezzali, con Spinazzola e Çelik che rimanevano bassi vicino ai difensori. Una mossa che ha garantito più copertura dietro ma che ha lasciato più spazio alle avanzate di Theo e Calabria, visto che le mezzali avevano tanto campo da coprire e al Milan poteva bastare un semplice cambio gioco nella propria metà campo per attivare il terzino completamente libero di avanzare. Piano piano il ritmo si è abbassato. Il Milan sembrava in controllo, anche se non riusciva ad affondare. Al 67’, però, ecco l’episodio che avrebbe potuto cambiare la partita. Per la prima volta la Roma si trova in fase di attacco posizionale nella metà campo rossonera. Cristante fa partire un filtrante sui piedi di Lukaku, che tiene botta a Gabbia dietro. Nel frattempo il movimento profondo del neo-entrato Belotti costringe Kjær ad abbassarsi leggermente e così si crea uno spazio in cui si inserisce Pellegrini. Prima che il capitano romanista possa ricevere, Calabria commette fallo su di lui in area.

Il Milan si è quindi trovato dinanzi allo spettro della partita dello scorso anno, quella che di fatto l'ha condotto in un vortice di negatività che si protrae fino ad oggi. La squadra di Pioli ha iniziato ad avere paura, ha commesso qualche fallo di troppo, mentre la Roma è riuscita a trovare Lukaku con delle imbucate centrali: totalmente sacrificato al ruolo di boa, grazie al suo gioco spalle alla porta la squadra di Mourinho è riuscita ad arrivare fino al limite dell’area, ma senza mai creare vere occasioni. La sofferenza, quindi, è stata apparente più che effettiva per il Milan. La Roma ha provato a pressare di nuovo con gli esterni sui terzini, per tentare il recupero immediato, ma ha trovato solo qualche possesso in più nella metà campo rossonera. Al Milan è bastato rimanere lucido sul finale per chiudere i conti: è partito tutto da un possesso prolungato tra l’83’ e l’84’ e un lancio di Maignan che ha generato una seconda palla recuperata prontamente dai rossoneri, posizionati meglio rispetto a una Roma sempre troppo lunga. Poi una conduzione di Musah ha costretto Spinazzola ad abbassarsi. L’americano è tornato al centro da Reijnders che ha spostato il gioco sulla sinistra, dove Giroud, con un tunnel di tacco, ha innescato Theo per l’ennesimo gol del francese nato da una triangolazione. Per una sera il Milan è sembrato quello dei tempi migliori della gestione Pioli, capace di fornire una buona organizzazione senza palla e di avvicinare i suoi migliori talenti in fase offensiva. Ora bisogna capire se la partita di ieri è stata attendibile o se è stato il brutto momento della Roma a facilitare troppo le cose. I tifosi rossoneri sperano che il cerchio aperto dall'incredibile rimonta subita la scorsa stagione si sia chiuso con il gol di Theo Hernandez.

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